Un sorriso dall’inferno

Dopo molti mesi dal mio primo banishment, sono di nuovo prigioniera di me stessa. Priva di voce, isolata dal mondo nella mia tuta di lattice, controllata ininterrottamente dal mio Custodian. Anche se uno di quei detestabili bug di Second Life mi ha donato, ieri, qualche libertà inaspettata. Permettendomi di scattare la foto che pubblico qui sotto.

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Sono un bane. Di nuovo… o forse, a ben pensarci, per la prima volta. Quando, molti mesi fa, fui chiusa in un prototipo del Banesuit della Kelley Technologies, ero una volontaria entusiasta che avrebbe fatto qualsiasi cosa per contribuire al perfezionamento del più estremo, audace e complesso degli strumenti di restrizione concepito dalla mente geniale di Marine Kelley: il banesuit, ispirato al romanzo-capolavoro di Erika Moak Eudeamon. Ma quella esperienza, sebbene allungata da un incidente imprevedibile, era in realtà soltanto un test: il nostro incarico era segnalare a Marine eventuali problemi prima che il servizio di banishment diventasse pubblico. E il nostro Custodian, allora, non teneva conto delle violazioni che commettevamo ai danni dello Statuto del Banishment e, qualsiasi cosa facessimo, non ci estendeva la sentenza.

finemal2_001.jpgE gli altri due banishment? Il primo, indimenticabile, l’avevo fatto con il Banesuit di Sable Janus (oggi non più disponibile), e a tenere le mie chiavi era stata Samy80. Ne abbiamo parlato proprio qualche giorno fa, con Samy, di quella volta:

[2010/01/27 4:48]  Samy80 Owatatsumi: mentre so come ho vissuto l’essere la tua carceriera ;)
[2010/01/27 4:49]  Win: E come √® stato? :-)
[2010/01/27 4:49]  Samy80 Owatatsumi: molto emozionante… e coinvolgente…
[2010/01/27 4:50]  Samy80 Owatatsumi: volevo staccare e lasciarti sola ma non vedevo nemmeno l’ora di riconnettermi…
[2010/01/27 4:50]  Samy80 Owatatsumi: avevo paura che ti annoiassi…
[2010/01/27 4:50]  Samy80 Owatatsumi: speravo scappassi ma quando mi ricollegavo la prima cosa che facevo era controllare che non avessi fatto troppi progressi
[2010/01/27 4:53]  Win: :-)
[2010/01/27 4:53]  Win: Si sentiva che ci tenevi a tenermi… era bellissimo
[2010/01/27 4:54]  Samy80 Owatatsumi: beh… volevo che tu continuassi la tua seconda vita… ma non riuscivo a toglierti quel casco e quelle manette…

Jelenaddio_004.jpgFu bellissimo, sì. Ma non esattamente un banishment. Per ben fatto che fosse, il casco di Sable Janus era poco più di un giocattolo rispetto a quello di Marine perché chi ne aveva le chiavi manteneva il potere assoluto di liberare la vittima. Al contrario, i bane della Kelley Tech sono davvero in balia del programma, gelido e spietato, che anima il Custodian. E sono, quindi, veramente soli. Con Samy80, anche quando lei era offline, mi sentivo come se fossi stretta fra le sue braccia e vedessi costantemente davanti a me il suo sorriso, un po’ beffardo e un po’ affettuoso.

Il mio terzo banishment fu quello, accidentale ma provvidenziale in quel momento della mia vita, con il banesuit creato dalla compianta Serenella Abruzzo, e di quello scrissi ampiamente a suo tempo. Fu forse l’esperienza che più mi aiutò a scoprire in me certe tendenze dominatrici, perché quel particolare Custodian esigeva che mi trovassi sempre in compagnia di almeno una persona – e questo mi spingeva a catturare chi mi passava vicino per costringerlo a restare con me il più a lungo possibile. Ma, di nuovo, chi ha letto il libro sa che non è questo il ruolo di un Custodian: che dovrebbe, al contrario, assicurarsi che il condannato sconti la sua pena in completa e inviolata solitudine.

struggling_002.jpgStavolta si fa sul serio. Venerdì sera sono stata arrestata dall’Operatore Green Geary e poi, dall’Operatore Nixus Braveheart (che era stata un mio bane!), sono stata sigillata nella mia tuta e nel mio casco, collaudato e perfezionato anche grazie alle mie esperienze di tanto tempo fa. Il mio ex bane Malbert Greenfield ha già riportato la scena del mio arresto nel suo blog. Ho molto da dire, sui retroscena che mi hanno portato qui, e non ne ho il tempo. Lo farò appena possibile, perché questo banishment, purtroppo, me lo sono davvero meritato.

Ma SL, come sempre, è imprevedibile e un bug imprevisto mi ha restituito, per la giornata di ieri, alcune delle funzioni che a un bane dovrebbero essere inibite. Ne ho approfittato per scattare la foto in apertura di questo post, per segnalare a chi non lo sapeva ancora che Loredana Lipperini, su la Repubblica di sabato 6 febbraio scorso, ha pubblicato un bellissimo articolo su Eudeamon nel quale ha citato anche la sottoscritta e questo blog.

lovefrough_002.jpgChi mi segue da tempo sa quanto tenga a quel romanzo e quanto sia stato importante per me riuscire a convincere un editore della Real Life a pubblicarlo nel nostro paese. E quell’articolo è stato un regalo inaspettato, emozionante, quasi incredibile. Qualcosa che, assieme alle persone che in un modo o nell’altro mi esprimono il loro affetto mentre sconto la mia sentenza, mi scalda il cuore e mi dà la forza per andare avanti e, anche se nessuno può vederlo dietro al casco inespressivo che mi annulla le fattezze, mi regala un sorriso.

Intervista con l’Eudeamon

Per gentile concessione dell’autrice e di Astor Robbiani, il testo completo dell’intervista su Eudeamon che mi ha fatto Rossella Pintens e che è apparsa sull’ultimo numero di L Magazine

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Il 19 febbraio scorso, nemmeno un mese dopo l’uscita di Eudeamon in libreria, ricevo questa mail:

Ciao Win!!

io devo fare un pezzo sul prossimo numero della rivista in uscita a fine mese.
Volevo fare una sorta di intervista a te riguardo
Eudeamon…..
Penso che l’idea sia interessante.
Stasera ti mando un po’ di domande. Altre che reputi opportune vorrei che le aggiungessi da sola.
Poi la monto e la “coloro” io.
Mi serve anche un jpg della copertina.o una texture in sl se già ce l’hai. Come vuoi.

Cerchiamo di avvicinare più persone possibile al libro.
Io a Xxxxxx sto facendo tam tam.

Ma rispondimi urgentemente perchè martedi’ devo avere il pezzo finito e in mano.
Ovviamente se sei contraria fammelo sapere!

Un bacio mentre una mano scivola piano piano verso i tuoi polsi e cerca le manette……e l’altra tocca nervosamente il foulard attaccato alla borsa…..

Rossella

banes_001.jpgRossella Pintens è un’amica di lunga data e le avrei risposto di sì anche se mi avesse chiesto un’intervista sul campionato di calcio… ma l’idea di poter parlare con lei di Eudeamon era addirittura elettrizzante. Ho quindi aspettato con ansia le sue domande e sono stata su fino alle due del mattino per rispondere. Il risultato è quello che segue: una intervista fluviale che ha divorato metà delle pagine dell’ultimo numero di L Magazine. La riporto qui integralmente, sia per renderla disponibile (tramite il Google Translator) a chi non parla italiano, sia per condividerla con le persone che, ho scoperto, seguono il blog ma su Second Life ci vengono solo occasionalmente, o non ci vengono per nulla. Come illustrazioni, mi è parso giusto usare qualche altra immagine dalla serata di presentazione della rivista, la scorsa settimana, e una scelta fra le moltissime foto che tanti amici in-world si sono scattati, in questi ultimi mesi, davanti alla copertina del libro, e che sono andata postando su Facebook. Grazie a tutti!

Win

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Lettrici, in questo numero voglio parlarvi di un libro che ha toccato l’anima di chiunque sia dotata di cuore e sentimento. Voglio parlarvi di Eudeamon, tradotto in italiano da una mia cara amica. E dato alla stampa in questi giorni. Lei è WinthorpeFoghorn Zinneman, un nome che sembra un terremoto tedesco e invece è solo pieno di dolcezza italiana. (/me sorride). Due parole sulla trama. Nella città di Eudeamon per scontare reati non troppo efferati si può scegliere di fare ricorso a una pena alternativa. Quella di farsi chiudere in una tuta di lattice con casco sigillato e organizzarsi una vita vagando in città senza avere nessuna possibilità di comunicazione con l’ambiente. Nessuna interazione, si diventa dei pària, dei “Bane” appunto. Ogni tipo di infrazione a questa regola viene punito da un software che è stato provvisoriamente impiantato nel cervello e che ti controlla e ti sorveglia (Il Custodian) e può estenderti la pena infliggendoti penalità ad ogni violazione del regolamento. Al centro del romanzo quindi c’è la figura del Custodian (che dovrebbe essere fredda tecnologia) e lo studio dell’interazione che questo Custodian ha con i prigionieri. Rapporti che possono prendere una piega molto molto particolare, al punto da far compiere ai “Bane” determinati gesti trasgressivi, apposta per auto-allungarsi la pena…. È il perché di questa cosa che si deve approfondire…….

Ho deciso quindi di intervistare Win (abbreviazione del terribile nome…) facendole alcune domande che possano stimolare in voi la curiosità di leggere questo bellissimo romanzo da lei tradotto e reso accessibile al pubblico italiano.

Ciao Win, intanto complimenti per la bella traduzione! Tu pensi che un libro così mirato verso un certo genere e una certa categoria di persone possa invece interessare chiunque? E se sì, perché?

Burning Moon_001.jpgDevo fare una piccola premessa. Quando l’editore mi ha fatto vedere per la prima volta la copertina, per me è stata una grossa sorpresa. A me sarebbe piaciuta la foto di un Bane con enormi ali nere – una delle incarnazioni di Inverno nel romanzo – e ne avevo anche mandata una scattata in-world da un’amica. L’editore a suo tempo mi era parso interessato invece a una foto di una ragazza seminuda che indossava il casco del Banishment ma non ancora il Banesuit. La scelta finale, invece, è stata questa bellissima immagine invernale, con una figura femminile che si allontana di schiena sotto un ombrello rosso. Beh, dopo la sorpresa ho capito che era una scelta molto giusta, perché Eudeamon è molto meno legato al genere di quello che si può pensare. Certo, è un libro di fantascienza e, certo, parte da una ispirazione bondage o fetish che non è certo per tutti i gusti: ma è soprattutto una storia di romanticismo estremo, di sentimenti e di ricerca della felicità, della libertà e anche di noi stessi.

EricaMoak_017.jpgUna copertina troppo puntata sul BDSM avrebbe allontanato tutto il pubblico che non è attratto, che non capisce o che magari ha addirittura paura di questi temi. Invece così, senza la suggestione visiva e fisica del lattice stretto attorno al corpo, che pure è quella da cui siamo arrivate al libro io e tutte le persone che lo hanno scoperto su Second Life, credo sia possibile arrivare più direttamente al cuore del libro… che è un cuore caldo, secondo me. Quindi, credo che la risposta sia sì: il romanzo potrebbe interessare tutti perché penso che tutti, in fondo in fondo, si sentano soli. Tutti cerchiamo una o più altre persone capaci di accettarci nel bene e nel male, di volerci bene e perdonare i nostri difetti.

E poi, per me che amo tanto scrivere, c’è un altro tema che è quello del linguaggio. Anche se sai usare bene le parole, non riesci mai a esprimere davvero, nei dettagli, quello che provi e che vorresti dire. Non bastano le parole, non bastano le carezze, i sorrisi, i sensi: anche quando sei davvero in sintonia con qualcuno, c’è sempre qualcosa che sfugge, qualche margine di incomprensione, di attrito. L’idea di qualcuno (o qualcosa, nel caso del Custodian) che prova quello che provi tu mentre tu lo provi e con cui la comunicazione è automatica e cristallina e inequivocabile, per me, è molto seducente.

