Incubo ad occhi aperti, bendati

Per certe cose, su Second Life, è opportuno frequentare solo le zone cosiddette “Mature“. Ma anche con questa accortezza può capitare di trovarsi in situazioni piuttosto imbarazzanti.

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Le manette serrate sui polsi, dietro la schiena. I gomiti legati strettamente al punto che si toccano. Le caviglie chiuse anche loro da cavigliere ben lucchettate e collegate a una catena agganciata alle manette, che mi costringe a tenere le ginocchia piegate. Sono incaprettata sull’asfalto, con una pallina di gomma cacciata in bocca e tenuta al suo posto da una fibbia stretta. Una sciarpa mi copre completamente gli occhi. E non ho idea di dove mi trovo.

E poi guardo la barra del menu della finestra di Second Life e capisco, all’improvviso. Korea 4? Maledizione: sono finita in una sim di sbarco: una sorta di area di default, non di primo accesso come la Help Island, ma di quelle dove il sistema a volte ti sbatte quando, ricollegandoti, il luogo dove ti trovavi l’ultima volta che hai staccato si rivela non disponibile per un server down o per qualsiasi altro motivo tecnico… Korea 4, ci sono capitata già una volta, è un luogo niente affatto riservato a passatempi come quelli a cui sono abituata. La benda sugli occhi fa sì che io non veda altro che uno schermo nero, ma la mini-map mostra uno sciame di pallini verdi tutto intorno a me – segno che il luogo pullula, letteralmente, di avatar di ogni genere. I quali, dato che non siamo in una zona “Mature”, non sono affatto abituati a vedere ragazze incaprettate che cercano disperatamente di strisciare sulla strada per cercare di rifugiarsi in qualche luogo dove ci sia un po’ meno traffico.

Quando ti trovi legata, in pubblico, in una zona come Stonehaven, magari non sei tanto a tuo agio ma sai per certo che i passanti sanno con buona approssimazione quello che ti è successo e sono pronti a stare al gioco. In qualche caso sanno anche cosa fare per liberarti – e alle brutte ti rapiscono a loro volta, felici di cogliere una vittima già bella e impacchettata da qualcun altro senza dover correre il rischio di prendere l’iniziativa.

Quando ti trovi legata, in pubblico, in una zona dove non conoscono il mondo BDSM, è un incubo ad occhi aperti. Gli avatar non sanno come comportarsi: se ti fanno domande, tu non puoi rispondere in modo intelligibile. Non puoi nemmeno chiedere aiuto perché il bavaglio impasta tutto quello che scrivi e solo gli esperti sono in grado di capire qualcosa. Sento qualcuno accanto a me che mi dice che vorrebbe aiutarmi ma non sa come, e non posso spiegargli (o spiegarle? nemmeno posso vedere se sia un maschio o una femmina). Posso solo agitarmi un poco, tentare di togliermi le manette sapendo che ci possono volere svariate ore. Ringraziando il cielo che Tina non mi avesse spogliata: se fossi nuda rischierei di essere denunciata a Linden Lab, col rischio di essere cancellata da Second Life per comportamenti adulti in una sim non Mature. Non escludo che anche l’essere incaprettata come sono in questo momento possa essere considerato offensivo da qualcuno, e comincio freneticamente a scorrere la lista degli amici online, per vedere se c’è qualcuno che, su invio di un po’ di IM bloccati di allarme, non possa teleportarmi in qualche posto più sicuro.

Poi, e avrei dovuto aspettarmelo, accanto a me si materializza Tine. Ovvio, ero in mano sua pochi secondi fa, e sulla mappa lei vede sempre dove sono. Accolgo la sua comparsa con sollievo: qualsiasi sorte deciderà di infliggermi, sarà sempre meglio che essere azzerata dai tizi di Linden Lab. Che sono Dio, qui, ovviamente, e possono con un gesto cancellare il mio avatar, il mio account, tutti i miei oggetti, tutto il mio passato e tutti i miei ricordi. L’oblio, elettronico ma non per questo meno definitivo. La fine di Win.

d770c3dcee7933b0305eb91d57f40b43.jpgNon questa volta. Tine mi toglie il bavaglio dalla bocca, mi mette il guinzaglio e mi trascina in un’area dove nessuno possa vederci, e mi deride. “Speravo che conoscessi Cerdita, ma non eri registrata nel suo Orb” – frase che sottintende, ovviamente, “…mentre il mio sì!” Rispondo che, sebbene Cerdita sia una cara amica, sono alcuni mesi che non visito casa sua, e forse l’allarme è stato aggiunto da poco. Mentre parliamo raccolgo le chiavi del bavaglio, ma Tine mi apostrofa subito: “Lascia le chiavi del bavaglio, cagna”. Obbedisco immediatamente: inutile fare arrabbiare chi ha già le chiavi delle tue manette in pugno: “S-scusa, Tine”. Passa qualche istante di rassegnata tensione. Poi Tine pasticcia un po’ con le mie manette.

E poi un secondo imprevisto. Il mio computer, ormai un po’ asmatico, si impalla. Crasho, ci metto qualche minuto a ricollegarmi, e quando riesco a tornare online Tine è ancora lì. Ma è chiaro che il malfunzionamento dell’Orb prima e il crash dopo ha guastato l’incantesimo che si era creato – quella magica sospensione dell’incredulità per cui crediamo veramente a quello che succede ai nostri avatar… e siamo convinti di avere veramente l’altro in nostro potere… Oppure Tine si è ricordata di avere qualcosa di meglio da fare? Fatto sta che mi dice “Ma ora ti lascio andare per oggi”. Sento i meccanismi che scattano, i vari legami che vengono assicurati sul mio corpo in modo da non impedirmi i movimenti ma anche da rendermi impossibile di toglierli. Poi il tintinnio delle chiavi che vengono rimesse al loro posto. Nella posizione lock, mi è ora impossibile raccoglierle – mentre chiunque altro può farlo.

“Allora, dolcezza”, esordisce Tine. Io interrompo: “Io… così chiunque può catturarmi”. Lei sorride: “Certo. Ma vattene da questa sim di niubbi”. Mi rimette in bocca la pallina di gomma e la fissa saldamente al suo posto, poi mi congeda: “Sei pronta per andare, divertiti, dolcezza. Spero di rivederti presto”.

La abbraccio, mi abbraccia. E poi sparisce nel nulla.

Buona notte, Tine.

(prossimamente: Bondage Ordeal)

Le schiave di Isabel Schulze

Anche per una Bondage Expert come me, la fuga dalle manette non è sempre garantita. E il ritorno online di Isabel non porta con sé un collare, ma una minaccia ben più grave venuta dal passato.

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Ero partita troppo male, stavolta, e lo sapevo che non potevo farcela. A furia di dibattermi, mentre ancora Moss era lì che mi teneva compagnia, ieri sera ero riuscita a togliermi il bavaglio e recuperare perciò la possibilità di comunicare a distanza con gli IM – ma la stretta delle manette e delle cavigliere era ancora abbastanza salda da impedirmi di uscire dalla cella e magari teleportarmi da Forrest per una serata bollente, o da Samy per fare due chiacchiere. Nessuna delle due era online, comunque, e io mi stavo scrivendo qualche IM con Rossella Pintens, un’amica che avrò incontrato al massimo due o tre volte ma con cui ci scambiamo ogni tanto opinioni a distanza sul concetto di bondage.

Rossella sembra abbastanza interessata all’evoluzione che il mio modo di giocare sta avendo. Ha sempre un po’ disprezzato la mia tendenza a cercare di liberarmi dai legami, liquidandolo come mera “escapologia” e di fatto sostenendo che il bondage è altro. Ecco un estratto della nostra chiacchierata la sera del 26, subito prima che Isabel mi imbavagliasse, di fatto stroncando la nostra comunicazione.

[2008/03/26 12:12]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Intanto pero’ a me mi ha acchiappata una tipa…
[2008/03/26 12:12]  Rossella Pintens: ma tanto te ti liberi in un baleno
[2008/03/26 12:13]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Tsk tsk… ho messo un plugin con cui mi possono togliere TUTTI gli struggle con un clic…
[2008/03/26 12:13]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: E la tipa che mi ha preso ha creato degli script che rendono le manette “no escape”…
[2008/03/26 12:13]  Rossella Pintens: secondo me è una strada particolare quella sulla quale ti stai avventurando
[2008/03/26 12:14]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Davvero?
[2008/03/26 12:14]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Essere un bane mi ha turbata parecchio
[2008/03/26 12:14]  Rossella Pintens: si perchè ovviamente stai andando verso l’impossibilità di scappare
[2008/03/26 12:14]  Rossella Pintens: cosa possibile
[2008/03/26 12:15]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Eh…
[2008/03/26 12:15]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: E’ quello che mi piace… provarci e non riuscire
[2008/03/26 12:16]  Rossella Pintens: :):)

Un altro paio di battute e Isabel mi aveva messo il bavaglio (Rossella aveva commentato laconica: “Perfetto. Fine della radio”). Lei intende il bondage come donarsi a qualcuno. Io no: non posso andare da una persona a chiedere di legarmi… mi sembrerebbe di legarmi da sola e non sarebbe una vera perdita di controllo. Ed è anche per questo che non fisso regole, non comunico i miei limiti e non uso la Real Key, tenendola per i casi veramente di emergenza. Perché altrimenti il gioco non vale. Il giorno dopo, eliminato il bavaglio, la nostra conversazione è ripresa

