Lezioni di dominazione

Un post che dovevo scrivere tanto tempo fa e che era rimasto nella tastiera fin dal novembre 2009. E che adesso è il momento di tirare fuori per dedicarlo non solo alla persona con cui ne avevo parlato allora, ma a molte. Inclusa la sottoscritta.

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Prima di cominciare a scrivere questo post voglio mettere subito in chiaro qualcosa: sono di nuovo libera. La mia prigionia si è conclusa poco più di 48 ore dopo la mia cattura e cercherò prossimamente di dar conto di come sia andata. Ma prima di farlo, ho deciso che è il momento di scrivere qualcosa su un telefilm che ho visto ormai un bel po’ di tempo fa, a cui avevo accennato già qui e che, nel frattempo, è arrivato persino in Italia.

Immagine 2.pngLa serie si intitola Secret Diary of a Call Girl ma da noi è stata tradotta Diario di una squillo per bene, con una lieve modifica che, una volta tanto, non sa di tradimento. Perché la protagonista della serie, nome d’arte Belle, è effettivamente una brava ragazza – che però ha scelto come mestiere quello della prostituta. Perché? Perché le piace il sesso, prima di tutto, e poi perché le piacciono i soldi. Tutto qui, senza psicologismi, drammi o traumi infantili. Fra l’altro, la serie è tratta dal libro di una signora che inizialmente lo aveva pubblicato sotto forma anonima, ma che a un certo punto ha rivelato in una intervista la sua vera identità dichiarando di aver fatto la ragazza squillo, per quattordici mesi, per pagarsi gli studi e arrivare alla sua professione attuale. Che è quella di ricercatrice scientifica nel settore dell’oncologia.

Di questa serie io ho visto fin qui solo la prima stagione ma mi sento di raccomandarla a chiunque: non è compiaciuta nè particolarmente maliziosa e offre, del sesso a pagamento, una visione leggera e giocosa che va probabilmente presa con le molle… ma ha il merito di affermare il diritto di chiunque a vivere la propria sessualità come preferisce, rifiutando a priori qualsiasi moralismo. In questo campo, nessuno può permettersi di giudicare gli altri e ben venga, se necessario, anche un telefilm a ricordarcelo, visto che un po’ a tutti noi può capitare di pronunciare condanne verso gli altri, salvo poi non accettare volentieri quelle che ci riguardano. Un’altra delle cose che amo di Second Life è che mi ha messa in contatto con una varietà infinita di persone, facendomi scoprire realtà e gusti molto al di là di tutto quello che pensavo di sapere. Per una che, come me, si è sempre piccata di avere una mente abbastanza aperta a quello che non conosceva, posso assicurare che è stata e continua a essere un’esperienza illuminante.

Immagine 1.pngMa torniamo alla serie, che mi ha coinvolta in modo particolare anche per un altro motivo. Forse non tutti sanno che, prima di donarmi le chiavi del suo collare, Andromeda è stata per molto tempo una escort virtuale, e mi ha raccontato di aver messo da parte, in quel modo, una discreta sommetta. Se si aggiunge a questo il suo carattere giocoso e sbarazzino, e il fatto che Billie Piper, la protagonista, le assomigli in modo notevole, forse si può capire il mio interesse. Vedere Secret Diary of a Call Girl era un po’ come assistere a flashback immaginari sulla vita passata di Andro, e un modo per esserle più vicina.

Immagine 4.pngImmagine 5.pngImmagine 6.pngMa sto divagando, perché in questo post voglio occuparmi solo dell’episodio 4 della prima stagione, quello in cui il commercialista di Belle le offre di farsi pagare l’onorario in natura, esprimendo il desiderio di un rapporto di natura sadomaso. Belle, abituata in genere a richieste più tradizionali, va a parlare con una Mistress professionista per farsi dare qualche consiglio professionale su come comportarsi. E scopre per la prima volta quanto la fantasia della sottomissione possa avere su alcune persone un fascino irresistibile. Anche se, come scopre con sorpresa, il sesso è escluso a priori.

