“L’autre monde” ovvero “Black Hole” ovvero “Second Life”

Solo un pretesto per un nuovo post. Per segnalare agli amici che oggi pomeriggio, inchiodata a casa, entro almeno per aggiornare i Real Restraint.

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Ho visto un bel film che parla, anche, di Second Life. In realtà l’ho visto non oggi e nemmeno ieri ma molti e molti mesi fa. Ma ne parlo oggi solo per scrivere un nuovo post dopo quello, remotissimo, dello scorso gennaio, e interrompere un silenzio che ogni volta si allunga ma che non significa affatto che io mi sia dimenticata del mondo virtuale.

Il film è francese e si intitola L’autre monde in patria ma il titolo internazionale è Black Hole, il nome minaccioso che nella vicenda vene dato allo specifico mondo virtuale di cui si parla. E non c’è niente da spiegare, credo, per chi frequenta queste pagine. Second Life, lo sappiamo (e ce lo ricorda il nome stesso) è davvero un altro mondo – almeno per chi riesce a viverla con l’abbandono quasi totale dello spirito e dell’emozione. Col rischio di cadere, come è successo un poco a me e altrettanto certamente a tante persone che ho conosciuto, in un vero e proprio buco nero, che assorbe una parte enorme delle energie e dell’attenzione normalmente destinata alla vita reale. La capacità di perdersi in un gioco coinvolgente è un dono, ma di quelli a doppio taglio. 

autremondeposter.jpgNel film, che racconto a memoria e che quindi potrei ricordare in modo non esatto, c’è un ragazzo che, attratto da una fanciulla affascinante e misteriosa incontrata nel mondo reale, scopre di dover andare a cercarla in un metaverso oscuro. Nel quale ognuno vive la vita che più gli aggrada – come da noi – e nel quale – come da noi – c’è chi fa leva sui sentimenti di altri giocatori per manipolarli e indurli anche a comportamenti pericolosi.

La storia si sviluppa secondo i dettami noir di un discreto thriller di atmosfera e non ne racconterò altro (anche perché i dettagli ormai mi sono svaporati dalla testa). Però negli anni in cui frequentavo Second Life mi è successo più di una volta di incontrare persone che sostenevano di aver fatto cose potenzialmente pericolose per questioni di lealtà, di amore o di sottomissione a persone che avevano conosciuto solo su Second Life. Nella vecchia Stonehaven, una ragazza mi volle raccontare di aver perso la verginità con un fidanzatino virtuale che non aveva mai incontrato dal vivo ma che le aveva chiesto di dargli questa prova d’amore. Non mi raccontò i dettagli di come la cosa si fosse svolta ma mi disse che provava dolore, così feci tutto il possibile per convincerla ad andare a farsi vedere da un medico. Non ho mai saputo se ci sia andata, nè se la sua storia fosse vera e non una millanteria. Ma mi suonava credibile – e comunque ho imparato che è meglio rischiare di farsi prendere per il naso da una persona che si crede furba (o semplicemente che porta un po’ troppo all’estremo il roleplaying) piuttosto che negare un consiglio a qualcuno che magari ne ha bisogno davvero.

Per quel che vale la mia opinione, comunque, L’autre monde è forse l’unico film che abbia visto finora che riesce a parlare dei rischi del virtuale in un modo che, senza rinunciare allo spettacolo e alla tensione narrativa, evita i facili sensazionalismi e dà l’impressione che gli autori sappiano di cosa stanno parlando. Oltre a questo, contiene numerose scene che si svolgono nel Black Hole e che sono visivamente splendide. Con una grafica che potete gustare nella prima immagine di questo post e che assomiglia al tipo di cose che, se avessi avuto il tempo e il talento, mi sarebbe piaciuto creare io stessa.

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Ma ora basta parlare del film. Questo post è in realtà praticamente solo un pretesto per avvertire gli amici che mi accingo ad entrare per un’oretta, con l’obiettivo intanto di controllare i miei Real Restraints e vedere se, come credo, hanno bisogno di essere aggiornati. Lag permettendo, vorrei andare al negozio storico di Pak, ma alle brutte ripiego invece su Lineside. Ci vediamo fra poco, forse?

Ancora viva

Un saluto veloce per augurare a tutti il nuovo anno. E per raccontare cosa mi è successo stamattina, dopo essere entrata su SL per quella che pensavo sarebbe stata una visita di una mezz’ora

Belias Rubble

Più di un anno che non aggiornavo questo blog con un nuovo post? Il tempo vola quando ci si diverte, dicono. Ma vola anche quando si sta lontani da casa, catturati in quel fascinoso gioco che chiamano Real Life e che a volte moltiplica le sue attrazioni al punto che ti lascia pochissimo tempo per affacciarti in-world. Così che le visite si diradano e il controllo periodico della mailbox diventa sempre più sporadico – anche perché più passa il tempo e più ti rendi conto che prima o poi troverai brutte notizie: di collari che si sono arrugginiti e che qualcun altro vorrà cominciare a lucidare, di persone che nessuno potrebbe biasimare se si fossero stancate di aspettarti.

E non è mica solo questo. Al di là delle relazioni personali, anche Second Life va avanti. Ti rendi conto che praticamente non sai cosa sono le mesh, che probabilmente metà di quello che hai nell’inventario sarà da buttare, che Marine Kelley ha messo sul mercato altri prodotti fantastici che non conosci affatto. Ti chiedi, quando pensi di poter trovare una mezz’ora per affacciarti, da che parte cominciare per riprendere il filo e, di solito, finisci per scoraggiarti. E scegli altro: un libro da leggere, qualcosa in TV, tentare una nuova ricetta.

Lella DemoniaPiù o meno in questo modo è volato via tutto il mio 2012. E questo nonostante il fatto che le rare volte in cui ho trovato la forza, la voglia e il tempo insieme per entrare, quasi sempre ho avuto belle sorprese: Moss che mi invitava a vedere il nuovo skybox, Lella che mi raccontava di come la sua salute RL fosse decisamente migliorata (e mi rassicurava sul fatto che il suo collare restava al suo posto), Ewyn che mi diceva di aver fatto amicizia con Belias, Michela che mi aggiornava su Jelena, Fart e Andromeda e le loro crociate contro il male, Nightwish, Elena, Francesca, Illillicu, Cielo e chissà quanti altri che mi mandavano un bacio e l’augurio di rivederci presto.

Schermata 2013-01-19 a 11.38.41.pngE poi, naturalmente, c’è il blog. Un blog non aggiornato ormai da tredici mesi e che sopravvive testardo alla sua autrice, continuando a ricevere ogni giorno fra le due e le trecento visite. E su cui, da qualche tempo, ho visto ricominciare ad apparire i commenti di visitatori nuovi che, a quanto ho letto, su Second Life sono anche particolarmente attivi. È stato proprio l’ultimo scambio, con Nikki, nei commenti al mio fin qui ultimo post (insieme agli auguri di Moss per il mio rez day!) che stamattina mi ha invogliata ad affacciarmi in world, e a fare due passi prima a Pak (dove ho comprato senza un attimo di esitazione, l’ultimo prodotto di Marine, il Siren Rope Set, che a quanto vedo dalle fotografie è destinato a sostituire completamente le da me amatissime corde shibari) e poi nel giardino di Zhora. Dove, pochi istanti dopo, mi ha raggiunta proprio Nicoletta, che in questo periodo è inquilina entusiasta di Marine e di Ollalla. Mi ha invitata a entrare nel suo gruppo, Italian Kidnap, promettendomi addirittura un tag speciale tutto per me. Ed è arrivata a darmi un benvenuto speciale, con la notice che riporto qui accanto.

Belias Rubble

Abbiamo chiacchierato solo qualche minuto, poi mi sono avviata a Lineside per aggiornare, ancora una volta, tutta la mia collezione di Real Restraints. Ma nel frattempo avevo cominciato a ricevere alcuni IM di saluto fra cui quelli di Belias. Che è, beh, sempre e più che mai Belias: qualcuno che non esita ma fa quello che le viene in mente, al volo, senza farsi domande e, soprattutto, senza fartene. In pochi istanti mi sono trovata completamente nelle sue mani, strettamente imbavagliata con scotch da carpentiere, ammanettata, chiusa in una scatola, trasportata in un salotto imbottito da un tappezziere particolarmente generoso.

Beh, senza che me ne accorgessi, quella che doveva essere una mezz’oretta di connessione si è rapidamente allargata a occupare praticamente tutta la mattinata. Un ottovolante di emozioni che non avrei creduto di poter provare di nuovo ricollegandomi, a freddo, dopo mesi e mesi di assenza. Quel senso travolgente di pericolo, di vertigine, di meraviglioso sprofondamento in un vuoto senza fondo, che è inutile cercare perché è lui che ti trova quando meno te lo aspetti, senza che tu possa scegliere.

