Un pomeriggio al cinema: “Martyrs” (2008)

Qualche riflessione scatenata da un film agghiacciante che ho visto ieri alla Festa del Cinema di Roma. Un’orgia di sangue e violenza, ma che per qualche motivo mi ha toccata da vicino. Anche troppo.

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Comincia con una bambina coperta di sangue che, urlando di terrore, riesce a sfuggire da una specie di costruzione industriale semiabbandonata. Prosegue con delle immagini girate in super8 in cui si descrive una stanza buia con una sedia, catene, manette. Ci presenta un’altra bambina, Anna, amica della prima, che si chiama Lucie.

Poi salta avanti di quindici anni, e ci fa ritrovare le due bambine, ormai adolescenti, ancora molto amiche. Lucie tormentata da incubi, armata di un fucile da caccia, decisa a compiere una missione di violenza, forse per sè, forse per qualcosa che la spinge, che la costringe ad agire.

E c’è una tragedia, che dura pochi secondi e sembra esaurirsi lì. Sangue, urla, fucilate, rasoiate, pioggia e poi silenzio. E tu dici argh, mamma mia, che roba angosciante, meno male che è finita. E poi guardi l’ora e ti accorgi che non sei nemmeno a metà. E intanto il film va avanti ancora… l’unica superstite esplora quella casa, scende nel sotterraneo, trova qualcosa di terribile. E all’improvviso tutte le regole cambiano, e diventa un’altra cosa, del tutto fuori dagli schemi dei film di paura. Qualcosa di malato, di davvero orribile, che scava e tira fuori roba davvero tremenda.

 

Ieri pomeriggio ero alla Festa del Cinema di Roma e ho visto “Martyrs” (2008), un film franco-canadese. Sapevo che era un horror, e sapevo che aveva a che fare, almeno in parte, con il tipo di avventure che mi capita di vivere su Second Life. Ma non ero preparata a uno shock come quello che ho provato. Sono ancora scossa. E, beh, non so se consigliarlo a qualcuno perché è un film davvero impressionante. Però chi vuole vederlo, insomma, eviti di leggere questo post: dal prossimo paragrafo rivelerò elementi cruciali della trama. E questo è un film, davvero, da vedere senza sapere prima di cosa parla. Leggete solo, per favore, se non avete alcuna intenzione di vederlo, oppure se l’avete già visto. Magari, per decidere, date un’occhiata ai trailer, prima, okay?

 

La storia del film la ricostruiamo poco a poco. Le scene di Lucie, la bambina insanguinata, sono un prologo che si svolge nel 1971. Si capisce che è stata tenuta prigioniera per settimane da qualcuno che le ha inferto ogni sorta di tormento. Niente di sessuale: ci viene detto molto chiaramente, grazie al cielo, che nessuno ha nemmeno provato a violentarla. Ma è una magra consolazione perché la poverina ha passato giorni incatenata al buio su una sedia, di quelle con la padella per consentirle di fare pipì senza alzarsi. In tutto il periodo della prigionia, è stata presa a schiaffi, presa a pugni e calci, torturata con una lametta in ogni parte del corpo. Non sappiamo chi o perché abbia compiuto una simile infamia, ma sappiamo che ha paura, che è sconvolta e che viene ancora visitata da una specie di mostro che ogni tanto l’aggredisce e la ferisce di nuovo. Ha un’amichetta, quella Anna di cui dicevo prima, che le vuole bene e che non sa come fare per aiutarla.

Quindici anni dopo, le ritroviamo cresciute. Lucie, armata di un fucile, va a fare visita a casa di quella che sembra una famigliola felice, madre, padre e due figli che stanno facendo colazione. Senza pietà, in pochi secondi, abbatte i due adulti e poi, piangendo, urlando “Lo sai cosa mi hanno fatto i tuoi genitori?”, ammazza anche i due ragazzini. Si bagna la mano di sangue e comincia a girare per la casa: “Vedi? L’ho fatto!”… ma la cosa a cui sta parlando a quanto pare non è soddisfatta. Salta fuori all’improvviso e si rivela pian piano: un corpo tumefatto, massacrato di orrende ferite, cicatrici, segni di mesi, mesi e forse anni di tormenti ininterrotti. Le salta addosso, l’aggredisce a rasoiate, a pugni, con una violenza ancestrale.