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A giudicare dai risultati del tuo lavoro, hai dato vita a un ottimo prodotto, pieno di vita e pulsante! Hai trovato particolari difficoltà nella traduzione?

nuovobane_001.jpgDirei di no. Ho avuto un po’ di ambasce all’inizio perché non sapevo decidere se lasciare certe espressioni in inglese oppure se avrei dovuto tradurle per renderle più familiari al lettore italiano. Il problema principale era che la parola “Bane”, in questa accezione, è una invenzione dell’autrice – una contrazione che viene dall’inglese “Banishment”, che significa letteralmente “messa al bando”. Ora, in italiano, chi veniva messo al bando, nel senso di escluso, era “bandito” – ma questa espressione significa ormai principalmente “malvivente” o “criminale” e il concetto di emarginazione non vi resta che in modo residuale. Avevo allora pensato di italianizzare i “Bane” in una parola inventata… avrei usato “Bani” sia al singolare che al plurale, un bani, due bani. Mi sembra che echeggiasse un po’ certe parole indiane e pensavo che potesse riecheggiare il concetto di emarginazione di un’altra parola che non ha distinzione fra singolare e plurale, “paria”. Poi, alla fine, ha prevalso il rispetto per l’originale – e anche per chi, frequentando Second Life, un po’ si era già abituato a sentir parlare di Bane e di Banishment. Dopo tutto, nella nostra vita quotidiana, usiamo tante di quelle parole straniere che voler tradurre per forza mi sarebbe sembrato un ritorno a quell’autarchia linguistica un po’ ridicola che c’era prima della guerra.

Lo stesso vale per il “Custodian”, che ho lasciato alla fine in inglese perché la parola evoca sia il senso della custodia (come un agente di custodia) sia quello di angelo custode (anche se questo, in inglese, lo chiamano Guardian Angel). Chiamarlo “Guardiano” avrebbe mantenuto solo il primo dei due significati e, d’accordo con l’autrice, ho ritenuto che mantenere almeno l’allusione a un’entità benevola che è severa ma che ti protegge fosse qualcosa che corrispondeva allo spirito del libro.

Altrimenti, beh, ho solo cercato per quanto potevo di mantenere il senso molto colloquiale di certe espressioni, anche in qualche frase mal costruita, in qualche esitazione e perfino in qualche costruzione non proprio ortodossa sulla pagina scritta ma comue in quella parlata.

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Secondo te gli sforzi fatti per riprodurre l’esperienza del libro in Second Life sono stati capiti fino in fondo?

Per la mia esperienza, non da tutti. C’è chi si è accostato al Banishment sperando di rivivere pedissequamente le scene descritte dal libro, come se fosse proprio uno script da seguire. Altri che l’hanno fatto per provare l’isolamento. Chi cercava il suo Eudeamon e chi voleva solo, una volta trasformato in Bane, uscirne prima possibile. Come dicevamo prima, credo sia impossibile farsi capire sempre e da tutti – e dopo tutto la ricchezza di questo mondo deriva anche da quanto ogni persona sia diversa dalle altre. Non so se gli sforzi per riprodurre l’esperienza siano stati capiti, ma non posso nemmeno avere la certezza che tutti capiscano Eudeamon come l’ho capito io – nè che la mia comprensione del libro sia più giusta di quella di altri lettori.

Quello che ci tengo a sottolineare è come, nonostante la spesa elevata della cauzione per parteciparvi, l’esperienza offerta da Marine Kelley è assolutamente no profit. Dei 2000 L$ richiesti ai candidati, 1800 sono restituiti al termine del Banshment. Ne restano 200, di cui 100 come contributo spese per la land (e chi ha un terreno in affitto sa bene quanto questa cifra sia una briciola rispetto ai canoni e alle tasse che si pagano) e 100 che vanno all’Operatore. Considera che sottoporre un Bane alla procedura è una faccenda che dura da un minimo di un’oretta, proprio se si corre come disperati, a due ore e più quando il candidato è in vena di interpretare la cosa in modo più articolato e magari ti stimola a sviluppare il dialogo in modo creativo e a volte inatteso. Non è una cosa che fai per guadagnare L$: ne fai molti di più con le mance in qualsiasi club di lap dance.

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Al di là di un tecnicismo esasperato, trovi che si sia potuto riprodurre fedelmente il contenuto del libro?

2banes_old.jpgBeh, dunque, il tecnicismo è una parte che tocca essenzialmente agli Operatori. Siamo noi che dobbiamo ricordarci con molta esattezza le varie fasi della procedura, l’ordine e i tempi con cui far scattare lucchetti, chiavi, script e attività varie. Soprattutto all’inizio, è molto faticoso, poi diventa routine. Ma ti assicuro che essere dall’altra parte, indossar quel casco e sentire come progressivamente vieni trasformata in una cosa, intrappolata in modo irrevocabile, produce un’emozione enorme. La fase iniziale è terrificante ed anche eccitante, poi subentra spesso anche un momento di noia e di desiderio di fuga fortissimo, e di frustrazione nel non poterlo più fare: e sono anche queste emozioni molto forti e vere.

Quello che naturalmente Second Life non può e non potrà mai dare, ovviamente a parte la sensazione della costrizione fisica, è lo sviluppo dell’Eudeamon. So che il Banishment di Marine ha una funzione misteriosa che porta alcuni Bane lungotempo (e NON tutti) a vivere un’esperienza di epifania dell’Eudeamon analoga a quella della protagonista del libro… però personalmente non ne ho mai avuto esperienza diretta – e credo di poter escludere che  esista un modo, sia con uno script automatico, sia con una eventuale persona che interagisca col Bane, per restituire la sensazione di completezza, di interezza che Katrina Nichols, nel libro, scopre quando si fonde con Inverno.

tomiko.jpgEcco, appunto, volevo esaminare proprio questo… Queste restrizioni, questi legami, questo modo di gestire le vite delle persone anche impossessandosene, quando iniziano a diventare un’estensione dei legami del cuore? C’è un preciso momento in cui si oltrepassa una soglia?

Credo che ci sia, ma credo anche che sia diversa di caso in caso e che non si possa generalizzare. Alla fine il legame che conta non è mai quello fisico (o, nel nostro caso, fisico in senso virtuale, se mi perdoni l’acrobazia logica) ma quello emotivo. Allora, nel momento in cui faccio scattare un paio di manette ai polsi di qualcuno, nell’attimo in cui metto un lucchetto su un collare, nell’istante in cui saldo il casco da Bane sulla testa di un prigioniero, molto dipende dalla sua reazione. Ci sono persone che vogliono arrivare in fondo alla procedura per vivere l’esperienza in solitudine, e che attraversano il tutto in modo quasi frettoloso… altre che si compiacciono di fare un RP elaborato e di buon livello, ma che magari lo fanno con la freddezza di un attore consumato… altre ancora che ti trasmettono la loro emozione e che ti permettono di nutrirtene. Con queste, senti subito vibrare qualcosa si diverso e in qualche caso ti rendi conto che l’emozione che ti lega non è più solo quella semiprofessionale di chi è Operatore e chi Bane, ma qualcosa di più profondo.

Però, attenzione, il Banishment è di per sè una esperienza fondamentalmente solitaria, e di solito anche a una procedura molto emozionante seguirà necessariamente un lunghissimo periodo di silenzio. Da Operatore cerco quando posso di seguire i miei Bane – ma in genere mi accorgo che preferiscono essere lasciati in pace, a godersi il silenzio, la solitudine e la serenza disperazione di chi sa che non c’è modo di liberarsi se non aspettare che passino le ore cercando di non commettere violazioni che portino a ulteriori estensioni di sentenza. Per cui, certo, quella soglia di cui parli ci può essere… ma nel Banishment, di certo, meno che con altri tipi di legame. Qui l’emozione è proprio data dall’automatismo, dal computer impassibile e implacabile che segue le sue regole e non ha pietà perché non è programmato per averne.

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Passiamo ora ad esaminare un aspetto collaterale. Il Custodian su SL spesso è una persona in carne e ossa, però l’attività secondo me è proliferata oltre misura… Puoi dire due parole contro la crescita esponenziale del numero di schiavi e schiave ma anche di mistress e di master nel mondo di SL? Pensi che questo sia un problema e che svilisca un qualcosa di più importante?

nuovobane_002.jpgNon riesco a vedere questo come un problema. Sono sorpresa, questo sì, dalla quantità di persone che si incontrano, su Second Life, che seguono questo tipo di interessi. Ma devo anche osservare che io passo tutto il mio tempo in-world in aree dedicate al BDSM, il che francamente aumenta di parecchio la possibilità di incontrare altre persone come me! Se fossi appassionata dei puffi, forse mi sorprenderei nello scoprire quanta gente sogna di essere un puffo o una puffina, o magari Gargamella. Nel mio inventario ho anche altri avatar che non uso quasi mai: Darth Vader, Barbapapà, il balrog del “Signore degli anelli” e persino Wanna Marchi… ma alla fine ho scelto di essere Win e ne sono felice. Il bello di Second Life, per me, è che è un facilitatore per la fantasia e permette di vivere tante cose che nella vita reale ci sarebbero precluse. Davvero, non riesco sentirlo come un problema. Potremmo semmai chiederci come mai tanta gente sogni di essere schiavizzata o di schiavizzare qualcun altro. Ma credo che ognuno debba trovare la sua risposta, perché ognuno vive queste passioni a modo suo: a qualcuno piace usare la frusta, ad altri (come me) piace solo l’idea del controllo. Io posso dirti di aver conosciuto persino un tipo molto gentile che avrebbe voluto arrostirmi e mangiarmi. Credo che ognuno trovi la sua strada e che se anche lo schiavismo troppo facile svilisse per qualcuno la possibilità che si crei un rapporto più bello e più profondo… beh… penso che forse quel qualcuno non era adatto o non era pronto a scoprirlo, quel rapporto più bello e più profondo.

costanza.jpgE allora, visto l’enorme numero di persone che in world si vogliono sottoporre all'”esperimento bane”, o in misura più lata a farsi “controllare”, a cosa pensi sia dovuto questo?

Credo che il fenomeno in world sia meno diffuso di quel che si crede. È vero che molte persone si sottopongono al Banishment, ma non mi pare che il fenomeno stia dilagando – anche se potremmo assimilare al Banishment alcune delle esperienze di quella che chiamano “dollification”. Non saprei dire cosa attragga altre persone ma posso parlare per me stessa e, se ci penso davvero, credo che a spingermi siano almeno due pulsioni, una forse più pratica e una più profonda. Quella pratica è che a volte anche Second Life può diventare molto stressante: decine di amici e amiche, troppi IM che arrivano a raffica, impegni, rapporti, emozioni a volte eccessive. Quando sei chiusa nel banesuit, gli IM non ti arrivano e non ne puoi spedire… non puoi parlare, non puoi toccare, puoi solo andare in giro e guardare da lontano. Così riscopri per un po’ una vita di esplorazione, di viaggi, di solitudine e riflessione… ritrovi un po’ di spazio per te stessa e i tuoi pensieri. Una sorta di vacanza della mente e anche del cuore, e una liberazione dagli intrighi, dalle paranoie, dalle gelosie.

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L’altra pulsione che penso mi spinga in questo genere di bondage (perché su SL è difficile che il banishment possa essere qualcosa di più che una elaborata forma di bondage) è una cosa che ho messo un po’ più a fuoco ascoltando le reazioni di qualcuno che era sconvolto perché una persona a cui voleva bene aveva voluto per forza fare il Banishment. Ricordo che diceva una cosa del tipo: “Che gusto si prova a essere morti prima del tempo?” Ecco… essere un Bane è un poco come essere morti senza esserlo e, forse, almeno per me, è un modo di esorcizzare la paura della morte vera, che verrà e che non potrò conoscere – perché come diceva, credo, Epicuro, quando ci sarà la morte non ci sarò più io.

Credi che un giorno i sentimenti possano davvero farsi largo anche nelle intelligenze artificiali e a manifestarsi con interferenze di qualunque tipo nelle relazioni tra macchina e essere umano?

EudeamonBane.jpgGuarda, questo non lo so e la cosa un po’ mi inquieta. Come idea penserei che una intelligenza artificiale non possa che simulare una emozione, in modo più o meno convincente. Ma poi penso che non sappiamo davvero cosa sia, un’emozione: dopo tutto, tutto quello che proviamo è una combinazione di chimica e impulsi elettrici… e allora, forse, il giorno in cui si avessero abbastanza dati, perché non dovrebbe essere possibile fabbricare un’emozione in modo artificiale? Non so. L’idea reale di un coinvolgimento fra macchina e umano mi spaventa a priori e mi lascia sospettosa – poi mi chiedo se non si tratta solo di una posizione legata al passato e a cui manca l’apertura che dovremmo sempre avere verso le novità.