Belias Rubble

In fondo, è così che si dovrebbe vivere sempre: senza aspettare un momento giusto che potrebbe non arrivare mai, senza pretendere di essere preparati o di avere un piano preciso. Bisogna vivere e basta perché, così come le brutte notizie e le emozioni cattive, anche quelle belle arrivano senza che tu abbia potuto prepararti. Bisogna accettare il pacchetto nel bene e nel male, lasciarsi andare alla corrente e godersi le rapide.

La mia RL esige la mia attenzione e so che ben difficilmente potrò essere la Win di un tempo in termini di ore passate online, di responsabilità e di frequenza. Però ho visto che per quello che riguarda le emozioni sono sempre Win. E chissà, forse un buon proposito per l’anno nuovo potrebbe essere di cercare di esserlo con la leggerezza che la vita ci chiede, sia di qua che di là dallo schermo del computer.

Lella Demonia

La fine di Winsconsin

Una notizia da dare con un po’ di malinconia. Ma soprattutto con la consapevolezza che, come dicono in Argentina, “nadie te puede quitar lo bailado”

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Ho voluto che la notizia fosse chiara fin dal titolo: Winsconsin sta per chiudere. A oltre due anni dal giorno in cui Lella l’ha acquistata dandole il mio nome, l’isola è stata messa in vendita al miglior offerente. Tutto quello che vi è stato costruito, incluso il WCF, verrà restituito ai legittimi proprietari.

La scelta è dolorosa ma inevitabile. Per Lella, che fin dal primo giorno è stata la nostra mecenate, il peso economico per il mantenimento di un’intera sim è ormai troppo oneroso – nonostante il contributo di chi ha preso in affitto alcune zone per metterci la propria casa. 295 dollari USA al mese solo di tasse (in aggiunta al costo originario di acquisto della sim, che ammontava a ben 1000 dollari) sono divenuti un peso eccessivo, anche considerando che negli ultimi mesi, per motivi che non ha senso qui stare ad enumerare, il tempo che ciascuna di noi (io per prima) ha passato a Winsconsin si è sensibilmente ridotto. Da qui la decisione, che ha il mio pieno appoggio. (Anzi: se qualcuno che ci legge sta cercando un’isola, che non esiti a farsi vivo subito!)

Andromeda SawsonLa Fontaine mi ha insegnato tanti anni fa che poche cose sono più tristi di sentire qualcuno dire “l’uva è acerba” solo perché in realtà non riesce a prenderla. Direi quindi una bugia se affermassi che la notizia mi lascia indifferente: naturalmente la chiusura di Winsconsin provoca in me, e nella maggior parte delle persone che ci ha passato del tempo piacevole, una certa malinconia. Ma per me un’altra maestra di vita è stata Pollyanna, la piccola protagonista di un romanzo pubblicato nel 1913 da Eleanor H. Porter, e forse è da lei che ho imparato come in ogni brutta notizia si debba sempre cercare l’elemento positivo

scontridauto_001.jpgWinsconsin è stato un luogo magico, un punto di aggregazione, una casa… ed è stato anche il quartier generale del Green Zone e, quindi, della nostra guerra vittoriosa contro il Red Zone. E poi è stato luogo di invenzione, di follie, di sperimentazioni. Ma è stato anche, forse inevitabilmente, fonte di preoccupazioni, di fatica e di stress. Gestire una prigione come il WCF non è mai stato una passeggiata: prima per mettere a punto i sistemi di sicurezza e le regole, poi per la scelta e la gestione dello staff, infine per la gestione quotidiana. Un lavoro che era per tutte noi soprattutto un gioco ma che era affrontato con un certo senso di responsabilità quasi da servizio pubblico. Col rischio frequente di dover scegliere fra la nostra vita privata e quella pubblica di owners, privilegiando spesso la seconda.

Andromeda SawsonNegli ultimi mesi, la fatica quotidiana della gestione e dello sviluppo del WCF è toccata in larga misura alle Warden e a un pugno ormai ristrettissimo di guardie – e anche loro, di recente, hanno dovuto progressivamente diradare l’impegno. È giunto il momento di riconoscere che l’esperienza ha fatto il suo tempo e chiudere, prima che la desertificazione rischi di cancellare i ricordi entusiasmanti che associamo a questo luogo. Il bello di Second Life è anche che il meraviglioso ecomostro che abbiamo eretto sulla nostra bella isola potrà essere smantellato senza gravi conseguenze per l’ambiente. E il WCF potrà restare, nei ricordi nostri e di chi lo ha frequentato, come un luogo del cuore preservato per sempre dal declino e dal cambiamento. Un proverbio argentino che credo di aver già citato su queste pagine recita: “nadie te puede quitar lo bailado”. Nessuno può più toglierti quello che hai ballato.

angellBallinger.jpgMi scriveva Pene Seetan proprio ieri, quando ho scritto a lei e Anastasia per dar loro la notizia, che each end is a new beginning. Sono d’accordo, naturalmente: soprattutto perché siamo noi stessi la nostra casa e ce la porteremo dietro ovunque andremo. Non è escluso che il WCF ricompaia un giorno, magari su Open Sim o da qualche altra parte, o magari in forma ridotta. Ma se non succedesse, e fino a quando non dovesse succedere, ciascuna di noi continuerà a vivere la sua seconda vita con divertimento, partecipazione e, magari, con un po’ più di abbandono e meno peso sulle ali. 


AGGIUNTA LUNEDI 19 DICEMBRE: A parziale correzione di quello che ho scritto sopra, riporto qui un messaggio ricevuto da Lella (e anticipato da una nota mandatami da Nightwish su Google+: 

Buona sera,
Volevo ringraziare la Signora per il post sul blog, e volevo aggiungere una cosa:
il W.C.F. non scompare e grazie a Night ed Ewyn verrà ricostruito su mainland.
Un abbraccio
Lella

Insomma, il WCF resta attivo, anche se ridimensionato e trasferito! Ne riparliamo presto ma, nel frattempo, ricordate che l’isola di Winsconsin è tuttora in vendita!

[Per chi sa l’inglese] Un documentario da vedere

Solo una veloce segnalazione per avvertire che, per tutta questa settimana, è possibile vedere in streaming un documentario che si promette molto interessante. Su di noi.

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Qualcuno di voi lo sa: negli ultimi mesi la mia presenza su Second Life continua ad essere rara e irregolare. Non c’è da preoccuparsi: è solo che la mia vita reale si è fatta più impegnativa e mi rende difficile trovare il tempo per entrare in-world. Ma non c’è da preoccuparsi per me. Anche se i problemi non mi mancano (mancano a qualcuno, forse?), godo di ottima salute e nel complesso so di potermi considerare ragionevolmente felice e fortunata.

Steve_001.jpgSecond Life, e soprattutto le persone che vi ho conosciuto, mi manca e, appena posso, torno ad entrare. La settimana scorsa ho rispolverato il manuale del Bane Operator per avviare al banishment Jeannie Krovac. Un altro giorno sono entrata per andare a visitare una bizzarra Chiesa della Apple di cui avevo sentito parlare su Twitter – e in qualche modo salutare anche io Steve Jobs, uno dei pochi multimiliardari che sia riuscito a farsi voler bene dalla maggior parte dei suoi clienti. Io uso Macintosh da quando ho cominciato a scrivere sul computer abbandonando la macchina da scrivere (sì, sono così vecchia!) quindi la morte di Jobs un po’ mi ha colpita. E poi ho una carissima amica, più volte citata su queste pagine, che qualche tempo fa ha trovato lavoro proprio presso la Apple.

Selene Wideshining, Franca PoperQuando entro in-world trovo quasi sempre qualche amico con cui parlare o giocare. Qui accanto, una foto di qualche settimana fa scattata quando ho rivisto dopo tanto tempo Selene (Clelia/Frine/Nemesis… eccetera: sapete bene quanti nomi abbia cambiato in questi anni…) e Franca. Queste due ragazze si vogliono bene in un modo forse possibile solo in un mondo virtuale e ogni tanto non so resistere alla tentazione di costringerle a starsi vicine fisicamente sotto il mio controllo. Ho imparato che per vivere Second Life con la massima intensità occorre dedicarvi un po’ di tempo, perché l’illusione e la sospensione dell’incredulità facciano il loro effetto: ma essere parte, sia pure sporadicamente, delle complicatissime relazioni fra Franca e Selene mi permette a volte di riuscire a entrare nel gioco quasi all’istante, anche quando so che riuscirò a restare online solo per una manciata di minuti.

miserie.jpgMa sto, come al solito, divagando, quindi torno a concentrarmi sul motivo di questo post. Lontana da SL, compenso la mancanza seguendo ciò che se ne scrive e dice in giro. Sto leggendo un libro (abbastanza compiaciuto e non entusiasmante… ma magari ne riparliamo quando l’avrò finito) scritto come se fosse opera di un avatar che detesta il suo agente (quello che lui chiama picchiatasti), ma che ha l’ambizione di indagare quell’illusione di immortalità che, forse, cerchiamo nei metaversi. E, soprattutto, mi accingo a vedere un documentario di quasi un’ora e mezzo sui mondi virtuali.