[2008/03/27 12:00]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Salutino veloce che sono riuscita a togliermi il bavaglio
[2008/03/27 12:00]  Rossella Pintens: mi fa piacere
[2008/03/27 12:00]  Rossella Pintens: grazie del saluto :)
[2008/03/27 12:01]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Mi era spiaciuto interrompere a meta’, ma la Isabel ha deciso cosi’
[2008/03/27 12:01]  Rossella Pintens: capisco :)
[2008/03/27 12:01]  Rossella Pintens: ma tutte te le trovi?
[2008/03/27 12:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: In realta’ e’ lei che ha trovato me… tempo fa avevo catturato e tenuto per un po’ legata una tizia…
[2008/03/27 12:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Poi e’ venuto fuori che costei era una sua schiava… e forse in effetti addirittura un suo avatar alternativo!
[2008/03/27 12:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Quindi puoi capire, me l’ha giurata
[2008/03/27 12:17]  WinthorpeFoghorn Zinnemann: Azz, arriva la tipa che avevo legato e che probabilmente e’ l’alternavatar di Isabel! Saluto finche’ posso farlo

L’avatar sopraggiunto nel frattempo si chiama Tine Rhode. Tanto tempo fa aveva rapito me e Samy insieme mentre provavamo non so che nuove manette, e ci aveva fatto vedere i sorci verdi, separandoci e trattenendoci per un po’ in un dungeon che non conoscevamo. Mi era capitato di incontrarla di nuovo a Stonehaven e, con un colpo segreto, ero riuscita ad addormentarla per una ventina di minuti – tutto il tempo per ammanettarla, metterle un collare e catene pesanti, un bavaglio, e chiuderla in una gabbia in un sotterraneo. Esaltata per il colpaccio, non so nemmeno cosa mi aveva preso… ma avevo fatto in modo di tenere d’occhio le volte che lei si trovava online, e andare ogni tanto a vedere come andava la sua lotta coi legami per lucchettarla nuovamente ogni volta che, dopo ore di tentativi, era lì lì per liberarsi. Fino a quando, in un momento in cui io ero caduta prigioniera di qualcun altro, mi era piombata addosso Isabel con intenzioni bellicose e io avevo appreso che Tine era una sua schiava, e che forse addirittura era una sua seconda personalità, diciamo così. Con un trucchetto poi Tine era riuscita a farmela pagare tenendomi alla corda per un paio di giorni, fino a quando mi aveva abbandonata al mio destino, consentendomi finalmente di slegarmi e fuggire.

6af72e7fca1a8f4acfc5f5fc9f232a1f.jpg Tine mi si avvicina e sorride sardonica, ma non riesce a mettere le mani sulle mie manette (le chiavi le ha tenute Isabel) e si allontana silenziosa. Isabel arriva qualche minuto dopo, scopre a che punto sono arrivata nella mia lotta per liberarmi, mi mette un guinzaglio e dice che è tempo che io conosca le mie nuove coinquiline. Trascinata per lunghi corridoi, mi trovo alla fine sulla spiaggia tropicale che circonda casa sua, vicino a due ragazze che l’aspettano inginocchiate: si chiamano Sandrine e Fuu e sono due delle sue schiave. Parlano tutte tedesco, fra di loro, e la lingua per me incomprensibile aggiunge al senso di impotenza che mi attanaglia.

Isabel dice loro che io resterò lì per settimane, forse mesi. Le ragazze mi consigliano di avvertire gli amici più cari con un IM finché posso ancora farlo. Fuu si scollega poco dopo, mentre Sandrine viene legata, nuda, a quattro pali piantati sulla spiaggia. Isabel mi stringe di nuovo le manette e le cavigliere, annullando con un click ore di sforzi per allentarne la morsa, e mi blocca, impedendomi qualsiasi interazione. Poi lascia le mie chiavi sulle manette per allontanarsi, abbandonandomi legata a un guinzaglio che si direbbe attaccato alle parti intime di Sandrine. Evito di fare domande o di approfondire l’impressione.

Poi Isabel si scollega e io rimango a parlare con Sandrine. Per poco tempo, tuttavia, perché di lì a poco ricompare Tine. Scambia due chiacchiere di cortesia, ma sappiamo tutte e due cosa è venuta a cercare. Poco dopo, infatti, raccoglie le chiavi che Isabel le ha gentilmente lasciato sulle mie manette e mi trascina via al guinzaglio annunciando di avere intenzione di vendermi a una mia vecchia mistress per la misera cifra di 1 L$. Sparisce lasciandomi lì bendata, quindi mi manda un teletrasporto con destinazione misteriosa. Impossibilitata a fare altro, accetto. E a questo punto succedono un paio di cose impreviste.

58815bca5c223253f0c2ba99d8ec28c6.jpg Prima cosa: anche se sono bendata, la finestra di Second Life mi informa del luogo dove mi trovo. Tine mi ha teleportata a casa di Cerdita – proprio quella mia cara amica che qualche giorno fa ho vanamente tentato di trasformare in bane, e che ha una splendida villa sul mare, con una ricchissima collezione di gabbie e strumenti di restrizione. Cerdita è offline, o comunque altrove, però.

Seconda cosa: la casa di Cerdita ha anche lei un Orb di sicurezza come quello che Isabel aveva messo accanto alla mia cella… ma a quanto pare questo funziona benissimo. Il mio nome non è registrato fra quelli autorizzati e una voce minacciosa mi intima di andarmene entro 30 secondi. Non sono in grado di fare niente in quei pochi istanti, e poco dopo il meccanismo scatta implacabile. Mi ritrovo nel limbo dell’iperspazio, proiettata verso chissà dove. Legata mani e piedi, bendata e imbavagliata.

(Prossimamente: Incubo ad occhi aperti, bendati)

Visite in cella

Su Second Life, l’espressione “Per sempre” di rado va presa alla lettera. E qualche volta il discorso vale anche per l’espressione “Isolamento”, anche quando ci sono sistemi di sicurezza attivati.

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Il sole sorge ogni sei ore, su Second Life, ma in una cella come quella dove Isabel mi ha chiusa è difficile rendersene conto. Da quando la mia aguzzina si è scollegata non ho fatto altro che cercare di liberarmi dalle manette – ma con risultati non entusiasmanti. Ho esaurito le forze molto più presto del solito e alla fine del primo round di lotta con i miei legami non ero nemmeno a metà strada. Mi sono resa conto che con ogni probabilità non avrei fatto in tempo a liberarmi prima che Isabel si ricollegasse… e tuttavia, nella speranza di riacquistare le energie per qualche nuovo, disperato, tentativo, sono rimasta online a lungo, a guardare le sbarre della cella. Sperando che passasse qualcuno, in questa SIM enorme e ancora in parte da costruire.

Prima di lasciarmi, Isabel aveva attivato un Orb di sicurezza in cui erano registrati solo il suo e il mio nome. Chiunque altro si fosse avvicinato nel raggio di 30 metri sarebbe stato immediatamente individuato e avrebbe ricevuto l’ordine di teleportarsi lontano entro 6 secondi, pena l’immediato eiettamento dalla SIM. Questo, mi ha spiegato Isabel, perché non mi venga la tentazione di chiamare qualche amichetta che ha la mia Real Key (la chiave passepartout che permette a chi la detiene di aprirti le manette anche se chi ti ha legata si è portata via le chiavi regolari). Io non l’avrei fatto mai: lo ritengo un mezzo da usare solo in casi di vita o di morte, ma Isabel mi ha rimbeccato che ora, comunque, non avrei potuto farlo nemmeno se avessi cambiato idea. Ero chiusa lì da ore quando ho sentito i passi lontani di Michele, una amica di Isabel… dopo di che l’Orb si è attivato e l’ha costretta ad allontanarsi.

Quando si resta online a lungo finisce quasi sempre che gli amici ti vengono a cercare. Dopo un po’ di tempo ho cominciato a ricevere una serie di IM da questo e da quello. Avendo il bavaglio, mi era impossibile rispondere in modo intelligibile. Gli unici IM che posso spedire quando sono imbavagliata sono questi:

WinthorpeFoghorn Zinnemann: *** IM blocked by sender’s viewer

Ma l’animo umano è nato per comunicare, e ci sono modi per farsi capire ugualmente. Basta un interlocutore abbastanza intelligente da bypassare le limitazioni e fare le domande giuste Io uso un IM bloccato per dire sì, due IM bloccati per dire no… tre quando non posso rispondere in modo binario… oppure per chiedere attenzione e aiuto.

c683153306b5b5418e4dd464aeaa650e.jpg4a5c721e0702ea2ca2e742fec91c358a.jpg Per giunta, quasi tutti i miei amici (almeno quelli che sanno che zone malfamate di Second Life frequento abitualmente) sono in grado di scoprire dove mi trovo sulla mappa globale, e possono quindi raggiungermi autonomamente. Ed ecco perché, pur essendo in una cella ben nascosta, a un certo punto davanti a me si è materializzata Samy80. L’Orb di sicurezza è scattato all’istante minacciando di eiettarla entro 6 secondi… ma Samy è un tipo testardo e non si è allontanata, scoprendo così che l’allarme era solo chiacchiere e distintivo – e che, a parte rompere le scatole coi suoi ammonimenti, non era in grado di allontanarla. Abbiamo potuto quindi quantomeno salutarci… poi, più che l’allarme poté il fracasso: esasperata dall’insistenza dei messaggi di avviso, la mia amica ha abbozzato e se n’è andata, lasciandomi di nuovo nel buio.

