Il pretendente di Andromeda

Sono quattro mesi che rinvio la scrittura di questo post, perché sono successe tante cose in poco tempo. Ma anche perché l’argomento è difficile. Fino a che punto una padrona deve tenersi stretta la sua sub?

andro trial_008.jpg

Ormai sono parecchie settimane da quando ho pubblicato il post La prova di Andromeda. Probabilmente nessuno (e meno male, vorrei aggiungere!!!) si è accorto che il link alla pagina indica però che il titolo originale era diverso: inizialmente il post avrebbe dovuto chiamarsi “Andromeda è mia, quindi è libera”. Solo che poi mi sono accorta che già così stavo andando a finire troppo lunga e che non avrei saputo come fare ad affrontare in breve il tema di quale sia o debba essere la libertà di chi ha scelto di regalarti la sua. Ci provo oggi, e mi scuso in anticipo. Ma questo post sarà uno di quelli che Mandrashee Aeon definisce, non a torto, un muro di parole. Grazie a chi avrà la pazienza di tentare la scalata, perché questo è un argomento che mi sta molto, molto a cuore.

Insomma, tutto comincia all’inizio dello scorso dicembre, quando Andromeda mi confessa di aver conosciuto un tizio. Drizzo subito le antenne, allarmata, e ascolto. Questi l’ha incontrata a Galveston, dove lei aveva un negozio, e invece di avvicinarla subito, come fanno il 90% degli avatar maschi di Second Life, con un “Vuoi scopare?” o altra frase equipollente, ha attaccato discorso in modo cordiale e solo dopo un po’ di conversazione le ha fatto sapere di essere molto interessato a lei. Il tipo è australiano, mi dice Andromeda, si chiama Stevie Llanfair ed è un dominatore. Andro arrossisce un poco nel confessarmelo: ne è intrigata, e non poco. Ma non farebbe niente senza il mio permesso e vuole sapere se sono disposta a darle il mio benestare per passare con lui un po’ di tempo.

stevie.jpgChi mi conosce sa quanto sono gelosa e forse può provare a immaginare quello che mi passa nella mente. Gratitudine per la devozione che Andromeda mi dimostra, prima di tutto: io non ho segreti per lei, e se mi viene a dire una cosa del genere è chiaro che nemmeno lei ne ha per me. Ma, accanto al sentimento positivo, c’è subito il senso di angoscia e il desiderio di possesso: vuole passare un po’ di tempo con lui? In che termini? Cosa vuole da lui che non può avere da me? Che pericoli implica la cosa per il nostro rapporto? Io so già che, prima di me, Andromeda è appartenuta a lungo a un Master che ha dovuto lasciare SL per gravissimi motivi di salute. Un Master maschio, attenzione, quindi, suppongo, qualcuno con cui aveva un rapporto alquanto diverso da quello che ha con me. Non avrà mica nostalgia di tornare a quel tipo di storia, spero? Con una Mistress mi scontro ad armi pari, ma nel momento in cui la mia Andromeda fosse davvero attratta da un avatar maschio, beh, non è che potrei farci molto.

Ingoio la risposta negativa che d’impulso mi verrebbe voglia di darle, le dico che ci rifletterò. Mi consiglio con Moss, chiedendole come si regolerebbe lei se qualcuno le facesse una richiesta del genere a proposito di Nicki Georgette. E arrivo anche a confessarle che un po’ mi rendo conto che ad Andromeda, che fra l’altro ha avuto una lunga e proficua esperienza come escort, probabilmente potrebbe mancare un certo tipo di interazione molto più esplicitamente sessuale di quella evocata dai nostri giochi bondage – qualcosa che io non cerco e che di conseguenza non posso darle.

Moss non esita: se qualcuno le chiedesse qualcosa del genere, lei non darebbe mai il permesso. Io provo a rilanciare, però. Supponendo che si rendesse conto che Nicki ci tiene davvero, lei cosa farebbe? Eserciterebbe l’autorità, che la sub le conferma chiedendole il permesso, negandoglielo? Oppure, proprio per premiare e incoraggiare questa onestà di fondo, acconsentirebbe a lasciarla libera di una scappatella di questo genere? La mia amica evita la domanda: la sensazione è che per lei il cybersesso sia a tal punto fuori questione che non ritenga plausibile un’insistenza di una sua sub per l’argomento. Ma per me il punto è un altro: dato per scontato che il mio primo impulso possessivo sia di tenere Andromeda tutta per me, imporle un divieto in un caso del genere non rischia di indurla troppo in tentazione? Se vuoi bene a qualcuno, si dice, devi lasciarlo libero: ma come interpretare questa regola di buon senso quando il rapporto si fonda sulla perdita della libertà, quando una persona ama appartenerti e accetta di subire il tuo arbitrio?

Incerta sulla risposta, ma non volendo ignorare la questione, chiedo ad Andromeda di farmelo incontrare, questo Stevie, e le ordino di tenermi informata su ogni loro dialogo inviandomi tutte le conversazioni in notecard. Lei obbedisce e io mi trovo a poter ricostruire tutto quello che accade fra loro. Lui le parla con un tono decisamente autoritario, apostrofandola come “girl”, ma a suo modo sa essere anche dolce. Non so se questo mi conforta o mi fa ancora più paura. Lei gli risponde chiamandolo “Sir”, gli offre temporaneamente il ruolo di guardia, perché possa aprire le porte della prigione, ma avvertendolo che lo rimuoverà dal gruppo, “dopo”. Però lo avverte: “Devo chiedere il permesso alla Signora. Attento, se dovesse venire. Sia molto gentile con lei”.

[23:56]  Stevie Llanfair: Ti desidero.
[23:56]  Andromeda Sawson: awww …
[23:56]  Stevie Llanfair: Dico sul serio. La tua onestà mi affascina.
[23:57]  Andromeda Sawson: Ho detto alla signora che lei mi piace…
[23:57]  Stevie Llanfair: E cosa ha detto la Signora?
[23:57]  Andromeda Sawson: Ne ha preso nota… può essere MOLTO formale
[23:57]  Stevie Llanfair: Allora è bene che le scriva. Inginocchiati e aspetta, e comporrò qualcosa.


andro ozzievisit_012.jpgEcco… sentire lui che le ordina di mettersi in ginocchio mi fa un po’ ribollire il sangue, ovviamente. Ma confesso che Stevie si comporta, anche in mia assenza, con grande rispetto: “Darò il messaggio a te perché sia tu a darlo a lei. Dobbiamo comportarci in modo appropriato”, dice ad Andromeda che gli risponde: “Sì, Sir…” (un’altra piccola fitta) “…la chiami Signora”. E qui, Stevie butta lì una frase che mi turba in un modo che non mi aspettavo: “È solo una Dominante, o anche sottomessa? Dal suo profilo ho avuto l’impressione che fosse entrambe le cose”.

Oh cielo. Perché questa domanda mi fa partire un volo di farfalle nello stomaco?

Scaccio quell’emozione, quel senso improvviso e inebriante di voragine vicina solo che io voglia lasciarmi andare per un momento. Continuo a leggere la risposta della mia Andromeda: “Anche sub… ma dice che conoscermi ha “migliorato” il suo lato domme”. Sorride, Stevie Llanfair ridacchia e rilancia: “Lo credo. Sei un premio incredibile”. E Andromeda, abbassando la voce: “All’inizio credevo che mi sarei annoiata di essere bloccata, come adesso che non ho il TP… ma ho imparato ad apprezzarlo”.

Finita di leggere la notecard esito. Non so, davvero, come affrontare la situazione, ma non collegarmi sarebbe una vigliaccheria. Lancio Second Life, entro nel mondo, raggiungo Andromeda alla prigione. E trovo Stevie ancora lì.

[2008/12/09 0:03]  Andromeda Sawson: Signora!!!!
[2008/12/09 0:04]  Win: Buon giorno, Andromeda. E salve, Mr. Llanfair
[2008/12/09 0:04]  Stevie Llanfair sorride e fa un cortese inchino piegando il busto. “Lieto di incontrarla, Signora. I miei complimenti. Mi mancano, in effetti, pochi secondi per completare una notecard per lei”.
[2008/12/09 0:05]  Win: Grazie, Sir… ne stavo leggendo una di Andromeda mentre mi materializzavo
[2008/12/09 0:05]  Stevie Llanfair: Sorella, la prego, date le circostanze non mi chiami Sir. Fratello, o anche solo Stephen, basterà”.
[2008/12/09 0:05]  Andromeda Sawson: Sir, perché lei lo sappia… invio regolarmente notecard alla Signora,  raccontandole tutto…
[2008/12/09 0:06]  Stevie Llanfair: Come è tuo dovere, ragazza. Da te non mi aspetterei niente di meno.
[2008/12/09 0:07]  Win: Le sarei grata se si astenesse dal chiamarmi “sorella”, Mr. Llanfair. Non intendo essere scortese, ma mi aspetto un simile appellativo da qualcuno che conosco da qualcosa di più di 2 minuti
[2008/12/09 0:07]  Stevie Llanfair: Signora, Le mie scuse. In taluni circoli lo si considera una forma di cortesia. Da gentleman, naturalmente, mi rivolgerò a lei come preferisce. Forse semplicemente Signora? Almeno per il momento?
[2008/12/09 0:09]  Win: Non deve scusarsi di nulla, Mr. Llanfair – voglio solo essere chiara. Apprezzo la sua cortesia e sono certa che non intendesse mancarmi di rispetto. Naturalmente, lei qui è il benvenuto, poiché un amico di Andromeda
[2008/12/09 0:10]  Stevie Llanfair sorride e annuisce educatamente. “Forse ammiratore sarebbe un termine più adeguato, Signora. Mi impressiona in modo considerevole”. Stevie Llanfair parla con tono pacato, osservando la notevole donna (è lui che mi definisce così in un emote) con occhi gentili. “Davvero, potrò essere amico di Andromeda solo con il suo permesso”.