Il titolo, molto bello, è Login 2 Life, una cosa tipo “connettersi alla vita”. E il tema sembra essere soprattutto la possibilità che i mondi virtuali offrono a chi ha qualche difficoltà nel mondo reale. Ne ho parlato già altre volte: su Second Life ho conosciuto parecchie persone bloccate da qualche malattia o da qualche incidente. E sono da sempre convinta che, fino a quando non diventa un’ossessione che distrugge quell’attaccamento alla vita reale che fa parte della nostra natura, una certa misura di fuga nella fantasia sia non solo innocua ma, addirittura, necessaria. 

Perché parlo di questo documentario prima di averlo visto? Perché da oggi, e per una sola settimana, sarà possibile vederlo in streaming sul sito di una TV tedesca che lo ha trasmesso in anteprima proprio ieri, e ci tengo a segnalarlo a chi continua a frequentare queste pagine. Il film è in inglese con sottotitoli in tedesco, ma qualcuno di voi forse sarà in grado di vederlo e apprezzarlo. E poi, magari, e chissà quando, ne riparliamo, ok? Fino ad allora, cercate di stare bene. Io farò lo stesso.

Il link per vedere il film: Login 2 Life

[Marine Kelley] Il RLV è aperto a tutti

Ho appreso stamattina, mediante Twitter, che Marine Kelley ha deciso di collaborare con Firestorm, il più diffuso fra i client SL di terze parti (e, per combinazione, quello che uso in questo periodo). Non ne so valutare tutte le implicazioni ma poiché queste pagine sono ormai uno dei riferimenti principali per gli utilizzatori italiani del RLV, spero di fare cosa gradita traducendo al volo il suo post. Come sa chi mi segue, ho per Marine un’ammirazione senza limiti e una enorme gratitudine per quello che fatto rendendo molto più intensa l’esperienza del bondage nei mondi virtuali. Tradurre il suo post per il nostro paese è per me un modo di rendere omaggio al suo lavoro e di augurarle buon lavoro in questa nuova avventura. Come illustrazioni per questo post, utilizzo qualche foto scattata appena due giorni fa, durante una breve avventura in cui mi sono presa cura per qualche ora di una cara amica un po’ allo sbando – con la collaborazione proprio di Marine e di sua moglie Ollalla Sugarbeet. Grazie a entrambe anche per il vostro sostegno in quell’occasione.

Selene Poper

Salve,

sul lato RLV della vita stanno per cambiare cose molto grosse. Fin dal principio ho voluto mantenere un controllo stretto su di esso (quante volte ho sentito dire “troppo stretto”!). Per qualcuno è stato doloroso e frustrante ma era necessario perché il progetto avesse successo.

Questo, prima di tutto, perché quando tutto è cominciato, alla fine del 2007, i viewer di terze parti erano ancora quacosa di nuovo su SL e gli utenti avevano bisogno di essere rassicurati circa l’affidabilità di chi realizzava e si occupava di tenere aggiornati questi viewer. Non potevamo permettere che, nascosta sotto qualche funzione simpatica, ce ne fosse una per rubare le password. Volevo rendere più intensa l’esperienza per la comunità fetish e quindi avevo bisogno di creare il mio viewer personale, ma avevo bisogno anche che fosse accettato dalla suddetta comunità. Ci ho messo quindi il mio nome, perché all’epoca ero già famosa. È stata una mossa di successo: rapidamente, il Restrained Love Viewer, o “RLV”, è nato ed è stato adottato. Notate che, all’epoca, si chiamava ancora Restrained Life Viewer. Il nome è cambiato solo molto tempo dopo.

Ollalla Sugarbeet, Marine Kelley, Selene WideshiningNel corso degli anni, molti suggerimenti sono arrivati e sono stati discussi (per lo più in privato), sono state aggiunte molte funzioni, ma sempre con la sottoscritta che manteneva il controllo sul progetto. Sia perché ero io che lo sviluppavo, sia perché avevo bisogno di essere sicura che restasse coerente, sicuro e compatibile con le versioni precedenti.

Ecco perché il RLV è una sorta di UFO nel mondo dei viewer di terze parti. Là dove altri viewer puntano a offrire all’utente maggiori poteri, il RLV mira a dare più potere agli script. In genere, a script commerciali. In altre parole, il RLV è una piattaforma, un middleware fra l’utente e gli script inclusi negli oggetti che questi utilizzano quotidianamente. Costruire una piattaforma del genere assicurandosi la fiducia sia da parte degli utenti che dei creatori di contenuti è stata una sfida. Nessuno è disposto a rischiare con leggerezza il proprio business puntando su una nuova tecnologia senza sapere se è destinata a restare. Ma è stata una sfida che ho affrontato e vinto. Il RLV è un successo.

Ormai, il RLV è maturo. È stato adottato in massa da utenti e creatori di contenuti, anche al di fuori della comunità fetish. La sua ampia diffusione produce una quantità di feedback, suggerimenti e segnalazioni di bug, che devo gestire io stessa nel mio tempo libero. E più aumentano i feedback, più aumentano le funzioni, e più aumentano le funzioni più devo lavorare.

Inoltre, ho pensato in passato l’idea di portare alla Linden Lab l’idea di integrare una versione ridotta del RLV nel loro viewer originale. Ad esempio, i settaggi Windlight condivisi, le cartelle condivise e via dicendo. Cose che non hanno a che fare con le nostre monellerie ma che possono essere molto utili a un ampio spettro di utenti. Esistono ad esempio bot che usano il RLV per consentire ai clienti di vedere una dimostrazione di completi che stanno pensando di comprare. Alcune  sim specializzate in giochi di combattimento usano alcuni comandi RLV per garantire che gli scontri si svolgano secondo le regole. Alcuni portatori di handicap possono farsi aiutare da altri quando si tratta di muoversi, teleportarsi, indossare Huddiecompleti eccetera, il tutto grazie al loro RLV. Ci sono dozzine di esempi come questo. [Nota di Win: ne aggiungo uno anche io. Lo Huddie, una invenzione della mia Anna Howlett e di Pene Seetan, un prezioso oggettino che consente di gestire, tramite un solo interfaccia, i tantissimi HUD che ormai tante di noi utilizzano costantemente. Lo trovate in vendita su Marketplace oppure anche in-world]. Ma l’integrazione del RLV nel viewer SL non è mai stata presa in considerazione dalla LL (hanno già fin troppa carne al fuoco), per cui la mia implementazione del RLV è rimasta un po’ una cosa da outsider. Le specifiche del sistema, comunque, sono state adottate in modo esponenziale grazie a un altro viewer che conquistava sempre più utenti: Firestorm. Siamo arrivati ormai al punto che metà di SL lo utilizza (e il numero aumenta costantemente). E allora, invece di occuparmi di mantenere il RLV per la LL, perché non farlo per Firestorm?

Ora che le specifiche del RLV sono mature (nel senso di “stabili e usabili”, non “complete”), c’è meno pressione verso l’aggiunta di nuove funzioni. Rispetto al 2007, quando aggiungo qualcosa di nuovo c’è più codice da scrivere, più test da fare e in generale più lavoro. E ci sono richieste sempre più pressanti da parte di altri perché le specifiche vengano aperte: in altre parole, perché venga dato più potere alla discussione invece di lasciare che io sia un “collo di bottiglia” nel procedimento. Io voglio essere parte della soluzione, non parte del problema.

Qualcuno di voi potrebbe essere a conoscenza del fatto che mesi fa è stato fatto uno sforzo per creare un gruppo apposito, un think tank per discutere le direzioni verso cui il RLV deve indirizzarsi. Il RLV appartiene alla comunità e non a me. Dopo tutto è il mio dono alla comunità, io ne sono la custode, ma non la padrona. Il mio ruolo è di assicurare che qualsiasi nuova funzione non guasti quelle vecchie, nè possa danneggiare contenuti che esistono su SL. Il RLV è una piattaforma che favorisce gli affari ed è fondamentale che i creatori di contenuti sappiano che la piattaforma che hanno scelto non tornerà in futuro a mordergli il didietro mettendo a rischio il loro business.