Per poco, per fortuna, perché l’isolamento è stato violato poco dopo da qualcun altro. Forrest Shostakovich l’ho conosciuta ai tempi in cui facevo la ballerina a House Nishi, campando di mance. Sempre elegantissima, sembrava apprezzare il mio numero di pole dancing soprattutto dopo aver notato che io, dal palco, occhieggiavo le sue manette. Credo di essere stata io, all’epoca, a descriverle le cinture Real Restraint come strumento di costrizione particolarmente sexy – e ricordo che era andata subito a comprarsele. Approfittando della scarsa affluenza di clienti nel club, l’avevo subito incaprettata accanto alle poltrone, assicurandomi almeno una spettatrice attenta – e il trattamento era stato da lei apprezzato abbastanza da indurla a tornare varie volte, e anche a lasciarmi una piccola mancia. In seguito, incontrandoci in zone dove io non fossi professionalmente tenuta a un rispetto almeno verbale nei suoi confronti, siamo diventate buone compagne di giochi – e Forrest ha rivelato di ritenere il bondage soprattutto un buon sussidio ad attività, diciamo, più intense e diversamente piacevoli. Mi è capitato di trovarmela accanto all’improvviso, con una mano maliziosa sulle manette e l’altra non diciamo dove… e il gioco è spesso reciprocato.

Non ci si vedeva da tempo, perché è stata via un paio di settimane e io, come ben sai, sono stata poco in circolazione di recente, così è venuta a vedere come stavo offrendosi di salvarmi con la mia Real Key, di cui lei ha una copia. Ho declinato perché non si tratta di un’emergenza, e lei ha storto il naso lamentandosi: “Ma è tanto tempo che non posso giocare con Win”. Quando ho ammirato il suo vestito mi ha subito detto: “L’ho comprato ieri! È un vestito nuovo e nessuno mi ci ha ancora legata – e non mi ci potrai legare finché non esci!” Come non sciogliersi davanti a tanto candore? Eppure l’uso della Real Key per me resta un tabù quando il rapimento è stato compiuto con stile. A malincuore, ma ho dovuto scuotere la testa, promettendo che le salterò addosso, ovunque sia, la prima volta che sarò libera e la vedrò online.

dc261a0193050fc4efff19e3e179a6ba.jpg Durante la notte, Isabel deve essersi resa conto che l’Orb si era scassato e deve averlo rimosso, così la mattina dopo ho ricevuto un paio altre visite, stavolta non funestate dagli allarmi. Il primo è stato Santana Thibedeau, che non ha mai un dollaro in tasca ma è sempre elegantemente vestito in giacca e cravatta (e a volte, come oggi, è munito di sigaro). Anche a Santana piace essere catturato ma non è di quei sub lagnosi che praticamente ti si buttano addosso quasi implorandoti di legarli: è, invece, discreto e gentile, a volte vulnerabile e a volte improvvisamente birichino e aggressivo. Possiede solo un paio di manette, donategli da un’amica e da me accessoriate (con un minimo investimento di 50 L$) del plugin Lock Key creato dalla mia attuale carceriera, e di cui ho detto nel post di ieri. Da quando gli ho comprato questo piccolo script, capita spesso che Santana non sia in grado di venirmi a trovare – soprattutto visto che Mudlark e Mini (due amiche di cui parlerò senza dubbio in futuro) amano prenderlo di mira.

Più o meno insieme a Santana è capitata anche la dolce Moss, compagna dei giorni di banishment, Trainer del Bondage Team, compagna della script-genius Chriss Rosca che sta finendo di preparare per lei un pozzo profondo, completamente a prova di fuga. Lei non vede l’ora di provarlo, ovviamente.

Quando i miei amici mi salutano, dopo aver scattato qualche foto ricordo, mi rendo conto che la mia lotta contro i legami non sta andando bene, per niente. Altro che pozzo inviolabile, mi sa tanto che quando Isabel torna online mi trova ancora qui legata ad aspettarla. Si ricorderà del collare o diceva tanto per dire?

(prossimamente: Le schiave di Isabel Schulze)

Nell’antro di Isabel Schulze

Un primo accenno agli script alternativi con cui modificare gli strumenti di costrizione che si trovano in vendita. E il racconto di come uno di questi mi abbia consegnata nelle mani teutoniche della temibile Isabel Schulze.

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Da qualche tempo, le mie manette contengono uno script segreto e terribile. L’ha inventato Tat1ana Pera, una brava scripter che fa coppia fissa con Challenge Nakamura, e che con lei si alterna nel ruolo di dominatrice o di succube. La prima volta che ho incontrato Tat1ana, lei era incaprettata, imbavagliata e chiusa dentro un’angusta gabbia trasparente ai piedi del letto di Challenge. Ma nonostante questo, appena ha scoperto che disponevo di un piccolo radar che mi consentiva di sentire certe conversazioni a una distanza maggiore dai canonici 20 metri, mi ha rifilato un aggeggio che, indossato, me l’ha bloccato per alcuni giorni.

Lo script segreto di Tat1ana si chiama Nasty, è stato ideato per rendere più estremi i giochi fra lei e Challenge, e tiene perfettamente fede al suo nome. Chi indossa manette col Nasty non può nemmeno esplorarne il menu… ma il primo che riesce a chiudrle quelle manette, purché perda due minuti a pasticciare coi pulsanti, scopre ben presto di poter disporre della vittima per un tempo potenzialmente illimitato. Basta premere un pulsante per impedire qualsiasi tentativo di fuga, per limitare o proibirle il recupero delle chiavi anche se libera… e altre cosucce che ancora non conosco. Inizialmente inserivo il Nasty solo per brevi periodi, e solo quando ero in compagnia di Samy80… poi, progressivamente, ho diradato le occasioni in cui lo rimuovevo, al punto che ormai Nasty risiede stabilmente sui miei polsi. Solo che, in genere, chi mi cattura non sta ad esplorare i plugin con troppa attenzione, così finora nessuno (a parte Samy) si era accorto di niente.

Ieri mattina, però, sono andata a fare un giretto a Stonehaven. Non avevo quasi fatto in tempo a materializzare tutto che Cannis Carter, una vecchia conoscenza, mi ha fregato le chiavi (che io avevo “dimenticato” di prendere) e mi ha ammanettata. Cannis è una schiava, ma non disdegna di acchiappare la vittima occasionale. L’avevo già incontrata svariati mesi fa quando un aspirante stupratore mi aveva incautamente lasciata legata in un luogo pubblico, in attesa di avere il tempo di spassarsela con me. Trattandosi allora di corde (e non di strumenti dotati di chiavi) Cannis ci aveva messo ben poco a slegarmi – ma mi aveva subito legata di nuovo, per poi lasciarmi in bilico su un trespolo, con un cappio al collo che mi impediva di muovermi se volevo evitare di impiccarmi da sola. In teoria, quella volta, l’idea di Cannis era di lasciarmi lì come regaluccio per Roper, il noto mercante di schiave. Ma la mia amica Alison Balut era venuta a salvarmi prima che Roper mi trovasse lì in attesa, come una ciliegia che aspetta solo di essere colta.

53ec8e284ae186fe6fab07b5f8f6fc42.jpgdb0d0a706fd7b042ccd6c87a526ed44f.jpg Stavolta Cannis ha deciso di offrirmi alla comunità: mi ha tolto i vestiti e mi ha legata, nuda, a un palo a metà del ponte di Stonehaven. Ha trespolato un po’ coi timer delle manette e mi ha detto di aver settato, per errore, un tempo estremamente lungo… forse una settimana. Non so se fosse vero o se bluffasse… sta di fatto che mi ha mollata li’, con le braccia crudelmente incatenate al palo, bloccata, costretta in mouselook (la funzione che ti fa vedere tutto in soggettiva, dagli occhi del tuo avatar, e non da una telecamera virtuale che puoi spostare a tuo piacimento) e con le chiavi delle manette in bella vista, a disposizione del primo che passava.

Per mia fortuna, la prima a passare è stata TJ Yering. Ha fatto un po’ di conversazione, poi ha raccolto le mie chiavi, mi ha staccato dal palo di Cannis e si è messa a sua volta a giochicchiare con le mie manette. Lei, del Nasty, se n’è accorta e mi ha chiesto a cosa servisse – minacciando, se non avessi risposto alla domanda, di tentare di scoprirlo da sola, per tentativi. Che potevo fare? Le ho spiegato tutto e lei ha fatto subito qualche prova – senza utilizzare le funzioni più bastarde, bontà sua. Infine mi ha chiesto se volevo essere liberata. Ho risposto di sì e lei, gentilmente, mi ha aperto le manette e reso le chiavi… lasciando però attiva una funzione del Nasty – quella che mi impedisce di recuperare le chiavi anche se slegata.

b90ebd19d7164f4a2e33fdfe69128b68.jpg Ecco perché, quando nel pomeriggio ho incontrato Isabel Schulze, ho cercato di tenermene a distanza. La prima volta che ci eravamo incontrate, lei mi aveva ammanettata al volo e bloccata per un po’ in una sorta di gogna (con l’ulteriore umiliazione della presenza di Teck Paine, un cagnolino abbastanza affettuoso se non avesse l’abitudine birichina di piazzarsi sotto le gonne di ragazze legate e indifese – per poi sbirciare verso l’alto). Poi, beh… qualche tempo dopo mi era capitato di fare prigioniera una tipa che conoscevo, e di tenerla ben legata per un paio di giorni… solo che poi era venuto fuori che costei era una delle schiave proprio di Isabel, che me l’ha subito giurata, promettendo di chiudermi in una cella sotterranea sotto casa sua e di tenermi lì per un bel po’ di tempo. Magari imponendomi un collare che avrebbe sancito il suo dominio irreversibile su di me.