Certo che, a istinto, il coinvolgimento con una macchina mi fa pensare più a una forma più o meno elaborata di autoerotismo che a qualcosa che possiamo anche solo avvicinare all’amore. Una cosa che mi affascina di Eudeamon è che il dubbio rimane sempre: il grande amore fra Katrina e Inverno è davvero amore? O non è invece una forma di chiusura in se stessa, in cui Katrina vive una schizofrenia indotta dal Custodian che, dopo tutto, è prodotto dalla interazione fra un programma uguale per tutti e i circuiti neurali della prigioniera? E ancora: anche ammesso che Inverno sia davvero un’entità cosciente separata da Katrina (e non un prodotto della sua immaginazione, o addirittura lo specchio di Narciso) quello fra loro è amore vero, oppure è solo l’inevitabile attrazione verso qualcuno che ci perdona e ci accetta e ci adora per come siamo, senza discuterci o cambiarci? L’Eudeamon è un angelo custode? È Dio? È l’Amore in sè?

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Tu che in SL sei operatrice del progetto “bane” in world, e che quindi in pratica chiudi i lucchetti e le porte a queste persone, limitandone la libertà, sei mai stata presa dai sentimenti? E poi, in tutta sincerità, ci sono persone tra quelle che conosci che avresti voluto “controllare” e sottoporre al progetto? Hai la possibilità di elencare cinque nomi di persone in world che vorresti sottoporre al progetto “bane”.

BaneAndro_004.jpgBaneAndro_008.jpgBaneAndro_010.jpgAllora, la prima cosa da dire è che il Banishment è più duro, a volte, per chi resta fuori dal banesuit che per chi vi entra. Il Bane può avere quella eccitazione iniziale, e poi, passata la noia, forse quella serenità quasi zen che ho trovato io. Ma chi sta fuori vede l’amica o l’amico diventare un oggetto, non ci può comunicare, non può avvicinarsi e non può sapere come sta. Per questo, nei casi in cui mi sono chiesta se volevo essere io a sottoporre a Banishment qualcuno che conoscevo, ho sempre pensato di farlo soprattutto per proteggere la persona… per farle sentire che come operatore c’era qualcuno a cui importava di lei, e non un operatore freddo e impassibile. Però, poi, alla fine mi è capitato una volta sola di sottoporre alla procedura qualcuno che conoscevo… la mia sub, Andromeda, l’ho conosciuta proprio quando si è iscritta al programma, e il rapporto fra noi è partito prima del giorno fatidico. Renderla un Bane è stato strano, difficile da un lato, molto facile dall’altro. Mi spiaceva sapere che sarebbe stata lontana da me a lungo, ma sapevo anche che sentiva il mio amore per lei e che questo le toglieva molta della paura dell’esperienza. Non so se questo le abbia reso l’esperienza più piacevole o magari solo meno intensa. So che Andromeda ha fatto il possibile per uscire dal Banesuit prima possibile per tornare fra le mie braccia… anche quando ha avuto le prime avvisaglie della nascita del’Eudeamon, questo non l’ha spinta a prolungare il suo Banishment.

Anche per questo, non credo di poter dire cinque nomi che vorrei sottoporre al Banishment – sarebbero solo nomi di amici o amiche che mi hanno detto o fatto capire che vorrebbero provarci. Mi viene in mente forse solo V.V., che avrebbe voluto provare ma che non ha avuto il permesso della sua partner e ci ha rinunciato. Ma non è una cosa a cui potrei aver voglia di sottoporre qualcuno che non lo desidera.

Valentine&Rei.jpgPrima di diventare operatrice hai te stessa provato la condizione di bane? Più di una volta?

Oh, certo che sì. Al Banishment Program non si diventa operatori se non si ha fatto prima l’esperienza. Bisogna sapere cosa si prova là dentro, per potervi sottoporre qualcun altro. Io avevo avuto la fortuna di entrare nel programma in fase di betatesting: sono stata la numero 7 dei primi 10 bane di Marine Kelley – tutti sottoposti al programma insieme, e tutti interrogati poi via notecard su come e cosa funzionasse all’interno del casco. La ricordo come una delle esperienze più intense della mia Seconda Vita: è stato allora che ho cominciato a scrivere il mio blog, che esiste ormai da quasi un anno.

Ho vissuto altri due Banishment. Uno per mano di Samy80, un’amica che vedo ormai molto di rado, e che mi chiuse nel Banesuit di Sable Janus (oggi purtroppo abbandonato dalla creatrice, per cui non più in commercio e non più utilizzabile con le versioni recenti di Second Life) e mi fece passare alcuni giorni indimenticabili. L’ultima è stata invece con il Banesuit creato da una italiana che era stata mia “cliente” alla Kelley Technologies – una certa Serenella, che qualche mese dopo è scomparsa da Second Life senza lasciare traccia e prima che potessi conoscerla meglio come mi sarebbe piaciuto. Curioso pensare che, dei tre Banesuit che ho provato, due siano ormai inaccessibili al pubblico.

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Durante la traduzione del libro, sognavi? Cosa si prova a tradurre un libro che coinvolge così tanto le proprie emozioni?

Si Rhiadra.jpgTradurre è un lavoro solitario, a volte faticoso anche fisicamente – quando traduco mi contraggo sulla sedia e spesso mi faccio venire dei mal di schiena che non mi vengono quando sono io a scrivere cose mie. Difficile quindi emozionarsi… eppure ti assicuro che ci sono state alcune scene che mi avevano commossa alla prima lettura, che mi hanno commossa alla seconda, e che mi hanno fatto piangere – letteralmente, eh, non in senso metaforico, parlo proprio di lacrime agli occhi – anche quando mi sono trovata a tradurle. E poi, di nuovo, quando ho riletto e rivisto la traduzione… e ancora correggendo le bozze… e poi quando ho avuto il libro cartaceo in mano per la prima volta. E poi c’è l’emozione per me straordinaria di essere riuscita nel mio sogno: trovare un editore nel mondo reale disposto a tradurre e pubbicare un libro che esisteva fino ad allora solo in forma di pixel. Ora ho un oggetto che, anche se non sono io l’autrice, sento profondamente mio… sia perché senza di me forse non sarebbe stato pubblicato, sia perché mi ci riconosco in molti aspetti.

Win, se si dovesse presentare la tua partner, tua moglie, tuo marito, insomma un affetto importante a farsi “rinchiudere” e “controllare” da te, come pensi che reagiresti tu e come invece pensi che bisognerebbe reagire? E’ possibile l’indifferenza?

Rossella, non so cosa rispondere a questa domanda. Non sono ancora riuscita a capire se per me queste cose sono fantasie che vorrei vivere nella mia vita reale oppure se penso che sia megio mantenerle nel mondo della fantasia. Non ho mai saputo come fare a comunicare questi desideri alle persone che mi sono care. Il mio blog mi ha permesso di parlarne, di rifletterci sopra e di condividerlo con altre persone. Non so davvero se mai troverò la forza, il desiderio o il modo di invitare, di offrire a qualcuno nel mondo reale il controllo su di me – o il mio controllo su di lui.

erikah.jpgMa mi accorgo che non ho risposto alla domanda e ci riprovo. L’indifferenza penso che sia l’unica reazione che non dovrebbe esistere: se vuoi bene a una persona penso che tu sia curiosa di lei e quindi che la scoperta di una passione come questa non possa suscitare qualche reazione. Io credo che si dovrebbe sempre reagire, a qualcosa che viene espresso da una persona cara, con apertura e disponibilità ad ascoltare, anche se ci si rendesse subito conto che non si potrà mai condividere quella passione.

Che tipo di differenza percepisci se a parlarti del libro e a intervistarti è ora una Mistress piuttosto che una persona estranea a tutto questo mondo? Voglio dire….. la gente non coinvolta riesce a non essere banale oppure è una mera utopia?

Eheheh, difficile a dirsi… a giorni dovrei essere intervistata (sempre via mail) da una persona Real Life che credo sia estranea al mondo del BDSM… anche se a quanto ho capito è quantomeno simpatizzante e che nel frattempo mi è passata a trovare in-world. So che quando ne parlo ad amiche o amici in RL cerco sempre di sottolineare il cuore romantico del libro più della fascinazione per il lattice, per evitare quel sospetto che mi sembra sempre di percepire nei non iniziati (e che, chissà, magari invece viene dalla mia paura di scoprirmi troppo e di espormi al giudizio degli amici “non coinvolti”).

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Hai dovuto spingere un po’ per imporre questo libro e le sue tematiche particolari a un editore, oppure hai trovato parecchie persone intelligenti?

A pensarci ora, sembra sia stato tutto facilissimo. Ho scritto a un po’ di editori, che non mi hanno risposto oppure (nel caso di un amico che lavora in una casa editrice e che è stato il primo a cui abbia proposto il libro) mi hanno detto “mah, sì, anche affascinante, però non so tanto…” Poi ho conosciuto in-world una persona che mi è parsa interessata davvero e sono riuscita a entusiasmarla. Alla fine è stato lui a trovare l’editore e a convincerlo che potevo essere la persona giusta per tradurre il libro in italiano nonostante non avessi mai fatto prima questo mestiere.

2banes_002.jpg2banes_003.jpgCerca di descrivere per le persone che non lo sanno e non lo conoscono cosa si prova quando ci si consegna in mano all’operatore e si iniziano le operazioni di “bane”.

Beh, avrei bisogno di un numero di parole almeno pari a tutte quelle consumate finora in questa intervista. Posso provare a riassumere dicendo che la sensazione è quella, vertiginosa, di sprofondare via via in modo inesorabile in qualcosa di sempre più stretto e soffocante ma, al tempo stesso, protettivo e rassicurante. Per me è sempre l’inizio, il momento più emozionante: quello della chiave che passa di mano, e poi dello scatto del lucchetto.

Ci descrivi in pratica le operazioni cui in SL sottoponevi un bane dal momento che si presentava con una sentenza di condanna fino alla sua “chiusura”? Ti lasciavano sempre indifferente?

Indifferente? Mai. Anche se la procedura è ripetitiva, ogni candidato Bane è diverso. La descrizione delle operazioni necessarie sarebbe davvero lunga, però, e comunque il contratto con la Kelley Tech proibirebbe di parlarne – essenzialmente per non guastare l’esperienza a chi decide di provarla. Posso dire che è molto simile a quella descritta nel libro, anche se l’Operatore è in genere uno solo (mentre nel libro si avvicendano numerosi dottori, tecnici, guardie e infermieri). Addirittura, nel corso della procedura, uso quando posso alcune frasi ispirate, o tratte direttamente, dal testo originale… e a volte capita anche dall’altra parte… l’ultimo Bane che ho sottoposto alla procedura mi ha sorpresa usando una frase di un personaggio del libro: “Mi sta mangiando il cervello!” Quando trovi il Bane davvero appassionato, anche se è la ennesima volta che compi le stesse operazioni, l’emozione la ritrovi tutta.

fotogruppo_001.jpgPensi che siano i rifiuti, la severità e l’intransigenza delle punizioni a portare il bane piano piano a provare qualcosa verso il suo carceriere virtuale o reale?

Come dicevo prima, io credo che non sia il Banishment il modo migliore per creare un rapporto fra il carceriere e il prigioniero, perché dopo la procedura si tende ad essere lasciati il più possibile soli a vivere l’esperienza fino alla scadenza naturale. Ma in generale penso che quello che spinge un prigioniero a provare qualcosa verso chi ne tiene in mano le chiavi sia quel fenomeno che una mia amica chiama Sindrome di Stoccolma e che ha anche provato ad articolare in una serie di regole fin troppo precise (lei è americana, quindi ha un po’ quella tendenza classificatoria e di suddivisione di qualsiasi evento in una serie di passi, anzi di “step”, successivi). I rifiuti, se giustificati. L’intransigenza, se imposta con intelligenza. Ma anche l’occasionale concessione, la mancanza di rigidità precostituita, la sensazione che dall’altra parte ci sia un essere umano. Il fascino del Banishment su SL è l’opposto: la freddezza della macchina, il senso irreversibile di trappola che si prova sapendo che nessun essere umano ti potrà aiutare. Perché, parafrasando lo slogan di un film di un po’ di anni fa, nel Banesuit nessuno può sentirti urlare.