Martyrs35.jpgAnna, l’amichetta di un tempo, arriva di corsa per aiutare Lucie. Scopriamo che il mostro che aggredisce Lucie non esiste: è frutto della sua mente, della follia scatenata dai tormenti che ha dovuto subire. Ma alla fine è il mostro a vincere, perché Lucie si taglia la gola davanti all’amica che resta sola, in questa casa piena di sangue, di cadaveri e di orrore.

Anna non se ne va, però. Esplora. Trova una botola, la apre, scende sotto terra e trova… trova un dungeon. Un po’ simile a quelli dove su Second Life passiamo tanto del nostro tempo. Un dungeon privato, nella cantina di una casa che da fuori sembrava normale. Ma con un’aria asettica, da laboratorio di esperimenti. Da vivisezione. Agghiacciante. Vuoto. Salvo che per una sedia come quella che abbiamo visto all’inizio: con le manette, il buco per la padella. Una sedia da tortura. E per terra c’è una catena.

La catena si tende all’improvviso. C’è qualcuno. Anna sussulta, poi va a vedere. E nel buio trova un corpo vivente di quella che è stata, chissà quanto tempo prima, una donna. Qualcosa che indossa una cintura di castità, una sorta di cilicio stretto attorno alla vita in modo da mordere a sangue la carne. E, sulla testa, una orrenda morsa di metallo che le copre gli occhi e che in pratica le è stata inchiodata sul cranio in modo irreversibile. Non è più una persona ma una cosa, una macchina per provare sofferenza, ormai incapace di parlare, da chissà quanto tempo.

È stato qui che ho cominciato a sentirmi veramente a disagio. Fino a questo punto, Martyrs mi sembrava un horror… impressionante, ma abbastanza tradizionale. Nell’angoscia mi sentivo su territori conosciuti: una famiglia di psicopatici torturatori, una bambina traumatizzata che cresce e che si vendica.

Martyrsa.jpgMa nel vedere quella prigioniera… nel vedere quell’essere che viveva nel buio, incatenata, da anni e anni, fino a perdere ogni natura umana… beh… non ho potuto fare a meno di pensare a certe fantasie che ho vissuto su Second Life. Essere prigioniera, senza speranza di fuga, nelle mani di qualche aguzzino… un rischio con cui ho flirtato spesso, pur senza mai arrivare a viverlo, nemmeno nel metaverso. Ho preso un po’ di frustate, un po’ di schiaffi… ma sempre da qualcuno che di me, fondamentalmente, si prendeva cura. Eppure ho sempre un po’ sognato di essere catturata e fatta prigioniera in modo irreversibile. Diventare una cosa, perdere la mia identità, essere trasformata, riplasmata, posseduta in modo totale.

Sto divagando, ma sono le rilfessioni che il film mi ha risvegliato. Conosco persone che, su SL, sono diventate oggetti in modo irreversibile. Conosco il fascino di questa fantasia anche se, per me, evidentemente è troppo estrema anche su SL… altrimenti mi sarebbe successo… alla fine mi rendo conto che, anche senza ricorrere alle safeword, i miei limiti li ho scoperti e li sto scoprendo. So di non essere particolarmente estrema, come sub, e di non essere molto sadica come domme. Mi piace il bondage, non mi piace la violenza – anche se devo confessare di aver provato emozioni che non mi aspettavo in qualche caso in cui l’ho subita. In questo film mi sono trovata trascinata in una storia che i miei limiti li trascendeva in modo radicale… gli americani dicono too close to the bone quando una situazione, una storia, un evento ci tocca più da vicino di quello che ci aspettavamo… un po’ troppo vicino all’osso. Ecco, “Martyrs” arriva all’osso… e non si ferma nemmeno lì.