Nel frattempo, mi porge la nota che ha finito di scrivere. La leggo, cercando di celare la tensione. Si intitola “With geat respect” – ossia “con grande rispetto”, anche se gli è sfuggita una “r”. Mmm… ma dopotutto questi australiani non hanno fama di essere ‘sti grandi letterati. Leggo (e traduco).

Bongiorno (sic!), Signora WinthorpeFoghorn Zinnemann

Come lei sa, ho avuto la gioia di incontrare la sua proprietà, Andromeda Sawson. Lasci immediatamente che le dica che ci siamo incontrati per caso, che è stata estremamente leale nei suoi confronti e che con me a giocato, in modo comunque limitato, solo in quanto sapeva di avere il suo permesso.

Mi piace come persona, e come submissive. È leale, divertente e piena di talento.

Mi piacerebbe poter passare del tempo con lei, quando lei non è online, ad esempio, dato che rispetto a lei mi trovo in una time zone enormemente diversa. (Australia.)

Sono un Master con esperienza, gentile ed educato. Avrò cura di lei per tutto il tempo che dovessimo poter passare insieme.

Se lei dovesse proibirlo, avrò completo rispetto per la sua volontà. Se lei sarà così gentile da consentirlo, ne avrò la massima cura per suo conto.

Oserei sperare che anche lei ed io potessimo diventare buoni amici!

Con l’augurio di ogni bene,

Sinceramente
Stephen Llanfair

andro ozzievisit_009.jpgSollevo lo sguardo. Stevie mi sta guardando, con discrezione ma in attesa. Lo stesso fa Andromeda, e – lo capisco – il confronto non può ulteriormente essere rinviato. “Anche io”, inizio, “apprezzo Andromeda per molte ragioni, una delle quali è la sua enorme onestà. Motivo per cui voglio essere completamente onesta anche con lei, signor Llanfair”. “La prego di esserlo, signora”, risponde Stevie: “Io stesso sono scupolosamente onesto. E quando l’ho incontrata le ho detto che avrei dovuto parlare con lei, Signora, prima che potessimo diventare più vicini. Andromeda le appartiene, e capisco questo genere di rapporti, e non farò nulla che possa minacciare in alcun modo il vostro rapporto. E comunque credo che nessuno potrebbe farlo. È chiaro che la adora”.

Il confronto è ingaggiato, e in Andromeda l’emozione è palese – e forse è per questo che, non potendo mettere bocca nella conversazione, continua a farmi mille domande su questioni relative alla prigione. Fino al momento in cui sono costretta a prendere una misura che cercavo di evitare. Estraggo un bavaglio, la tiro a me con ferma dolcezza, le faccio aprire la bocca e le metto il bavaglio, ignorandone le proteste: “Andromeda”, le dico, “non avrei voluto farlo poiché non amo il comportamento di certe Mistress possessive che sentono il bisogno di riaffermare il loro dominio su una sub quando si trovano in presenza di un altro dominante… ma voglio essere in grado di parlare col signor Llanfair senza distrazioni e senza dover rispondere alle tue domande su come arredare questo posto”. Andromeda china la testa e annuisce. Stevie mi guarda in attesa. Tocca a me, adesso. Il mio sguardo si fissa in quello di Stevie.

[2008/12/09 0:40]  Win: Mentirei se dicessi che l’idea di lasciarle passare del tempo con Andromeda non mi provoca alcuna preoccupazione. Tengo molto a questa ragazza e sono più possessiva di quanto sia disposta ad ammettere.
[2008/12/09 0:41]  Win: D’altro canto, ho fiducia nel giudizio di Andromeda e a quanto vedo lei è una persona con cui sento di poter avere un rapporto amichevole
[2008/12/09 0:42]  Stevie Llanfair annuisce: E io sono consapevole, Signora, che lei prende molto sul serio il suo ruolo nella vita di Andromeda. Vorrei rassicurarla sul fatto che capisco i suoi desideri,e i suoi diritti.
[2008/12/09 0:42]  Andromeda bofonchia: I wouwd never cheag on Fignora [“Non tradirei mai la Signora”]
[2008/12/09 0:43]  Stevie Llanfair ridacchia rivolto alla Signora. “Le chiede lei di tacere, o lo faccio io?”
[2008/12/09 0:43]  Win si acciglia un poco
[2008/12/09 0:45]  Win: Signore, la prego di capire che mi mette a disagio sentirla affermare una forma di autorità su Andromeda in mia presenza…
[2008/12/09 0:45]  : Stevie Llanfair : Giusto, ha ragione. Farò più attenzione.
[2008/12/09 0:46]  Win: Apprezzo questo impegno, Signor Llanfair. Per me è molto importante
[2008/12/09 0:46]  Stevie Llanfair: Signora, in sua presenza, sarò guidato e condotto da lei. Andromeda è sua.
[2008/12/09 0:48]  Win: Capisco e non la prendo come un’offesa. Ma voglio che lei sappia che non apprezzo alcun tipo di comportamento che possa minare – parola sbagliata… ma che in qualsiasi modo possa pilotare il modo in cui mi comporto con Andromeda…

Andromedanewhome_001.jpgAndromedanewhome_002.jpgandrotrouble_002.jpgA questo punto, Stevie suggerisce di parlare tutto in Out Of Character (ossia fuori dal personaggio che tutti interpretiamo in world) e mi fornisce di un aggeggino che premette a ogni frase che pronunciamo l’acronimo OOC. E la conversazione prosegue, seria ma senza tensioni: “Sono convinta”, riprendo, “che anche in un rapporto come quello che ho con Andromeda valga la regola “se ami qualcuno, lascialo libero”. Non sono disposta a “condividerla” con qualcuno. Intendo tenerla come mia più a lungo possibile… il che, naturalmente, sarà fin tanto che funzionerà il nostro rapporto. Sappiamo tutti che la parola “sempre” è una figura retorica. Pertanto, qualsiasi altro rapporto che intervenisse a ridurre l’esclusività di quello che abbiamo è da me sentito come una potenziale minaccia”. Stevie annuisce. Io proseguo: “Naturalmente questo vale anche per l’idea che voi vi incontriate. Non voglio fingere che la cosa non mi metta a disagio… ma non voglio nemmeno, beh, far si che il proibire qualcosa a qualcuno lo faccia diventare più prezioso”.

Stevie capisce benissimo ciò che intendo: “Devo dirle, se davvero la cosa le provoca ansia mi tirerò indietro. Andomeda è una delizia – gentile, divertente, bellissima. Ma ci tengo a non guastare ciò che avete voi due”. Si rivolge ad Andro, sempre OOC: “Andromeda, se la tua Mistress non vuole che tu mi veda, DOVRO’ non vederti”.

Scacco? Mi sta mettendo in mezzo, e la strategia è chiara: se decidessi di proibire l’incontro, Andro si ricorderà di lui come di quel pretendente così corretto da piegarsi al mio volere. Con un rimpianto che, ne sono certa, rende il suo desiderio per Andromeda ancora più seducente. In qualche modo, è come se mi stesse sfidando ad essere anche io all’altezza della sua generosità. Solo che io sono una bastian contrario: quando mi sento costretta da qualcuno a dovermi comportare in qualche modo, è più probabile che faccia il contrario. Avevo praticamente già deciso, dato il comportamento davvero corretto del signor Llanfair, di mandar giù la mia gelosia e acconsentire a qualche incontro condizionato – ma dopo una battuta del genere, beh, sono pronta a rimangiarmi l’idea e arroccarmi nel ruolo della Mistress che si rifiuta di mollare la sua sub anche solo per qualche istante.

Poi, però, Stevie fa una mossa decisiva. Una frase, in effetti.

[2008/12/09 0:57]  : Stevie Llanfair OOC : In effetti mi piacerebbe essere amico di entrambe.

Rimango per un attimo interdetta. Ripenso a tutto quello che è successo nel mio passato, alle volte che ho conosciuto qualcuno che apparteneva a qualcun altro, e al modo in cui ho sempre fatto tutto quel che potevo per non trovarmi nel ruolo della scoppiacoppie, della rovinafamiglie, di quella che insidia i rapporti. Ripenso a – beh, ora lo posso dire: ripenso a Lorella Bravin, e a tutti gli scambi di IM che abbiamo avuto fino a quando era sposata con Gwendalina Tedeschi… lunghissime chiacchierate in cui mai, mai avevo lasciato trapelare quanto mi sarebbe piaciuto mettere le dita sulle sue manette… perché anche se Gwen non la conoscevo (se non per quello che di lei mi raccontava Lorella) comunque mi sarebbe sembrato di fare un torto, più che a lei, a quello che per me rappresentava la coppia formata da lei con Lorella. E poi ripenso anche a cosa ho provato quando ho saputo che Lorella aveva deciso di togliersi il collare che Gwen le aveva stretto al collo – un senso di liberazione, di attesa, di nuove possibilità… di…

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Ma quella di Lorella è tutta un’altra storia, troppo complessa per riuscire a parlarne qui. Mi scaccio questi pensieri dalla testa, torno a concentrarmi su Stevie che, a questo punto, aspetta una risposta. Vuole essere amico di entrambe… e prima si è informato, con discrezione, su che tipo sia io… cercando di capire da Andromeda se per caso anche io non potessi
(diventare una preda)
partecipare a un RP più elaborato che coinvolga tutti e tre. Prendo fiato, fingendo di non sapere nulla di quelle sue domande, mantenendo in piedi la facciata formale della Mistress che sta discutendo il destino della sua sub, guardandolo fisso negli occhi
(dove gli è caduto per un attimo, quello sguardo?)
e riprendendo la discussione. Dandoci, finalmente, del tu.