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I risvolti BDSM del fenomeno Bane in che misura ne hanno decretato il successo su second life?

In misura notevole, senza dubbio. Su SL, il Banishment non può essere che uno strumento complesso e sofisticato di bondage. L’Eudeamon, che è quello che dà al romanzo il suo colpo d’ala straordinario, non ci può davvero essere, credo… anche se ho colleghe Operatrici che hanno avuto numerosi Bane cosiddetti “Eudeamonici” mentre io, che ne avrò sistemati almeno una trentina, non ne ho avuto neanche uno! Su SL, il Banishment è solo una forma di costrizione che, mediante un RP ben fatto, permette di fantasticare e un po’ sperare di vivere un’esperienza in grado di evocare almeno una parte di un libro che, tuttavia, resta per forza inarrivabile.

EricaMoak_021.jpgWin tutte le cose belle hanno un seguito. Accade così nei libri, nei film e in tutto quanto “piace” alla gente. Immaginati un seguito per Eudeamon e descrivicelo.

Non sono all’altezza di fare una cosa del genere. Non solo, trovo che la conclusione del romanzo così come è ora sia così perfetta, così soddisfacente e conclusiva, che spero che nemmeno Erika decida mai di scrivere un seguito.

Ma posso dirti che spesso mi capita di sentire il richiamo del Banesuit e penso che prima o poi mi deciderò a provare di nuovo l’esperienza – licenziandomi dal ruolo di Operatore e tornando a farmi impiantare il Custodian nel cervello. Chissà se sarà la volta buona che riesco a trovare il mio Eudeamon!

Beh l’intervista è finita………magari ci siamo dilungate un po’ ma penso valesse la pena. Adesso non posso che rileggere il libro un’altra volta! Nel frattempo………devo fare un’altra cosa, Win, la “devo” fare.

Click, click, click e… oh no non puoi e non devi più parlare……click.

Ovviamente mentre ti accarezzo.

/me sorride. Grazie Win…

Rossella/Libeccio

Serata d’onore

La presentazione del numero 2 di L Magazine diventa l’occasione per una serata indimenticabile. Con un incontro addirittura storico fra Erika Moak e Marine Kelley.

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Un anno, di già. Anzi, qualcosa di più. Era quasi Pasqua 2008 quando indossai per la prima volta il Banesuit della Kelley Technologies, restando intrappolata per giorni in una aderente tuta di lattice, con la testa imprigionata nel casco, la mente nella presa ferrea del Custodian, le mie chiavi in mano alla diabolica creatrice del Progetto Banishment, Marine Kelley.

Da allora, tante cose sono accadute, e di molte ho reso conto su queste pagine. Ma penso che ieri sera sia stata per me il coronamento di una serie di sogni che non mi ero mai nemmeno confessata. Non posso e non voglio raccontare tutto nei dettagli: quello che conta è stato l’evento, l’atmosfera magica della serata, i momenti per me storici, e non le singole frasi o battute… Basterà dire che ho scattato decine e decine di fotografie, come cercando di catturare il momento… i momenti… per rivederli dopo e potermi confermare che era tutto vero, che non stavo sognando, che stava succedendo sul serio.

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Tutto è cominciato quando Astor e Rossella mi hanno detto che ci sarebbe stata una festa per il lancio di “L Magazine” numero 2, quello con la mia intervista su “Eudeamon”, e mi hanno invitata a partecipare. Anche se la sera non mi collego quasi mai, ho deciso che questa volta non potevo non farlo e mi sono tenuta la sera libera apposta… dopo di che ho scritto a Erika Moak per sentire se la cosa poteva interessarla.

Con Erika mi sono scritta a lungo durante il lungo lavoro della traduzione. Sapevo che aveva un avatar su Second Life, ma anche che aveva smesso di collegarsi da tanto tempo e che non era molto dell’idea di tornare, per paura di dover affrontare una quantità spaventosa di messaggi arretrati. Eppure, a questa mail di invito, mi ha risposto chiedendo il luogo e l’ora e lasciando capire che avrebbe potuto anche farci un pensierino. Ho avvertito subito Rossella e Astor, e ho mandato a Erika una copia della rivista, che potesse almeno vederla, anche se non parlando italiano non avrebbe potuto capire l’intervista.

Immagine 1.pngMi sono collegata in anticipo, ieri sera, eccitatissima. Jelena mi ha raggiunta presto e ci siamo affrettate verso il club Italian Lesbian dove la festa si sarebbe tenuta. Ad accoglierci, abbiamo trovato prima Lella Demonia, sub servizievole ed educata che nei giorni scorsi ho avuto spesso il piacere di vedere a Winsconsin, poi è arrivata Astor Robbiani – lo storico “puntolino verde” di Rossella, che non vedevo da secoli e secoli. E, proprio mentre si chiacchierava, ho ricevuto da Caliope Mah, l’avatar di Erika, risposta a quello che le avevo scritto mentre era ancora offline.

Poiché Erika è americana e non parla italiano, la prima cosa da fare era fornirla di un traduttore in vista della serata. Ho tirato Jelena per il guinzaglio e mi sono precipitata a Cupo per prenderne uno gratuito ma ottimo che consiglio sempre a tutti. Da lì ho mandato un invito al TP per Caliope… che pochi secondi dopo ci si è materializzata davanti.

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EricaMoak_006.jpgEricaMoak_007.jpgBeh, devo dire una cosa. Second Life aiuta molto a ridurre la timidezza, e rende più facile accostare senza troppi scrupoli persone famose… ma trovarmi Erika di fronte mi ha fatto davvero tremare le gambe – anche se solo per un istante. Era bellissima: vestita tutta di nero, col viso di una bambola perversa – ll’improvviso il fatto che sul suo sito si faccia chiamare Evil Dolly ha acquistato tutto un altro significato… e in un flash mi sono passate davanti agli occhi anche molte situazioni che ho letto in un altro suo romanzo che sto leggendo al momento, “Rest and Relaxation” e che è stata Ewyn a suggerirmi. Ci siamo guardate, le ho presentato Jelena, le ho mostrato il distributore. E nel frattempo scrivevo un IM a Marine Kelley, perché sapevo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per incontrare colei che le ha ispirato tutta la faccenda del Banishment Program. Marine era presissima da un RP ma mi ha pregata di cercare di trattenere Caliope… sarebbe venuta di corsa appena possibile.

EricaMoak_015.jpgEricaMoak_018.jpgTemevo che Caliope/Erika potesse aver perso dimestichezza con Second Life, invece ci ha messo pochi istanti per prendere il traduttore ed attivarlo per tradurre fra inglese e italiano. Poche battute, poi abbiamo visitato brevemente la Processing Area del Banishment Program. Non c’era tempo di mostrare a Caliope tutta la procedura, anche perché l’ora della festa si stava avvicinando e dovevamo tornare al club… ma ci tenevo a farle vedere l’aspetto di un Bane. Siamo quindi andate di corsa a Zhora, dove ho fatto comprare a Jelena la skin in lattice nero che tutti i Bane devono indossare. Poi siamo tornate al club, a Xigola, e Jelena ha indossato il collare e il casco che mi erano rimasti dai tempi del test originario, e che Marine ha consentito a noialtri proto-Bane di tenere (oggi, al termine del Banishment, il casco si autodistrugge e va restituito per riavere indietro la cauzione versata all’inizio della procedura).

Astor mi ha consentito il rezzing, così ho potuto scattare qualche foto assieme a Caliope davanti alla copertina del suo libro. Meglio di un autografo, no? Ho spiegato qualcosa a Caliope su come funziona il Banishment nel metaverso. Era molto interessata, come ci si poteva aspettare, anche perché, pur essendo a conoscenza di tutto quello che il suo libro ha scatenato su Second Life, non aveva mai visto un Bane in-world. E proprio in quella, Marine mi ha scritto in IM, dicendo che si era liberata e che sarebbe stata felicissima di venire a conoscere Caliope. Ho chiamato subito Astor, che non si perdesse la scena, e poi l’ho tippata.

EricaMoak_023.jpgMoak2_001.jpgLa scena successiva, davvero, la ricordo nella nebbia dell’emozione e del turbinio di incontri. Ricordo di aver presentato Marine e Caliope, di aver sentito il reciproco scambio di complimenti. Ricordo di aver tippato Lorella, e di aver visto arrivare anche Valentine Vendetta e Rei Schulman. Ricordo l’arrivo di Rossella, completamente rivestita da una sorta di banesuit su cui però spiccava, immancabile, il suo foulard. Ricordo Ross che buttava lì a Marine l’idea di una linea di foulard Real Restraints. Ricordo Marine che puntualizzava, rivolta a Caliope, di essere ben consapevole che nel romanzo i Bane non hanno il naso… ma che si è presa questa libertà per rendere loro un minimo di umanità – precisando però che il naso sparirà in una futura revisione del Banesuit a cui metterà mano appena possibile (e questo, se permettete, è uno scoop bello e buono!). Ricordo di aver conosciuto Lisa, motore dell’Italian Lesbian club, di aver scambiato qualche parola con la DJ Niky, di aver incrociato una marea di gente interessante…

Moak2_002.jpg…e poi ricordo che alla fine Marine è dovuta tornare a casa e noialtre siamo andate tutte di sopra. Niky cambiava i dischi ma non disdegnava di ballare, Caliope, Jelena ed io siamo rimaste per un poco a guardare la pista, per poi gettarci anche noi nelle danze. Ho visto Lorella e la DJ scatenarsi in formazione accanto a Caliope, Rossella e Astor che ballavano insieme abbracciandosi, ho ascoltato Rei che mi raccontava in IM tutta la sua vita, ho colto lo sguardo gentile di Lella sul guinzaglio che teneva Jelena legata a me, ho visto arrivare Erikah Jameson, a cui avevo mandato in mail i primi capitoli della traduzione, e le ho presentato la sua quasi omonima. È passata a salutare anche Katia80. Ho parlato a lungo, in IM perché ormai il casino era completo, con tante persone, una dopo l’altra, o insieme, fino a perdere il filo nella musica, nel ballo, nella notte che si srotolava tutta attorno a noi.

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Astor, Rossella, Lella, Elisa: grazie per una serata davvero indimenticabile. Grazie di avermi intervistata sulla vostra bella rivista, grazie di avermi invitata al club, e grazie di aver reso possibile l’incontro storico fra Caliope e Marine, e per aver fornito l’occasione per un evento che davvero non avrei saputo immaginare. Un anno fa, vagavo per Second Life sigillata nel banesuit. Ieri sera ballavo con la persona dalla cui fantasia è scaturito tutto. Un sogno? Realtà? Come dice la protagonista di “Eudeamon”… c’è davvero differenza?

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Eudeamon – in corso di pubblicazione

Sono passati diversi mesi da quando ho letto per la prima volta Eudeamon. E da allora sono successe parecchie cose. Fra cui una di cui vado particolarmente orgogliosa.

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Questo sarà un post breve, quasi di servizio, ma ho una notizia che mi rende molto orgogliosa e voglio condividerla con tutti. In molti si sono accorti che ho rallentato drasticamente la mia attività su Second Life – e di conseguenza anche quella di questo blog. A parte il post su Serenella, ho pubblicato solo un aggiornamento sul pochissimo che mi è successo dopo le vacanze… e l’ho fatto comunque con enorme ritardo, lasciando per giunta in sospeso un po’ di fatti che conto di recuperare prossimamente.

Questa assenza ha diversi motivi di cui non sto a parlare qua. Ma ce n’è uno di una certa importanza che invece ci tengo a sottolineare perché è legato strettamente a gran parte di quello che sto scrivendo su queste pagine ormai da diversi mesi. L’ho accennato un po’ fugacemente mesi fa, nel post Doctor Winkyll and Mistress Hyde e credo di averne riparlato nei commenti di non so che altro post. Ma ora posso dirlo in via ufficiale: l’accordo con l’autrice di Eudeamon è stato raggiunto da tempo e l’edizione italiana del libro sarà presto una realtà.