Ollalla Sugarbeet, Marine Kelley, Selene WideshiningAd ogni modo, il gruppo di cui parlo è decisamente centrato su Firestorm. I conti sono presto fatti: la base utenti di Firestorm è molte volte superiore a quella di qualsiasi altro viewer di terze parti, per cui qualsiasi funzione da loro introdotta diventa de facto uno standard non appena rilasciata. E quel gruppo sta facendo pressioni forti per aggiungere nuove funzioni alla parte RLV di Firestorm.

Quindi, dopo averci riflettuto a lungo, ho deciso che sarebbe stato un bene per tutti, soprattutto i creatori di contenuti, portare le specifiche a un nuovo livello di pubblico e di reattività.

Ecco perché mi sono unita al team di Firestorm, come una dei due sviluppatori RLV. L’altra è Kitty Barnett (la cui propria implementazione si chiama RLVa, ossia “alternativa”, e fin qui è servita come area di prova per le nuove funzioni, prima di discutere con me come integrarle). Naturalmente sarò parte anche del gruppo che dicevo prima, perché sono la persona più qualificata per determinare se questo o quel cambiamento può portare benefici al sistema, sono quella che conosce meglio le trappole da evitare, nonché l’autrice originale del sistema e della prima implementazione.

E allora, in pratica, che cosa succede?

Continuerò a sviluppare e mantenere il mio RLV personale a parte, come ho sempre fatto. Ha molte funzioni che sono solo sue e non voglio perderle. Inoltre, altri viewer di terze parti usano il mio codice direttamente e non voglio abbandonarli. Voglio anche poter continuare a sperimentare nuove funzioni (cosa che ho sempre fatto col mio RLV), quindi in questo senso non cambierà nulla. Tuttavia le implementazioni mia e di Kitty delle specifiche RLV dovranno essere fuse in una sola, e questo non sarà facile. C’è una possibilità che io abbandoni completamente il mio codice e usi solo il suo, visto che è già dentro Firestorm… vedremo. Il mio codice è più vecchio ed è cresciuto assieme alle specifiche, mentre il suo è più recente ed è stato fatto quando le specifiche erano già mature. E sono codici molto diversi, il mio è abbastanza semplice e “al punto”, mentre il suo è completamente object-oriented e quindi modulare. Ma è anche molto più complesso.

Ollalla Sugarbeet, Marine Kelley, Selene WideshiningCome nota a margine, fin qui Kitty non ha avuto il più piacevole dei ruoli. Una diversa implementazione implica bug diversi, con utenti che le strepitavano contro perché “funziona nel mio viewer e non funziona nel suo”. E lei era sempre costretta ad aspettare che fossi io ad aggiungere nuove funzioni alle specifiche. Per lei non era una situazione sana. Adesso lavoreremo insieme invece di fare la stessa cosa in modi diversi, ognuna per la sua strada.

Ancora: nell’entrare nel gruppo io porto con me le mie regole. Le specifiche del RLV hanno tre regole d’oro che fin qui ho sempre seguito alla lettera:

1. Separazione: Un RLV non deve fare quello che può fare uno script. Altrimenti cesserebbe di essere una piattaforma e diventerebbe un concorrente proprio a quei progetti che deve sostenere.

2. Compatibilità: Un RLV non deve guastare i contenuti. Ciò significa che dobbiamo presupporre che qualsiasi comando esistente sia già di uso comune su SL, e che cambiarlo farà arrabbiare un sacco di gente. Analogamente, un nuovo comando non dovrà mai contraddirne uno esistente.

3. Sicurezza: Un RLV non dovrà mai mettere a rischio i beni dell’utente (si tratti di elementi dell’inventario, oggetti in-world, denaro o informazioni personali).

Queste regole sono il motivo del suo successo. Continuerò a seguirle nella valutazione di nuove funzioni, e voterò sistematicamente contro cambiamenti che dovessero violare una di queste regole. Sono il motivo per cui finora ho fatto tutto da sola. Ho fiducia nei membri del gruppo e ritengo che siano sufficientemente adulti e responsabili per capirne il valore e sottoscriverle. Se così non fosse, non avrei più nulla a che fare con quel gruppo.

Selene WideshiningPer come la vedo io, il gruppo è come un cuscinetto fra i suggerimenti della comunità e l’inclusione di alcuni di essi nelle future versioni delle specifiche. Noi (me inclusa) discuteremo insieme nuove funzioni interessanti da aggiungere alle specifiche e decideremo mediante voto se includerle davvero o meno. Ma nè io nè Kitty diventeremo le loro schiave scrittrici di codice. Non c’è una gerarchia. Siamo tutti allo stesso livello, non c’è un leader (anche se è vero che il peso di scrivere il codice ricadrà sulle nostre spalle). Peraltro non tutti i membri del gruppo sono coinvolti in Firestorm – è un gruppo di creatori di contenuti – e naturalmente non tutta Firestorm farà parte di questo gruppo. Per concludere, il gruppo è aperto a adesioni: non dovrà mai essere visto come una specie di “gruppo elite RLV”, cosa che sarebbe decisamente anti-community. L’ultima cosa che voglio è di vedere il RLV utilizzato come arma da pochi selezionati creatori di contenuti contro tutti gli altri, e sono qui per assicurare che non accada.

Ma voglio mettere in chiaro che non sono disposta a tollerare scontri di ego. Vengo qui per fare le cose. Le piccolezze della politica sono per gente meschina. L’ultimo (e il solo) incontro che ho avuto con questo gruppo alcuni mesi fa non è stato esattamente piacevole. Sono stata travolta e subissata di pretese da tutti i lati. Se succede ancora, non resterò.

Analogamente, non sto venendo “assimilata” (bleah). Non sto sposando Firestorm, nè intendo mollare tutto quel che stavo facendo. Il modo in cui aderisco non sarà forse l’ideale per me (chi conosce la storia dietro le quinte capisce perché), ma è la più logica. È fondamentale che il RLV resti sotto il controllo di persone responsabili, fra cui l’autrice originale (io), ma una sola persona non può reggere il carico di tutti i suggerimenti che arrivano dagli utenti Firestorm. È troppo.

Vi terrò aggiornati sugli sviluppi.

Marine

 

L’articolo originale di Marine si trova qui

Social Network

Un post di servizio per dire due cose. Una su Facebook, e una sul neonato anti-Facebook. Su cui spero presto di ritrovarvi.

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A qualcuno, queste righe sembreranno una contraddizione diretta di alcune cose che ho detto quando Facebook mi ha sbattuta fuori. Basta coi Social Network, non è Facebook che non mi vuole, sono io che non voglio più stare in un Social Network che si comporta in modo così autoritario, dittatoriale e scarsamente aperto al contraddittorio, e via dicendo. Sì, sì, tutto bello, direte, poi appena c’è mezza possibilità di iscriversi in qualcosa di ancora più grosso, pervasivo e invadente, eccoti lì in prima linea.

Ebbene, forse sì. Forse l’ho fatto perché un mio contatto era in grado di invitarmici prima che diventasse, come sembra imminente, il nuovo Social Network di riferimento e non ho saputo rinunciare all’occasione. Forse l’ho fatto perché a me, Google, sta simpatico, perché lo uso ogni giorno per fare ricerche, per caricarci e guardarci video (su YouTube), per leggerci blog di amici (fra cui Marine Kelley), perché la sua chat funziona bene mentre quella di Facebook no. Forse, anzi, probabilmente, l’ho fatto soprattutto per dispetto verso gli sgherri di Mark Zuckerberg.

E poi c’è il fatto che mi mancano i miei contatti di Facebook. Mi manca davvero il fatto di non potermi affacciare, anche solo per due minuti, vedere qualche nuova foto di Calypso e Franca, qualche link di Nightwish, lo status di qualche amica che magari mi fa sorridere, o arrabbiare o venir voglia di consolarla… Mi manca quella parte di Second Life che potevo vivere quando non avevo tempo di entrare su Second Life – e visto che in questo periodo continuo ad avere pochissimo tempo per entrare in world mi sembrava di perdere contatto con… uhm… con la irrealtà tanto reale del nostro amato metaverso.

Fatto sta che da qualche giorno ho anche io un account su Google +, o meglio G+, visto che molti dei miei amici che sono riusciti a entrarvi in questa prima fase di betatesting, così lo chiamano. Non l’ho praticamente usato per niente, finora. Ho scritto solo quel piccolissimo post che riporto nell’immagine qui sopra e basta. E proprio qualche minuto fa ho provveduto ad aggiornare il template del mio blog in modo che i visitatori possano cliccare, se gradiscono un post, il pulsante “+1” che appare sotto al titolo. 