Isabel, fra l’altro, è anche lei una scripter e, a differenza di Tat1ana, le sue creazioni le vende. Proprio qualche giorno fa sono apparsi sul mercato i suoi plugin No Escape, che impediscono alla vittima di liberarsi da sola… e il suo Lock Key, in vendita da un paio di mesi, ha una funzione analoga a quella del Nasty: quella di impedire a chi indossa le manette di togliere le chiavi. Un suo collare potrebbe rivelarsi impossibile da rimuovere, anche per una Bondage Expert come me.

È stato un attimo. Distratta per un momento da uno scambio di IM con un’amica lontana, ho abbassato la guardia e Isabel si è impadronita delle mie chiavi esposte, e dei miei polsi. Sorridendo maligna mi ha sussurrato: “Click”. Subito dopo ho sentito lo scatto del meccanismo e mi sono trovata in suo potere.b2fe9f8485ff335e12ee965869f4cd90.jpg

Pochi istanti dopo mi trovavo già a Rheinland, al guinzaglio di Isabel che mi spiegava ghignando: “Questa è la mia casa, e adesso sarà anche la tua”. Isabel è proprietaria dell’intera SIM, un’isola dalla quale non posso uscire finché non lo decide lei perché, tramite le manette (credo) mi ha disabilitato il teletrasporto. Sta ancora costruendo, ma da qualche parte ci sono le stanze dedicate alle ragazze a cui ha messo il collare… e alle quale ha intenzione di offrirmi, per il momento, come animaletto domestico con cui poter giocare. Mi ha trascinata giù per corridoi sotterranei che sembravano non finire mai… il posto è enorme e temo che se, non mi molla lei, nessuno sarà più in grado di trovarmi. Alla fine mi ha chiusa in una cella, mi ha messo il bavaglio e si è scollegata da Second Life sfidandomi a fuggire. E salutandomi con una frase che l’inglese stentato non rende affatto meno sinistra.

[2008/03/26 12:36]  Isabel Schulze: next time you see the sun, you wear my collar

(prossimamente: Visitatori in cella)

Mistress si nasce

Il gioco del bondage prevede una serie di cortesie reciproche, se ci si vuole creare un piccolo gruppo di amici con cui giocare quando non accade l’imprevisto. Ma attenzione a verificare prima le proprie competenze.

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Una cosa che si scopre molto presto frequentando le aree BDSM di Second Life è  che vi si incontrano molti più cosiddetti sub che cosiddetti dom. Le persone che indossano manette o altri strumenti di costrizione, e che gironzolano ansiosamente temendo e sperando al tempo stesso che qualcuno le acchiappi sono probabilmente in rapporto di uno a dieci rispetto a chi vaga a caccia di prede. Forse anche per questo, i predatori bravi non sono molti, e un’aspirante sub rischia sempre di finire nelle mani di qualche niubbo senza idee che magari sa a malapena chiuderle le manette ai polsi e ordinarle di spogliarsi.

Dopo ore e ore passate con le manette aperte ai polsi, alla vana ricerca di qualcuno che ne approfitti, finisce quasi sempre che ti rendi conto di dover fare qualcosa per attirare l’attenzione. Qualcosa di birbone, qualche tremendo dispetto, qualche tiro abbastanza imperdonabile da far venir voglia alla vittima (o ai suoi amici) di vendicarsi su di te… ma non così imperdonabile da indurre gli altri a ignorarti per sempre, magari usando nei tuoi confronti il temutissimo tasto mute (o, peggio ancora, denunciandoti ai guardiani della SIM per fartene bannare). Spesso, anche la fanciulla più sottomessa si troverà ad osservare le chiavi in bella vista di una ragazza vicina, sentendo la tentazione di impadronirsene, allungando le dita col cuore che batte… e alla fine facendo il salto da aspirante preda a predatrice effettiva, catturando la vittima e, come minimo, sbattendola in qualche gabbia per un po’ di tempo. Sperando di aver seminato vento, e di poter presto raccogliere la tempesta.

Ho conosciuto Cerdita Piek nei miei primissimi giorni di frequentazione di Stonehaven. Se ne andava in giro con una tag sulla testa che diceva sempre Looking for trouble. Sempre, tranne quando diceva Trouble found, naturalmente. Cerdita era praticamente sempre legata come un salame, o in procinto di esserlo, sempre coinvolta in elaborati giochi di ruolo nei quali la sua parte era la miliardaria rapita dai criminali, la fanciulla indifesa catturata da un bruto, la giovane fatta prigioniera da uno scienziato pazzo in vena di esperimenti. Capire quello che diceva era spesso impossibile perché era perennemente imbavagliata. Eppure, fra i lamenti disperati e le vane preghiere di liberazione, il suo umore era quasi sempre ottimo – sempre che i suoi catturatori non violassero i limiti, molto precisi, che lei impone a chi gioca con lei.

Col tempo, Cerdita ha sviluppato un lato domme che a volte si rivela sorprendentemente e piacevolmente bastardo. Ne ho fatte le spese più volte con gioia (ne parleremo prossimamente) e più volte ho cercato l’occasione di renderle il favore. Quando è venuta a trovarmi per farsi raccontare la mia esperienza come bane ho deciso quindi che fosse il caso di farle assaggiare un po’ di isolamento. Mentre chiacchieravamo l’ho ammanettata a sorpresa, l’ho sbattuta su di un letto e le ho annunciato che ora sarebbe toccato a lei provare l’invenzione di Marine Kelley.

Ma voler fare la Mistress non è facile come sembra quando sei dal lato sbagliato delle manette, maledizione. Anche solo a mettere Cerdita sul letto mi ci sarà voluta mezz’ora per via del lag e di certe animazioni non troppo ben fatte… poi, dopo che l’avevo spogliata completamente, è venuto fuori che lei non possedeva una skin integrale di lattice – requisito fondamentale per un bane che si rispetti. Ho dovuto permetterle di rivestirsi, toglierle il guinzaglio, teleportarla al negozio e guidarla nell’acquisto, e se n’è andata un’altra mezz’ora di gioco.

Quando, alla fine, l’ho avuta pronta fra le mani – completamente rivestita di lattice e con i polsi legati dietro la schiena – le ho messo il mio casco da bane e ho fatto scattare la serratura… solo per scoprire che ero in grado tutt’al più di renderla sorda e muta. Nel menu non esisteva alcun bottone che mi consentisse di attivare il Custodian come faceva Marine. Ho frugato dappertutto, affannosamente, cercando in qualche modo di nascondere la mia incapacità… ma alla fine, quando Cerdita mi ha detto “Tutto qui?” ho dovuto ammettere la mia incompetenza, arrossendo e, alla fine, liberandola dal casco. Che vergogna. Cerdita è un’amica e si è fatta una bella risata, ma la prossima volta che l’acchiappo devo essere ben preparata e sicura, per fare in modo che le passi la voglia anche solo di sorridere. Glielo devo.

(Prossimamente: Nell’antro di Isabel Schulze)

Chi ha paura dei banesuit?

Il fenomeno dei banesuit potrebbe diventare a breve una vera e propria moda, ma c’è chi scopre di non essere in grado di reggerne il rigore estremo. E in qualche caso non si tratta della prigioniera.

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Quando ho avuto la notizia che Marine mi aveva accettata come cavia per testare il banesuit mi trovavo nell’Arena di Aimee Riptide a compiere il mio terzo Bondage Ordeal (e a questo punto faccio una  promessa formale: entro la settimana provvedo a dedicare un post a questa faccenda, che vedo che continuo a parlarne en passant senza mai spiegare di che si tratta). L’arena si trova in una skybox sospesa a qualche centinaio di metri di altezza, per evitare intrusioni, ma la mia carissima Samy80 Owatatsumi era riuscita ugualmente a trovarmi e stava volteggiando in aria subito oltre il muro per tenermi compagnia mentre cercavo di liberarmi. Samy è una ragazza adorabile e passiamo insieme parecchio tempo, quindi mi era parso normale sentire cosa ne pensasse lei. Dopo tutto, sarei scomparsa dalla circolazione per un paio di giorni e non avrei avuto più modo di giocare con lei, di parlarle, anche solo di vederla.