[2008/12/09 0:58] Win: Apprezzo la tua offerta, Stevie. Mi sono sempre comportata allo stesso modo ogni volta che ho incontrato qualcuno di mio interesse ma che apparteneva già a qualcuno. Pertanto [prendo un respiro profondo] dopo tutti questi distinguo, voglio fare un salto nel buio e comportarmi in un modo in cui nessuna Mistress da me incontrata si è mai comportata con me.
[2008/12/09 1:01] Andromeda Sawson fa qualche passo, poi si siede. Ascolta la conversazione cercando di capire dove andrà a parare.
[2008/12/09 1:01] Win: Non capisco ancora bene come questa faccenda potrà svolgersi. Non posso promettere che saprò essere sempre comprensiva, ma intendo sforzarmi di esserlo.
[2008/12/09 1:02] Stevie Llanfair: Beh, una cosa è chiara. Quando tu sei online, lei viene da te. Se tu le fissi un compito, questo ha la priorità.
[2008/12/09 1:02] Stevie Llanfair guarda WInthorpe, con affetto: “Ti prometto, sul mio onore, qualiasi cosa io faccia con Andromeda non mirerà che a portare gioia nella sua vita. Nel mio cuore non ho alcun desiderio di portartela via. Le dai qualcosa che io non posso darle. Solo uno sciocco cercherebbe di rimpiazzare quello hai tu. L’ho sentito – ti ama.
[2008/12/09 1:03] Win: Voglio crederti, Stevie. In effetti, ti credo perché mi sembra di riconoscere in te parte del mio carattere  quando rifiuto di intromettermi nei rapporti altrui. Ma sono consapevole che la tentazione è sempre in agguato. Non voglio che Andromeda sia mai legata da qualche oggetto di cui io non abbia la chiave. Il che significa che le proibisco di renderti co-owner del suo collare
[2008/12/09 1:04] Stevie Llanfair: Posso farti una domanda personale?
[2008/12/09 1:04] Win: Prego, Stevie, dimmi
[2008/12/09 1:04] Stevie Llanfair: Oltre alle ragazze ti piacciono anche i ragazzi?
[2008/12/09 1:04] Win mette una mano sulla spalla di Andromeda e sorride: “A questa mi è difficile rispondere, Stevie. In RL sono rigorosamente eterosessuale, ma su SL mi sono sempre trovata più a mio agio con altre donne”
[2008/12/09 1:06] Stevie Llanfair: Mi limito a chiedere perché, beh, se così fosse, forse potrei tornarti utile. Sono certo che tu capisca che, come donna, se fossi mia amica non potrei mai farti del male. Sono molto all’antica per quel che riguarda trattare la gente bene.
[2008/12/09 1:07] Win: “In un certo senso, lo sono anch’io”, mormoro
[2008/12/09 1:07] Stevie Llanfair: OK, non voglio mettere le mani sul suo collare. È troppo personale. Ma se avessi bisogno di farla inginocchiare in qualche sim, posso chiederglielo? Ci sono alcuni luoghi dove sono conosciuto. Se dovessi andarci con Andromeda per me sarebbe più facile se potessi chiederglielo.
[2008/12/09 1:09] Win: Questo posso capirlo. Direi che per me può andare bene.
[2008/12/09 1:09] Stevie Llanfair sospira di sollievo: “Grazie”.
[2008/12/09 1:10] Win: Mi aspetto che tu le dica in IM cosa fare se vuoi dare l’impressione che tu la stia controllando. Non voglio che tu sia in grado di metterla in ginocchio di forza, indipendentemente da quello che un osservatore possa credere.

andro prisonoffice_002.jpgandro prisonoffice_003.jpgStevie Llanfair annuisce furiosamente per mostrarsi d’accordo: “Devo chiarire una cosa”. Il suo sguardo è particolarmente attento, capisco che sta per dire qualcosa che gli sta a cuore. Resto in silenzio, ad ascoltare. Stevie riprende: “Non sono tipo da COSTRINGERE qualcuno a mettersi in ginocchio. Non ho mai capito il punto. Se ho bisogno che si metta in ginocchio, o che faccia qualsiasi altra cosa, glielo chiederò in IM. Lei è TUA. Voglio solo che possa avermi come amico e giocare con me in modo che NULLA possa far pensare che ti tradisca”. Sorrido, poi torno seria. Anche io devo dire qualcosa di importante: “Nemmeno io amo costringere le persone, Stevie. Tuttavia, in tutto questo ci sono molte sfumature. A me non piace costringere qualcuno a fare qualcosa che non ama fare. Ma mi piace farlo quando ho l’impressione che gli piaccia essere costretto, se capisci cosa intendo – e sono sicura che lo capisci”. Stevie annuisce con decisione e sta per interloquire, ma io non ho finito: “Per questo motivo, mi piace profondamente poter forzare Andromeda a fare qualcosa senza doverglielo chiedere. È questo che intendo quando dico “di forza”, e quello è un piacere che voglio riservare solo a me”.

 

[2008/12/09 1:13] Stevie Llanfair: Ho capito. Si tratta di un tipo di controllo differente da quanto io cerco in lei. Non ho problemi a lasciartelo completamente e, se mai lo vorrai, prometto che mi tirerò indietro. Ma spero davvero che potremmo essere tutti amici.
[2008/12/09 1:14] Win: E allora, stabilito che potrò riavere Andromeda in qualsiasi momento io lo desideri – il che potrebbe accadere spesso – penso di essere pronta a lasciare che giochi con te.

Andromedanewhome_006.jpgStevie si rilassa. Anche io, forse, sebbene senta di aver preso una decisione di cui sono convinta solo fino a un certo punto e che spero di non dover rimpiangere. E, infatti, a Stevie scappa subito un’altra battuta che mi fa irrigidire di nuovo: “Posso spingere la mia audacia a chiederti il tuo vero nome di battesimo? Io mi chiamo DAVVERO Stephen, a proposito”. Riesco a spedire in prima linea un sorriso, ma mi viene tirato: non posso fare a meno di ricordare che, nel dialogo che Andromeda mi ha riportato, e in cui le spiegava alcune cosette che voleva che lei facesse, su suo ordine, nel mondo reale (in un modo non dissimile da quanto faceva Costanza per Xxxx Xxxxx), Stevie la chiamava col suo nome RL.

Era un dettaglio che avevo cercato di ignorare, ma forse era la cosa che più mi aveva spaventata. Un nome ha sempre qualcosa di magico – sapere di qualcuno come si chiama mi è sempre sembrato un primo passo per possederlo – e che Stevie, prima di parlare con me, si fosse fatto dire da Andromeda il suo vero nome mi era seccato parecchio. “Ecco”, gli dico con tono un po’ malfermo, “questa è un’altra cosa che mi mette a disagio”. Lui fa una precipitosa marcia indietro, ma io devo affrontare l’argomento, adesso, se voglio che questa conversazione prosegua sulla linea di assoluta sincerità che ci stiamo sforzando di mantenere da entrambe le parti.

Per me, Second Life è solo Second Life, non un modo per conoscere persone in Real Life. Anche per questo ho sempre rifiutato la chat vocale, lo scambio di numeri di telefono, l’invio reciproco di oggetti: perché SL è e deve restare per me un sogno di libertà, una libertà che credo si schianterebbe immediatamente se dovessi mai confonderla con la realtà. Non ho mai chiesto a nessuno dati sulla loro vita reale, tanto meno ad Andromeda… eppure, mi fa impazzire di gelosia pensare che qualcun altro lo abbia fatto – e abbia saputo prima di me come lei si chiama veramente. Prendo Andromeda fra le braccia e riprendo a parlare.

[2008/12/09 1:23] Win: Stevie, quello che mi mette a disagio non è l’idea di dirti il mio vero nome ma devo dire che sono rimasta molto perplessa quando ho saputo che hai chiesto e ottenuto da Andromeda il suo.
[2008/12/09 1:24] Stevie Llanfair annuisce: “Perché trasgredivo al tuo ruolo oppure perché la cosa ti scioccava”?
[2008/12/09 1:25] Win: Penso che sia stato perché stavi facendo con lei qualcosa che io non avevo fatto. E questo, francamente, mi ha fatta sentire come se qualcuno… hmm… mi avesse superata su un sentiero che avrei potuto voler percorrere ai miei ritmi
[2008/12/09 1:25] Stevie Llanfair annuisce pensoso: “Allora chiedo scusa”.  Si volta verso la mia adorata schiava e si fa sfuggire un’altra frase di troppo: “E dovresti farlo anche tu, Andromeda.”
[2008/12/09 1:26] Win: Non devi scusarti, Stevie… nè deve farlo Andromeda
[2008/12/09 1:26] Stevie Llanfair: Con rispetto, non sono d’accordo. Mai vorrei metterti a disagio consapevolmente, e insisto a porgerti le mie scuse
[2008/12/09 1:26] Andromeda Sawson guarda a terra
[2008/12/09 1:27] Win: Allora accetto le tue scuse, Stevie… ma, di nuovo, ti prego di astenerti dal dirle come deve comportarsi di fronte a me
[2008/12/09 1:27] Stevie Llanfair: Azz. Ho scazzato ancora. Mi spiace
[2008/12/09 1:27] Win: Andromeda non ha nulla di cui scusarsi perché mi aveva già raccontato tutto nei suoi report giornalieri
[2008/12/09 1:28] Andromeda Sawson: …Io dico alla Signora tutto, Sir
[2008/12/09 1:28] Stevie Llanfair: Cercherò di recuperare punti, Signora. Mi ha detto che ti avrebbe raccontato tutto, e io le ho detto che per me andava benissimo e che in effetti non avrei potuto giocare con lei se avesse omesso di raccontarti anche il minimo dettaglio.
[2008/12/09 1:28] Win: Ci vorrà molta buona volontà da entrambe le parti, Stevie. Ora posso aggiungerti alla mia “friends” list
[2008/12/09 1:29]  Win have offered friendship to Stevie Llanfair
[2008/12/09 1:29]  Stevie Llanfair is Online
[2008/12/09 1:29]  Stevie Llanfair: Grazie, sono onorato.