A chi passa a trovarmi qui chiedo di farlo ogni volta che ritenete che un mio post lo meriti. I “+1” non servono solo ad accarezzare la mia vanità di autrice di queste pagine ma, cosa ben più importante, a favorire il piazzamento della pagina nelle ricerche di Google e, quindi, a renderle sempre più facili da trovare. 

Per quanto riguarda G+, beh, se vi interessa farne parte credo di aver capito come fare a invitare le persone. So che le iscrizioni funzionano a intermittenza perché Google ogni tanto ci mette uno stop – è pur sempre ancora un betatesting – però conosco molte persone che ci sono entrate e che, con un po’ di pazienza, ci entrano, ogni giorno più numerose. Credo che ci voglia un account su Gmail (se non lo avete vi verrà chiesto di crearne uno) ma credo che ne valga la pena, anche perché G+ ha una policy molto più trasparente di FB per quel che riguarda i dati che ci immettete. Chi volesse provarci, mi scriva nei commenti qui sotto il suo indirizzo mail e cercherò di tirarlo dentro entro 24 ore.

E se, alla fine della fiera, sarò riuscita a traghettare dall’altra parte almeno un po’ degli avatar che, disprezzati e spesso cancellati senza spiegazioni, continuano ancora oggi a regalare a Facebook immagini, contenuti e traffico, avrò anche il piacere sottile di una piccola vendetta.

L’estate è arrivata

Solo due righe per interrompere il silenzio, aggiornare qualcuno sulle novità e ripromettermi per l’ennesima volta di trovare più tempo per le cose che amo. Come questa.

Anastasia Howlett

Non scrivevo un post dal 12 aprile scorso – oltre due mesi passati da quando sono stata bannata da Facebook. Ero convinta che avrei avuto più tempo per scrivere e invece niente – come al solito, a causa di impegni pressanti di RL (incluse un paio di brevi ma piacevoli vacanze, fra ponti e weekend allungati).

Anche per questo non ho chiuso alcune questioni rimaste aperte. Quando un evento si allontana, anche se il ricordo resta impresso nella memoria, diventa difficile tornarci per scriverne. Accade con la realtà, figuriamoci con Second Life, e a pensarci bene è proprio per questo che ho iniziato questo blog: per cercare di catturare almeno in parte l’intensità di tante delle esperienze che vivo nel mondo virtuale… e che entrano a pieno titolo a far parte del mio passato di persona reale.

Calypso AgseramCalypso Agseram, Franca PoperPerò non tutto si può fermare su carta (o su pixel). Dobbiamo farcene una ragione – devo farmene una ragione, se non voglio finire come quei matti che a volte vedo, per la strada, mentre si affannano a scrivere qualsiasi parola gli venga in mente su decine di sgualciti quadernetti. Ce ne andiamo, non c’è nulla da fare, e che si scrivano dieci parole, un miliardo oppure nessuna, alla fine non ci sarà differenza. Quasi sempre, davvero, è più giusto vivere, e basta.

Così, non racconterò nei dettagli le emozioni della conclusione del mio rapimento ad opera di Calypso. Non potrei ricatturarle con la forza che hanno avuto e otterrei lo scopo opposto di quello che mi sono prefissa: finirei per sostituire al ricordo diretto, pur destinato con gli anni ad opacizzarsi, con una ricostruzione artificiosa, magari inalterabile ma priva, almeno per me, di valore. Basterà qui dire che le ultime ore in balia della coppia Calypso/Franca le ho passate, per quanto strettamente legata, ad ascoltare, interagendo come me lo consentiva il bavaglio. Quel tipo di chiacchiere intime, preziosissime, che a una certa età la RL spesso non ti offre più solo perché ti senti cresciuta e credi di non poterti permettere di “perdere tempo”.

E voglio accennare anche ai sentimenti contrastanti provati quando Calypso, alla fine, mi ha liberata. Gratitudine, per lo sforzo che, come mi ha confessato lei stessa, le era costato tenermi sotto chiave così a lungo. Dispiacere perché una cosa così bella si stava per concludere senza che si realizzasse una certa minaccia che mi era stata fatta, via IM, da un’amica comune. Sollievo, perché quella cosa così bella si concludeva prima che in me l’irrequietezza e il desiderio di scappare rischiasse, come era avvenuto in passato, di rovinare tutto. Un bel casino di contraddizioni, no? Ma questo siamo, dopo tutto: un bel casino.

Anastasia HowlettChe altro è successo, da allora? Calypso è sparita del tutto per parecchio tempo, per questioni sue personali, ed è ricomparsa, per la gioia di chi le vuole bene (prima Franca fra tutte, naturalmente), solo poco tempo fa. Jelena non si vede da tempo ma a causa di una notizia bellissima che mi ha reso davvero felice, e so che prima o poi la vedrò ricomparire. Lorella è poco presente anche lei, e anche lei per un altro motivo molto bello. Anastasia (o meglio la sua Persona Reale) è partita ieri per un lungo viaggio all’estero ma già oggi ho scoperto che anche da lì riesce a collegarsi a Second Life (la foto di apertura di questo post e quella qui accanto sono state scattate meno di un’ora fa, nel salottino della torre centrale del WCF). E Lella, dulcis in fundo, ha qualche problemino in RL che inizialmente ci ha fatto preoccupare molto – e che si sta risolvendo, anche se lentamente e in modo non piacevolissimo. La vedo ogni tanto, il tempo di un abbraccio forte, sperando di contribuire a infonderle un pochino di pazienza.

Lella DemoniaAl di fuori della stretta famiglia, le novità incalzano come sempre. Gloria Oppewall si vede poco perché ha avuto, in RL, una bambina – e l’ha chiamata… Gloria! Il famigerato zFire Xue sembra che sia finito in prigione per davvero (!!!). Intanto, Second Life ha compiuto otto anni e sembra continuare a prosperare (pochi giorni fa i Duran Duran hanno aperto una loro isola/museo!) nonostante una cospicua diaspora di residenti che trasferiscono parte del loro tempo su Open Sim o su nuove realtà come Avination. Piano piano, il Viewer 2.0 si diffonde e, sebbene continui a non trovarmici bene come con l’originale, inizio a familiarizzarci un poco e ad apprezzare alcune funzioni – soprattutto da quando la benemerita Kittykat Ninetails ha colmato il vuoto lasciato da Mo Noel implementando il Restrained Love nel Client 2.0 per Mac.

E questo blog, pur non aggiornato, continua a ricevere ogni giorno fra le 150 e le 200 visite, cosa che non cessa di stupirmi ma mi spinge anche a continuare. Non prometto nulla, ovviamente, per quel che riguarda il mio diario personale. Ma mi impegno a riprendere presto le traduzioni delle lezioni di RLV, che nel complesso ritengo costituiscano una delle attrattive principali per i visitatori occasionali (nel mese di giugno, l’11 per cento del traffico lo ha fatto la pagina in cui spiego cosa sia il Restrained Love, ed è una percentuale stabile da molti mesi). Buona estate a tutti, ci vediamo, RL permettendo, in-world!

Goodbye Facebook

La sospensione a sorpresa del mio account Facebook mi ha provocato un dolore molto superiore a quello che mi sarei immaginata. Facendomi riflettere su quanto la nostra vita virtuale sia appesa a un filo. E reagire, a mia volta, in modo irrevocabile.

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Domenica sera ho avuto un’amara sorpresa quando ho provato a collegarmi, prima di dormire, con il mio account Facebook. “Your account has been disabled”, diceva la pagina, rinviando alle faq per le spiegazioni. Andando sulle faq, però, non si scopriva molto di più: ti dicevano che l’account poteva essere stato disabilitato senza preavviso per una serie di ragioni, senza dire quale fosse il tuo caso. E quando ho provato a scrivere per avere notizie, convinta che si trattasse di un errore, il messaggio che ho ricevuto in risposta è stato una laconica circolare e, inizialmente, piena di condizionali. Il mio account potrebbe essere stato sospeso per aver creato o caricato contenuti pornografici, sessualmente suggestivi, o che contengono nudità… per aver molestato altre persone con un linguaggio sessualmente esplicito… o per aver spedito richieste di amicizia non desiderate, o messaggi privati a persone che non conoscevo.