Anna libera la prigioniera superstite… cerca di toglierle i ferri, di lavarla in una vasca… ma anche questa poveraccia è in preda ad allucinazioni che la spingono a comportamenti autolesionistici orrendi. Mentre Anna cerca di aiutarla il film prende la piega più inaspettata e tremenda: nella casa irrompe un piccolo commando che fa secca la donna massacrata, la sbatte in una fossa comune coi cadaveri di Lucia e dei quattro membri della famiglia. Quanto ad Anna, l’acchiappano, l’ammanettano, la portano di nuovo giù nel dungeon, la legano con catene pesantissime, la costringono sulla solita sedia.

Da qui in avanti, tutto quello che succede è un rosario di sofferenze continue. Ogni giorno, Anna viene visitata da un energumeno che le apre le manette, la prende a pugni e schiaffi, la incatena di nuovo. Ogni giorno, viene nutrita a forza da una guardiana che le caccia in bocca cucchiaiate di una sbobba verde dall’aria disgustosa. Giorno, dopo giorno, dopo giorno. Un lavoro metodico, scientifico, per spezzarla. E per tentare di farne, come ci viene detto, una martire.

Una martire? Sì… tutta questa serie di orrori, scopriamo, sono organizzati da un gruppo di persone che da diciassette anni tortura giovani prigioniere per riuscire a portarle a una sorta di ascesi… per cercare di spingerle alle soglie del trascendente in modo che possano, chissà, riuscire a vedere quello che c’è dopo la morte. Il tutto basandosi su una convinzione fondata sulle immagini di alcune persone fotografate un attimo prima della morte dopo lunghissime sofferenze. Quegli sguardi rivolti verso l’alto, ormai quasi sereni dopo che l’orrore ha raggiunto un punto di non ritorno, dopo che la mente e il corpo hanno superato la loro capacità fisica di soffrire.

Tutti sono vittime, dice ad Anna l’orrenda Mistress che le spiega l’operazione (e che sembra essere una degli organizzatori) ma pochissimi sono i martiri. E ad Anna toccherà essere la prima, fra le persone brutalizzate in questa casa degli orrori, a raggiungere quel momento di estasi del dolore – e sopravvivere abbastanza a lungo per comunicarlo a qualcuno. Un’estasi che passa attraverso quelle ore di tormento e, alla fine, e lo dico rabbrividendo di nuovo al ripensarci, addirittura a un completo scuoiamento. Orrore senza fine.

Immagine 1 11-23-22.pngEppure. Eppure, “Martyrs” mi è piaciuto, e ne sono spaventata io stessa… non è uno di quei terribili film pornohorror che detesto… come quelli tipo “Saw” o “Hostel”, di cui non ho mai retto più che una decina di minuti… film che usano la tortura per fare spettacolo, inventandosi sempre nuovi modi per rappresentare la sofferenza. Sarebbe stato così se il regista si fosse messo a mettere in scena torture sempre diverse. Invece qui no: a parte il finale spellamento (che, grazie a dio, ci viene risparmiato nei dettagli, e anche qui si capisce che l’intenzione non è il compiacimento gratuito nella violenza) Anna viene picchiata e torturata sempre allo stesso modo. Il punto non è tanto la messa in scena della violenza in quanto tale, ma solo come mezzo per spezzarla, annullarla, farne una cosa. Ed è questo che mi ha turbata tanto.