andro bath_001.jpgMi fermo qui. Ci sarebbe ancora parecchio dialogo da trascrivere ma, davvero, è ora di fermarsi. Il dado è tratto, come diceva quel tale – ma lui era un tipo volitivo e che sapeva esattamente quello che voleva… io non ne sono tanto sicura. Ho fatto bene a lasciare ad Andromeda la libertà di giocare con Stevie, pur con l’obbligo di farmi avere in notecard tutto quello che succede fra loro? Oppure mi sono fatta pilotare dalla cortesia di un abile manipolatore? Per Andromeda vale qualcosa sentire che la amo a tal punto di non volerla privare di qualcosa che so che desidera… oppure avrebbe preferito percepire più forte il mio desiderio di possesso, ed essere chiusa a chiave da qualche parte? Come al solito, solo il tempo potrà rispondere a queste domande. Ma, come al solito, non è detto che lo faccia veramente.

Intervista con l’Eudeamon

Per gentile concessione dell’autrice e di Astor Robbiani, il testo completo dell’intervista su Eudeamon che mi ha fatto Rossella Pintens e che è apparsa sull’ultimo numero di L Magazine

WINeudeamon2.jpg

Il 19 febbraio scorso, nemmeno un mese dopo l’uscita di Eudeamon in libreria, ricevo questa mail:

Ciao Win!!

io devo fare un pezzo sul prossimo numero della rivista in uscita a fine mese.
Volevo fare una sorta di intervista a te riguardo
Eudeamon…..
Penso che l’idea sia interessante.
Stasera ti mando un po’ di domande. Altre che reputi opportune vorrei che le aggiungessi da sola.
Poi la monto e la “coloro” io.
Mi serve anche un jpg della copertina.o una texture in sl se già ce l’hai. Come vuoi.

Cerchiamo di avvicinare più persone possibile al libro.
Io a Xxxxxx sto facendo tam tam.

Ma rispondimi urgentemente perchè martedi’ devo avere il pezzo finito e in mano.
Ovviamente se sei contraria fammelo sapere!

Un bacio mentre una mano scivola piano piano verso i tuoi polsi e cerca le manette……e l’altra tocca nervosamente il foulard attaccato alla borsa…..

Rossella

banes_001.jpgRossella Pintens è un’amica di lunga data e le avrei risposto di sì anche se mi avesse chiesto un’intervista sul campionato di calcio… ma l’idea di poter parlare con lei di Eudeamon era addirittura elettrizzante. Ho quindi aspettato con ansia le sue domande e sono stata su fino alle due del mattino per rispondere. Il risultato è quello che segue: una intervista fluviale che ha divorato metà delle pagine dell’ultimo numero di L Magazine. La riporto qui integralmente, sia per renderla disponibile (tramite il Google Translator) a chi non parla italiano, sia per condividerla con le persone che, ho scoperto, seguono il blog ma su Second Life ci vengono solo occasionalmente, o non ci vengono per nulla. Come illustrazioni, mi è parso giusto usare qualche altra immagine dalla serata di presentazione della rivista, la scorsa settimana, e una scelta fra le moltissime foto che tanti amici in-world si sono scattati, in questi ultimi mesi, davanti alla copertina del libro, e che sono andata postando su Facebook. Grazie a tutti!

Win

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Lettrici, in questo numero voglio parlarvi di un libro che ha toccato l’anima di chiunque sia dotata di cuore e sentimento. Voglio parlarvi di Eudeamon, tradotto in italiano da una mia cara amica. E dato alla stampa in questi giorni. Lei è WinthorpeFoghorn Zinneman, un nome che sembra un terremoto tedesco e invece è solo pieno di dolcezza italiana. (/me sorride). Due parole sulla trama. Nella città di Eudeamon per scontare reati non troppo efferati si può scegliere di fare ricorso a una pena alternativa. Quella di farsi chiudere in una tuta di lattice con casco sigillato e organizzarsi una vita vagando in città senza avere nessuna possibilità di comunicazione con l’ambiente. Nessuna interazione, si diventa dei pària, dei “Bane” appunto. Ogni tipo di infrazione a questa regola viene punito da un software che è stato provvisoriamente impiantato nel cervello e che ti controlla e ti sorveglia (Il Custodian) e può estenderti la pena infliggendoti penalità ad ogni violazione del regolamento. Al centro del romanzo quindi c’è la figura del Custodian (che dovrebbe essere fredda tecnologia) e lo studio dell’interazione che questo Custodian ha con i prigionieri. Rapporti che possono prendere una piega molto molto particolare, al punto da far compiere ai “Bane” determinati gesti trasgressivi, apposta per auto-allungarsi la pena…. È il perché di questa cosa che si deve approfondire…….

Ho deciso quindi di intervistare Win (abbreviazione del terribile nome…) facendole alcune domande che possano stimolare in voi la curiosità di leggere questo bellissimo romanzo da lei tradotto e reso accessibile al pubblico italiano.

Ciao Win, intanto complimenti per la bella traduzione! Tu pensi che un libro così mirato verso un certo genere e una certa categoria di persone possa invece interessare chiunque? E se sì, perché?

Burning Moon_001.jpgDevo fare una piccola premessa. Quando l’editore mi ha fatto vedere per la prima volta la copertina, per me è stata una grossa sorpresa. A me sarebbe piaciuta la foto di un Bane con enormi ali nere – una delle incarnazioni di Inverno nel romanzo – e ne avevo anche mandata una scattata in-world da un’amica. L’editore a suo tempo mi era parso interessato invece a una foto di una ragazza seminuda che indossava il casco del Banishment ma non ancora il Banesuit. La scelta finale, invece, è stata questa bellissima immagine invernale, con una figura femminile che si allontana di schiena sotto un ombrello rosso. Beh, dopo la sorpresa ho capito che era una scelta molto giusta, perché Eudeamon è molto meno legato al genere di quello che si può pensare. Certo, è un libro di fantascienza e, certo, parte da una ispirazione bondage o fetish che non è certo per tutti i gusti: ma è soprattutto una storia di romanticismo estremo, di sentimenti e di ricerca della felicità, della libertà e anche di noi stessi.

EricaMoak_017.jpgUna copertina troppo puntata sul BDSM avrebbe allontanato tutto il pubblico che non è attratto, che non capisce o che magari ha addirittura paura di questi temi. Invece così, senza la suggestione visiva e fisica del lattice stretto attorno al corpo, che pure è quella da cui siamo arrivate al libro io e tutte le persone che lo hanno scoperto su Second Life, credo sia possibile arrivare più direttamente al cuore del libro… che è un cuore caldo, secondo me. Quindi, credo che la risposta sia sì: il romanzo potrebbe interessare tutti perché penso che tutti, in fondo in fondo, si sentano soli. Tutti cerchiamo una o più altre persone capaci di accettarci nel bene e nel male, di volerci bene e perdonare i nostri difetti.

E poi, per me che amo tanto scrivere, c’è un altro tema che è quello del linguaggio. Anche se sai usare bene le parole, non riesci mai a esprimere davvero, nei dettagli, quello che provi e che vorresti dire. Non bastano le parole, non bastano le carezze, i sorrisi, i sensi: anche quando sei davvero in sintonia con qualcuno, c’è sempre qualcosa che sfugge, qualche margine di incomprensione, di attrito. L’idea di qualcuno (o qualcosa, nel caso del Custodian) che prova quello che provi tu mentre tu lo provi e con cui la comunicazione è automatica e cristallina e inequivocabile, per me, è molto seducente.

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A giudicare dai risultati del tuo lavoro, hai dato vita a un ottimo prodotto, pieno di vita e pulsante! Hai trovato particolari difficoltà nella traduzione?

nuovobane_001.jpgDirei di no. Ho avuto un po’ di ambasce all’inizio perché non sapevo decidere se lasciare certe espressioni in inglese oppure se avrei dovuto tradurle per renderle più familiari al lettore italiano. Il problema principale era che la parola “Bane”, in questa accezione, è una invenzione dell’autrice – una contrazione che viene dall’inglese “Banishment”, che significa letteralmente “messa al bando”. Ora, in italiano, chi veniva messo al bando, nel senso di escluso, era “bandito” – ma questa espressione significa ormai principalmente “malvivente” o “criminale” e il concetto di emarginazione non vi resta che in modo residuale. Avevo allora pensato di italianizzare i “Bane” in una parola inventata… avrei usato “Bani” sia al singolare che al plurale, un bani, due bani. Mi sembra che echeggiasse un po’ certe parole indiane e pensavo che potesse riecheggiare il concetto di emarginazione di un’altra parola che non ha distinzione fra singolare e plurale, “paria”. Poi, alla fine, ha prevalso il rispetto per l’originale – e anche per chi, frequentando Second Life, un po’ si era già abituato a sentir parlare di Bane e di Banishment. Dopo tutto, nella nostra vita quotidiana, usiamo tante di quelle parole straniere che voler tradurre per forza mi sarebbe sembrato un ritorno a quell’autarchia linguistica un po’ ridicola che c’era prima della guerra.