Non credo di aver fatto mai nulla di tutto questo, a meno di non considerare “sessualmente suggestive” alcune immagini di avatar in versione bondage – peraltro, mi sembra, molto tranquille – ma i signori di Facebook non specificano. Ma dal condizionale passano a un ferreo indicativo per la seconda parte della mail:

You will no longer be able to use Facebook. This decision is final and cannot be appealed.

Please note that for technical and security reasons, we will not provide you with any further details about this decision.

Thanks,

Laura

User Operations

Facebook

La cosa, lì per lì, mi ha dato fastidio ma fino a un certo punto. Posso fare a meno di Facebook, ho pensato: la mia vera vita è su Second Life e quello che non posso esprimere lì lo scrivo su questo blog. Anzi, a pensarci bene, l’attività su Facebook aveva fatto sì che sfogassi lì gran parte delle mie pulsioni comunicative. Basta vedere quanti post scrivevo prima di aprire l’account e quanti ne ho scritti dopo. Facebook ti spinge a frantumare le cose che devi dire in tantissime piccole frasi, una foto qui, un link là. Ci sono cose, forse, che in un blog non diresti perché sono troppo piccole, ma ce ne sono anche tante che, una volta messe su Facebook, nel blog non le metti più. Ed ecco che scrivi un post in meno. Non sto dicendo che sia di per sè un bene nè che sia di per sè un male, ma non posso fare a meno di pensare che un post qui sul blog abbia, in genere, una forma, un senso e anche una sua durevolezza nel tempo che qualche status su Facebook difficilmente può avere. Non lo dico perché mi illudo di fare della letteratura ma perché, molto banalmente, vedo come va il traffico su queste pagine e so che anche i post più vecchi continuano ancora oggi a ricevere visite.

Immagine 3.pngInsomma, mi sono detta “pazienza” e non ci ho pensato più. Ma poi, il giorno dopo, mi sono sorpresa più volte, durante la giornata, ad aprire il browser senza pensarci e a cercare di visitare la mia bacheca e quella delle persone a cui voglio bene. E ogni volta, di nuovo, trovavo quella porta che mi era stata chiusa, irrevocabilmente, in faccia. Anzi, nemmeno in faccia: perché al posto del mio viso, l’account riporta adesso l’avatar vuoto. Ed è la cosa peggiore: sono diventata un volto bianco. Sono un bane che, a differenza di quelli di Eudeamon, non ha nemmeno più il diritto ad aggirarsi muto fra i cittadini liberi.

E mi sono tornati in mente due episodi più o meno recenti. La cancellazione dell’account di Andromeda su Second Life, prima di tutto. Per Andro è stata una mazzata che per poco non l’ha convinta ad abbandonare il metaverso, nonostante avesse diversi alt già pronti a prendere il posto di quello che era stato giustiziato. E poi un incidente che risale ormai a parecchi mesi fa, quando Ewyn Raymaker scoprì di non riuscire più a collegarsi a Second Life perché il suo account si era come incantato – facendo sì che lei risultasse sempre online, ma muta e immobile, per tutti gli altri, ma che dal suo client risultasse chiusa fuori. Ricordo che Ewyn mi aveva scritto, allora, di aver pianto dalla rabbia e di avere, anche lei, deciso che se non si fosse sbloccata la situazione avrebbe abbandonato Second Life. Immagino che fosse perché anche lei, come me, si identifica in modo totale con la sua identità virtuale. E quando si muore, quale che sia il motivo, si muore e basta.

Le nostre vite reali, lo sappiamo, sono sempre e comunque appese a un filo. L’elemento nuovo della nostra vita virtuale è che, sempre più spesso, questo filo è alla mercé delle forbici di Parche molto più umane di Atropo ma altrettanto tetragone alla comunicazione. Sia Facebook che Second Life (ma, se è per questo, anche Google) sono sistemi proprietari e chiusi, a cui accediamo solo fino a quando chi ne ha le chiavi non decide di buttarci fuori per qualsiasi motivo, fondato o meno che sia. Noi siamo abituati a considerarli casa nostra, e ci mettiamo tanto di nostro, ma quando la porta viene chiusa non abbiamo modo di recuperare niente. Nei server ora inaccessibili del mio account Facebook io lascio centinaia di fotografie, solo parte delle quali ho messo su questo blog. Centinaia di momenti cristallizzati in un’istantanea che, ogni tanto, mi capitava di andarmi a rivedere e che ora sono per sempre perduti. Senza appello perché, come spiegava bene una puntata di Report che l’amica Francesca Allen mi ha segnalato ieri, non è che Facebook fornisca a noi un servizio gratuito: siamo noi, semmai, il prodotto che loro forniscono ai loro clienti, che sono, ovviamente, le aziende che vogliono farsi pubblicità. E il prodotto viene gestito come tale: buttando via quello che si decide essere difettoso.

Nel mio caso, dopo averci pensato bene, credo di essere arrivata a capire il motivo della mia sospensione. L’ultima cosa che ricordo di aver postato sulla mia bacheca è stata un link a un server su cui avevo caricato la puntata di Secret Diary of a Call Girl di cui ho parlato nel mio ultimo post. Senza dubbio una grave sciocchezza da parte mia e un atto di cui mi pentirei anche se non fosse stato questo il motivo scatenante della mia messa al bando. Ma la policy di Facebook è pensata in modo che io non possa averne la certezza. Sono stata sbattuta fuori e basta, senza spiegazioni che mi avrebbero potuta aiutare a capire se e in cosa avessi sbagliato.

E allora ho preso una decisione. Anche se il motivo della mia esclusione non fosse quello, mi comporterò come se lo fosse. Ammetto di aver sbagliato e accetto per questo errore la pena capitale Facebookiana: non rientrerò con nuovi account di posta, non tornerò a girare per le bacheche degli amici, a postare link, a guardare e taggare le foto degli altri. Continuerò ad esistere su Second Life, naturalmente, e continuerò a scrivere su questo blog, ma senza più regalarne i contenuti a Facebook. Scommetto che le persone che mi sono vicine continueranno a esserlo. Forse anche più di prima.

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Ho provveduto a sostituire tutti i link pubblicati al mio profilo FB con questa pagina, tranne qualcuno che punta alla pagina-memoriale che mi sono creata su Seppukoo.com. Se vi diverte visitarla, questo è il link: http://www.seppukoo.com/memorial/Win-Zinnemann/66902541

Ma questo non è un addio: ci rivediamo in-world! :-)

Lezioni di dominazione

Un post che dovevo scrivere tanto tempo fa e che era rimasto nella tastiera fin dal novembre 2009. E che adesso è il momento di tirare fuori per dedicarlo non solo alla persona con cui ne avevo parlato allora, ma a molte. Inclusa la sottoscritta.

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Prima di cominciare a scrivere questo post voglio mettere subito in chiaro qualcosa: sono di nuovo libera. La mia prigionia si è conclusa poco più di 48 ore dopo la mia cattura e cercherò prossimamente di dar conto di come sia andata. Ma prima di farlo, ho deciso che è il momento di scrivere qualcosa su un telefilm che ho visto ormai un bel po’ di tempo fa, a cui avevo accennato già qui e che, nel frattempo, è arrivato persino in Italia.

Immagine 2.pngLa serie si intitola Secret Diary of a Call Girl ma da noi è stata tradotta Diario di una squillo per bene, con una lieve modifica che, una volta tanto, non sa di tradimento. Perché la protagonista della serie, nome d’arte Belle, è effettivamente una brava ragazza – che però ha scelto come mestiere quello della prostituta. Perché? Perché le piace il sesso, prima di tutto, e poi perché le piacciono i soldi. Tutto qui, senza psicologismi, drammi o traumi infantili. Fra l’altro, la serie è tratta dal libro di una signora che inizialmente lo aveva pubblicato sotto forma anonima, ma che a un certo punto ha rivelato in una intervista la sua vera identità dichiarando di aver fatto la ragazza squillo, per quattordici mesi, per pagarsi gli studi e arrivare alla sua professione attuale. Che è quella di ricercatrice scientifica nel settore dell’oncologia.

Di questa serie io ho visto fin qui solo la prima stagione ma mi sento di raccomandarla a chiunque: non è compiaciuta nè particolarmente maliziosa e offre, del sesso a pagamento, una visione leggera e giocosa che va probabilmente presa con le molle… ma ha il merito di affermare il diritto di chiunque a vivere la propria sessualità come preferisce, rifiutando a priori qualsiasi moralismo. In questo campo, nessuno può permettersi di giudicare gli altri e ben venga, se necessario, anche un telefilm a ricordarcelo, visto che un po’ a tutti noi può capitare di pronunciare condanne verso gli altri, salvo poi non accettare volentieri quelle che ci riguardano. Un’altra delle cose che amo di Second Life è che mi ha messa in contatto con una varietà infinita di persone, facendomi scoprire realtà e gusti molto al di là di tutto quello che pensavo di sapere. Per una che, come me, si è sempre piccata di avere una mente abbastanza aperta a quello che non conosceva, posso assicurare che è stata e continua a essere un’esperienza illuminante.