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Alla fine, su Second Life, forse mi è capitato di cercare le stesse cose – sia pure per una strada diversa. Ho sempre subito poca o nessuna violenza, e non ho mai usato violenza su qualcuno nemmeno quando, in tempi recenti, ho scoperto che il mio lato da Mistress tendeva a svilupparsi più di un tempo. (Con Useme, forse, sono stata sadica: ma, devo dire, un po’ a forza, sapendo che lui quello desiderava e pensando che, visto che lo derubavo dei suoi soldi, dovevo cercare di dargli quello che voleva… e infatti lui lo ha capito, credo, visto che da tempo frequenta soprattutto un’altra Mistress che, se ho capito bene, è una sadica naturale) Però, ad esempio, nei giorni scorsi ho sbattuto Backbuttoned a Pandora, dove so che le hanno fatto ogni sorta di orrore: le avevo imposto una cintura di castità per proteggerla dal peggio, ma ho la certezza che in quelle celle la povera Back è stata fustigata, presa a schiaffi e a pugni (qui sopra e qui sotto un’immagine del trattamento a cui è stata sottoposta da Darknight, una Warden durissima anche se, OOC, molto simpatica). Non me l’hanno conciata come le protagoniste del film… e la sua sentenza era limitata a una settimana… ma devo dire che sono stata contenta quando l’hanno finalmente rilasciata. Contenta di poterla legare di nuovo io, curarle le ferite, e tenerla sotto un controllo che continuo a considerare una forma di protezione.

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Eppure a Back io ho sempre dato quello che mi chiedeva. Era stata lei a propormi di essere mia prigioniera nelle tre settimane della mia vacanza estiva – io mi ero limitata a bloccarle gli IM e la chat e a ordinarle di scrivere sul blog. È stata Back a chiedere di visitare Pandora – io mi sono limitata a fissare la sentenza (e, per quel poco che potevo fare, proteggerla a distanza spiandola tramite il suo collare e, ogni tanto, parlando con le Warden che se ne occupavano) e a rifiutarmi poi di liberarla in anticipo, o unirmi a lei, pretendendo che vivesse l’esperienza fino in fondo. Ma con un dubbio: è giusto dare a qualcuno quello che vuole? È stato giusto dare a Backbuttoned l’esperienza di Pandora, sapendo che sarebbe stata una sofferenza, che sarebbe stato diverso da quello che lei voleva veramente? Back, ti avevo avvertita che saresti stata sola, senza di me, e succube delle voglie sadiche delle guardiane. backpandhug.jpgTu hai insistito, ma poi, una volta lì, avresti voluto scappare. Sei rimasta perché te lo ordinavo, un’ennesima prova nei miei confronti. Un ennesimo atto col quale ti sei legata a me ancora più strettamente… diventando, fin quando durerà, qualcosa di mia proprietà e a cui ormai tengo.

Vedendo “Martyrs” ho provato emozioni profonde e sconvolgenti. La violenza mi ha scioccata, sì, ma sapevo di potermi tirare indietro e proteggermi pensando “tanto sono solo effetti speciali”. Quello che sconvolgeva non era quello, quindi: era il veder visualizzati i potenziali effetti di quello che potrebbe succedere se le mie fantasie sfuggissero al mio controllo… o meglio… se io diventassi l’oggetto delle fantasie malate di qualcuno. Ho avuto, davvero paura: sia del potenziale aguzzino, sia di me stessa. Cosa cerco davvero? Quali sono i miei limiti? Quali sono le conseguenze delle mie fantasie?

Un pomeriggio al cinema: “Martyrs” (2008)ultima modifica: 2008-10-30T11:52:00+01:00da winthorpe
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4 pensieri su “Un pomeriggio al cinema: “Martyrs” (2008)

  1. Carissima, se la tua macchina va a 220 km/h, la mia si ferma poco dopo i 130 di legge..

    Capisco come gioco e “ricerca della felicità” (parafrasando Jefferson) l’affermazione della personalità di uno su un altro, ed a tale scopo tale affermazione si può compiere attraverso una serie di comportamenti o attività che VANNO precedentemente concordati, possibilmente per iscritto (ovviamente la “virtualità” di SL ci mette al riparo da una serie di danni possibili)

    Non dimentichiamo tuttavia gli aspetti eventuali di legge, in quanto nessuna scrittura privata può autorizzare determinate cose, e non dettaglio.