Lo stesso vale per il “Custodian”, che ho lasciato alla fine in inglese perché la parola evoca sia il senso della custodia (come un agente di custodia) sia quello di angelo custode (anche se questo, in inglese, lo chiamano Guardian Angel). Chiamarlo “Guardiano” avrebbe mantenuto solo il primo dei due significati e, d’accordo con l’autrice, ho ritenuto che mantenere almeno l’allusione a un’entità benevola che è severa ma che ti protegge fosse qualcosa che corrispondeva allo spirito del libro.

Altrimenti, beh, ho solo cercato per quanto potevo di mantenere il senso molto colloquiale di certe espressioni, anche in qualche frase mal costruita, in qualche esitazione e perfino in qualche costruzione non proprio ortodossa sulla pagina scritta ma comue in quella parlata.

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Secondo te gli sforzi fatti per riprodurre l’esperienza del libro in Second Life sono stati capiti fino in fondo?

Per la mia esperienza, non da tutti. C’è chi si è accostato al Banishment sperando di rivivere pedissequamente le scene descritte dal libro, come se fosse proprio uno script da seguire. Altri che l’hanno fatto per provare l’isolamento. Chi cercava il suo Eudeamon e chi voleva solo, una volta trasformato in Bane, uscirne prima possibile. Come dicevamo prima, credo sia impossibile farsi capire sempre e da tutti – e dopo tutto la ricchezza di questo mondo deriva anche da quanto ogni persona sia diversa dalle altre. Non so se gli sforzi per riprodurre l’esperienza siano stati capiti, ma non posso nemmeno avere la certezza che tutti capiscano Eudeamon come l’ho capito io – nè che la mia comprensione del libro sia più giusta di quella di altri lettori.

Quello che ci tengo a sottolineare è come, nonostante la spesa elevata della cauzione per parteciparvi, l’esperienza offerta da Marine Kelley è assolutamente no profit. Dei 2000 L$ richiesti ai candidati, 1800 sono restituiti al termine del Banshment. Ne restano 200, di cui 100 come contributo spese per la land (e chi ha un terreno in affitto sa bene quanto questa cifra sia una briciola rispetto ai canoni e alle tasse che si pagano) e 100 che vanno all’Operatore. Considera che sottoporre un Bane alla procedura è una faccenda che dura da un minimo di un’oretta, proprio se si corre come disperati, a due ore e più quando il candidato è in vena di interpretare la cosa in modo più articolato e magari ti stimola a sviluppare il dialogo in modo creativo e a volte inatteso. Non è una cosa che fai per guadagnare L$: ne fai molti di più con le mance in qualsiasi club di lap dance.

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Al di là di un tecnicismo esasperato, trovi che si sia potuto riprodurre fedelmente il contenuto del libro?

2banes_old.jpgBeh, dunque, il tecnicismo è una parte che tocca essenzialmente agli Operatori. Siamo noi che dobbiamo ricordarci con molta esattezza le varie fasi della procedura, l’ordine e i tempi con cui far scattare lucchetti, chiavi, script e attività varie. Soprattutto all’inizio, è molto faticoso, poi diventa routine. Ma ti assicuro che essere dall’altra parte, indossar quel casco e sentire come progressivamente vieni trasformata in una cosa, intrappolata in modo irrevocabile, produce un’emozione enorme. La fase iniziale è terrificante ed anche eccitante, poi subentra spesso anche un momento di noia e di desiderio di fuga fortissimo, e di frustrazione nel non poterlo più fare: e sono anche queste emozioni molto forti e vere.

Quello che naturalmente Second Life non può e non potrà mai dare, ovviamente a parte la sensazione della costrizione fisica, è lo sviluppo dell’Eudeamon. So che il Banishment di Marine ha una funzione misteriosa che porta alcuni Bane lungotempo (e NON tutti) a vivere un’esperienza di epifania dell’Eudeamon analoga a quella della protagonista del libro… però personalmente non ne ho mai avuto esperienza diretta – e credo di poter escludere che  esista un modo, sia con uno script automatico, sia con una eventuale persona che interagisca col Bane, per restituire la sensazione di completezza, di interezza che Katrina Nichols, nel libro, scopre quando si fonde con Inverno.

tomiko.jpgEcco, appunto, volevo esaminare proprio questo… Queste restrizioni, questi legami, questo modo di gestire le vite delle persone anche impossessandosene, quando iniziano a diventare un’estensione dei legami del cuore? C’è un preciso momento in cui si oltrepassa una soglia?

Credo che ci sia, ma credo anche che sia diversa di caso in caso e che non si possa generalizzare. Alla fine il legame che conta non è mai quello fisico (o, nel nostro caso, fisico in senso virtuale, se mi perdoni l’acrobazia logica) ma quello emotivo. Allora, nel momento in cui faccio scattare un paio di manette ai polsi di qualcuno, nell’attimo in cui metto un lucchetto su un collare, nell’istante in cui saldo il casco da Bane sulla testa di un prigioniero, molto dipende dalla sua reazione. Ci sono persone che vogliono arrivare in fondo alla procedura per vivere l’esperienza in solitudine, e che attraversano il tutto in modo quasi frettoloso… altre che si compiacciono di fare un RP elaborato e di buon livello, ma che magari lo fanno con la freddezza di un attore consumato… altre ancora che ti trasmettono la loro emozione e che ti permettono di nutrirtene. Con queste, senti subito vibrare qualcosa si diverso e in qualche caso ti rendi conto che l’emozione che ti lega non è più solo quella semiprofessionale di chi è Operatore e chi Bane, ma qualcosa di più profondo.

Però, attenzione, il Banishment è di per sè una esperienza fondamentalmente solitaria, e di solito anche a una procedura molto emozionante seguirà necessariamente un lunghissimo periodo di silenzio. Da Operatore cerco quando posso di seguire i miei Bane – ma in genere mi accorgo che preferiscono essere lasciati in pace, a godersi il silenzio, la solitudine e la serenza disperazione di chi sa che non c’è modo di liberarsi se non aspettare che passino le ore cercando di non commettere violazioni che portino a ulteriori estensioni di sentenza. Per cui, certo, quella soglia di cui parli ci può essere… ma nel Banishment, di certo, meno che con altri tipi di legame. Qui l’emozione è proprio data dall’automatismo, dal computer impassibile e implacabile che segue le sue regole e non ha pietà perché non è programmato per averne.

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Passiamo ora ad esaminare un aspetto collaterale. Il Custodian su SL spesso è una persona in carne e ossa, però l’attività secondo me è proliferata oltre misura… Puoi dire due parole contro la crescita esponenziale del numero di schiavi e schiave ma anche di mistress e di master nel mondo di SL? Pensi che questo sia un problema e che svilisca un qualcosa di più importante?

nuovobane_002.jpgNon riesco a vedere questo come un problema. Sono sorpresa, questo sì, dalla quantità di persone che si incontrano, su Second Life, che seguono questo tipo di interessi. Ma devo anche osservare che io passo tutto il mio tempo in-world in aree dedicate al BDSM, il che francamente aumenta di parecchio la possibilità di incontrare altre persone come me! Se fossi appassionata dei puffi, forse mi sorprenderei nello scoprire quanta gente sogna di essere un puffo o una puffina, o magari Gargamella. Nel mio inventario ho anche altri avatar che non uso quasi mai: Darth Vader, Barbapapà, il balrog del “Signore degli anelli” e persino Wanna Marchi… ma alla fine ho scelto di essere Win e ne sono felice. Il bello di Second Life, per me, è che è un facilitatore per la fantasia e permette di vivere tante cose che nella vita reale ci sarebbero precluse. Davvero, non riesco sentirlo come un problema. Potremmo semmai chiederci come mai tanta gente sogni di essere schiavizzata o di schiavizzare qualcun altro. Ma credo che ognuno debba trovare la sua risposta, perché ognuno vive queste passioni a modo suo: a qualcuno piace usare la frusta, ad altri (come me) piace solo l’idea del controllo. Io posso dirti di aver conosciuto persino un tipo molto gentile che avrebbe voluto arrostirmi e mangiarmi. Credo che ognuno trovi la sua strada e che se anche lo schiavismo troppo facile svilisse per qualcuno la possibilità che si crei un rapporto più bello e più profondo… beh… penso che forse quel qualcuno non era adatto o non era pronto a scoprirlo, quel rapporto più bello e più profondo.

costanza.jpgE allora, visto l’enorme numero di persone che in world si vogliono sottoporre all'”esperimento bane”, o in misura più lata a farsi “controllare”, a cosa pensi sia dovuto questo?