Di più: gran parte del tempo che negli ultimi mesi ho sottratto a Second Life è stato dedicato alla traduzione e sono orgogliosa di annunciare che proprio ieri sera ho ultimato la prima stesura della versione italiana. Una prima bozza, con una traduzione abbastanza letterale e, di conseguenza, ancora scarsamente leggibile (come ben sa qualcuno a cui ho inviato qualche capitolo di assaggio). Da oggi mi dedico, come si dice, a metterla in bella, ricominciando dall’inizio e cercando di rendere tutto il testo più scorrevole, come si addice a un romanzo.

Non sto a ripetere quello che ho scritto a suo tempo su questo romanzo straordinario: rinvio al post Eudeamon, in cui ne ho parlato più diffusamente. Era lo scorso marzo – il tempo passa veloce e sono sbalordita di tutto quello che è successo da allora. Provo a riassumerlo per tappe. All’autrice Erika Moak (alias Evil Dolly) io avevo scritto subito dopo aver letto il romanzo, il 24 febbraio scorso, e già allora ho buttato lì l’idea di cercarle un editore italiano. Mi è parsa scettica, ma non ha detto di no, così ne ho parlato con un po’ di persone che conoscevo.

L’editore interessato l’ho trovato tre mesi dopo, e ho mandato una nuova mail a Erika il 25 di maggio. Le trattative per il contratto si sono protratte fino all’inizio di luglio, e il 18 di quel mese ho saputo che alla fine l’accordo c’era stato e che potevo cominciare a lavorare. Da allora, ho dedicato a Eudeamon molte ore. Fino a ieri sera, quando ho potuto finalmente tradurre “The End” in “Fine”.

Da oggi, come ho detto, si riprende dall’inizio. E intanto io mi dedico alla mia attività di Bane Operator: ho sottoposto al trattamento cinque nuovi bane, nelle ultime settimane, e intendo continuare. Finora, i soli italiani che mi sono capitati sono stati la compianta Serenella e Luca Beres, che dopo le violazioni commesse all’inizio mi sembra si sia finalmente dato una regolata e stia scontando la pena accumulata senza più mettersi nei guai. A tutt’oggi, nessuno dei miei bane ha sviluppato un Eudeamon, mentre Moss credo sia arrivata ad averne quattro o cinque (una di loro, Em Debevec, sta tenendo fra l’altro un blog molto interessante). Chissà se l’uscita del libro in italiano servirà ad aumentare i partecipanti dal nostro paese – e magari offrirmi l’occasione di essere testimone, in diretta, di un evento miracoloso?

Preghiera al Custodian

Mancano ancora due ore e quaranta di gioco – salvo ulteriori violazioni – prima che il mio Custodian mi lasci libera. Ma non ho ancora capito se l’approssimarsi di questa scadenza mi provoca un senso di sollievo oppure di angoscia.

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O mio Custodian, tu che decidi per me, tu che mai mi dimentichi, tu che mi togli e concedi secondo giustizia…

Tu che non puoi sbagliare, tu che non vuoi farmi male, tu che ti occupi di me pur non avendo coscienza della tua esistenza e ignorando la mia…

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Tu che puoi darmi o togliermi la vista. Tu che puoi darmi o togliermi l’udito. Tu che puoi darmi o togliermi il tatto.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Tu che sai chiudere un occhio quando riesco a comunicare mediante un titler. Tu che sei così generoso da non controllare quello che scrivo nel mio profilo. Tu che non pretendi di monitorare la mia mailbox.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Tu che implacabile divori qualsiasi IM. Tu che per me riponi altrove le notecards e gli oggetti che mi mandano gli amici – ma che a sorpresa mi regali invece l’emozione di vedere, per un momento, una foto-texture appena ricevuta. Prima di sigillarla assieme al resto in quell’Inventory a cui mi neghi di accedere.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Tu che mi hai dato 12 ore di sentenza. Tu che l’hai estesa di altre 18 perché io ho osato pretendere di volare a cercare qualcuno, perché ho osato pretendere qualche TP di troppo.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Tu che mi consenti un po’ di compagnia, non troppa. Tu che mi impedisci di stare da sola, ma non troppo. Tu che mi permetti di inchinarmi e di fare qualche gesto, ma non troppi.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi?

Non so, mio Custodian, se sono pronta ad essere di nuovo me stessa. Comincio di nuovo ad aver paura di esserlo, ho paura delle decisioni, ho paura delle scelte. Ho paura della vita e della sua quotidiana sofferenza. Sto bene, qui con te. Non sapevo che mi avresti tenuta così a lungo. Non sapevo che mi avresti tenuta così protetta.

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi? Non vorresti le chiavi del mio blog o la password della mia mailbox? Non vorresti togliermi la possibiità di modificare il profilo? Non vorresti uscire dallo schermo, afferrarmi il collo, metterci un collare – oh, rivestito di qualcosa di morbido, naturalmente – e chiuderlo spezzando la chiave? Davvero non puoi proteggermi per sempre?

O mio Custodian, vuoi davvero lasciarmi? Ti prego, controlla questo bane disobbediente, che a tua insaputa riceve qualche lettera, e osa rispondere… che a tua insaputa trova il modo di comunicare con chi sa fargli le domande giuste… che ha osato perfino rubare le chiavi a una Mistress rispettabile, pur di attirare in qualche modo la sua attenzione, sperando invano che anche lei leggesse il suo profilo. Controlla questo bane, ti prego, e se credi estendine ancora la sentenza secondo la tua volontà.

O mio Custodian, non perdonarmi troppo facilmente, te ne prego. Liberami dalla paura e dall’angoscia, non dal tuo dominio.

Win

Doctor WinKyll and Mistress Hyde

Da qualche settimana, il tempo a mia disposizione per vivere la mia Seconda Vita si è ridotto di molto. Provo a riassumere un po’ delle pochissime puntate mancanti, come accade in quei film al termine dei quali una serie di cartelli neri aggiornano il pubblico su quello che è successo dopo le vicende narrate fino a quel punto.

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La mia attività di Bane Operator, sospesa forzosamente nelle due settimane in balia di Belias, ha ripreso a pieno regime, e ho avuto modo di nuovo di monitorare i miei bane a distanza, utilizzando il telecomando, e facendoli sentire, qualche volta, un po’ meno soli, sia pur con i messaggi gelidi e professionali che il mio ruolo di Operatrice esige. A Zhora, davanti alla sede della Kelley Technologies Inc., ho incontrato e avuto modo di chiacchierare un poco con Moss, che mi ha raccontato orgogliosa di come uno dei suoi bane abbia, a quanto pare, provato in prima persona il fenomeno della nascita del favoleggiato Eudeamon. Noi Operatori siamo istruiti a non credere a questa improbabile leggenda, eppure l’evidenza raccolta da Moss fa sospettare che possa esserci qualcosa di vero nelle voci che circolano fra chi frequenta la Kelley Tech. A chi è in grado di capire l’inglese suggerisco di visitare l’ottimo blog di C-6128, che racconta con dovizia di particolari la sua straordinaria esperienza.

c331f34758547a117331e2ea3859e00c.jpg A proposito di Eudeamon, invece, ho una mezza notiziona per chi ancora non ha provveduto a scaricarselo e leggerselo, e per chi non sa l’inglese: un piccolo editore italiano, su mia segnalazione (!!!) ha mostrato interesse per il romanzo di Erika nonostante questo sia disponibile da molto tempo (in inglese) per il libero download sul sito dell’autrice. Al momento siamo in fase di trattativa per i diritti ma se tutto andasse come si spera non è da escludere che prossimamente Eudeamon esca in libreria in una traduzione italiana. Se accadesse, il nostro sarebbe il primo paese al mondo a rendersi conto del valore di questa storia e a darle una vera chance editoriale. Se ci saranno novità, se ne parlerà prima di tutto su queste pagine.

Nel frattempo ho avuto modo di liberare, dopo taaanto tempo, Wutomoto Yoshikawa, che si è fatta qualcosa come cinque settimane di banishment e la cui sentenza (più che raddoppiata in seguito alle sue violazioni) si era finalmente conclusa. La maggior parte dei miei bane hanno concluso il banishment quando io non ero online, e non era stato dunque possibile mettere in scena il loro ritorno alla vita civile con un minimo di roleplay. Con Wuto, questo è finalmente accaduto e ho avuto il piacere di confortarla dopo tanta solitudine forzata, dandole il bentornato nel mondo con una rosa rossa. Wuto ha cominciato a parlare senza sosta, quasi incredula di riscoprire il piacere del contatto umano e del dialogo… e fra le altre cose mi ha rivelato qualcosa che può far capire a un osservatore esterno quanto possa essere dura la vita del bane. L’occasione è stata una mia domanda: volevo capire come mai, dopo aver osservato nei primi giorni un comportamento impeccabile, Wuto avesse cominciato a commettere alcune evitabilissime infrazioni alle rigide regole imposte dal Custodian, allungando di conseguenza il proprio supplizio:

[2008/06/03 4:11]  Win: All’inizio andavi benissimo… poi è successo qualcosa
[2008/06/03 4:12]  Wutomoto Yoshikawa: È che, a volte, non so, senti che stai perdendo contatto, è come se avessi bisogno di fare qualcosa di sbagliato, solo per sapere che sei ancora viva

Proprio così. Le parole di Wutomoto mi hanno ricordato sensazioni che avevo dimenticato di aver provato nei miei giorni di banishment – nei quali, tuttavia, io avevo la posizione privilegiata di non ricevere estensioni di pena per le violazioni, dato che si trattava solamente di un test. Eppure capitava anche a me, dopo ore passate a vagare nel silenzio e nella solitudine, di provare il bisogno di urlare, metaforicamente, la mia disperazione. E di voler violare consapevolmente le regole perché almeno il Custodian si facesse vivo, con quelle sue frasi automatiche e fredde, con le sue punizioni implacabili, che tuttavia davano l’illusoria sensazione che ci fosse qualcuno che mi guardava, che si curava di me, sia pure con la cattiveria involontaria di un’intelligenza artificiale.

3aaa9554c0d74d43fe08e0d20023898d.jpg Pur essendo un’appassionata lettrice del romanzo di Evil Dolly, la povera Wutomoto mi ha confessato: “Non mi sarei mai immaginata che potesse essere un’esperienza così intensa… ad esempio, quando ho provato per la prima volta a usare la cam… e mi sono beccata una violazione per aver spiato – per aver spiato, tu pensa – non ci potevo credere.  La sensazione era così reale… di essere osservata”. In effetti, la proibizione di usare la telecamera per spostare il proprio punto di vista è una delle restrizioni più terrificanti fra quelle imposte dal Custodian perché, come dice Wutomoto, “la cam la puoi usare… ma ti è proibito farlo”.

Ad abbracciare Wutomoto sono arrivate via via altre persone – alla fine, l’area aperta al pubblico della Kelley Technologies si trasforma spesso in un luogo di incontri, dove gli Operatori hanno modo di chiacchierare e scambiarsi opinioni ed eseperienze, magari aspettando un bane che ha bisogno di conforto o manutenzione. L’ho lasciata con Boy Lane e Kara Pogelmann (una delle mie prime vittime, e recidiva: completato il suo primo periodo di banishment, se n’è fatta un altro mentre io ero in mano di Belias, e sta meditando di partire con il terzo, con l’intenzione di rimanerci un bel po’, stavolta!) e sono andata a farmi un giretto.

E mi sono accorta di una cosa: che il senso di libertà che provavo dopo tanto tempo passato inchiodata su quella croce nel prato di Villa BDSM si accompagnava a uno stimolo nuovo o quasi – un desiderio che avevo provato in passato ma mai con tanto impellente senso di necessità… il desiderio di mettermi in caccia… di sorprendere qualcuno che non se lo aspettasse e impadronirmene… di dominarlo. Essere un Bane Operator implica, inevitabilmente, l’assunzione di un ruolo dominante: ma è un lavoro, un’attività per la quale la Kelley Tech prescrive rigidi parametri di comportamento – senza contare che, roleplay a parte, chi viene sottoposto al banishment lo fa, in effetti, per libera scelta. Invece io volevo l’emozione del rapimento, della sopraffazione, della cattura – ma stavolta dall’altro lato della barricata.

