Una visita di servizio a fare scorta di freebies si trasforma a sorpresa in un incubo breve ma orribile, nelle mani di un francese perverso ma soprattutto fra i tentacoli di qualcosa di schifoso.
Giuro che se non fossi io a scriverlo non ci crederei io stessa. Non dopo quello che ho scritto qualche giorno fa raccontando del rapimento di Andromeda ad opera di Greennote, e di ciò che mi è toccato subire per poterla riavere con me. Io stessa, se leggessi le righe che seguono, non esiterei a dire: “Vabbe’, stavolta Win se l’è palesemente cercata, parlava di tentazioni, è andata a caccia di guai e li ha subito trovati”.
Stamattina ho fatto una veloce visita alla prigione, sia per assicurarmi che Gandalf restasse ben legata all’ingresso in modo che potessi usarla come modella per il post sui Timer, sia per controllare che tutto andasse come doveva. Ho incrociato Kadira DeCuir, nuovissimo acquisto francofono del WCF (prima o poi dovrò preparare un bel post riassuntivo dedicato a tutto il nostro validissimo staff… che cresce di giorno in giorno, facendo del Winsconsin Correction Facility, almeno in questi caldi giorni estivi, una delle rarissime prigioni su SL dove la quantità di guardie disponibili online è spesso superiore a quello dei prigionieri!) e scambiato qualche chiacchiera con Luana Umia e con Tanja Roxley. Il caso di Tanja è interessante: ieri si è intrufolata fra le guardie spacciandosi per un’ispettrice di un fantomatico governatore. “Te la faccio ritrovare impagliata”, mi ha sussurrato all’orecchio Francesca Miles (con Luana, il più fresco nuovo acquisto del nostro staff di secondine) prima che io mi allontanassi per una commissione, e in effetti così è stato: rivelatasi colpevole di omicidio, Tanja è stata immediatamente arrestata e tradotta in cella per scontare una sentenza severa.
Poiché abbiamo scoperto che il suo traduttore istantaneo ha, come non voluto effetto collaterale, quello di bypassare la funzione che nel collare della prigione permette di impedire ai detenuti di udire quello che si dice attorno a loro, ho deciso che fosse il caso di andare al negozio di Susan Daviau per rimpinguare la mia scorta di bavagli, manette e tappi per le orecchie freebie (roba che, quando necessario, passo ai niubbi che ancora non possono permettersi la roba di Marine). Stavo per l’appunto impacchettando i miei “acquisti” quando mi sono trovata all’improvviso trascinata via, incapace di controllare i miei passi come se qualcosa mi controllasse.
Il Restrained Life Viewer, di per sé, non fa nulla di davvero miracoloso a chi non indossa restraints che siano lockable. Al di là di qualsiasi gioco di ruolo, mettersi addosso manette con chiavi a disposizione diventa, tacitamente, un invito alla cattura – una scelta consapevole di vulnerabilità che ci mette alla mercé di eventuali (e in realtà rarissimi) rapitori. Tuttavia, nella realtà, esistono infiniti modi per catturare qualcuno e i fantasiosi creatori di strumenti RLV hanno trovato da tempo il modo per far sì che anche questi oggetti, pur non indossati, possano essere utilizzati per costringere qualcuno in situazioni potenzialmente difficili. Basta che il soggetto, la potenziale vittima, indossi sempre un relay, vale a dire un aggeggino che faccia da ponte fra la trappola e l’avatar da intrappolare… prendendone, se del caso, il controllo.
Il mio catturatore si chiamava Noel Xxxxxx [nome rimosso su sua richiesta], un francese di poche parole. Senza darmi alcuna scelta, mi ha teletrasportata di forza dal negozio di Susan fino a casa sua – una skybox in una land che non conoscevo – e, dandomi appena il tempo di visualizzare correttamente quello che mi circondava, mi ha spinta verso un oggetto dall’aria minacciosa che, con un sorriso sardonico, lui ha chiamato “Le ali del desiderio”. Ho provato a divincolarmi, ma in pochi istanti, dall’orrendo piedistallo sono spuntati tentacoli che mi hanno ghermito braccia e gambe, immobilizzandomi completamente. E solo a quel punto ho cominciato a rendermi conto di essere nei guai, e guai grossi.
Non è andata così con Noel. Non ho capito se fosse lui a controllare l’orrendo essere tentacolato che si annida nel piedistallo, oppure se questo agisse seguendo qualche repellente istinto. So che mi sono vista strappare di dosso il mio amatissimo abitino Mondrian, che ho sentito un tocco viscido sulle cosce, che qualcosa mi tirava indietro il collo, le braccia, le gambe… so che ho lottato finché ho avuto forze, e anche dopo, cercando di ritrarmi, di impedire a quella cosa di… non riesco neanche a trovare le parole… di prendermi, di esplorarmi, di… di farmi cose che a stento riesco a ricordare perché troppo, troppo lontane da tutto quello che avevo provato fino ad ora.
Noel sorrideva, mentre la cosa si avventava su di me come in preda a una sorta di fame perversa, ancestrale e… e aliena. Sorrideva, si godeva lo spettacolo, l’infame, e non faceva nulla per nascondere la sua eccitazione. Sbattendomi disperata, col fiato corto, io lo imploravo di liberarmi ma lui si divertiva a ripetere che ero sua prigioniera, che non potevo fare nulla per fuggire. Ed era vero, purtroppo: il TP era disabilitato, non potevo alzarmi… potevo solo restare lì, preda di quei tentacoli che mi invadevano, mi violavano, mi sporcavano di umori vischiosi che, se non fossi stata travolta dall’orrore, mi avrebbero costretta a conati di vomito.
…e lui mi ha liberata… per un attimo… sono caduta a terra, sporca, sconvolta, incapace quasi di muovermi… ho cercato di sollevarmi per fuggire… e mi sono sentita trascinata invece a un piano inferiore della casa… spinta a terra, dove mi sono rannicchiata in posizione fetale, quasi rassegnata al mio destino… mentre Noel si avvicinava e mi guardava, torreggiando su di me, con espressione soddisfatta… commentando: “Mi piace averti ai miei piedi”…
Ho incontrato Pene, nell’oasi dei pirati che sta arredando sulla spiaggia fuori dalla prigione… mentre mi buttavo addosso un pesante mantello, e un paio di occhiali che mi nascondessero gli occhi arrossati, le ho raccontato la mia avventura. Mi sono fatta abbracciare, consolare. Ho annuito quando Pene ha mormorato la parola “vendetta”.
E sono tornata, zoppicando, verso Winsconsin. Verso le docce che abbiamo installato nel cortile, verso una cascata d’acqua che portasse via tutto l’orrore di questa mattina… lasciando solo, come dice il personaggio di Claudia Cardinale in “C’era una volta il West”, un piccolo, schifoso, ricordo in più. Quel che è successo è successo, ma io sono più forte. Io sono Win. Io ho Lella, Andromeda, Jelena e Lorella. E sono riuscita a tornare a casa.