Credo che il fenomeno in world sia meno diffuso di quel che si crede. È vero che molte persone si sottopongono al Banishment, ma non mi pare che il fenomeno stia dilagando – anche se potremmo assimilare al Banishment alcune delle esperienze di quella che chiamano “dollification”. Non saprei dire cosa attragga altre persone ma posso parlare per me stessa e, se ci penso davvero, credo che a spingermi siano almeno due pulsioni, una forse più pratica e una più profonda. Quella pratica è che a volte anche Second Life può diventare molto stressante: decine di amici e amiche, troppi IM che arrivano a raffica, impegni, rapporti, emozioni a volte eccessive. Quando sei chiusa nel banesuit, gli IM non ti arrivano e non ne puoi spedire… non puoi parlare, non puoi toccare, puoi solo andare in giro e guardare da lontano. Così riscopri per un po’ una vita di esplorazione, di viaggi, di solitudine e riflessione… ritrovi un po’ di spazio per te stessa e i tuoi pensieri. Una sorta di vacanza della mente e anche del cuore, e una liberazione dagli intrighi, dalle paranoie, dalle gelosie.

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L’altra pulsione che penso mi spinga in questo genere di bondage (perché su SL è difficile che il banishment possa essere qualcosa di più che una elaborata forma di bondage) è una cosa che ho messo un po’ più a fuoco ascoltando le reazioni di qualcuno che era sconvolto perché una persona a cui voleva bene aveva voluto per forza fare il Banishment. Ricordo che diceva una cosa del tipo: “Che gusto si prova a essere morti prima del tempo?” Ecco… essere un Bane è un poco come essere morti senza esserlo e, forse, almeno per me, è un modo di esorcizzare la paura della morte vera, che verrà e che non potrò conoscere – perché come diceva, credo, Epicuro, quando ci sarà la morte non ci sarò più io.

Credi che un giorno i sentimenti possano davvero farsi largo anche nelle intelligenze artificiali e a manifestarsi con interferenze di qualunque tipo nelle relazioni tra macchina e essere umano?

EudeamonBane.jpgGuarda, questo non lo so e la cosa un po’ mi inquieta. Come idea penserei che una intelligenza artificiale non possa che simulare una emozione, in modo più o meno convincente. Ma poi penso che non sappiamo davvero cosa sia, un’emozione: dopo tutto, tutto quello che proviamo è una combinazione di chimica e impulsi elettrici… e allora, forse, il giorno in cui si avessero abbastanza dati, perché non dovrebbe essere possibile fabbricare un’emozione in modo artificiale? Non so. L’idea reale di un coinvolgimento fra macchina e umano mi spaventa a priori e mi lascia sospettosa – poi mi chiedo se non si tratta solo di una posizione legata al passato e a cui manca l’apertura che dovremmo sempre avere verso le novità.

Certo che, a istinto, il coinvolgimento con una macchina mi fa pensare più a una forma più o meno elaborata di autoerotismo che a qualcosa che possiamo anche solo avvicinare all’amore. Una cosa che mi affascina di Eudeamon è che il dubbio rimane sempre: il grande amore fra Katrina e Inverno è davvero amore? O non è invece una forma di chiusura in se stessa, in cui Katrina vive una schizofrenia indotta dal Custodian che, dopo tutto, è prodotto dalla interazione fra un programma uguale per tutti e i circuiti neurali della prigioniera? E ancora: anche ammesso che Inverno sia davvero un’entità cosciente separata da Katrina (e non un prodotto della sua immaginazione, o addirittura lo specchio di Narciso) quello fra loro è amore vero, oppure è solo l’inevitabile attrazione verso qualcuno che ci perdona e ci accetta e ci adora per come siamo, senza discuterci o cambiarci? L’Eudeamon è un angelo custode? È Dio? È l’Amore in sè?

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Tu che in SL sei operatrice del progetto “bane” in world, e che quindi in pratica chiudi i lucchetti e le porte a queste persone, limitandone la libertà, sei mai stata presa dai sentimenti? E poi, in tutta sincerità, ci sono persone tra quelle che conosci che avresti voluto “controllare” e sottoporre al progetto? Hai la possibilità di elencare cinque nomi di persone in world che vorresti sottoporre al progetto “bane”.

BaneAndro_004.jpgBaneAndro_008.jpgBaneAndro_010.jpgAllora, la prima cosa da dire è che il Banishment è più duro, a volte, per chi resta fuori dal banesuit che per chi vi entra. Il Bane può avere quella eccitazione iniziale, e poi, passata la noia, forse quella serenità quasi zen che ho trovato io. Ma chi sta fuori vede l’amica o l’amico diventare un oggetto, non ci può comunicare, non può avvicinarsi e non può sapere come sta. Per questo, nei casi in cui mi sono chiesta se volevo essere io a sottoporre a Banishment qualcuno che conoscevo, ho sempre pensato di farlo soprattutto per proteggere la persona… per farle sentire che come operatore c’era qualcuno a cui importava di lei, e non un operatore freddo e impassibile. Però, poi, alla fine mi è capitato una volta sola di sottoporre alla procedura qualcuno che conoscevo… la mia sub, Andromeda, l’ho conosciuta proprio quando si è iscritta al programma, e il rapporto fra noi è partito prima del giorno fatidico. Renderla un Bane è stato strano, difficile da un lato, molto facile dall’altro. Mi spiaceva sapere che sarebbe stata lontana da me a lungo, ma sapevo anche che sentiva il mio amore per lei e che questo le toglieva molta della paura dell’esperienza. Non so se questo le abbia reso l’esperienza più piacevole o magari solo meno intensa. So che Andromeda ha fatto il possibile per uscire dal Banesuit prima possibile per tornare fra le mie braccia… anche quando ha avuto le prime avvisaglie della nascita del’Eudeamon, questo non l’ha spinta a prolungare il suo Banishment.

Anche per questo, non credo di poter dire cinque nomi che vorrei sottoporre al Banishment – sarebbero solo nomi di amici o amiche che mi hanno detto o fatto capire che vorrebbero provarci. Mi viene in mente forse solo V.V., che avrebbe voluto provare ma che non ha avuto il permesso della sua partner e ci ha rinunciato. Ma non è una cosa a cui potrei aver voglia di sottoporre qualcuno che non lo desidera.

Valentine&Rei.jpgPrima di diventare operatrice hai te stessa provato la condizione di bane? Più di una volta?

Oh, certo che sì. Al Banishment Program non si diventa operatori se non si ha fatto prima l’esperienza. Bisogna sapere cosa si prova là dentro, per potervi sottoporre qualcun altro. Io avevo avuto la fortuna di entrare nel programma in fase di betatesting: sono stata la numero 7 dei primi 10 bane di Marine Kelley – tutti sottoposti al programma insieme, e tutti interrogati poi via notecard su come e cosa funzionasse all’interno del casco. La ricordo come una delle esperienze più intense della mia Seconda Vita: è stato allora che ho cominciato a scrivere il mio blog, che esiste ormai da quasi un anno.

Ho vissuto altri due Banishment. Uno per mano di Samy80, un’amica che vedo ormai molto di rado, e che mi chiuse nel Banesuit di Sable Janus (oggi purtroppo abbandonato dalla creatrice, per cui non più in commercio e non più utilizzabile con le versioni recenti di Second Life) e mi fece passare alcuni giorni indimenticabili. L’ultima è stata invece con il Banesuit creato da una italiana che era stata mia “cliente” alla Kelley Technologies – una certa Serenella, che qualche mese dopo è scomparsa da Second Life senza lasciare traccia e prima che potessi conoscerla meglio come mi sarebbe piaciuto. Curioso pensare che, dei tre Banesuit che ho provato, due siano ormai inaccessibili al pubblico.

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Durante la traduzione del libro, sognavi? Cosa si prova a tradurre un libro che coinvolge così tanto le proprie emozioni?

Si Rhiadra.jpgTradurre è un lavoro solitario, a volte faticoso anche fisicamente – quando traduco mi contraggo sulla sedia e spesso mi faccio venire dei mal di schiena che non mi vengono quando sono io a scrivere cose mie. Difficile quindi emozionarsi… eppure ti assicuro che ci sono state alcune scene che mi avevano commossa alla prima lettura, che mi hanno commossa alla seconda, e che mi hanno fatto piangere – letteralmente, eh, non in senso metaforico, parlo proprio di lacrime agli occhi – anche quando mi sono trovata a tradurle. E poi, di nuovo, quando ho riletto e rivisto la traduzione… e ancora correggendo le bozze… e poi quando ho avuto il libro cartaceo in mano per la prima volta. E poi c’è l’emozione per me straordinaria di essere riuscita nel mio sogno: trovare un editore nel mondo reale disposto a tradurre e pubbicare un libro che esisteva fino ad allora solo in forma di pixel. Ora ho un oggetto che, anche se non sono io l’autrice, sento profondamente mio… sia perché senza di me forse non sarebbe stato pubblicato, sia perché mi ci riconosco in molti aspetti.

Win, se si dovesse presentare la tua partner, tua moglie, tuo marito, insomma un affetto importante a farsi “rinchiudere” e “controllare” da te, come pensi che reagiresti tu e come invece pensi che bisognerebbe reagire? E’ possibile l’indifferenza?

Rossella, non so cosa rispondere a questa domanda. Non sono ancora riuscita a capire se per me queste cose sono fantasie che vorrei vivere nella mia vita reale oppure se penso che sia megio mantenerle nel mondo della fantasia. Non ho mai saputo come fare a comunicare questi desideri alle persone che mi sono care. Il mio blog mi ha permesso di parlarne, di rifletterci sopra e di condividerlo con altre persone. Non so davvero se mai troverò la forza, il desiderio o il modo di invitare, di offrire a qualcuno nel mondo reale il controllo su di me – o il mio controllo su di lui.

erikah.jpgMa mi accorgo che non ho risposto alla domanda e ci riprovo. L’indifferenza penso che sia l’unica reazione che non dovrebbe esistere: se vuoi bene a una persona penso che tu sia curiosa di lei e quindi che la scoperta di una passione come questa non possa suscitare qualche reazione. Io credo che si dovrebbe sempre reagire, a qualcosa che viene espresso da una persona cara, con apertura e disponibilità ad ascoltare, anche se ci si rendesse subito conto che non si potrà mai condividere quella passione.