Traduco in breve per chi non capisse l’inglese. “Qualcuno medita, qualcuno prega”, spiega la Mistress a Belle, per poi illustrare il menu delle sessioni: “Qualche leggera sculacciata, qualche frustatina, cuoio morbido”. E quando Belle si informa su come ci si regola quando si tratta di fare sesso, l’amica lo esclude recisamente. “E come fai a sapere quando hai finito?”, chiede Belle. La risposta è comicamente prosaica: “Mi suona il timer dell’orologio”. Per i suoi schiavi, continua la Mistress con tono serissimo, lei è una dea e mai si abbasserebbe a fare sesso con loro, distruggendo una distanza che può essere fondamentale per  un rapporto di dominazione – anche perché è una donna sposata e non ha alcuna intenzione di tradire il marito.

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Dopo un breve dialogo su ciò che prova chi viene dominato (sollievo, soprattutto: dalle responsabilità delle proprie azioni e dal senso di colpa, perché quello che stai facendo, per sporco o umiliante che sia, non lo stai facendo di tua volontà, ma solo perché qualcuno ti ci sta constringendo con la forza – tanto che Belle sospira, guardando lo schiavo che sta leccando gli stivali della sua amica: “Già, sotto al tavolo ci si deve sentire tanto in pace”) arriva per la protagonista il momento di passare all’azione col suo commercialista, ed è qui il punto che mi stava a cuore tanto da volerne parlare. Il momento della negoziazione.

Immagine 16.pngImmagine 17.pngSì perché se noi, che viviamo le nostre fantasie solo nel mondo virtuale di Second Life, possiamo permetterci di rischiare qualsiasi esperienza – passando dal fetish leggero a ogni sorta di kink, per estrema che possa sembrare – la vita reale è un’altra cosa. E se già su Second Life non è particolarmente facile incontrare qualcuno di cui potersi fidare, posso solo immaginare quanto sia arduo incontrare nella realtà qualcuno a cui offrire il controllo assoluto sul proprio corpo. Pertanto, come ci spiega Belle, qualsiasi cosa accadrà nel corso della sessione deve essere minuziosamente deciso prima, per evitare che la fantasia della sofferenza si trasformi in sofferenza reale, e che la costrizione non abbia gli effetti paradossalmente liberatori cercati dalla vittima, bensì l’esatto contrario. Anche gli insulti sono concordati in precedenza col cliente, via e-mail, come in una vera e propria sceneggiatura che andrà rispettata nel modo più scrupoloso.

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Il risultato di tutta questa pianificazione, insomma, altro non è che un vero e proprio RP. Io che non ho mai vissuto questo tipo di esperienza nella vita reale posso solo imaginare che la sensazione potente della costrizione fisica (e, immagino, una certa dose di elasticità nell’interpretare la sceneggiatura prevista da parte del personaggio dominante) debba compensare il fatto che, poiché tutta la scena è stata definita prima di cominciare, la sensazione di perdita di controllo non possa essere che molto relativa. Personalmente, credo che se dovessi pianificare tutto prima mi sentirei annoiata come quando mi succede di dover rivedere un film che già conosco… ma stiamo pur sempre parlando di un telefilm, e di una situazione in cui il rapporto sub/dom è temporaneo, mercenario e soprattutto per questo destinato per forza a una semplificazione che non si avrebbe se fra le due persone coinvolte ci fosse invece una relazione emotiva. Se non vi spiace, quindi, andiamo avanti, perché siamo arrivati alla questione che fin dall’inizio volevo toccare. La questione espressa dalla battuta pronunciata da Belle nei sottotitoli dell’immagine di apertura di questo post. Come si fa a sapere se stai facendolo nel modo giusto?

