Approfitto della mia prigionia a Villa BDSM per una noticina veloce su due care amiche che da poco hanno avviato la loro esperienza come bane. Mano nella mano, come due innamorate avviate all’inferno.
Nei giorni trascorsi fra La vendetta di Cerdita e Win finisce in Gloria, ho fatto in tempo a sottoporre alla procedura della Kelley Technologies ben tre nuovi bane (fra cui la mia prima italiana, la collega blogger Serenella Abruzzo, a sua volta creatrice di un banesuit che prima o poi mi piacerebbe provare). Ho la sensazione che la maggior parte degli Operatori battano la fiacca, perché c’è gente che attende in fila il suo turno da molti e molti giorni – ma c’è anche chi si sta dando da fare. Io, nel mio piccolo, ho sistemato già ben nove prigioniere. E poi c’è questa Jacolyn Mathy, che abitualmente è una domme e che come Operatrice mi sembra molto brava. Nonostante Moss si fosse candidata per prima (ma lei imbroglia: vuole fare solo le prigioniere che conosce e si era prenotata anche per farsi Challenge Nakamura!), alla fine è toccato a Jacolyn di banificare congiuntamente due mie vecchie amiche, Mudlark Burns e Halle Westland.
Avevo promesso tempo fa di parlare del libro che Halle aveva dedicato a Mudlark – un vero gesto d’amore, realizzato imprigionandola in un attillato catsuit con mascherina di gatto, e chiedendo alle sue dieci amiche più strette di farsi una fotografia con lei e di dedicarle due righe. Logorroica come sempre, io mi sono un po’ allargata, ed ecco quello che ho scritto su Mudlark, con le foto che le ho scattato:
Mudlark Burns la conosco praticamente da quando per la prima volta ho trovato la via per Stonehaven – una frase che potrei anche riformulare in “la prima volta che ho seriamente passato un po’ di tempo su Second Life”. Fra le tante sub dedicate, come Moss Hastings, Cerdita Piek e Bunny Hastings, mi parve un soggetto minaccioso che avvicinai con qualche timore, forse sperando di mettermi nei guai. Alla fine mi pare che abbia giocato un po’ con le mie manette… ma con l’interesse intermittente di un gatto che gioca con un topo già mezzo morto: un colpetto con la zampa, e poi più niente per un po’…Ricordo un giorno di averla legata, in non so bene che torre di Psi Merlin, con le corde shibari Real Restraint che si era appena comprata – e di aver capito solo allora che le sue propensioni erano molto più vicine alle mie di quanto non avessi notato fino a quel momento. Dopo quella volta ci è capitato di giocare coi rispettivi legami, ma in genere passavamo molto più tempo chattando, sparando battute e aprendoci un poco una all’altra. So essere chiacchierona fino all’esaurimento dell’interlocutore, ma lei ha saputo non darmi mai l’impressione che l’annoiassi a morte. Mi ha tenuto compagnia per una lunga giornata quando ero stata rinchiusa da Jaron in una gabbia molto isolata, e mi ha tenuto alto il morale facendo liete capriole ogni volta che uno dei miei tentativi di liberarmi dalle manette andava a buon fine.
In tempi recenti, la Vita Reale ha assorbito una parte crescente del suo tempo e ciò significa che ho avuto meno occasioni di passare tempo con lei. Ma ho notato che non fa veramente differenza, perché ogni volta che la incontro di nuovo, anche per pochi minuti, sento la stessa persona brillante, lo spirito affine, e l’appassionata di fantascienza che saprà cogliere alcune delle mie citazioni “culturali”. È qualcosa che chiamo amicizia. Anche in un mondo strano ed effimero come Second Life.
Sono orgogliosa di essere tra le 10 persone chiamate a contribuire a questo libro. Ti voglio bene, Mud!
Win
E… beh, non ho avuto modo di scattare fotografie per l’emozione. Ci sono cose che un’immagine non può spiegare. Vedere Mud e Halle entrare nella detention room tenendosi per mano come due bambine spaventate… sentirle sussultare insieme per la paura quando una porta si chiudeva alle loro spalle, o quando udivano i lucchetti scattare… vederle prendere coscienza della irreversibilità della trappola in cui si erano cacciate… le loro mani che si protendevano una verso l’altra mentre entrambe si trovavano inermi su due tavoli operatori antistanti… le loro voci che ripetevano, ogni poco, “Ti amo, tesoro”… fino a quando il casco del Custodian non è stato calato sulle loro teste, e le ha fatte tacere…
Mi sono dovuta voltare per nascondere le lacrime e le ho salutate un’ultima volta con una sorta di singhiozzo, un attimo prima che la procedura le isolasse completamente dal mondo, sole ciascuna con il suo Custodian e col ricordo dell’altra. E la consapevolezza di doversi stare lontane fino alla fine della sentenza.
Possa Chi Di Dovere regalare a ciascuno di noi poveri avatar un amore così forte, bello, completo… e drammatico. Almeno su Second Life.
(Prossimamente: La chiamavano Gloria, ma il suo nome era Tempesta)