Per gentile concessione dell’autrice e di Astor Robbiani, il testo completo dell’intervista su Eudeamon che mi ha fatto Rossella Pintens e che è apparsa sull’ultimo numero di L Magazine
Il 19 febbraio scorso, nemmeno un mese dopo l’uscita di Eudeamon in libreria, ricevo questa mail:
Ciao Win!!
io devo fare un pezzo sul prossimo numero della rivista in uscita a fine mese.
Volevo fare una sorta di intervista a te riguardo Eudeamon…..
Penso che l’idea sia interessante.
Stasera ti mando un po’ di domande. Altre che reputi opportune vorrei che le aggiungessi da sola.
Poi la monto e la “coloro” io.
Mi serve anche un jpg della copertina.o una texture in sl se già ce l’hai. Come vuoi.Cerchiamo di avvicinare più persone possibile al libro.
Io a Xxxxxx sto facendo tam tam.Ma rispondimi urgentemente perchè martedi’ devo avere il pezzo finito e in mano.
Ovviamente se sei contraria fammelo sapere!Un bacio mentre una mano scivola piano piano verso i tuoi polsi e cerca le manette……e l’altra tocca nervosamente il foulard attaccato alla borsa…..
Rossella
Win
Lettrici, in questo numero voglio parlarvi di un libro che ha toccato l’anima di chiunque sia dotata di cuore e sentimento. Voglio parlarvi di Eudeamon, tradotto in italiano da una mia cara amica. E dato alla stampa in questi giorni. Lei è WinthorpeFoghorn Zinneman, un nome che sembra un terremoto tedesco e invece è solo pieno di dolcezza italiana. (/me sorride). Due parole sulla trama. Nella città di Eudeamon per scontare reati non troppo efferati si può scegliere di fare ricorso a una pena alternativa. Quella di farsi chiudere in una tuta di lattice con casco sigillato e organizzarsi una vita vagando in città senza avere nessuna possibilità di comunicazione con l’ambiente. Nessuna interazione, si diventa dei pària, dei “Bane” appunto. Ogni tipo di infrazione a questa regola viene punito da un software che è stato provvisoriamente impiantato nel cervello e che ti controlla e ti sorveglia (Il Custodian) e può estenderti la pena infliggendoti penalità ad ogni violazione del regolamento. Al centro del romanzo quindi c’è la figura del Custodian (che dovrebbe essere fredda tecnologia) e lo studio dell’interazione che questo Custodian ha con i prigionieri. Rapporti che possono prendere una piega molto molto particolare, al punto da far compiere ai “Bane” determinati gesti trasgressivi, apposta per auto-allungarsi la pena…. È il perché di questa cosa che si deve approfondire…….
Ho deciso quindi di intervistare Win (abbreviazione del terribile nome…) facendole alcune domande che possano stimolare in voi la curiosità di leggere questo bellissimo romanzo da lei tradotto e reso accessibile al pubblico italiano.
Ciao Win, intanto complimenti per la bella traduzione! Tu pensi che un libro così mirato verso un certo genere e una certa categoria di persone possa invece interessare chiunque? E se sì, perché?
E poi, per me che amo tanto scrivere, c’è un altro tema che è quello del linguaggio. Anche se sai usare bene le parole, non riesci mai a esprimere davvero, nei dettagli, quello che provi e che vorresti dire. Non bastano le parole, non bastano le carezze, i sorrisi, i sensi: anche quando sei davvero in sintonia con qualcuno, c’è sempre qualcosa che sfugge, qualche margine di incomprensione, di attrito. L’idea di qualcuno (o qualcosa, nel caso del Custodian) che prova quello che provi tu mentre tu lo provi e con cui la comunicazione è automatica e cristallina e inequivocabile, per me, è molto seducente.
A giudicare dai risultati del tuo lavoro, hai dato vita a un ottimo prodotto, pieno di vita e pulsante! Hai trovato particolari difficoltà nella traduzione?
Lo stesso vale per il “Custodian”, che ho lasciato alla fine in inglese perché la parola evoca sia il senso della custodia (come un agente di custodia) sia quello di angelo custode (anche se questo, in inglese, lo chiamano Guardian Angel). Chiamarlo “Guardiano” avrebbe mantenuto solo il primo dei due significati e, d’accordo con l’autrice, ho ritenuto che mantenere almeno l’allusione a un’entità benevola che è severa ma che ti protegge fosse qualcosa che corrispondeva allo spirito del libro.
Altrimenti, beh, ho solo cercato per quanto potevo di mantenere il senso molto colloquiale di certe espressioni, anche in qualche frase mal costruita, in qualche esitazione e perfino in qualche costruzione non proprio ortodossa sulla pagina scritta ma comue in quella parlata.
Secondo te gli sforzi fatti per riprodurre l’esperienza del libro in Second Life sono stati capiti fino in fondo?
Per la mia esperienza, non da tutti. C’è chi si è accostato al Banishment sperando di rivivere pedissequamente le scene descritte dal libro, come se fosse proprio uno script da seguire. Altri che l’hanno fatto per provare l’isolamento. Chi cercava il suo Eudeamon e chi voleva solo, una volta trasformato in Bane, uscirne prima possibile. Come dicevamo prima, credo sia impossibile farsi capire sempre e da tutti – e dopo tutto la ricchezza di questo mondo deriva anche da quanto ogni persona sia diversa dalle altre. Non so se gli sforzi per riprodurre l’esperienza siano stati capiti, ma non posso nemmeno avere la certezza che tutti capiscano Eudeamon come l’ho capito io – nè che la mia comprensione del libro sia più giusta di quella di altri lettori.