Immagine 19.pngImmagine 21.pngImmagine 22.pngSecret Diary of a Call Girl ha il tono della commedia, ma il tema è serio e mi sembra che tocchi direttamente molti altri spunti che mi è capitato di sfiorare in queste pagine – temi che forse hanno a che fare più col BDSM virtuale di Second Life che con quello del mondo reale. Un rapporto fra dominante e sottomesso nasce da un equilibrio molto fragile fra i desideri di tutti e due, perché se è scontato che una parte provi piacere nel dominare e l’altra nell’essere dominata, il rischio è che, nel tentativo di pilotare la scena, ciascuno tiri o spinga troppo dalla parte sbagliata. Chi si trova ad essere dominato proverà il desiderio di suggerire a chi lo sta dominando qualche idea, qualche comportamento particolare – ma facendo ciò, di fatto, allontana irrimediabilmente quel desiderio di perdita di controllo che può essere soddisfatto solo dal sentirsi in balia della volontà di qualcun altro. Questo comportamento può arrivare al fenomeno del cosiddetto topping from the bottom, quando di fatto è la persona legata a decidere tutto e, con maggiore o minore discrezione, detta a chi dovrebbe avere il controllo ogni azione. Per me, questa diventa quasi una forma di self bondage, in cui il dominante non è che uno strumento con cui il sottomesso dà piacere a se stesso. Dall’altra parte, ovviamente, c’è il rischio che chi sta sopra esageri nell’inseguire i propri desideri, imponendo alla sua vittima restrizioni o trattamenti che, appunto, vanno al di là della soglia oltre a cui il piacere svanisce. “Nel mio mestiere”, commenta Belle, “quando porti un uomo all’orgasmo sai di aver avuto successo. Qui invece non riesco nemmeno a capire se se la sta godendo”.

Immagine 23.pngQuesto dilemma io l’ho vissuto spesso, su Second Life, e so di per certo di non essere sola. So che Belias, quando mi aveva catturata, aveva paura di non essere all’altezza delle mie aspettative, e chi ha letto tutto questo blog sa bene fino a che punto abbia saputo travolgermi. So che Calypso Agseram, in questi giorni in cui mi teneva incatenata, spesso mormorava cose tipo “sono un disastro”, “ti sto annoiando”, mentre io, presa completamente di sorpresa da un comportamento che da lei non mi aspettavo, mi sentivo cera molle nelle sue mani ed ero felice di esserlo. In generale, ho imparato spesso a riconoscere, anche nelle Mistress più feroci – quelle vere, intendo, non le Win della situazione, ma quelle che mai e poi mai potrebbero anche solo pensare di cedere il controllo su di sè a qualcun altro – la sottile paura di non saper trovare il punto giusto… il comportamento che coglie nel sub quel punto debole, quel particolare che vince qualsiasi resistenza e che può travolgere tutti i limiti, negoziazione o non negoziazione.

Immagine 24.pngLa paura c’è. Forse ci deve essere perché, come nella maggior parte delle cose importanti, in un rapporto fra due persone non esistono regole. Ci si può mettere d’accordo su tutto, ma la cosa più bella è quello che accade senza pianificazione, o a dispetto di essa… quello che si scopre rischiando di sbagliare, cercando di accorgersene in tempo quando si fa un passo falso, ma senza esitare troppo per la paura di sbagliare. Perché non sappiamo mai quando quello che ci sembra un errore si rivela, per l’altra persona, proprio quello che desiderava e non sapeva di desiderare.

Lezioni di dominazioneultima modifica: 2011-04-04T18:52:00+02:00da winthorpe
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7 pensieri su “Lezioni di dominazione

  1. Un post interessante e curioso, ma sono più elettrizzata nel vedere questo nuovo telefilm che mi eccita moltissimo.
    Leggere questo post sopratutto la parte dove lei spiega la trama del film, della ragazza che decide di fare la prostituta per i seguenti motivi “Perché le piace il sesso, prima di tutto, e poi perché le piacciono i soldi”, non è una cosa da telefilm ma anche una cosa reale e mi ha ricordato una persona a me molto cara.
    Sono contenta che in Italia uscirà questo telefilm, si vedrà una faccia della prostituzione, che non è quella che molti di noi “immaginano”, cioè una scelta quasi obbligata e con difficile via d’uscita. (Riferito al tipo di mentalità che circola in parte in Italia.)
    Ma bensì con qualcosa di diverso, anche se molti lo vedranno solo e unicamente come un telefilm.