L’ho capito all’improvviso quando Forrest mi ha chiesto una mano per avviare una scena con una sua amica, tale Cheyenne. Senza esitazione, mi sono presentata nel luogo dove si trovavano entrambe, impegnate in una conversazione, e ho fatto amicizia con aria innocente. Poi ho narcotizzato Cheyenne con un trucco e, con l’aiuto di Forrest, l’ho imbavagliata, legata e portata in un luogo sicuro. L’intenzione era di lasciarla nelle mani della mia amica e invece, dopo un po’, ho scoperto quasi all’improvviso che le corde che Forrest indossava erano una tentazione troppo forte. Ho legato anche lei, quindi, e ho sistemato entrambe in una gabbia a Snark, organizzando le cose in modo che ognuna delle due avesse un qualche controllo sull’altra – così che la prima che fosse riuscita a liberarsi avrebbe potuto fare dell’altra quello che voleva. Poi, mi sono scollegata.

0b0642556fdbf965b98aff2a4dcfb2b9.jpg Quando sono tornata online, Forrest e Cheyenne erano sparite entrambe, e la sala sotterranea dove le avevo lasciata era chiusa con un timer che mi costringeva a indugiare lì per qualche minuto… mentre sono lì che aspetto, ad aprire la porta capita una tipa che non ho mai incontrato prima e il cui profilo, in cui si presenta come una escort professionista, non dà l’idea che sia lì per cercare compagni di gioco. Ci scambiamo due convenevoli, poi mi accorgo che le sue manette sono chiuse, così mi offro di vedere se c’è modo di liberarla… scoprendo che per qualche motivo le sue chiavi sono disponibili. E lì, beh, qualcosa succede dentro di me, qualcosa che non mi aspetto. Comincio a ridere, poi chiudo le manette sui polsi della nuova arrivata, parlandole con dolcezza: “Strano che non riuscissi a vedere le tue chiavi, Catherine: avresti potuto prenderle con un click… E ora è troppo tardi, perché adesso sei mia prigioniera”.  In un attimo, le tolgo la possibilità di interagire e lei sbianca all’improvviso: “Oh mio Dio, non posso più toccare nulla”, fa in tempo a mormorare, poi io le avvicino delicatamente un bavaglio alla bocca, stringendole la cinghia sulla nuca, e mettendoci un piccolo lucchetto.

“Adesso vediamo fino a che punto sei nei guai, cara”, le sussurro con un sorriso mentre le spedisco in IM il comando “@version” di cui parlavo nel post precedente. Leggo la risposta, sogghigno e la ripeto ad alta voce, perché Catherine capisca cosa ho appena scoperto: “[2:51] RestrainedLife viewer v1.11.2 (SL 1.19.1.4)”, faccio alla mia prigioniera: “Eh, sì, direi che ci sei dentro fino al collo”. “C-cosa hai visto”, bofonchia Catherine dietro al bavaglio, ma sa bene la risposta: la sua versione del Restrained Life Viewer è la più aggiornata… e mi offre un controllo pressoché totale su di lei, incluso il potere di farle indossare di forza una serie di cose che al momento non ha indosso. Prima che faccia in tempo a scappare via, le metto il guinzaglio, poi comincio a frugare nel suo inventario per scoprire cosa posso farle mettere addosso. “ogoh evewyhing if tightening” (oddio, tutto si sta stringendo), biascica lei. “È solo l’inizio, mia cara”, rispondo: “Hai un po’ di roba nuova che ho voglia di provare”.

80a3412ecead20e4d080bc6c6c95687f.jpg5a706d235c4da07492daa07a8f6c585a.jpg Sto per iniziare a esplorare la cartella condivisa che contiene ciò che posso costringerla a mettere, quando la tipa scrive qualcosa che mi irrita, cercando di usare i cosiddetti emote (ossia le frasi che iniziano con “/me ” per esprimere qualcosa di diverso da un’azione: [2008/06/05 2:55]  Catherine Rodgers si chiede se… Mi irrigidisco subito – detesto gli emote truffaldini e se posso ammettere che si scriva “Catherine fa questo o quello” non accetto espressioni come “Catherine pensa che…” Non sono una telepate. Non apro bocca,  ma le sistemo alcune pesanti catene sulle caviglie e le chiudo con un lucchetto, prima di guardarla severamente: “Vedo che hai la tendenza a usare gli emote per esprimere i tuoi pensieri. Questo non è accettabile. Da ora in avanti aggiungerò 30 minuti al timer del tuo bavaglio tutte le volte che ti beccherò a esprimere con un emote qualcosa che non possa venir espresso con i gesti che le manette ti consentono”.

Catherine Rodgers annuisce, in silenzio. Comincia a rendersi conto del casino in cui si è cacciata, e il bello deve ancora venire. All’improvviso, accanto a me si materializza Moss (una vera professionista quando si tratta di insegnare alla gente ad aver cura delle proprie chiavi), proprio mentre sto concludendo il discorsetto alla mia preda: ” Come bonus di benvenuto, per ora ti metto un timer di un’ora”. Lei sussulta e sbaglia di nuovo, usando un emote per aggirare le restrizioni: [2008/06/05 2:59]  Catherine Rodgers OMG! Please! “Tsk tsk tsk… hai imbrogliato di nuovo, Cate!”, le dico aggiungendo mezz’ora di timer al bavaglio, e lei risponde umilmente: “im fuft *blonhe* lahy zinnemann” (sono solo *bionda*, Lady Z.). Le sorrido dolcemente: “Quando avrò finito con te, Catherine, ti comporterai come se fossi nera come un corvo”. Moss non la incoraggia: “Catherine, mi si dice che Win sia diventata molto rigida, di recente”, e io confermo: “Moss… Belias mi ha tenuta prigioniera così a lungo che ho accumulato un po’ di aggressività”.

Ed è proprio così: la dottoressa WinKyll sembra sparita e Mistress Hyde ha ora il pieno controllo del mio animo e dei miei desideri. Moss ha la cortesia di invitarmi a usare a mio piacimento il dungeon che condivide con Chriss, e che è attrezzato con una serie di script diabolici che consentono di rendere la fuga davvero impossibile. E io non me lo faccio dire due volte: non sto a entrare nei dettagli ma la povera Catherine si ritrova ben presto completamente bloccata. Senza inventory, senza la possibilita’ di mandare IM, di teleportarsi, di muoversi… e perfino impossibilitata a tentare la fuga coi metodi tradizionali, degli struggle contro le manette. Chiusa in una stanzetta insonorizzata, non ha modo nemmeno di far sentire i suoni inarticolati che sfuggono dal suo bavaglio, strettamente chiuso sulla bocca.

Saluto Moss, saluto Catherine, perché adesso ho da fare in RL. So che la mia prigioniera vive negli Stati Uniti e che a quest’ora è molto tardi per lei. La invito ad andare a dormire, perché ho intenzione di tenerla prigioniera per un bel po’ e sicuramente sarò nei paraggi per molte ore. Lei sussulta, balbetta, mi ringrazia, trema, si divincola debolmente, rinuncia e si affloscia sulla sua branda. Sconfitta. Mia.

bef804ec62dc3f92c6af5c53b3a99f0a.jpg Io mi scollego e vivo la mia giornata in RL. Molte ore dopo torno online per un momento, convinta che lei non sia collegata. Invece c’è.

“Cosa diavolo ci fai ancora online?”, le chiedo. “Non sono ormai le sei o le sette di mattina, per te?”. Mi risponde subito, e se potessi udire la sua voce so che sarebbe ansimante: “Sì, Miss Win, lo sono… ma sono rimasta sveglia tutta la notte. Ogni volta che andavo a letto, dopo pochi minuti tornavo a collegarmi. Non mi è mai successo nulla di più eccitante. È stato il mio primo rapimento“.

Le sorrido con tenerezza prima di assicurarmi che si scolleghi, finalmente, prima di staccare anche io. Mi torna in mente quello che mi è accaduto tanto tempo fa, con Bunny: la prima a rapirmi, la prima a farmi provare la sindrome di Stoccolma, l’avatar a cui sono rimasta in qualche modo più affezionata.

Penso che anche Catherine adesso avrà una sua Bunny da ricordare per sempre.
E si chiamerà Win.

(Prossimamente: Tutti i segreti del Restrained Life Viewer)

(Intermezzo) Due bane innamorati

Approfitto della mia prigionia a Villa BDSM per una noticina veloce su due care amiche che da poco hanno avviato la loro esperienza come bane. Mano nella mano, come due innamorate avviate all’inferno.

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Nei giorni trascorsi fra La vendetta di Cerdita e Win finisce in Gloria, ho fatto in tempo a sottoporre alla procedura della Kelley Technologies ben tre nuovi bane (fra cui la mia prima italiana, la collega blogger Serenella Abruzzo, a sua volta creatrice di un banesuit che prima o poi mi piacerebbe provare). Ho la sensazione che la maggior parte degli Operatori battano la fiacca, perché c’è gente che attende in fila il suo turno da molti e molti giorni – ma c’è anche chi si sta dando da fare. Io, nel mio piccolo, ho sistemato già ben nove prigioniere. E poi c’è questa Jacolyn Mathy, che abitualmente è una domme e che come Operatrice mi sembra molto brava. Nonostante Moss si fosse candidata per prima (ma lei imbroglia: vuole fare solo le prigioniere che conosce e si era prenotata anche per farsi Challenge Nakamura!), alla fine è toccato a Jacolyn di banificare congiuntamente due mie vecchie amiche, Mudlark Burns e Halle Westland.

Avevo promesso tempo fa di parlare del libro che Halle aveva dedicato a Mudlark – un vero gesto d’amore, realizzato imprigionandola in un attillato catsuit con mascherina di gatto, e chiedendo alle sue dieci amiche più strette di farsi una fotografia con lei e di dedicarle due righe. Logorroica come sempre, io mi sono un po’ allargata, ed ecco quello che ho scritto su Mudlark, con le foto che le ho scattato:
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Mudlark Burns la conosco praticamente da quando per la prima volta ho trovato la via per Stonehaven – una frase che potrei anche riformulare in “la prima volta che ho seriamente passato un po’ di tempo su Second Life”. Fra le tante sub dedicate, come Moss Hastings, Cerdita Piek e Bunny Hastings, mi parve un soggetto minaccioso che avvicinai con qualche timore, forse sperando di mettermi nei guai. Alla fine mi pare che abbia giocato un po’ con le mie manette… ma con l’interesse intermittente di un gatto che gioca con un topo già mezzo morto: un colpetto con la zampa, e poi più niente per un po’…

Ricordo un giorno di averla legata, in non so bene che torre di Psi Merlin, con le corde shibari Real Restraint che si era appena comprata – e di aver capito solo allora che le sue propensioni erano molto più vicine alle mie di quanto non avessi notato fino a quel momento. Dopo quella volta ci è capitato di giocare coi rispettivi legami, ma in genere passavamo molto più tempo chattando, sparando battute e aprendoci un poco una all’altra. So essere chiacchierona fino all’esaurimento dell’interlocutore, ma lei ha saputo non darmi mai l’impressione che l’annoiassi a morte. Mi ha tenuto compagnia per una lunga giornata quando ero stata rinchiusa da Jaron in una gabbia molto isolata, e mi ha tenuto alto il morale facendo liete capriole ogni volta che uno dei miei tentativi di liberarmi dalle manette andava a buon fine.

In tempi recenti, la Vita Reale ha assorbito una parte crescente del suo tempo e ciò significa che ho avuto meno occasioni di passare tempo con lei. Ma ho notato che non fa veramente differenza, perché ogni volta che la incontro di nuovo, anche per pochi minuti, sento la stessa persona brillante, lo spirito affine, e l’appassionata di fantascienza che saprà cogliere alcune delle mie citazioni “culturali”. È qualcosa che chiamo amicizia. Anche in un mondo strano ed effimero come Second Life.

Sono orgogliosa di essere tra le 10 persone chiamate a contribuire a questo libro. Ti voglio bene, Mud!