Samy prende il gioco in modo molto positivo e spiritoso e mi ha detto che non c’era problema. Ma se hai letto Pasqua da Bane magari ricordi che Moss e Chriss hanno fatto fatica a sopportare di star lontane due giorni una dall’altra. E so per certo che Moss, prima, aveva chiesto il permesso a Chriss e che, anche se questa aveva detto che non c’era problema, Moss era preoccupata lo stesso. Chriss è una persona molto chiusa e non esprime troppo le sue emozioni.

e541dc2f781ba0dfdb1d55beb5805a4f.jpgE c’è chi la prende ancora peggio. Proprio Samy, ieri sera, stava ricevendo una serie di IM che la impegnavano parecchio: “C’è una tipa sconvolta perchè una sua amica si è messa in un bane e ha accumulato 5 giorni di sentenza”, mi ha detto, per poi riportarmene una frase che suonava così: “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”.

Per chi, in qualche modo, ha consentito a diventare una bane, l’esperienza è sicuramente estrema e molto dura. Ma è frutto di una scelta, forzata o meno che sia. Una scelta almeno in parte consapevole di rinunciare per un tempo spesso non prevedibile a qualsiasi rapporto che non sia con l’Operatore: e quindi di rinunciare ai contatti, agli amici, alle chiacchiere, al gioco e a tutto quello che non sia vagare, come osservatrice, ai margini della società. Ma per chi ti vuole bene, questa rinuncia non è affatto frutto di scelta: potrebbe viverla come un abbandono, come un rifiuto o come una perdita irreparabile.

Un bane è una figura estremamente enigmatica: niente volto, corpo rivestito di lattice nero, muto e sordo al dialogo, in grado di comunicare solo in modo molto sommario… e, quando ti rendi conto che comunicare a gesti è una fatica esasperante, finisce che rinunci proprio a farlo, salvo nei casi di vera emergenza. Se un’amica diventa un bane, tentare di comunicare con lei diventa un esercizio in frustrazione che non hai scelto di subire e che può diventare esasperante. Perché la persona con cui vuoi parlare non ti sente, non ti risponde, cerca di allontanarsi quando tu ti avvicini, si nasconde. E magari cerca di spiarti da lontano senza farti vedere, per combattere un po’ la solitudine: io, Samy, lo confesso, un pochino l’ho seguita a distanza, per sentirmi meno sola ma cercando di non disturbarla… almeno finché qualcuno non mi si è avvicinato costringendomi a una precipitosa ritirata.

Divenire un bane è una scelta difficile soprattutto per chi non sa rinunciare alla nostra compagnia. E la frase dell’amica di Samy mi ha fatto riflettere a lungo. “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”. E’ vero: essere un bane è, un poco, come essere morti e vagare sulla terra come un fantasma: passi fra la gente senza poterci interagire, e non è difficile immaginare che, se la moda si diffonderà ulteriormente, la gente finirà per ignorarti completamente. Tanto lo sapranno che non sei in grado di parlargli, e che cercherai di allontanarti. Esattamente come accade nel libro, in cui i bane diventano dei paria che tutti ignorano – almeno quando non arriva l’infame che invece si diverte ad aggredirli fidando nell’impunità.

ab87be3bdd0a467d62969f43bbe84819.jpgCi sto pensando ancora adesso. Perché se essere un bane è un po’ come vivere da morti, tutto sommato la similitudine la si potrebbe estendere anche a certe altre forme di bondage estremo, di isolamento. Chi si offre in tutto e per tutto a una Mistress che la prende, le blocca ogni comunicazione esterna, la lega, la chiude in una cella di mattoni e butta via la chiave… una persona come questa, che cosa cerca? Non è un caso di scuola: ho una carissima amica – forse qualcosa di molto più che un’amica – che ormai riesco a vedere meno di una volta al mese. Perché ha fatto una scelta del genere. Dovrò parlarti di Mystique Aeon.

E anche io, quando cerco guai non estemporanei, quando rischio tutto girando con le chiavi delle manette esposte in zone frequentate dai cacciatori di schiave, che cosa cerco? Quello che so è che a tutt’oggi mi è successo una sola volta di essere catturata da qualcuno e tenuta prigioniera in una cella per molti e molti giorni… e in quel periodo cercavo di dimenticare proprio Mystique, che si era donata a Jaron e che da allora non potevo più frequentare. Avevo il cuore spezzato, e ho cercato l’oblio nelle celle di Blackbear, dove sono rimasta forse dieci giorni. Come morta, isolata da tutti. Ho cercato l’oblio, e alla fine l’ho trovato. E se il mio cuore è tornato in grado di battere, ne sono certissima, lo devo anche a quell’esperienza.

Credimi, passare giorno dopo giorno praticamente morta non è particolarmente eccitante, non sulla lunga distanza. Ma ci sono momenti in cui scopri di averne bisogno come dell’aria che respiri quando non sei imbavagliata.

 

(Prossimamente: Mistress si nasce)

Libera

La fine del test è finalmente arrivata. Ma il sollievo si mescola a un’altra sensazione inaspettata. Possibile che uscire dal banishment sia più difficile che entrarvi?

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Appena tornata dalla vacanzina pasquale, prima di andare a dormire, mi collego un momento, speranzosa. E mi va bene. Il mondo intorno a me non fa in tempo nemmeno a materializzarsi che già il casco del banesuit mi trasmette un messaggio dalla dottoressa Kelley: “Sono online ancora per dieci minuti. Se vuoi che ti liberi devi venire subito a La Isla Bonita”. Marine è europea e si collega, di norma, solo nel tardo pomeriggio e non per molto tempo: non posso perdere questa finestra e mi teletrasporto immediatamente alla centrale.

Il rito della liberazione è, per forza di cose, molto più veloce di quello della chiusura: Marine ha fretta, e anche io sono stanca dopo quasi cinque ore in un’autostrada Real Life fortunatamente meno trafficata di quanto temessi.

[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : pronta per essere rilasciata, Bane ?
[2008/03/24 16:52]  WinthorpeFoghorn Zinnemann assentisce
[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : custodian, muteness punishment end
[2008/03/24 16:51]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:52]  Bane Helmet whispers: WinthorpeFoghorn Zinnemann’s Bane Helmet has been unlocked by Marine Kelley after 14:56:50 (detached 0 times)
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: custodian, suspend all protocols
[2008/03/24 16:53]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:53]  Bane Helmet: : Custodian protocol suspended. :
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: ora sei di nuovo libera, Win :)

Mi tolgo il casco quasi subito e poi abbraccio la dottoressa, che si informa sulla mia salute. No, le dico, non è stato troppo duro… sì, a tratti è stato noioso, ma anche bellissimo… e penso che ci vorrà un pochino a riabituarsi alla vita normale, adesso. Marine sorride: “Sì, lo penso anch’io… Sto considerando di aggiungere al laboratorio, quando sarà costruito, una stanza per il supporto psicologico”. Le prometto entro domani una notecard con i miei appunti e le mie considerazioni, poi Marine si dissolve nel nulla come tutti noi quando ci scolleghiamo dalla rete. Con tutto corpo ancora ricoperto dalla skin in lattice nero, inalo l’aria del mare vicino, strizzo gli occhi, cerco di ricordare cosa significa essere di nuovo padrona di me stessa. Ora potrei fare quello che voglio – vedere gli amici, giocare di nuovo con le gabbie, mettermi nei guai o magari anche rapire qualcuno, eppure…

…eppure non me la sento ancora. Sono quindici ore di gioco che qualsiasi relazione interpersonale mi è proibita, che non posso avvicinarmi a più di venti metri da chicchessia, che non posso nemmeno ascoltare gli altri, né zoomare per cercare di vederli più da vicino… Quindici ore di gioco sembrano poche, ma sono più che abbastanza per iniziare a condizionarti: così, già da ora, non mi sento troppo in vena di andare nei soliti posti che amo frequentare. Ho un po’ paura di incontrare gli amici, paura di dover rispondere alle loro domande… paura di non sapere se ho tanta voglia di essere catturata da qualcuno. Entrare in un banesuit è facile, basta chinare la testa. Uscirne è una cosa un po’ più complicata. Il controllo non è una questione di lucchetti.

Resto in giro per una decina di minuti, come instupidita, vagando come se fossi ancora un bane… e pian piano rimettendomi la pelle tradizionale. Recuperare il mio viso mi conforta un poco, i vestiti e i capelli mi danno di nuovo la sensazione di essere una persona e non un oggetto. Ma è quando mi rimetto tra i capelli il mio fiore bianco che sento, davvero, di essere tornata. Il bane W-1007 diventa, per ora, solo un ricordo ancora vivido. E io sono di nuovo Win.

(prossimamente: Chi ha paura dei banesuit?)

Pasqua da bane

Ancora qualche annotazione sulla mia esperienza di bane, prima che si concluda il weekend pasquale e io riesca a collegarmi nuovamente a Second Life, consentendo finalmente a Marine di liberarmi dal banesuit.

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Come promesso alla dottoressa Kelley, non voglio rivelare qui le punizioni e le limitazioni che vengono imposte a un Bane – l’emozione di non sapere di preciso cosa ti aspetta fa parte del brivido di questa forma di bondage e sarebbe davvero un peccato rovinarlo a chi ancora non ha avuto modo di provarlo. Basterà dire che da quindici ore di gioco non ho modo di comunicare con alcun amico nei modi tradizionali. La chat viene distorta dopo pochissime battute ed è quindi inutilizzabile, lo scambio di IM è inibito e tutto quel che mi resta sono i cosiddetti emotes, vale a dire quel minimo di linguaggio corporeo consentito dal suit.