  2. Cara Jeannie, mi sono dilungata poco perché l’argomento della prostituzione richiede una capacità di approfondimento ben maggiore della mia. So che in passato mi irritò molto un film che, come “Pretty Woman”, raccontava una realtà romantica ed edulcorata e che mi sembrava di fatto esaltare essenzialmente il potere del denaro. So che non ho alcun rispetto per alcune delle escort che negli ultimi mesi sono balzate ai disonori della cronaca politica del nostro paese, ma che ne ho ancora meno per coloro che si avvalgono dei loro servigi per poi premiarle con incarichi governativi o meno. Ma so anche che non mi sento di condannare chi fa questo mestiere: dopo tutto, qualsiasi lavoro si faccia significa vendere a qualcuno il proprio tempo, la propria mente e quindi, in buona sostanza, anche il proprio corpo. Orson Welles, che era un grande regista e si pagava i suoi film (e anche il suo gusto per la bella vita) recitando per altri in film spesso orrendi, commentava sornione che la sua era “la forma di prostituzione più innocua che conosco”. Infine, tanto per contraddire tutto quello che ho appena scritto, mi è piaciuto molto un film furbo almeno tanto quanto “Pretty Woman”, quel “Nessuno mi può giudicare” con Paola Cortellesi che in questi giorni sembra che tutti stiano andando a vedere. Comunque, se qualcuno fa fatica a trovare il particolare episodio di “Diary of a Call Girl” di cui parlo in questo post, ne ho una copia su un hard disk e all’occorrenza posso metterla in condivisione su una cartella pubblica per chiunque abbia voglia di vederselo in inglese (con sottotitoli in inglese).

    Bel, che dire… avevo promesso di non citarti più nel blog ma è più forte di me, non ce la faccio. Tutto quel periodo che abbiamo vissuto insieme resta inestricabilmente legato a tutto quello che sono, che sento e che provo. Grazie per aver letto questo post, ti voglio bene – ma lo so che lo sai.

  3. oh oh! chi si rilegge!

    Mi fa piacere che anche a te sia piaciuto, mi sono già bevuto le prime tre stagioni, e sull’onda del tuo post ho notato con piacere che è già pronta la quarta.. è raccontato in un modo diverso dal solito, così normale, che dopo aver visto le prime puntate ero andato a cercarmi il sito dal quale Belle aveva spiccato il volo..
    Devo dire che in TV han fatto un buon lavoro, modificando un po’ di cose.

    Per quanto riguarda il “topping from the bottom”, io ho sempre dato un significato diverso, alla frase..
    Ricordi il famoso film che a te non piace ed a me si? ;-)
    Nel finale, O da’ una dimostrazione pratica del “topping from the bottom”, spegnendo il sigaro sulla mano del suo Padrone.

    In pratica, ad un certo punto è il Master ad essere dipendente (nel senso di addicted) dal proprio slave (c’è poco da fare, in inglese ti eviti il maschile/femminile e suona meglio)

    Indubbiamente, in RL maggiori rischi e maggior perdita di controllo sono direttamente proporzionali..

  4. Mmm… come sai, New (ben ritrovato!!!), la mia esperienza in questo campo si limita al virtuale – ma detto questo ho sempre sentito usare quella espressione in questo senso, quello di dirigere la scena anche quando in apparenza la si subisce. Ricordo di aver visto un film italiano su Leopold von Sacher Masoch e sua moglie e che lì era abbastanza evidente quanto fosse in effetti lui a “costringere” la moglie a “costringerlo” in situazioni umilianti, fino al punto che la poveretta sclerava proprio. Nel film era chiaro che fosse lui la personalità dominante e che lei si limitasse ad accettare certe situazioni per amore nei confronti del marito.

    Quanto alla dipendenza reciproca, credo che sia un’altra faccenda. In un rapporto affettivo, la dipendenza (quella che tu chiami “addiction”) all’altro prescinde, mi sembra, da rapporti di dominazione o sottomissione. O se no non avrebbe senso dire alla persona amata (dove “amare” è inteso in senso lato) una frase come “mi manchi”…

  5. I miei complimenti per il bel post. Io posso solo dire che a me piace *molto* fare l’escort su SL, anche se nella vita reale non me lo sognerei mai e poi mai!
    Comunque, nella vita ci sono tanti tipi di prostituzione, e penso che ogni persona debba essere libera di fare le proprie scelte, sempre che siano libere e senza alcun tipo di costrizione.

  6. Cara Adele, siamo in molte a fare su Second Life cose che mai oseremmo fare nella vita reale – o non avremmo bisogno di una Second Life, finché dura! :-)

    Ovviamente, prostituirsi non è solo vendere il proprio corpo e anche se è quella la modalità più stigmatizzata sono abbastanza sicura che non sia quella che lo meriterebbe. Ci sono scelte (purché scelte siano, come sei tu stessa a precisare) su cui non oserei mai esercitare il mio giudizio – e ce ne sono altre su cui sento invece di doverlo fare.

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