    Tuttavia il film che racconti non descrive un ambito come quello, pure violento in certe manifestazioni, di Histoire d’O, dove la protagonista sceglie volontariamente di fare un certo percorso.

    Se vogliamo, il tuo film è una versione de “Il pendolo di Focault” in salsa Grand Guignol..
    Anche nel libro di Eco un gruppo di fanatici forsennati insegue chissà quale rivelazione nella lista di una lavandaia..

    Veniamo alle conseguenze delle tue fantasie..
    Ovviamente, agiscono sulla tua assuefazione ogni giorno; dopo mesi, le emozioni sono sempre uguali? O c’è una continua ricerca, come una drogata, di qualcosa in più?

    Quel qualcosa in più potrebbe un giorno portarti a qualche imprudenza in RL?

  2. Per la cronaca, ovunque recensioni negative

    http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=49484

    http://cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.mostra_paginat?id_pagina=10963

    http://trovacinema.repubblica.it/multimedia/copertina/Le-ragazze-torturate-di-Martyrs/3472690/1/1

    l’unico sito che lo “tratta bene” è horror.it .. http://www.horror.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1435&Itemid=1

    Ovviamente, una trama simile non può lasciare indifferenti, mi basta solo il tuo racconto ed il trailer..

    In Francia, dopo anni, è stato deciso un divieto ai minori di anni 16

  3. Ho fatto un po’ di editing sui tuoi interventi, che erano duplicati, New… Le recensioni: se vai a vedere su Imdb il film ha un gradimento abbastanza alto fra gli utenti:

    http://italian.imdb.com/title/tt1029234/usercomments

    Non che voglia dire niente, certo… ma nemmeno un sitaccio come Mymovies è esattamente un modello di affidabilità. E comunque, devo ribadire che non è certo un film per tutti e non mi stupisce che la violenza di cui è colmo possa colpire al punto da innescare un meccanismo di rifiuto. Quello che ha turbato me, che in genere tendo a essere impressionabile, è che in questo caso a colpirmi non è stato il sangue. La scena più impressionante per me è stata quella in cui, dopo giorni di tormenti, la povera Anna accetta finalmente senza ribellarsi di essere imboccata dai suoi carnefici con una certa sbobba verde che costituisce l’unico suo nutrimento.

    Per rispondere alle tue riflessioni… non direi che il riferimento al Pendolo di Eco sia pertinente – lì c’era il gioco di come una setta nata a causa di uno scherzo diventasse una cosa mortalmente seria e pericolosa. Qui i fanatici torturatori nascono per germinazione spontanea e il tema non mi opare sia il fanatismo. È vero, invece, quanto dici circa il fatto che il Bondage sia un’attività consensuale – sia in RL (immagino) sia su SL (dove devi indossare attrezzi fatti apposta per consentire ad altri di controllarti)… ma è vero che anche quando ci si fa legare da qualcuno di cui ci si fida la fantasia è spesso di una costrizione imposta contro la propria volontà… altrimenti il controllo non lo si perde veramente.

    È per questo, credo, che “Martyrs” mi ha colpito tanto nonostante gli evidenti punti di distacco sia dalle mie esperienze che dalle mie fantasie – perché l’elemento fantastico è dato dal fatto stesso che si tratti di un film (quindi di un’esperienza di pura visione, in cui io non sono attiva), ma al tempo stesso il controllo è molto minore perché il film scorre indipendentemente da quello che io desidero… non c’è una Mistress o un Master che sta attento a capire fino a che punto può spingermi, pronto a rallentare se vede che sta oltrepassando i miei limiti. E quindi è come se, vedendo questo film, mi fossi trovata più protetta e più indifesa al tempo stesso. Non so se riesco a spiegarmi, ma davvero fatico ad articolare i miei pensieri su questo argomento.

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