Come funziona il linguaggio corporeo? Che nella riga destinata alla chat pubblica inizi la frase con “/me” così, invece di scrivere la frase da te pronunciata, descrivi una tua azione. Per cui invece di ottenere come risultato una frase come:

Winthorpe Foghorn Zinnemann: Ciao come stai?

ottieni una cosa di questo tipo:

Winthorpe Foghorn Zinnemann saluta con la mano.

Esiste chi utilizza gli emote in maniera impropria descrivendo cose impossibili da comunicare a gesti. Io non scriverei mai una cosa del tipo “/me si sente felice della tua presenza e vorrebbe potersi avvicinare a te per abbracciarti” perché si tratta di un concetto troppo complesso da esprimere con un gesto. Sarebbe un imbroglio, e io non imbroglio. Mai.

Quando Marine mi ha lasciata segregata nel banesuit anche dopo l’esaurimento delle mie nove ore, uno dei Bane con cui si è messa a parlare è stata Moss Hastings, una cara amica che aveva appena esaurito la sua sentenza. Moss è una delle prime persone che ho conosciuto nelle aree BDSM di Second Life, e da qualche settimana ci siamo particolarmente avvicinate. Ha un rapporto molto stretto con Chriss Rosca, geniale scripter e creatrice di alcuni strumenti di restrizione di cui ti parlerò senz’altro: in genere, Chriss è la sua padrona e se la tiene ben stretta, ma qualche volta è Moss a farla prigioniera e ad averne cura.

Devo esclusivamente a lei se ho potuto partecipare a questo test dei banesuit di Marine. In qualità di Trainer del Bondage Team, Moss mi aveva ammanettata, imbavagliata e chiusa in gabbia perché io effettuassi il mio terzo Bondage Ordeal (lo so, lo so, ho promesso di parlarne – e manterrò, ma non stavolta). Mi stava tenendo compagnia durante i miei sforzi per liberarmi, quando ha saputo, e mi ha segnalato, che Marine cercava dieci cavie. Quando ho avuto la notizia di essere stata accettata nel Banishment Program, ho subito insistito perché anche Moss si candidasse con me – la sua invidia era percepibile! – e alla fine ho vinto le sue resistenze spingendola a farsi avanti. Moss era così rientrata nel programma per il rotto della cuffia, come decima candidata.

Il giorno dopo stavo vagando per la sim di ManetteMatte, la più nota fra le aree italiane dedicate al BDSM, quando Moss si è materializzata vicino a me. Era libera dal banesuit, ma io non lo ero – e sono stata quindi costretta a tenermi a una certa distanza da lei. Abbiamo cercato di comunicare a distanza a gesti ed è stato solo con enorme fatica che sono riuscita a spiegarle, grosso modo, quello che mi era successo: che ero prigioniera della mia tuta di lattice da ben oltre le nove ore pattuite, che c’era stato un rollback che mi aveva annullato il timer, che le volevo bene e che speravo di poterla presto riabbracciare. Ecco un esempio di conversazione a gesti fra noi due, già ripulita di tutti i rimproveri del Custodian circa il fatto che ogni tanto mi capitava di udire frammenti di conversazione. Moss è inglese, cosiì ho tradotto quanto segue in italiano.

[2008/03/21 1:47]  WinthorpeFoghorn Zinnemann saluta Moss con la mano.
[2008/03/21 1:47]  Bane Helmet: : Contact Violation. May not listen to conversations. :
[2008/03/21 1:48]  Moss Hastings ricambia il saluto al Bane
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima alcune lettere con le mani
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann A
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann L
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann F
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann U
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann Z
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann i
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann A
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann E
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann T
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:49]  Moss Hastings capisce
[2008/03/21 1:49]  Moss Hastings ne ha avuto uno

Ero riuscita a sentire parte della conversazione di Moss con Marine e so che anche lei ha avuto qualche problema a causa di sbalzi imprevisti di Second Life. Con lo stesso sistema ho comunicato a Moss del Rollback:

[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso sinistro
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann scuote la testa
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann T
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann I
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann E
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann R
[2008/03/21 1:50]  Moss Hastings ridacchia
[2008/03/21 1:51]  WinthorpeFoghorn Zinnemann si prende la testa fra le mani
[2008/03/21 1:51]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:52]  WinthorpeFoghorn Zinnemann incrocia strettamente i polsi
[2008/03/21 1:53]  Moss Hastings assentisce comprensiva
[2008/03/21 1:55]  WinthorpeFoghorn Zinnemann incrocia nuovamente i polsi
[2008/03/21 1:56]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:56]  WinthorpeFoghorn Zinnemann ti indica

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Qui cercavo di capire quanto tempo Moss fosse rimasta nel banesuit… ma farsi capire non è così semplice e lei aveva qualcos’altro da dirmi. Nel corso della mia ottava ora avevo notato che la sua amatissima Chriss Rosca era venuta a trovarla, e che fra lei e Moss si era tenuto una specie di mesto balletto in cui cercavano di capire quanto potessero restarsi vicine senza scatenare la reazione del Custodian di Moss. Alla fine, Moss ha abbracciato Chriss, una scena veramente commovente per chi, come me, sapeva che in quel momento il Custodian le stava distorcendo l’audio e il video per punizione, a causa della Contact Violation, isolandola di fatto ancora di più di quanto non fosse accaduto fino a quel momento. Non ho saputo resistere e ho scattato una foto di quell’abbraccio disperato, inviandolo a Moss sul suo account di Gmail – beccandomi una penalità dal mio Custodian. E Moss mi ha mostrato la foto, per ringraziarmi, ora che lei era libera e io ancora un Bane.

[2008/03/21 1:58]  Moss Hastings è grata per la foto
[2008/03/21 1:58]  WinthorpeFoghorn Zinnemann si tocca il cuore
[2008/03/21 1:58]  WinthorpeFoghorn Zinnemann manda un bacio
[2008/03/21 1:58]  Moss Hastings sorride

Ma io devo sapere quanto tempo è rimasta un Bane. Ne ho bisogno, per sentirmi meno sola. Insisto.

[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso
[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:02]  Moss Hastings guarda il suo Curfew

Il Curfew assomiglia a un orologio ma non lo è: è un diabolico strumento inventato da Moss e da Chriss che consente alla seconda di costringere la prima a rispettare rigide regole di coprifuoco. Quando il Curfew è attivato, anche se Chriss è offline Moss è obbligata a tornare nella sua cella ovunque si trovi. Ne parleremo, perché ne posseggo uno anche io e Samy80 muore dalla voglia di provarlo. Ma intanto devo far capire a Moss che indicando il polso intendo farle una domanda sul tempo.

[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann scuote la testa
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il PROPRIO polso
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna un orologio
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna un punto interrogativo
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:03]  Moss Hastings scuote la testa

Sospiro. Non è facile esprimersi a gesti, maledizione. Riprendo fiato e riprendo.

[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica se stessa
[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il proprio casco
[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mostra 10 dita
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mostra 3 dita
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann punto interrogativo
[2008/03/21 2:05]  Moss Hastings mima 13 ore?

Ohhh… l’ha capita!

[2008/03/21 2:05]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica se stessa e assentisce
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima 13
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann punto interrogativo
[2008/03/21 2:07]  Moss Hastings alza 9 dita
[2008/03/21 2:08]  WinthorpeFoghorn Zinnemann assentisce
[2008/03/21 2:08]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima OK!efdc519cae0b5c4b5578658ecea97a08.jpg

Insomma, malfunzionamento o meno, Moss ha scontato solo le sue nove ore e non una di più. Mi basta, e la conversazione mi ha esaurita. Moss saluta e se ne va, probabilmente a trovare Chriss per recuperare il tempo in cui sono rimaste separate.

Io gironzolo ancora un poco. Il Custodian mi fa tornare ancora una volta alla Maintenance Station per l’ennesima, sempre umiliante, procedura. Resto un po’ nei paraggi e assisto all’apparizione di qualcuno che si diverte ad avvicinare noi bane per il gusto di obbligarci alla fuga: un’altra bane che, come me, resta in attesa vicino alla Station continua, disperatamente, ad allontanarsi mentre il tipo insiste ad avvicinarlesi e a spingerla. Mi sento ribollire il sangue. Anche nel romanzo di Evil Dolly capita, a volte, che invece di essere ignorati i bane siano oggetto di persecuzione da parte di civili razzisti e malvagi, certi di restare impuniti se molestano o addirittura aggrediscono qualcuno che non ha modo di difendersi o di denunciarli. Attraggo per un poco l’attenzione del disturbatore, per distoglierlo dalla mia collega e almeno dividere con lei le punizioni inflitte dal Custodian. Per fortuna lo stronzo si stanca abbastanza presto, e vorrei tanto essermi annotata il suo nome, per fargliela pagare se e quando uscirò da questa situazione.

4707a01c1d966a91e3f54127bf4d31a8.jpgViene a trovarmi anche Sable Janus, la creatrice del primo banesuit immesso sul mercato – un ottimo prodotto di cui tornerò a parlare, ma molto diverso da quello di Marine. Anche con lei posso scambiare solo poche chiacchiere a gesti, ma le consento almeno di osservare il mio banesuit in modo da apprezzarne le differenze esteriori.