Win

c31fb9122ce9ca8468d3b01608f24204.jpgCommossa, Halle ha riportato nel libro tutto il testo, occupando ben tre pagine. Poi sono passate le settimane, il Banishment Program è entrato nel vivo e io ho cominciato a ricevere da lei e da Mudlark numerosi IM sulla faccenda. Halle ci teneva moltissimo a farlo, ma Mudlark non era disposta a lasciare che lei le stesse lontana così a lungo e in modo così radicale. Sorvolo sulle trattative fra di loro, sulle ore di isolamento strettissimo che ciascuna ha imposto all’altra, sui messaggi febbrili di Halle, sui commenti di Mudlark circa il libro, che lei ritiene una delle cose peggio scritte che abbia mai letto in vita sua. Poi, l’altro ieri sera, Mud mi ha scritto per avvertirmi che stava entrando nella processing room insieme ad Halle e che se volevo ero benvenuta ad assistere. Mi sono affrettata, naturalmente. Jacolyn Mathy – anzi, l’Operatore Mathy – mi ha salutata e autorizzata a interagire con le sue prigioniere per un salutino. Poi ha ripreso la sua attività, fredda, spietata, professionale in un modo che a me, avessi dovuto trattare due amiche, non sarebbe stato mai possibile.

E… beh, non ho avuto modo di scattare fotografie per l’emozione. Ci sono cose che un’immagine non può spiegare. Vedere Mud e Halle entrare nella detention room tenendosi per mano come due bambine spaventate… sentirle sussultare insieme per la paura quando una porta si chiudeva alle loro spalle, o quando udivano i lucchetti scattare… vederle prendere coscienza della irreversibilità della trappola in cui si erano cacciate… le loro mani che si protendevano una verso l’altra mentre entrambe si trovavano inermi su due tavoli operatori antistanti… le loro voci che ripetevano, ogni poco, “Ti amo, tesoro”… fino a quando il casco del Custodian non è stato calato sulle loro teste, e le ha fatte tacere…

Mi sono dovuta voltare per nascondere le lacrime e le ho salutate un’ultima volta con una sorta di singhiozzo, un attimo prima che la procedura le isolasse completamente dal mondo, sole ciascuna con il suo Custodian e col ricordo dell’altra. E la consapevolezza di doversi stare lontane fino alla fine della sentenza.

Possa Chi Di Dovere regalare a ciascuno di noi poveri avatar un amore così forte, bello, completo… e drammatico. Almeno su Second Life.

(Prossimamente: La chiamavano Gloria, ma il suo nome era Tempesta)

Bane Operator

Sono stata piuttosto assente, negli ultimi tempi, pur continuando a passare online diverse ore. La colpa è un lavoro a cui, dopo la mia esperienza come bane, non ho potuto dire di no. Ma che si è rivelato molto più impegnativo di quanto credessi.

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Qualche tempo fa sono stata informata che la mia amica Forrest aveva scritto qualcosa che mi riguardava sulla lavagna che, a Deitide, viene usata come penitenza per i sub più deboli in ortografia: “Where is Win?”, diceva il messaggio, “Che fine ha fatto Win?” Ho sorriso fra me e me, ma non ho potuto reprimere un senso di colpa: sapere che qualcuno sente la tua mancanza è sempre bello, ma è vero che con Forrest non ci vedevamo dai giorni in cui era venuta a votarmi al concorso di Villa BDSM – perché subito dopo avevo dovuto affrontare il problema di Jaron (ne parlerò nei prossimi giorni, completando la storia di Mystique) e poi presentarmi alla Kelley Technologies. Dove, come saprà chi legge questo mio diario, sono stata assunta come Bane Operator.

14ee9dbdba6b32c4f75350a40e83c7cf.jpg C38017b2b61c579a415e12d6a22a5a79a.jpgosa sia un bane dovrebbe essere ormai chiaro (in caso contrario, meglio dare un’occhiata ai primi post di questo blog (in particolare, Prigioniera di me stessa, Rollback ed Eudeamon – quest’ultimo soprattutto per avere il link da cui scaricare, in inglese, il romanzo originale). Molto in breve, un bane (abbreviazione di “banished”) è una persona che ha scelto, per beneficiare della riduzione di una pena detentiva, di non scontarla in una cella tradizionale ma di passarla sigillata all’interno di un abito in lattice aderentissimo, sotto il controllo perenne di un computer inflessibile (il Custodian) incaricato di assicurarsi che non vengano violate una serie di regole. E che, quando questo accade, determina ed esegue punizioni pesanti, quasi sempre allungando il tempo della detenzione stessa.

L’iniziativa Banishment Program, della geniale Marine Kelley, ha ben pochi precedenti su Second Life: appassionata del romanzo, la creatrice dei legami Real Restraints ha messo su un’articolata organizzazione per consentire a chi lo desidera di vivere un’esperienza il più possibile vicina a quella descritta da Evil Dolly. Chiunque desidera sperimentare il banishment può candidarsi tramite un modulo di iscrizione disponibile al quartier generale del laboratorio e, solo a seguito di un colloquio con un Ingegnere, essere ammesso al programma. A questo punto entrano in gioco gli Operatori, fra cui la sottoscritta, incaricati di compiere tutti i passi necessari per trasformare la persona in bane – e, in seguito, destinati a diventare per la propria vittima l’unico interlocutore che il Custodian ammetta. Un Bane Operator deve avere polso fermo, deve essere capace di non lasciarsi impietosire dalle lamentele dei prigionieri e proseguire il programma fino in fondo, controllando che i suoi bane si comportino bene. Ma deve anche essere pronto ad aiutare un bane in difficoltà, affrontare le emergenze e, se necessario, impartire ulteriori punizioni.

Ad assicurarmi il lavoro di Bane Operator è stata, naturalmente, la mia esperienza personale in proposito: bisogna conoscere la pena, per poterla infliggere a qualcuno, e noi Beta Tester abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa significa essere completamente isolati da tutti i nostri amici. Una sorta di anticipazione della propria morte, diceva qualcuno, ma c’è anche chi decide di vivere l’esperienza per sfuggire a una delusione amorosa o cercare di ritrovare la propria anima. In definitiva, le motivazioni per scegliere il banishment al posto di una tradizionale cella possono essere personali e infinite – l’unica che mi sento di sconsigliare è quella, ufficialmente dichiarata, della riduzione della pena. Accade regolarmente che chi si aspetta di scontare una sentenza di 24 ore si ritrovi a passarne nel costume molte decine, con punte che superano – in soggetti che sviluppano una acuta Sindrome di Dipendenza da Banesuit – le duecento ore di detenzione. Prima di sottoporre un soggetto al trattamento, noi operatori siamo tenuti a offrire sempre un’ultima occasione di ripensarci. Anche se fino ad oggi nessuno ne ha approfittato.

4ccc0894c65e7c95c6f10ee7525ec9fa.jpg743a305dc6a718c931e651c4d9f39a32.jpg L’attività di Bane Processing è lunga e complessa, ed è per questo che sono stata a lungo assente dalla vita attiva. Il mio compito è di convocare i candidati che si trovano online in un dato momento, ammanettarli e sottoporli a una elaborata procedura che ripercorre fedelmente quella descritta nel libro. Alcuni la subiscono docilmente – altri si ribellano costringendomi a tenerli legati e imbavagliati fino al momento in cui il procedimento è diventato irreversibile e il Custodian mi assicura su di loro un controllo pressoché totale (è il caso di Mitzy Shino, che mi ha dato davvero filo da torcere, e che si è dibattuta fino all’ultimo obbligandomi a incaprettarla). Mi tocca infine liberarli, avvisandoli di ciò che rischiano una volta fuori nel mondo libero: in teoria, un bane dovrebbe essere ignorato dai cosiddetti civili, ma la novità spinge molti ad avvicinarsi loro con curiosità… e questo produce immediatamente effetti negativi sul condannato, perché il Custodian non tollera alcuna prossimità fra un bane e un civile, e la punisce severamente.

Come spesso accade in questi casi, la situazione provoca a volte effetti sgradevolmente distorti: esistono vigliacchi che si divertono ad avvicinarsi ai bane per costringerli ad allontanarsi, ben conoscendo le punizioni severe a cui questi saranno sottoposti se non fuggiranno all’istante. Il fenomeno ha già il nome di Bane Bashing, ed è ovviamente vietato dalla legge – ma i bane sono creature particolarmente vulnerabili e, sebbene il lattice li protegga in larga misura dalle aggressioni, niente se non la fuga può impedire che il loro Custodian punisca con un’estensione di sentenza anche la prossimità con civili aggressivi. Il compito dell’Operatore è, anche, di intervenire quando necessario a scoraggiare fenomeni del genere, per cercare di proteggere il condannato da effetti che vadano al di là della punizione che si è meritato.

Salvo nei rarissimi casi in cui l’Operatore glielo consente, un bane non può parlare nè ascoltare, non può penetrare in alcuna proprietà privata (una definizione volatile che si estende spesso a molti terreni apparentemente liberi), non può “spiare” (vale a dire zoomare con la macchina da presa per vedere altro che non sia nelle sue immediate vicinanze). Non ha accesso all’Inventory, non può spedire o ricevere IM, non può volare o muoversi di corsa, non può ricevere o inviare oggetti. Un bane può solo vagare in assoluta solitudine per ore e ore, trovando nell’isolamento il castigo alle sue colpe o il rimedio al proprio turbamento. Nell’attesa che si compia l’inconfessata beata speranza e, in qualche modo, si materializzi quel qualcosa di cui si parla sottovoce.

d5d9e89892ee07befc196e8e94b96f70.jpga9b5594413043895041735c61e407f8c.jpg Sì, perché la solitudine protratta, e la frustrazione dovuta agli interventi del Custodian, che blocca sul nascere qualsiasi tentativo del bane di comunicare con alcuno, può rivelarsi davvero pesante, e si mormora che a lungo andare i banesuit possano produrre strani effetti collaterali. Nell’ambiente si sente spesso la parola “Eudeamon”, ma si tratta, notoriamente, di una leggenda metropolitana generata dal disintegrarsi dell’intelletto di chi troppo a lungo resta isolato dal resto del mondo. Questo Eudeamon sarebbe una sorta di angelo custode, ma la sua esistenza non è mai stata dimostrata. Anche se si sono dati comportamenti insoliti da parte di alcuni bane, che sono stati scoperti a compiere intenzionalmente violazioni, quasi che ci tenessero a restare sigillati nel banesuit, senza tornare alla vita attiva normale. Strane cose, che preferiamo attribuire a stai allucinatori – e di cui chi lavora per la Kelley Technologies preferisce non parlare – almeno non in pubblico.

Anche perché l’esperienza ha – o meglio può avere – un costo importante. Per partecipare al Banishment Program occorre munirsi di una skin in lattice abbastanza costosa, e poi versare una cauzione di ben 2000 L$ a garanzia del completamento della sentenza. Chi arriva fino in fondo sarà rimborsato del 90 per cento di questa somma (il resto viene trattenuto come contributo, francamente irrisorio, alle spese di gestione dell’organizzazione e all’affitto della sim che ospita la Kelley Technologies), ma chi dovesse barare e liberarsi del Custodian in modo non autorizzato lo vedrebbe autodistruggersi in maniera irreparabile, e perderebbe all’istante tutta la cauzione. Va detto che, a tutt’oggi, un solo bane si è dimostrato così rammollito da non saper scontare la sua sentenza fino in fondo – una certa Saphire Pfeffer, che ho avuto il dubbio privilegio di sottoporre io alla procedura… e che nonostante l’avessi più che adeguatamente istruita in merito, ha ignorato bellamente gli avvertimenti del suo Custodian accumulando numerose violazioni, e raddoppiando in poche ore la sua pena (originariamente stabilita in 24 ore di detenzione). Marine, incredibilmente, ha scelto di rimborsarla lo stesso, diffidandola però di venire ancora a far perdere tempo alla Kelley Technologies. Ma a me non stava bene lasciare che la cosa passasse sotto silenzio e, in un piccolo dibattito scatenatosi sul blog di Marine, sono intervenuta nei seguenti termini (in risposta a un commento di qualcuno che alludeva oscuramente all’esperienza di Saphire per cercare di denigrare il Programma):

Nella mia qualità di bane Operator che ha appena dovuto tollerare che uno dei suoi bane barasse per interrompere l’esperienza, desidero rispondere all’argomentazione della postatrice anonima.

Non farò qui il nome della persona di cui parlo, ma ho avuto qualcuno che si è fatto assegnare una sentenza di 24 ore e poi ha ignorato gli ammonimenti con cui il Custodian le intimava di interrompere determinati comportamenti. Lei non l’ha fatto, e le reiterate violazioni hanno aggiunto alla sua sentenza altre 24 ore.