Immagine 1.pngMa torniamo alla serie, che mi ha coinvolta in modo particolare anche per un altro motivo. Forse non tutti sanno che, prima di donarmi le chiavi del suo collare, Andromeda è stata per molto tempo una escort virtuale, e mi ha raccontato di aver messo da parte, in quel modo, una discreta sommetta. Se si aggiunge a questo il suo carattere giocoso e sbarazzino, e il fatto che Billie Piper, la protagonista, le assomigli in modo notevole, forse si può capire il mio interesse. Vedere Secret Diary of a Call Girl era un po’ come assistere a flashback immaginari sulla vita passata di Andro, e un modo per esserle più vicina.

Immagine 4.pngImmagine 5.pngImmagine 6.pngMa sto divagando, perché in questo post voglio occuparmi solo dell’episodio 4 della prima stagione, quello in cui il commercialista di Belle le offre di farsi pagare l’onorario in natura, esprimendo il desiderio di un rapporto di natura sadomaso. Belle, abituata in genere a richieste più tradizionali, va a parlare con una Mistress professionista per farsi dare qualche consiglio professionale su come comportarsi. E scopre per la prima volta quanto la fantasia della sottomissione possa avere su alcune persone un fascino irresistibile. Anche se, come scopre con sorpresa, il sesso è escluso a priori.

Traduco in breve per chi non capisse l’inglese. “Qualcuno medita, qualcuno prega”, spiega la Mistress a Belle, per poi illustrare il menu delle sessioni: “Qualche leggera sculacciata, qualche frustatina, cuoio morbido”. E quando Belle si informa su come ci si regola quando si tratta di fare sesso, l’amica lo esclude recisamente. “E come fai a sapere quando hai finito?”, chiede Belle. La risposta è comicamente prosaica: “Mi suona il timer dell’orologio”. Per i suoi schiavi, continua la Mistress con tono serissimo, lei è una dea e mai si abbasserebbe a fare sesso con loro, distruggendo una distanza che può essere fondamentale per  un rapporto di dominazione – anche perché è una donna sposata e non ha alcuna intenzione di tradire il marito.

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Dopo un breve dialogo su ciò che prova chi viene dominato (sollievo, soprattutto: dalle responsabilità delle proprie azioni e dal senso di colpa, perché quello che stai facendo, per sporco o umiliante che sia, non lo stai facendo di tua volontà, ma solo perché qualcuno ti ci sta constringendo con la forza – tanto che Belle sospira, guardando lo schiavo che sta leccando gli stivali della sua amica: “Già, sotto al tavolo ci si deve sentire tanto in pace”) arriva per la protagonista il momento di passare all’azione col suo commercialista, ed è qui il punto che mi stava a cuore tanto da volerne parlare. Il momento della negoziazione.

Immagine 16.pngImmagine 17.pngSì perché se noi, che viviamo le nostre fantasie solo nel mondo virtuale di Second Life, possiamo permetterci di rischiare qualsiasi esperienza – passando dal fetish leggero a ogni sorta di kink, per estrema che possa sembrare – la vita reale è un’altra cosa. E se già su Second Life non è particolarmente facile incontrare qualcuno di cui potersi fidare, posso solo immaginare quanto sia arduo incontrare nella realtà qualcuno a cui offrire il controllo assoluto sul proprio corpo. Pertanto, come ci spiega Belle, qualsiasi cosa accadrà nel corso della sessione deve essere minuziosamente deciso prima, per evitare che la fantasia della sofferenza si trasformi in sofferenza reale, e che la costrizione non abbia gli effetti paradossalmente liberatori cercati dalla vittima, bensì l’esatto contrario. Anche gli insulti sono concordati in precedenza col cliente, via e-mail, come in una vera e propria sceneggiatura che andrà rispettata nel modo più scrupoloso.

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Il risultato di tutta questa pianificazione, insomma, altro non è che un vero e proprio RP. Io che non ho mai vissuto questo tipo di esperienza nella vita reale posso solo imaginare che la sensazione potente della costrizione fisica (e, immagino, una certa dose di elasticità nell’interpretare la sceneggiatura prevista da parte del personaggio dominante) debba compensare il fatto che, poiché tutta la scena è stata definita prima di cominciare, la sensazione di perdita di controllo non possa essere che molto relativa. Personalmente, credo che se dovessi pianificare tutto prima mi sentirei annoiata come quando mi succede di dover rivedere un film che già conosco… ma stiamo pur sempre parlando di un telefilm, e di una situazione in cui il rapporto sub/dom è temporaneo, mercenario e soprattutto per questo destinato per forza a una semplificazione che non si avrebbe se fra le due persone coinvolte ci fosse invece una relazione emotiva. Se non vi spiace, quindi, andiamo avanti, perché siamo arrivati alla questione che fin dall’inizio volevo toccare. La questione espressa dalla battuta pronunciata da Belle nei sottotitoli dell’immagine di apertura di questo post. Come si fa a sapere se stai facendolo nel modo giusto?

Immagine 19.pngImmagine 21.pngImmagine 22.pngSecret Diary of a Call Girl ha il tono della commedia, ma il tema è serio e mi sembra che tocchi direttamente molti altri spunti che mi è capitato di sfiorare in queste pagine – temi che forse hanno a che fare più col BDSM virtuale di Second Life che con quello del mondo reale. Un rapporto fra dominante e sottomesso nasce da un equilibrio molto fragile fra i desideri di tutti e due, perché se è scontato che una parte provi piacere nel dominare e l’altra nell’essere dominata, il rischio è che, nel tentativo di pilotare la scena, ciascuno tiri o spinga troppo dalla parte sbagliata. Chi si trova ad essere dominato proverà il desiderio di suggerire a chi lo sta dominando qualche idea, qualche comportamento particolare – ma facendo ciò, di fatto, allontana irrimediabilmente quel desiderio di perdita di controllo che può essere soddisfatto solo dal sentirsi in balia della volontà di qualcun altro. Questo comportamento può arrivare al fenomeno del cosiddetto topping from the bottom, quando di fatto è la persona legata a decidere tutto e, con maggiore o minore discrezione, detta a chi dovrebbe avere il controllo ogni azione. Per me, questa diventa quasi una forma di self bondage, in cui il dominante non è che uno strumento con cui il sottomesso dà piacere a se stesso. Dall’altra parte, ovviamente, c’è il rischio che chi sta sopra esageri nell’inseguire i propri desideri, imponendo alla sua vittima restrizioni o trattamenti che, appunto, vanno al di là della soglia oltre a cui il piacere svanisce. “Nel mio mestiere”, commenta Belle, “quando porti un uomo all’orgasmo sai di aver avuto successo. Qui invece non riesco nemmeno a capire se se la sta godendo”.

Immagine 23.pngQuesto dilemma io l’ho vissuto spesso, su Second Life, e so di per certo di non essere sola. So che Belias, quando mi aveva catturata, aveva paura di non essere all’altezza delle mie aspettative, e chi ha letto tutto questo blog sa bene fino a che punto abbia saputo travolgermi. So che Calypso Agseram, in questi giorni in cui mi teneva incatenata, spesso mormorava cose tipo “sono un disastro”, “ti sto annoiando”, mentre io, presa completamente di sorpresa da un comportamento che da lei non mi aspettavo, mi sentivo cera molle nelle sue mani ed ero felice di esserlo. In generale, ho imparato spesso a riconoscere, anche nelle Mistress più feroci – quelle vere, intendo, non le Win della situazione, ma quelle che mai e poi mai potrebbero anche solo pensare di cedere il controllo su di sè a qualcun altro – la sottile paura di non saper trovare il punto giusto… il comportamento che coglie nel sub quel punto debole, quel particolare che vince qualsiasi resistenza e che può travolgere tutti i limiti, negoziazione o non negoziazione.

Immagine 24.pngLa paura c’è. Forse ci deve essere perché, come nella maggior parte delle cose importanti, in un rapporto fra due persone non esistono regole. Ci si può mettere d’accordo su tutto, ma la cosa più bella è quello che accade senza pianificazione, o a dispetto di essa… quello che si scopre rischiando di sbagliare, cercando di accorgersene in tempo quando si fa un passo falso, ma senza esitare troppo per la paura di sbagliare. Perché non sappiamo mai quando quello che ci sembra un errore si rivela, per l’altra persona, proprio quello che desiderava e non sapeva di desiderare.

