Prigioniera di me stessa

Le catene più stringenti sono quelle che ci fabbrichiamo da soli, dice qualcuno. Fai attenzione a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo, dicono altri. Ma cosa succede quando si desiderano catene a prova di fuga?

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L’ho fatto.

Da ieri sera non sono più Winthorpe Foghorn Zinnemann, la fanciulla dal nome impossibile, sempre pronta a chiacchierare con tutti, e quasi sempre nei guai.

Da ieri sera sono W-1007, uno degli undici bane di Marine Kelley.63ddf344000bfc85a789f372ba374d60.jpg

Tutto il mio corpo è ricoperto da un sottile e impenetrabile strato di lattice nero. Tutto: inclusi la lingua e il palato. Tutti i sensi mi sono stati tolti completamente e sostituiti da un’interfaccia elettronica. Il casco che mi è stato saldato attorno alla testa controlla completamente i miei contatti con l’esterno. Ho dovuto indossare lenti a contatto che mi accecano, e percepisco il mondo attorno a me solo attraverso i segnali neurali che il mio Custodian invia direttamente al mio cervello. Non posso sentire la voce di chi mi parla, ma solo i suoni che il Custodian decide di farmi arrivare. Non posso parlare con alcuno: nemmeno con la dottoressa Marine Kelley, la creatrice della diabolica invenzione che mi terrà prigioniera fino allo scadere della sentenza.

Sto testando il suo banesuit, sicuramente la più estrema e raffinata forma di bondage fin qui elaborata su Second Life. Un banesuit, a tutti gli effetti, è una prigione che si indossa. Sei libera di muoverti (sia pure con una serie di restrizioni) ma sei completamente controllata dal Custodian, un operatore automatico in grado di sanzionare istantaneamente qualsiasi tipo di violazione dei protocolli restrittivi che mi sono imposti. E, nel caso di violazione, di estendere unilateralmente e in modo inappellabile, il tempo della sentenza.

La partecipazione a questo programma può sembrare a qualcuno un incubo, e probabilmente lo è. Ma è anche un privilegio e un onore. Per essere scelte come cavie abbiamo scritto a Marine non appena lei ha annunciato che stava cercando dieci vittime per l’ultimo test. Chi ce l’ha fatta ora è al tempo stesso oggetto di compatimento e di invidia nella comunità di appassionati di bondage di Second Life, e gli amici si affollano attorno a noi per avere notizie. Ma noi non possiamo rispondere: anche la sola prossimità con un civile è sanzionata severamente e quando qualcuno ci si avvicina riceviamo immediatamente l’ordine di allontanarci ad ogni costo. Le punizioni sono terribili, anche solo in questa fase di test.

Perché tutto questo? Perché sono entrata in un gioco “sociale” come Second Life, fatto di interazione con altri avatar, e poi ho quasi sempre fatto il possibile per essere legata, imprigionata, posseduta da qualcuno e, infine, completamente isolata da tutti? Forse è anche per cercare di scoprirlo che avvio questo piccolo diario… E anche per annotare da qualche parte quello che succederà nei prossimi giorni, ricostruendo in una serie di flashback quello che è successo fino a questo momento… Tutto quello che mi ha portata a diventare un bane senza volto, senza voce e senza nome.
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Grazie di essere arrivato a leggere fin qui. Se hai qualche curiosità, chiedi senza problemi. Qui oppure anche su Second Life: se hai un avatar e ti va di passarmi a trovare, sarei felice di incontrarti. Anche se, finché resto un bane, è probabile che sia obbligata ad allontanarmi in fretta, per evitare la punizione.

(prossimamente: Rollback)

Prigioniera di me stessaultima modifica: 2008-03-20T14:00:00+01:00da winthorpe
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