Che tipo di differenza percepisci se a parlarti del libro e a intervistarti è ora una Mistress piuttosto che una persona estranea a tutto questo mondo? Voglio dire….. la gente non coinvolta riesce a non essere banale oppure è una mera utopia?

Eheheh, difficile a dirsi… a giorni dovrei essere intervistata (sempre via mail) da una persona Real Life che credo sia estranea al mondo del BDSM… anche se a quanto ho capito è quantomeno simpatizzante e che nel frattempo mi è passata a trovare in-world. So che quando ne parlo ad amiche o amici in RL cerco sempre di sottolineare il cuore romantico del libro più della fascinazione per il lattice, per evitare quel sospetto che mi sembra sempre di percepire nei non iniziati (e che, chissà, magari invece viene dalla mia paura di scoprirmi troppo e di espormi al giudizio degli amici “non coinvolti”).

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Hai dovuto spingere un po’ per imporre questo libro e le sue tematiche particolari a un editore, oppure hai trovato parecchie persone intelligenti?

A pensarci ora, sembra sia stato tutto facilissimo. Ho scritto a un po’ di editori, che non mi hanno risposto oppure (nel caso di un amico che lavora in una casa editrice e che è stato il primo a cui abbia proposto il libro) mi hanno detto “mah, sì, anche affascinante, però non so tanto…” Poi ho conosciuto in-world una persona che mi è parsa interessata davvero e sono riuscita a entusiasmarla. Alla fine è stato lui a trovare l’editore e a convincerlo che potevo essere la persona giusta per tradurre il libro in italiano nonostante non avessi mai fatto prima questo mestiere.

2banes_002.jpg2banes_003.jpgCerca di descrivere per le persone che non lo sanno e non lo conoscono cosa si prova quando ci si consegna in mano all’operatore e si iniziano le operazioni di “bane”.

Beh, avrei bisogno di un numero di parole almeno pari a tutte quelle consumate finora in questa intervista. Posso provare a riassumere dicendo che la sensazione è quella, vertiginosa, di sprofondare via via in modo inesorabile in qualcosa di sempre più stretto e soffocante ma, al tempo stesso, protettivo e rassicurante. Per me è sempre l’inizio, il momento più emozionante: quello della chiave che passa di mano, e poi dello scatto del lucchetto.

Ci descrivi in pratica le operazioni cui in SL sottoponevi un bane dal momento che si presentava con una sentenza di condanna fino alla sua “chiusura”? Ti lasciavano sempre indifferente?

Indifferente? Mai. Anche se la procedura è ripetitiva, ogni candidato Bane è diverso. La descrizione delle operazioni necessarie sarebbe davvero lunga, però, e comunque il contratto con la Kelley Tech proibirebbe di parlarne – essenzialmente per non guastare l’esperienza a chi decide di provarla. Posso dire che è molto simile a quella descritta nel libro, anche se l’Operatore è in genere uno solo (mentre nel libro si avvicendano numerosi dottori, tecnici, guardie e infermieri). Addirittura, nel corso della procedura, uso quando posso alcune frasi ispirate, o tratte direttamente, dal testo originale… e a volte capita anche dall’altra parte… l’ultimo Bane che ho sottoposto alla procedura mi ha sorpresa usando una frase di un personaggio del libro: “Mi sta mangiando il cervello!” Quando trovi il Bane davvero appassionato, anche se è la ennesima volta che compi le stesse operazioni, l’emozione la ritrovi tutta.

fotogruppo_001.jpgPensi che siano i rifiuti, la severità e l’intransigenza delle punizioni a portare il bane piano piano a provare qualcosa verso il suo carceriere virtuale o reale?

Come dicevo prima, io credo che non sia il Banishment il modo migliore per creare un rapporto fra il carceriere e il prigioniero, perché dopo la procedura si tende ad essere lasciati il più possibile soli a vivere l’esperienza fino alla scadenza naturale. Ma in generale penso che quello che spinge un prigioniero a provare qualcosa verso chi ne tiene in mano le chiavi sia quel fenomeno che una mia amica chiama Sindrome di Stoccolma e che ha anche provato ad articolare in una serie di regole fin troppo precise (lei è americana, quindi ha un po’ quella tendenza classificatoria e di suddivisione di qualsiasi evento in una serie di passi, anzi di “step”, successivi). I rifiuti, se giustificati. L’intransigenza, se imposta con intelligenza. Ma anche l’occasionale concessione, la mancanza di rigidità precostituita, la sensazione che dall’altra parte ci sia un essere umano. Il fascino del Banishment su SL è l’opposto: la freddezza della macchina, il senso irreversibile di trappola che si prova sapendo che nessun essere umano ti potrà aiutare. Perché, parafrasando lo slogan di un film di un po’ di anni fa, nel Banesuit nessuno può sentirti urlare.

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I risvolti BDSM del fenomeno Bane in che misura ne hanno decretato il successo su second life?

In misura notevole, senza dubbio. Su SL, il Banishment non può essere che uno strumento complesso e sofisticato di bondage. L’Eudeamon, che è quello che dà al romanzo il suo colpo d’ala straordinario, non ci può davvero essere, credo… anche se ho colleghe Operatrici che hanno avuto numerosi Bane cosiddetti “Eudeamonici” mentre io, che ne avrò sistemati almeno una trentina, non ne ho avuto neanche uno! Su SL, il Banishment è solo una forma di costrizione che, mediante un RP ben fatto, permette di fantasticare e un po’ sperare di vivere un’esperienza in grado di evocare almeno una parte di un libro che, tuttavia, resta per forza inarrivabile.

EricaMoak_021.jpgWin tutte le cose belle hanno un seguito. Accade così nei libri, nei film e in tutto quanto “piace” alla gente. Immaginati un seguito per Eudeamon e descrivicelo.

Non sono all’altezza di fare una cosa del genere. Non solo, trovo che la conclusione del romanzo così come è ora sia così perfetta, così soddisfacente e conclusiva, che spero che nemmeno Erika decida mai di scrivere un seguito.

Ma posso dirti che spesso mi capita di sentire il richiamo del Banesuit e penso che prima o poi mi deciderò a provare di nuovo l’esperienza – licenziandomi dal ruolo di Operatore e tornando a farmi impiantare il Custodian nel cervello. Chissà se sarà la volta buona che riesco a trovare il mio Eudeamon!

Beh l’intervista è finita………magari ci siamo dilungate un po’ ma penso valesse la pena. Adesso non posso che rileggere il libro un’altra volta! Nel frattempo………devo fare un’altra cosa, Win, la “devo” fare.

Click, click, click e… oh no non puoi e non devi più parlare……click.

Ovviamente mentre ti accarezzo.

/me sorride. Grazie Win…

Rossella/Libeccio

Serata d’onore

La presentazione del numero 2 di L Magazine diventa l’occasione per una serata indimenticabile. Con un incontro addirittura storico fra Erika Moak e Marine Kelley.

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Un anno, di già. Anzi, qualcosa di più. Era quasi Pasqua 2008 quando indossai per la prima volta il Banesuit della Kelley Technologies, restando intrappolata per giorni in una aderente tuta di lattice, con la testa imprigionata nel casco, la mente nella presa ferrea del Custodian, le mie chiavi in mano alla diabolica creatrice del Progetto Banishment, Marine Kelley.

Da allora, tante cose sono accadute, e di molte ho reso conto su queste pagine. Ma penso che ieri sera sia stata per me il coronamento di una serie di sogni che non mi ero mai nemmeno confessata. Non posso e non voglio raccontare tutto nei dettagli: quello che conta è stato l’evento, l’atmosfera magica della serata, i momenti per me storici, e non le singole frasi o battute… Basterà dire che ho scattato decine e decine di fotografie, come cercando di catturare il momento… i momenti… per rivederli dopo e potermi confermare che era tutto vero, che non stavo sognando, che stava succedendo sul serio.

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Tutto è cominciato quando Astor e Rossella mi hanno detto che ci sarebbe stata una festa per il lancio di “L Magazine” numero 2, quello con la mia intervista su “Eudeamon”, e mi hanno invitata a partecipare. Anche se la sera non mi collego quasi mai, ho deciso che questa volta non potevo non farlo e mi sono tenuta la sera libera apposta… dopo di che ho scritto a Erika Moak per sentire se la cosa poteva interessarla.

Con Erika mi sono scritta a lungo durante il lungo lavoro della traduzione. Sapevo che aveva un avatar su Second Life, ma anche che aveva smesso di collegarsi da tanto tempo e che non era molto dell’idea di tornare, per paura di dover affrontare una quantità spaventosa di messaggi arretrati. Eppure, a questa mail di invito, mi ha risposto chiedendo il luogo e l’ora e lasciando capire che avrebbe potuto anche farci un pensierino. Ho avvertito subito Rossella e Astor, e ho mandato a Erika una copia della rivista, che potesse almeno vederla, anche se non parlando italiano non avrebbe potuto capire l’intervista.