Infine torno a ManetteMatte per osservare da lontano la gente che ci bazzica. Qualcuno tenta di avvicinarsi e non riesce a capire quando io cerco di spiegare che devo mantenermi ad almeno venti metri. Qualcun altro, in particolare un certo Cielo Robbiani, si mostra più sensibile e non insiste a venirmi addosso, offrendomi amicizia. Quando riuscirò ad uscire da questa prigione di lattice avrò tanta gente nuova con cui parlare, per ringraziare della gentilezza, della comprensione, della solidarietà. Ma devo uscirne, prima. Per ora resto un pulcino che si dibatte, disperatamente, in un uovo di Pasqua in cemento armato.

 

(prossimamente: Libera)

Eudeamon

Da dove nasce l’idea dei banesuit di Marine Kelley? La risposta in un romanzo straordinario, scritto da una bambola malefica e a tutt’oggi mai pubblicato su carta.

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Il fatto che Internet sia un mezzo di comunicazione praticamente senza filtri è un’arma a doppio taglio: chiunque può facilmente pubblicare qualsiasi cosa senza censure preventive o filtri di sorta… però ciò significa anche che per trovare qualcosa di valido da leggere occorre sciropparsi pagine e pagine e pagine di roba pessima, scritta male, priva del benché minimo interesse. I siti di aspiranti scrittori che propinano le proprie modeste creazioni pullulano in qualsiasi lingua e, in genere, un romanzo disponibile solo in versione elettronica è meglio affrontarlo con beneficio di inventario.

“Eudeamon” è una delle rare, felicissime eccezioni a questa regola. Scritto nel 2005, è rimasto a tutt’oggi disponibile soltanto comeb9191461ffac56a94f1085ec55f35ba4.jpg file Word liberamente scaricabile dal suo sito internet, e credo che non l’avrei mai scoperto se la sua lettura non avesse affascinato Marine Kelley al punto da indurla a creare, per la sua linea di accessori BDSM per Second Life, quei diabolici banesuit di cui proprio in questi giorni sono la vittima volontaria. Ho scambiato qualche mail con l’autrice, che sta pensando di stamparne qualche copia a sue spese, affinché gli amici che l’hanno apprezzato possano averne una copia cartacea. Ma trovo stupefacente che nessun editore si sia ancora fatto avanti per assicurarsene i diritti, perché si tratta di un romanzo avvincente ed emozionante, narrativamente ben strutturato e, nel complesso, scritto meglio di tanta roba che si trova in commercio.

Il genere di appartenenza di “Eudeamon” è la fantascienza – quella vera, che parte da una premessa irreale ma plausibile per poi svilupparla in modo razionale esplorandone le logiche conseguenze. Ed è una fantascienza che combina la lucidità sociologica (e la capacità affabulatoria) di maestri come Frederick Pohl o Robert Sheckley con i temi cari ai pionieri del cyberpunk, da William Gibson a Neal Stephenson. Sarebbe già più che sufficiente per far drizzare le orecchie a una lettrice appassionata, ma confesso che a destare il mio interesse iniziale sono state le implicazioni feticistiche dell’idea che sta alla base della storia. E che lascerei raccontare direttamente all’autrice, traducendo per te qualche paragrafo chiave. Ascolta:

(…)    L’idea era che i criminali, invece di affollare le celle delle carceri, divenissero le proprie stesse prigioni ambulanti. I Bane, come presto vennero chiamati, erano lasciati liberi di vagare per la città come paria. La cittadinanza era tenuta a ignorarli e a trattarli come se non esistessero. In effetti, una persona poteva essere multata anche solo per aver parlato a un Bane–era una Violazione del Bando.  Nessuno poteva trattare un Bane con gentilezza o crudeltà o anche solo riconoscerli in qualunque modo. Tentare di aiutare un Bane o ospitarne uno era un crimine.
    In un tempo sorprendentemente breve, i primi Bane cessarono a tutti gli effetti di esistere agli occhi della comunità di Eudemonia. Essere messi al bando ed esclusi completamente dalla società era considerata una punizione terribile. I Bane potevano osservare la vita attorno a loro ma non prendervi alcuna parte. Non era loro permesso prendere contatto con i loro amici o con la famiglia.  Non potevano entrare in alcuna struttura, pubblica o privata, che non fosse stata prevista a quello scopo. Sensori di prossimità contenuti in ogni abito li avrebbero puniti se avessero anche solo tentato di entrare in qualche struttura o uscire dalle aree designate. Non era loro consentito nemmeno avvicinarsi troppo ad altri Bane, quindi era loro impossibile offrirsi reciprocamente conforto o compagnia. Essere un Bane significava trovarsi sempre solo nel mezzo di una città operosa.
    A rendere le cose peggiori per i Bane, il Banesuit che erano costretti a indossare li privava dell’identità e anche dell’apparenza umana: il volto nascosto dietro a un casco aderente e senza fattezze, i segni particolari celati dietro a una aderentissima seconda pelle di lattice nero. Fatte salve le differenze di genere, peso e altezza, apparivano tutti identici. Il fatto che la stretta aderenza dell’abito al corpo ne rivelasse ogni dettaglio era considerato un’ulteriore umiliazione, poiché apparivano praticamente nudi. I Banesuit proteggevano i prigionieri dagli elementi, ma si diceva che ne desensibilizzassero la pelle. Oltre al contatto con gli altri venivano loro negate anche le sensazioni del proprio corpo.
    Come parte della punizione, ma anche strumento di riabilitazione, la Ashton Technologies–gli inventori dei Banesuit–utilizzavano i più avanzati computer tecno-organici e la nanorobotica. I Custodians. Attraverso una intelligenza  artificiale semplificata, il computer che ciascun Bane portava con sé dentro al casco aveva accesso in qualche modo alle onde cerebrali del prigioniero. Seguendo un rigido codice di regole, il computer Custodian era in grado di ‘leggere’ i pensieri del soggetto e modificarne la conditta applicando punizioni fisiche. Diventava un secondino personalizzato, costantemente intento a osservare le azioni e le intenzioni di un Bane, ammonendolo o impartendogli punizioni secondo necessità. Questo eliminava la necessità di pagare qualcuno che tenesse traccia di tutti i Bane della città; i Banesuit pensavano a tutto. Il prigioniero non poteva farla franca in alcun modo, per quanto potesse essere attento o attenta. Il Custodian era sempre all’erta. Ed era in grado anche di monitorare i segni vitali per individuare possibili problemi di salute (le cure di emergenza erano il solo contatto umano consentito a un Bane nel corso della detenzione). Ignorati dall’esterno e controllati dall’interno, i Bane restavano con una vita che poteva essere solo un incubo semovente. La loro esistenza era un confino solitario e perpetuo.
(…)

Mi fermo qui. L’idea di questo vestito-trappola, capace di isolarti completamente dal mondo e di avere su di te un controllo praticamente assoluto, mi ha provocato fin dall’inizio un fremito di emozione in tutto il corpo, e inizialmente è stato l’elemento principale che mi ha avvinta al computer a leggere avidamente le 91 pagine di “Eudeamon”. Per giunta, la protagonista è un personaggio in cui mi sono identificata immediatamente: Katrina Nichols è una giornalista morbosamente affascinata dal fenomeno dei bane, e decide di avviare un’inchiesta per verificare se non si tratti di una punizione disumana e ingiusta, utilizzata indebitamente per effettuare illegalmente una sperimentazione scientifica su esseri umani.

Per saperne di più, Katrina ricorre a un espediente tipico di certi classici hollywoodiani degli anni Quaranta sui giornalisti d’assalto: d’accordo col direttore del suo giornale e con un collega, riesce a scambiare la propria identità con una ragazza in procinto di essere condannata per prostituzione e aderisce al programma legale che consente, in cambio di un 30 per cento di riduzione della pena, di optare per il banishment in luogo della tradizionale detenzione. Ma non ha fatto i conti con le caratteristiche veramente infernali del banesuit, di cui nessuno parla mai in pubblico… e che rischiano di trasformare la detenzione in una trappola autenticamente irreversibile.

fca722becca88d54a5819252ed9978ce.jpgDella trama di “Eudeamon” non ti dirò altro, perché l’inventiva perversa dell’autrice non si limita a sviluppare coerentemente la premessa, ma prende ben presto una piega completamente inaspettata e sorprendente che va molto oltre la semplice narrazione. La storia di Katrina è avvincente come un thriller ma, come nei casi migliori di fantascienza maggiorenne, è anche (e, in ultima analisi, soprattutto) uno sguardo lucidissimo su temi universali che hanno a che fare con i nostri desideri e le nostre fantasie, con la nostra percezione della realtà, con la definizione dell’identità, con i mille condizionamenti che ci impediscono di manifestare pubblicamente quello che siamo.