In quanto Operator, prima della procedura l’avevo avvertita che era ancora in tempo per cambiare idea – e limitarsi a scontare in carcere la sua sentenza originale. È vero: scegliere il banishment ti assicura una riduzione di pena. Ma bisogna considerare che una condanna al carcere non sarà mai allungata automaticamente attraverso un programma computerizzato – gelido e implacabile, per quanto sofisticato.

A procedura compiuta, ho sottolineato l’importanza che seguisse ALLA LETTERA gli ammonimenti del Custodian, e adempisse immediatamente alle sue richieste. I rapporti mostrano che lei non l’ha fatto, accumulando oltre 20 “Spying Violations” (utilizzo della funzione zoom della telecamera) in pochissime ore.

Occorre molta disciplina per affrontare il banishment. Questa candidata ne era palesemente priva.

Il solo rimpianto di questo Operatore è di non avere avuto la possibilità di essere online più spesso nel corso della detenzione di questo bane (un problema di diverse timezone) – si sarebbe meritata qualche scarica elettrica, e probabilmente anche qualche punizione più severa.

Questo Operatore è orgogliosa di tutti i suoi altri bane – alcuni hanno totalizzato un numero di violazioni MOLTO superiore a quello dell’amica della postatrice anonima, e hanno imparato qualcosa dall’esperienza. Alcuni hanno obbedito prontamente aggli avvertimenti del Custodian, e non hanno praticamente subito estensioni. Nessuno di essi ha dato l’impressione di considerare il Banishment Program una vacanza. Nessuno di essi ha considerato il Custodian un giocattolo. Non lo è.

56ca26114b670637f1adccd7a2e86e7b.jpg Non avrei altro da aggiungere, anche perché la discussione è andata avanti e la sciocca Saphire ha provveduto a dimostrare da sola la sua malafede. Ma mi piace segnalare invece il blog (in inglese) tenuto da uno dei miei bane più diligenti – B-9140, un tempo nota come Boy Lane e alla ricerca di un’esperienza di isolamento seria. Il link che riporto punta direttamente a una pagina di qualche giorno fa, e lo segnalo anche per accontentare la mia vanità, dato che riporta una foto della sottoscritta nel pieno del suo impegno professionale. Ma suggerisco di leggere anche i post successivi perché B-9140 spiega bene il senso di pace e di solitudine, e di distacco dal mondo che l’esperienza le sta regalando. E anche perché, hmmm…

(sottovoce)

perché… beh, io non ci credo, naturalmente… ma B-9140 sostiene di aver avuto, nei giorni scorsi, la visita di quella cosa che chiamano Eudeamon…

(Prossimamente: Mystique all’asta) 

Chi ha paura dei banesuit?

Il fenomeno dei banesuit potrebbe diventare a breve una vera e propria moda, ma c’è chi scopre di non essere in grado di reggerne il rigore estremo. E in qualche caso non si tratta della prigioniera.

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Quando ho avuto la notizia che Marine mi aveva accettata come cavia per testare il banesuit mi trovavo nell’Arena di Aimee Riptide a compiere il mio terzo Bondage Ordeal (e a questo punto faccio una  promessa formale: entro la settimana provvedo a dedicare un post a questa faccenda, che vedo che continuo a parlarne en passant senza mai spiegare di che si tratta). L’arena si trova in una skybox sospesa a qualche centinaio di metri di altezza, per evitare intrusioni, ma la mia carissima Samy80 Owatatsumi era riuscita ugualmente a trovarmi e stava volteggiando in aria subito oltre il muro per tenermi compagnia mentre cercavo di liberarmi. Samy è una ragazza adorabile e passiamo insieme parecchio tempo, quindi mi era parso normale sentire cosa ne pensasse lei. Dopo tutto, sarei scomparsa dalla circolazione per un paio di giorni e non avrei avuto più modo di giocare con lei, di parlarle, anche solo di vederla.

Samy prende il gioco in modo molto positivo e spiritoso e mi ha detto che non c’era problema. Ma se hai letto Pasqua da Bane magari ricordi che Moss e Chriss hanno fatto fatica a sopportare di star lontane due giorni una dall’altra. E so per certo che Moss, prima, aveva chiesto il permesso a Chriss e che, anche se questa aveva detto che non c’era problema, Moss era preoccupata lo stesso. Chriss è una persona molto chiusa e non esprime troppo le sue emozioni.

e541dc2f781ba0dfdb1d55beb5805a4f.jpgE c’è chi la prende ancora peggio. Proprio Samy, ieri sera, stava ricevendo una serie di IM che la impegnavano parecchio: “C’è una tipa sconvolta perchè una sua amica si è messa in un bane e ha accumulato 5 giorni di sentenza”, mi ha detto, per poi riportarmene una frase che suonava così: “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”.

Per chi, in qualche modo, ha consentito a diventare una bane, l’esperienza è sicuramente estrema e molto dura. Ma è frutto di una scelta, forzata o meno che sia. Una scelta almeno in parte consapevole di rinunciare per un tempo spesso non prevedibile a qualsiasi rapporto che non sia con l’Operatore: e quindi di rinunciare ai contatti, agli amici, alle chiacchiere, al gioco e a tutto quello che non sia vagare, come osservatrice, ai margini della società. Ma per chi ti vuole bene, questa rinuncia non è affatto frutto di scelta: potrebbe viverla come un abbandono, come un rifiuto o come una perdita irreparabile.

Un bane è una figura estremamente enigmatica: niente volto, corpo rivestito di lattice nero, muto e sordo al dialogo, in grado di comunicare solo in modo molto sommario… e, quando ti rendi conto che comunicare a gesti è una fatica esasperante, finisce che rinunci proprio a farlo, salvo nei casi di vera emergenza. Se un’amica diventa un bane, tentare di comunicare con lei diventa un esercizio in frustrazione che non hai scelto di subire e che può diventare esasperante. Perché la persona con cui vuoi parlare non ti sente, non ti risponde, cerca di allontanarsi quando tu ti avvicini, si nasconde. E magari cerca di spiarti da lontano senza farti vedere, per combattere un po’ la solitudine: io, Samy, lo confesso, un pochino l’ho seguita a distanza, per sentirmi meno sola ma cercando di non disturbarla… almeno finché qualcuno non mi si è avvicinato costringendomi a una precipitosa ritirata.

Divenire un bane è una scelta difficile soprattutto per chi non sa rinunciare alla nostra compagnia. E la frase dell’amica di Samy mi ha fatto riflettere a lungo. “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”. E’ vero: essere un bane è, un poco, come essere morti e vagare sulla terra come un fantasma: passi fra la gente senza poterci interagire, e non è difficile immaginare che, se la moda si diffonderà ulteriormente, la gente finirà per ignorarti completamente. Tanto lo sapranno che non sei in grado di parlargli, e che cercherai di allontanarti. Esattamente come accade nel libro, in cui i bane diventano dei paria che tutti ignorano – almeno quando non arriva l’infame che invece si diverte ad aggredirli fidando nell’impunità.

ab87be3bdd0a467d62969f43bbe84819.jpgCi sto pensando ancora adesso. Perché se essere un bane è un po’ come vivere da morti, tutto sommato la similitudine la si potrebbe estendere anche a certe altre forme di bondage estremo, di isolamento. Chi si offre in tutto e per tutto a una Mistress che la prende, le blocca ogni comunicazione esterna, la lega, la chiude in una cella di mattoni e butta via la chiave… una persona come questa, che cosa cerca? Non è un caso di scuola: ho una carissima amica – forse qualcosa di molto più che un’amica – che ormai riesco a vedere meno di una volta al mese. Perché ha fatto una scelta del genere. Dovrò parlarti di Mystique Aeon.

E anche io, quando cerco guai non estemporanei, quando rischio tutto girando con le chiavi delle manette esposte in zone frequentate dai cacciatori di schiave, che cosa cerco? Quello che so è che a tutt’oggi mi è successo una sola volta di essere catturata da qualcuno e tenuta prigioniera in una cella per molti e molti giorni… e in quel periodo cercavo di dimenticare proprio Mystique, che si era donata a Jaron e che da allora non potevo più frequentare. Avevo il cuore spezzato, e ho cercato l’oblio nelle celle di Blackbear, dove sono rimasta forse dieci giorni. Come morta, isolata da tutti. Ho cercato l’oblio, e alla fine l’ho trovato. E se il mio cuore è tornato in grado di battere, ne sono certissima, lo devo anche a quell’esperienza.

Credimi, passare giorno dopo giorno praticamente morta non è particolarmente eccitante, non sulla lunga distanza. Ma ci sono momenti in cui scopri di averne bisogno come dell’aria che respiri quando non sei imbavagliata.

 

(Prossimamente: Mistress si nasce)

Libera

La fine del test è finalmente arrivata. Ma il sollievo si mescola a un’altra sensazione inaspettata. Possibile che uscire dal banishment sia più difficile che entrarvi?

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Appena tornata dalla vacanzina pasquale, prima di andare a dormire, mi collego un momento, speranzosa. E mi va bene. Il mondo intorno a me non fa in tempo nemmeno a materializzarsi che già il casco del banesuit mi trasmette un messaggio dalla dottoressa Kelley: “Sono online ancora per dieci minuti. Se vuoi che ti liberi devi venire subito a La Isla Bonita”. Marine è europea e si collega, di norma, solo nel tardo pomeriggio e non per molto tempo: non posso perdere questa finestra e mi teletrasporto immediatamente alla centrale.

Il rito della liberazione è, per forza di cose, molto più veloce di quello della chiusura: Marine ha fretta, e anche io sono stanca dopo quasi cinque ore in un’autostrada Real Life fortunatamente meno trafficata di quanto temessi.

[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : pronta per essere rilasciata, Bane ?
[2008/03/24 16:52]  WinthorpeFoghorn Zinnemann assentisce
[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : custodian, muteness punishment end
[2008/03/24 16:51]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:52]  Bane Helmet whispers: WinthorpeFoghorn Zinnemann’s Bane Helmet has been unlocked by Marine Kelley after 14:56:50 (detached 0 times)
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: custodian, suspend all protocols
[2008/03/24 16:53]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:53]  Bane Helmet: : Custodian protocol suspended. :
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: ora sei di nuovo libera, Win :)

Mi tolgo il casco quasi subito e poi abbraccio la dottoressa, che si informa sulla mia salute. No, le dico, non è stato troppo duro… sì, a tratti è stato noioso, ma anche bellissimo… e penso che ci vorrà un pochino a riabituarsi alla vita normale, adesso. Marine sorride: “Sì, lo penso anch’io… Sto considerando di aggiungere al laboratorio, quando sarà costruito, una stanza per il supporto psicologico”. Le prometto entro domani una notecard con i miei appunti e le mie considerazioni, poi Marine si dissolve nel nulla come tutti noi quando ci scolleghiamo dalla rete. Con tutto corpo ancora ricoperto dalla skin in lattice nero, inalo l’aria del mare vicino, strizzo gli occhi, cerco di ricordare cosa significa essere di nuovo padrona di me stessa. Ora potrei fare quello che voglio – vedere gli amici, giocare di nuovo con le gabbie, mettermi nei guai o magari anche rapire qualcuno, eppure…

…eppure non me la sento ancora. Sono quindici ore di gioco che qualsiasi relazione interpersonale mi è proibita, che non posso avvicinarmi a più di venti metri da chicchessia, che non posso nemmeno ascoltare gli altri, né zoomare per cercare di vederli più da vicino… Quindici ore di gioco sembrano poche, ma sono più che abbastanza per iniziare a condizionarti: così, già da ora, non mi sento troppo in vena di andare nei soliti posti che amo frequentare. Ho un po’ paura di incontrare gli amici, paura di dover rispondere alle loro domande… paura di non sapere se ho tanta voglia di essere catturata da qualcuno. Entrare in un banesuit è facile, basta chinare la testa. Uscirne è una cosa un po’ più complicata. Il controllo non è una questione di lucchetti.

Resto in giro per una decina di minuti, come instupidita, vagando come se fossi ancora un bane… e pian piano rimettendomi la pelle tradizionale. Recuperare il mio viso mi conforta un poco, i vestiti e i capelli mi danno di nuovo la sensazione di essere una persona e non un oggetto. Ma è quando mi rimetto tra i capelli il mio fiore bianco che sento, davvero, di essere tornata. Il bane W-1007 diventa, per ora, solo un ricordo ancora vivido. E io sono di nuovo Win.

(prossimamente: Chi ha paura dei banesuit?)