Immagine 1.pngMi sono collegata in anticipo, ieri sera, eccitatissima. Jelena mi ha raggiunta presto e ci siamo affrettate verso il club Italian Lesbian dove la festa si sarebbe tenuta. Ad accoglierci, abbiamo trovato prima Lella Demonia, sub servizievole ed educata che nei giorni scorsi ho avuto spesso il piacere di vedere a Winsconsin, poi è arrivata Astor Robbiani – lo storico “puntolino verde” di Rossella, che non vedevo da secoli e secoli. E, proprio mentre si chiacchierava, ho ricevuto da Caliope Mah, l’avatar di Erika, risposta a quello che le avevo scritto mentre era ancora offline.

Poiché Erika è americana e non parla italiano, la prima cosa da fare era fornirla di un traduttore in vista della serata. Ho tirato Jelena per il guinzaglio e mi sono precipitata a Cupo per prenderne uno gratuito ma ottimo che consiglio sempre a tutti. Da lì ho mandato un invito al TP per Caliope… che pochi secondi dopo ci si è materializzata davanti.

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EricaMoak_006.jpgEricaMoak_007.jpgBeh, devo dire una cosa. Second Life aiuta molto a ridurre la timidezza, e rende più facile accostare senza troppi scrupoli persone famose… ma trovarmi Erika di fronte mi ha fatto davvero tremare le gambe – anche se solo per un istante. Era bellissima: vestita tutta di nero, col viso di una bambola perversa – ll’improvviso il fatto che sul suo sito si faccia chiamare Evil Dolly ha acquistato tutto un altro significato… e in un flash mi sono passate davanti agli occhi anche molte situazioni che ho letto in un altro suo romanzo che sto leggendo al momento, “Rest and Relaxation” e che è stata Ewyn a suggerirmi. Ci siamo guardate, le ho presentato Jelena, le ho mostrato il distributore. E nel frattempo scrivevo un IM a Marine Kelley, perché sapevo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per incontrare colei che le ha ispirato tutta la faccenda del Banishment Program. Marine era presissima da un RP ma mi ha pregata di cercare di trattenere Caliope… sarebbe venuta di corsa appena possibile.

EricaMoak_015.jpgEricaMoak_018.jpgTemevo che Caliope/Erika potesse aver perso dimestichezza con Second Life, invece ci ha messo pochi istanti per prendere il traduttore ed attivarlo per tradurre fra inglese e italiano. Poche battute, poi abbiamo visitato brevemente la Processing Area del Banishment Program. Non c’era tempo di mostrare a Caliope tutta la procedura, anche perché l’ora della festa si stava avvicinando e dovevamo tornare al club… ma ci tenevo a farle vedere l’aspetto di un Bane. Siamo quindi andate di corsa a Zhora, dove ho fatto comprare a Jelena la skin in lattice nero che tutti i Bane devono indossare. Poi siamo tornate al club, a Xigola, e Jelena ha indossato il collare e il casco che mi erano rimasti dai tempi del test originario, e che Marine ha consentito a noialtri proto-Bane di tenere (oggi, al termine del Banishment, il casco si autodistrugge e va restituito per riavere indietro la cauzione versata all’inizio della procedura).

Astor mi ha consentito il rezzing, così ho potuto scattare qualche foto assieme a Caliope davanti alla copertina del suo libro. Meglio di un autografo, no? Ho spiegato qualcosa a Caliope su come funziona il Banishment nel metaverso. Era molto interessata, come ci si poteva aspettare, anche perché, pur essendo a conoscenza di tutto quello che il suo libro ha scatenato su Second Life, non aveva mai visto un Bane in-world. E proprio in quella, Marine mi ha scritto in IM, dicendo che si era liberata e che sarebbe stata felicissima di venire a conoscere Caliope. Ho chiamato subito Astor, che non si perdesse la scena, e poi l’ho tippata.

EricaMoak_023.jpgMoak2_001.jpgLa scena successiva, davvero, la ricordo nella nebbia dell’emozione e del turbinio di incontri. Ricordo di aver presentato Marine e Caliope, di aver sentito il reciproco scambio di complimenti. Ricordo di aver tippato Lorella, e di aver visto arrivare anche Valentine Vendetta e Rei Schulman. Ricordo l’arrivo di Rossella, completamente rivestita da una sorta di banesuit su cui però spiccava, immancabile, il suo foulard. Ricordo Ross che buttava lì a Marine l’idea di una linea di foulard Real Restraints. Ricordo Marine che puntualizzava, rivolta a Caliope, di essere ben consapevole che nel romanzo i Bane non hanno il naso… ma che si è presa questa libertà per rendere loro un minimo di umanità – precisando però che il naso sparirà in una futura revisione del Banesuit a cui metterà mano appena possibile (e questo, se permettete, è uno scoop bello e buono!). Ricordo di aver conosciuto Lisa, motore dell’Italian Lesbian club, di aver scambiato qualche parola con la DJ Niky, di aver incrociato una marea di gente interessante…

Moak2_002.jpg…e poi ricordo che alla fine Marine è dovuta tornare a casa e noialtre siamo andate tutte di sopra. Niky cambiava i dischi ma non disdegnava di ballare, Caliope, Jelena ed io siamo rimaste per un poco a guardare la pista, per poi gettarci anche noi nelle danze. Ho visto Lorella e la DJ scatenarsi in formazione accanto a Caliope, Rossella e Astor che ballavano insieme abbracciandosi, ho ascoltato Rei che mi raccontava in IM tutta la sua vita, ho colto lo sguardo gentile di Lella sul guinzaglio che teneva Jelena legata a me, ho visto arrivare Erikah Jameson, a cui avevo mandato in mail i primi capitoli della traduzione, e le ho presentato la sua quasi omonima. È passata a salutare anche Katia80. Ho parlato a lungo, in IM perché ormai il casino era completo, con tante persone, una dopo l’altra, o insieme, fino a perdere il filo nella musica, nel ballo, nella notte che si srotolava tutta attorno a noi.

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Astor, Rossella, Lella, Elisa: grazie per una serata davvero indimenticabile. Grazie di avermi intervistata sulla vostra bella rivista, grazie di avermi invitata al club, e grazie di aver reso possibile l’incontro storico fra Caliope e Marine, e per aver fornito l’occasione per un evento che davvero non avrei saputo immaginare. Un anno fa, vagavo per Second Life sigillata nel banesuit. Ieri sera ballavo con la persona dalla cui fantasia è scaturito tutto. Un sogno? Realtà? Come dice la protagonista di “Eudeamon”… c’è davvero differenza?

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I costruttori di mondi

Per chi sa costruire e per chi, come me, ha la fortuna di avere qualcuno che sa farlo per lei. Qualche minuto per ricordare come, dietro a qualsiasi atto creativo, ci sia una forma di amore per gli altri.

Il video qui sopra me l’ha fatto vedere New Vita su Facebook. L’ho trovato bellissimo e commovente. La prima persona a cui l’ho fatto vedere, ovviamente, è Jelena – la mia costruttrice, colei che, insieme ad Andromeda ha fatto crescere tutto intorno a me una casa, una prigione, una land.

Da quando ho la fortuna di avere Jelena e Andromeda non passa giorno senza che mi guardi allo specchio e mi ripeta quanto sia fortunata ad avere due sub così creative, talentose, vulcaniche. Ma non solo: Pene Seetan, tecnicamente, appartiene a Ol Quan, ma sono ormai molte settimane che passa gran parte del suo tempo a Winsconsin, dove ha realizzato – dopo il sistema di funzionamento delle porte della prigione – una serie di strumenti per gestire le liste dei prigionieri, l’accesso alle porte da parte delle guardie e, da qualche giorno (e ancora in fase sperimentale), perfino la sicurezza del posto, consentendoci ormai di escludere i visitatori non desiderati ed intensificare ulteriormente l’isolamento dei prigionieri.

winsconsin_007.jpgTutta Second Life nasce in questo modo, naturalmente. Dalla spinta di ciascuno a fare qualcosa nella misura delle sue capacità, del suo tempo e del suo talento. Come ripeto sempre a chi mi fa i complimenti per la prigione, “I can’t build a thing to save my life”, non saprei costruire qualcosa nemmeno se da questo dipendesse la mia vita. Ma mi piace scrivere, mi piace interagire con gli altri. E, come mi fanno notare Jelena e tante altre persone (fra cui Tomiko – a cui, a proposito, voglio mandare anche da qui le mie felicitazioni: ieri, dopo un periodo molto burrascoso, ha rinnovato il suo tormentato matrimonio con Monique con un nuovo, romanticissimo, matrimonio) anche questo è importante. Questo blog, che ha compiuto un anno qualche settimana fa, è il piccolo mondo che ho costruito io… e ne fanno parte tutte le persone che lo leggono, quelle che vi compaiono, la famiglia che ci si sta pian piano coagulando intorno e perfino l’uscita nelle librerie di Eudeamon.

Ho scritto che tutta Second Life nasce così, dall’iniziativa spontanea di chi vi abita, ma il discorso vale naturalmente anche per la nostra prima vita. Se, come avviene su Second Life, potessimo smettere di preoccuparci della sopravvivenza quotidiana, se fossimo davvero tutti liberi dal bisogno, molte più persone potrebbero permettersi di dedicare le loro energie a creare, a intrattenere, a regalare il loro talento agli altri e a collaborare nel modo migliore. Forse, dopotutto, la promessa del metaverso non è solo o non è tanto quella di poter volare o vivere nel mondo della fantasia – ma di poter vivere facendo solo quello che siamo davvero portati per fare.

Voglio dedicare questo piccolo film a Jelena e Andromeda, prima di tutto. Ma anche a tutte le persone che – di qua o di là dalla tastiera – sanno cercare in sé la spinta per donare l’esistenza a qualcosa che prima non c’era, che si tratti di oggetti o di parole, di persone o di interi mondi.