Il fatto che l’autrice sia un transessuale probabilmente la dice lunga su quanto i temi sollevati da “Eudeamon” siano da lei profondamente sentiti: eppure quasi mai si ha la sensazione che il romanzo perda di vista la sua lucidità di sguardo per diventare predicatorio. La possibile lettura metaforica scaturisce naturalmente dal racconto, senza la minima forzatura. E la vicenda mi ha trascinata fino all’ultima pagina attraverso una serie di emozioni che davvero non mi aspettavo di provare con tanta intensità: la paura e il desiderio del bondage, che permea tutta la prima parte, si trasforma in un senso di disperazione e di accettazione della schiavitù, per poi riservare la sorpresa di sviluppi commoventi, pieni di gioia, addirittura esaltanti… ma anche di elaborazione del lutto, desiderio di vendetta, e in ultima analisi solidarietà, amore per il prossimo, desiderio di condividere i doni più straordinari della vita – almeno con chi ha il coraggio di affrontare a viso aperto i propri desideri più segreti.

Non posso davvero dirti altro senza rovinarti l’esperienza. Ma se stai leggendo questo mio diario sospetto fortemente che tu sia il lettore ideale per questo libro. Spero che tu sia in grado di leggerlo in inglese, perché nessuno ancora l’ha tradotto. Lo trovi a questo indirizzo:http://www.evil-dolly.com/Eudeamon.doc

Ti prego, leggilo e fammi sapere cosa ne pensi. Davvero, vorrei discuterne con qualcuno che sa di cosa sto parlando. Magari in un post successivo, destinato solo a chi l’ha già letto e in cui non sia costretta a fare salti mortali per evitare di spoilerare quello che succede.

Buona lettura,

la tua Win

(prossimamente: Pasqua da bane

Rollback

In un banesuit, l’unica certezza è il momento in cui viene chiuso su di te. Tutto il resto, inclusa l’eventuale liberazione, è incerto. Soprattutto quando i server di Second Life e il tuo computer ormai un po’ ansimante ci mettono lo zampino.

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Dovevo immaginarlo.

Nel momento della procedura di trasformazione da essere umano in bane ci era stato detto che il test sarebbe durato appena nove ore. Oppure due giorni, qualora qualcuna di noi fosse rimasta online per un totale inferiore alle nove ore. Su Second Life, il tempo scorre infatti sempre su due binari: il tempo effettivo di gioco e quello della First Life, che scorre anche quando non siamo collegati alla grid.

Le implicazioni sono più complesse di quello che si può immaginare. Se siamo intrappolate da un timer di nove ore, questo significa ovviamente nove ore online. Se abbiamo appuntamento fra nove ore con qualcuno, è evidente che parliamo di nove ore normali. Ma è evidente che quando due persone vengono intrappolate da un timer di identica durata, la loro liberazione simultanea dipende dal fatto che entrambe restino online per il medesimo tempo reale. Basta un impegno nella First Life, o anche solo uno dei frequenti crash di computer, e i tempi slittano. Ne sa qualcosa Tez Welles, il cui Bondage Ordeal doveva durare sei ore di gioco e ha finito invece per prolungarsi oltre dieci giorni reali.

b5a1ed06f488dd81fd7a7414395bb056.jpgNe riparleremo, del Bondage Ordeal, ma non adesso. Adesso sono strettamente avvolta dal banesuit, da tre giorni reali e oltre quattordici ore di gioco – un totale che sembra destinato ad aumentare in modo notevole a causa di uno spiacevole incidente di percorso. Quando la dottoressa Kelley ci ha sigillate nel banesuit e ha settato i nostri timer su 9 ore, tutte noi ci siamo disperse per il mondo, per scontare la nostra sentenza nell’isolamento imposto dal Custodian. Ai bane non è consentito raggrupparsi e il meccanismo di controllo impone punizioni ogni volta che ci si trovi a una distanza inferiore ai dieci metri una dall’altra – analogamente al divieto di avvicinare qualsiasi civile. Come le altre cavie dell’esperimento, ho passato molte ore nell’isolamento più completo, impossibilitata a rispondere ai messaggi inviati dagli amici abituali, costretta a fuggire quando qualcuno mi si avvicinava per sapere come stavo, limitata a comunicare solo per momenti molto brevi e solo a gesti. Una tortura vera e propria, sempre più insopportabile via via che il tempo passava e che gli amici, delusi dalla mia impossibilità a reagire, piano piano cominciavano a diradarsi. Mi sono ridotta a teleportarmi da una sim all’altra, cercando di spiare le persone che conoscevo da lontano… sperando che mi vedessero e capissero quanto mi mancavano, e al tempo stesso cercando di non farmi vedere per non doverli sfuggire prima che il Custodian rilevasse una Violazione di Prossimità e mi punisse con la fredda efficienza per la quale è stato programmato.

Ore e ore di silenzio e di solitudine, interrotte solo dall’umiliante procedura ricorrente della visita obbligata alla Maintenance Station:2052f1077915a6a910b965cc118a8143.jpg quella in cui il mio corpo sigillato nella presa stringente del banesuit viene violato da un sondino destinato a introdurre in esso il nutrimento necessario a tenere in vita me e il Custodian, e a rimuovere le scorie prodotte dal mio corpo. Dopo tre o quattro ore, il tormento può diventare davvero intenso. Dopo sei o sette riuscivo a pensare solo che mancavano ancora appena un paio d’ore. Superate le otto ore ho rinunciato ai miei vagabondaggi, e mi sono stabilizzata vicino alla Maintenance Station, in modo da essere pronta a liberarmi e a parlarne con la dottoressa Kelley quando le nove ore fossero finalmente scattate.

Cinque minuti prima dello scadere del termine facevo fatica a stare ferma. La Kelley ci aveva fatto sapere che GothGirl Leominster, una delle dieci bane di questo esperimento, aveva da tempo completato le sue nove ore ed era già tornata in-world a vivere liberamente la sua Second Life. A tre minuti dallo scadere del termine mi sono imposta di non controllare ogni minuto il timer che procedeva, e mi sono messa ad attendere il momento del fatidico “clic”, in cui il casco si sarebbe aperto da solo.

Ma il tempo passava senza che accadesse nulla. Quando non ho saputo più resistere, ho controllato di nuovo il timer e diceva che il banesuit era chiuso da 9 ore e 3 minuti. Che stava succedendo?

La dottoressa Kelley stava conferendo con un’altra bane poco più in là. Non potevo avvicinarmi più di tanto senza che il Custodian si risvegliasse, ma riuscivo a sentire ogni tanto sprazzi di conversazione: sembrava un colloquio di debrief, in cui la bane descriveva le sue sensazioni. Ma perché non si toglieva il casco? Alla fine, ho sentito che diceva qualcosa circa il fatto di essere inglese, e come tale pronta a reggere una situazione così dura, per poi venire congedata. Senza essere liberata dal banesuit.

Poi Marine mi si è avvicinata e ha cominciato a parlarmi mediante il Vox, lo strumento che consente all’Operatore di comunicare con il bane bypassando il mutismo imposto dal Custodian. Abbiamo scambiato qualche impressione, fino a quando mi sono resa conto che la conversazione stava per finire e non si era fatto cenno alla mia liberazione. Ho chiesto alla dottoressa che cosa sarrebbe stato di me e lei mi ha detto che era una mia decisione: che le chiavi, allo scadere delle nove ore, erano tornate nelle mie mani.

Solo che non era affatto così, come ha subito verificato. Il casco era ancora strettamente chiuso, senza alcuna traccia di chiavi. Eppure io stessa ricordo benissimo il momento in cui mi era stato settato il timer. Ed è allora che abbiamo capito cosa era successo.

Rollback.

Second Life, il programma che gira sul tuo computer, intendo, va in crash spesso. Quando questo accade, a volte, si verifica il famigerato rollback: vale a dire che il logoff non è stato registrato, e che la tua situazione su Second Life viene riportata a un momento precedente a quello dell’ultimo istante di collegamento. Qualche volta puoi crashare mentre sei legata e ritrovarti libera perche’ il sistema ti riporta a prima che le manette fossero state fatte scattare sui tuoi polsi. Ma questa volta, a quanto pare, avevo crashato in modo da tornare al breve momento intercorso fra quando il banesuit mi era stato chiuso addosso, e quando era stato settato il timer. Che infatti, mi ha comunicato Marine, è settato su “infinito”. Mi sono sentita sprofondare.

Marine avrebbe potuto liberarmi ugualmente: le chiavi le ha ancora lei in quanto mio Operatore. Mi ha guardato con intenzione e haacd50c062565ec696ab9b740e0282650.jpg indicato il casco con un sorrisetto. Poi ha parlato: “Il test dura 9 ore online o due giorni reali, a seconda di quello che passa prima. Tecnicamente, le tue nove ore le hai fatte, ma è anche vero che il timer non è scattato. A te la scelta”. Ci ho pensato su un momento. Nell’ultima ora avevo già preparato un rapporto completo sulle mie esperienze ed ero ansiosa di darglielo perché potesse verificare come stesse andando l’esperimento: “Potrei completare i due giorni… ma se resto bloccata qui dentro non posso passarti gli appunti”. Marine ha risposto subito: “Gli appunti possono aspettare”.

Che dovevo fare? Ho dichiarato nel mio profilo su SL di non avere limiti, di essere pronta ad accettare qualsiasi sorte. E dentro di me ho deciso di non usare mai la safeword.

Marine ha sorriso. Mi ha salutata. Ha disattivato il Vox, rendendomi nuovamente muta al mondo. Poi si è allontanata: c’era un altro bane che aveva appena finito le sue nove ore e che doveva essere liberata.

(prossimamente: “Eudeamon”)