Catene

Qualche riga scritta fra il primo e il 2 aprile scorsi ma che solo adesso riesco a pubblicare, per impegni di RL prima e, dopo, per un lungo down della piattaforma MyBlog.

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Photo: © Calypso Ageram

Lo so che a pubblicarla l’altro ieri, primo aprile, non ci avrebbe creduto nessuno, ma dopo tutto stento a crederci anche io. Ho le mani legate dietro la testa con luccicanti manette di metallo. Le caviglie sono anch’esse bloccate e incatenate a qualche anello. Non riesco a capire se l’anello sia sul pavimento oppure sul soffitto perché sento addosso a me catene che tirano in tutte le direzioni e sugli occhi ho una benda, legata non troppo stretta ma abbastanza da non permettermi di vedere nulla. In bocca ho qualcosa di morbido e resistente che mi impedisce di chiuderla ma anche di parlare.

Calyfra_001.jpgCalyfra_002.jpgE sento qualcosa di pesante sul collo. Un collare, che ho visto luccicare quando mi è stato chiuso addosso ieri – poche ore che sembrano già tantissime durante le quali non sono riuscita più a vedere nessuno. Nessuno salvo le persone, o meglio la persona, che mi ha legata.

Non mi succedeva da molti mesi. Per essere più precisa, credo che non succedesse dal dicembre dello scorso anno quando, proprio nel piazzale del WCF, Francesca Miles mi rapì a sorpresa e mi trascinò a casa sua, sottoponendomi per alcuni giorni ad ogni sorta di umiliazione. Fra cui quella più estrema, concepita dalla sua schiava Chiara, e di cui fecero le spese anche i lettori di queste pagine, di scrivere per lei addirittura una poesia.

Ma stavolta è diverso. In questa casa ci sono venuta io, di mia spontanea volontà, e l’ho fatto per un gesto di amicizia e preoccupazione proprio verso quella persona che, approfittando di un momento in cui ero distratta da qualche IM, mi ha presa all’improvviso e trascinata in una grande stanza, rinchiudendomi prima in una teca di vetro poi, pochissimo dopo, trasformandomi in una statua di marmo nero immobilizzata in una posa che avrebbe fatto l’orgoglio di Fidia (e con un globo da reggere che avrebbe dato qualche brivido persino ad Atlante).

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Sembra che io stia cercando di creare della suspense, ma in realtà non ci sono segreti, questa volta. La mia rapitrice non ha esitato a pubblicare le prime foto sul suo profilo Facebook e il giorno dopo ho sentito che me ne stava scattando altre. Del resto, solo chi non ha mai vissuto Second Life in questo modo può pensare che un rapimento possa assomigliare a un altro. In questo caso, ad esempio, la mia aguzzina è qualcuno che conosco ormai da parecchio tempo e che, sebbene abbia cambiato non so quante identità, non ha mai finto di essere qualcuno di diverso da quello che era. Semplicemente, per motivi che ci vorrebbe un po’ a spiegare, ogni tanto si reincarnava, continuando però a frequentare le stesse persone e gli stessi luoghi di prima e, anzi, assicurandosi ogni volta che le persone che conosceva prima del cambiamento la riconoscessero subito.

Calyfra_007.jpgCalyfra_011.jpgAll’inizio di chiamava Frine, Frine Sapphire. Era arrivata alla vecchia Winsconsin, era stata collarata da Jelena e, per un po’ di tempo, era stata sua. Quando quel rapporto si era concluso, avevo conosciuto Franca Poper – ossia la persona che, fin da prima, le era stata vicina e che è da sempre al suo fianco attraverso ogni trasformazione: quando si chiamava Ariadne, quando divenne Clelia Saxondale, Nemesis Lourbridge e (ma magari ne dimentico una) l’incarnazione attuale, Calypso Ageram. Da allora, Franca e Clelia/Nemesis/Calypso sono sempre state per me una cosa sola, e la loro relazione sempre tempestosa qualche volta ha provocato echi anche importanti nelle nostre vite.

Calypso ha, del bondage, un’idea abbastanza vicina alla mia – non è tipa da torture, ma è sicuramente tipa da controllo, affettuoso ma ferreo. Eppure è anche molto diversa da me: con lei, quello che a volte chiamiamo RP è un costante entrare e uscire dal ruolo o, se volete, una sorta di OOC in-character. In qualche strana maniera, avere a che fare con lei ti costringe ad accettare la possibilità che si sciolga senza troppi problemi dalla situazione che con te sta vivendo in quel momento, ma le emozioni che prova sono quasi sempre trasparenti. Mi è capitato di legare sia lei che Franca, e con meno frequenza mi era capitato anche di esserne catturata – anche in tempi recentissimi, visto che la casa delle due matte è (o era) costellata di trappole automatiche, ma il più delle volte erano situazioni che, per quanto emozionanti, non sopravvivevano al tramonto o all’alba. Cambiava l’umore, cambiava la situazione, cambiava l’idea e si voltava pagina.

calyfra3_001.jpgcalyfra4_001.jpgcalyfra5_001.jpgA metà della scorsa settimana, Calypso mi ha mandato un IM per salutarmi. Non era il primo addio che dava a me o alle altre persone che sono a qualche titolo parte della sua vita, ma non per questo ho pensato di non prenderla sul serio. Ognuno può sembre avere ottimi motivi per lasciare un mondo intenso e travolgente come Second Life e ognuno ha sempre diritto di cambiare idea. Ci siamo salutate con un abbraccio, poi sono tornata a casa con Andromeda, rassegnandomi a risentire Calypso magari via mail o su Facebook, nel caso fosse davvero riuscita a chiudere il suo account senza tornare con una nuova identità. Ma poi, il giorno dopo, mi è parso di vederla andare offline e sono passata a vedere cosa fosse successo, con l’idea magari di fare due chiacchiere con Franca e farmi aggiornare sulla situazione. Mentre ero lì, Calypso si è materializzata all’improvviso, dicendo tuttavia che si trattava solo di un rinvio e che per lei Second Life era un’avventura conclusa.

Abbiamo fatto qualche chiacchiera ma poi, mentre stavo per congedarmi, le è successo qualcosa. Non ho idea di cosa possa esserle scattato, anche perché ero impegnata in uno scambio di IM con Kadira, ma all’improvviso mi sono trovata trascinata nella teca di vetro, poi sul piedistallo, e infine coperta di catene.

calyfra5_002.jpgHo provato sorpresa, ma ho provato anche un po’ di eccitazione. Non mi capita più molto spesso di perdere il controllo ma so che, dentro di me, dorme sempre la Win dei post più vecchi di questo blog: quella che, nella situazione giusta, si sente tremare piacevolmente le gambe quando sente lo scatto di un lucchetto. Calypso si è divertita a scattare qualche foto, e ne ha pure postata qualcuna su Facebook mettendo in scena un’improbabile situazione in cui a rapirmi era stata Franca. Nel complesso, un pomeriggio emozionante ma che, ne ero convinta, si sarebbe risolto senza problemi il giorno dopo quando, come ogni volta precedente, sarei stata liberata.

Quello che invece è successo l’altro ieri è stato ben diverso. Nonostante io restassi online molto a lungo per cercare di liberarmi dalle catene con le tecniche di cui più volte abbiamo parlato, Calypso si è ricollegata un paio di volte per tornare implacabilmente a serrare di nuovo le mie catene. Poi, quando abbiamo avuto un po’ di tempo da passare online insieme, ha mostrato tutte le intenzioni di non cambiare affatto idea, questa volta. Con l’aiuto di una Franca sempre tenuta al guinzaglio corto mi ha portata in una sorta di grande stanza adibita a prigione, mi ha spinta con ferma gentilezza dentro una grossa gabbia, mi ha letteralmente coperta di catene pesanti. E poi, quando ha constatato la mia scarsa disponibilità a chiamare lei e la sua compagna “Signora”, ha completato l’opera, spogliandomi, rasandomi a zero e stringendomi sugli occhi una fitta benda.

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Photo: © Ewyn Raymaker

Da quel momento, non posso far altro che tirare con rabbia le catene che mi stringono, divincolarmi per cercare di far cadere la benda, mordere il bavaglio che mi impedisce di comunicare con l’esterno. Riesco solo a muovere le dita delle mani e a mugolare. E osservare con una certa preoccupazione come, accanto al desiderio di scappare appena possibile, si affacci subdolamente una sensazione che credevo di aver dimenticato. Una sensazione niente affatto spiacevole ma che, proprio per questo, mi sembra tanto più pericolosa.