Quello che ci tengo a sottolineare è come, nonostante la spesa elevata della cauzione per parteciparvi, l’esperienza offerta da Marine Kelley è assolutamente no profit. Dei 2000 L$ richiesti ai candidati, 1800 sono restituiti al termine del Banshment. Ne restano 200, di cui 100 come contributo spese per la land (e chi ha un terreno in affitto sa bene quanto questa cifra sia una briciola rispetto ai canoni e alle tasse che si pagano) e 100 che vanno all’Operatore. Considera che sottoporre un Bane alla procedura è una faccenda che dura da un minimo di un’oretta, proprio se si corre come disperati, a due ore e più quando il candidato è in vena di interpretare la cosa in modo più articolato e magari ti stimola a sviluppare il dialogo in modo creativo e a volte inatteso. Non è una cosa che fai per guadagnare L$: ne fai molti di più con le mance in qualsiasi club di lap dance.
Al di là di un tecnicismo esasperato, trovi che si sia potuto riprodurre fedelmente il contenuto del libro?
Quello che naturalmente Second Life non può e non potrà mai dare, ovviamente a parte la sensazione della costrizione fisica, è lo sviluppo dell’Eudeamon. So che il Banishment di Marine ha una funzione misteriosa che porta alcuni Bane lungotempo (e NON tutti) a vivere un’esperienza di epifania dell’Eudeamon analoga a quella della protagonista del libro… però personalmente non ne ho mai avuto esperienza diretta – e credo di poter escludere che esista un modo, sia con uno script automatico, sia con una eventuale persona che interagisca col Bane, per restituire la sensazione di completezza, di interezza che Katrina Nichols, nel libro, scopre quando si fonde con Inverno.
Credo che ci sia, ma credo anche che sia diversa di caso in caso e che non si possa generalizzare. Alla fine il legame che conta non è mai quello fisico (o, nel nostro caso, fisico in senso virtuale, se mi perdoni l’acrobazia logica) ma quello emotivo. Allora, nel momento in cui faccio scattare un paio di manette ai polsi di qualcuno, nell’attimo in cui metto un lucchetto su un collare, nell’istante in cui saldo il casco da Bane sulla testa di un prigioniero, molto dipende dalla sua reazione. Ci sono persone che vogliono arrivare in fondo alla procedura per vivere l’esperienza in solitudine, e che attraversano il tutto in modo quasi frettoloso… altre che si compiacciono di fare un RP elaborato e di buon livello, ma che magari lo fanno con la freddezza di un attore consumato… altre ancora che ti trasmettono la loro emozione e che ti permettono di nutrirtene. Con queste, senti subito vibrare qualcosa si diverso e in qualche caso ti rendi conto che l’emozione che ti lega non è più solo quella semiprofessionale di chi è Operatore e chi Bane, ma qualcosa di più profondo.
Però, attenzione, il Banishment è di per sè una esperienza fondamentalmente solitaria, e di solito anche a una procedura molto emozionante seguirà necessariamente un lunghissimo periodo di silenzio. Da Operatore cerco quando posso di seguire i miei Bane – ma in genere mi accorgo che preferiscono essere lasciati in pace, a godersi il silenzio, la solitudine e la serenza disperazione di chi sa che non c’è modo di liberarsi se non aspettare che passino le ore cercando di non commettere violazioni che portino a ulteriori estensioni di sentenza. Per cui, certo, quella soglia di cui parli ci può essere… ma nel Banishment, di certo, meno che con altri tipi di legame. Qui l’emozione è proprio data dall’automatismo, dal computer impassibile e implacabile che segue le sue regole e non ha pietà perché non è programmato per averne.
Passiamo ora ad esaminare un aspetto collaterale. Il Custodian su SL spesso è una persona in carne e ossa, però l’attività secondo me è proliferata oltre misura… Puoi dire due parole contro la crescita esponenziale del numero di schiavi e schiave ma anche di mistress e di master nel mondo di SL? Pensi che questo sia un problema e che svilisca un qualcosa di più importante?
Credo che il fenomeno in world sia meno diffuso di quel che si crede. È vero che molte persone si sottopongono al Banishment, ma non mi pare che il fenomeno stia dilagando – anche se potremmo assimilare al Banishment alcune delle esperienze di quella che chiamano “dollification”. Non saprei dire cosa attragga altre persone ma posso parlare per me stessa e, se ci penso davvero, credo che a spingermi siano almeno due pulsioni, una forse più pratica e una più profonda. Quella pratica è che a volte anche Second Life può diventare molto stressante: decine di amici e amiche, troppi IM che arrivano a raffica, impegni, rapporti, emozioni a volte eccessive. Quando sei chiusa nel banesuit, gli IM non ti arrivano e non ne puoi spedire… non puoi parlare, non puoi toccare, puoi solo andare in giro e guardare da lontano. Così riscopri per un po’ una vita di esplorazione, di viaggi, di solitudine e riflessione… ritrovi un po’ di spazio per te stessa e i tuoi pensieri. Una sorta di vacanza della mente e anche del cuore, e una liberazione dagli intrighi, dalle paranoie, dalle gelosie.
L’altra pulsione che penso mi spinga in questo genere di bondage (perché su SL è difficile che il banishment possa essere qualcosa di più che una elaborata forma di bondage) è una cosa che ho messo un po’ più a fuoco ascoltando le reazioni di qualcuno che era sconvolto perché una persona a cui voleva bene aveva voluto per forza fare il Banishment. Ricordo che diceva una cosa del tipo: “Che gusto si prova a essere morti prima del tempo?” Ecco… essere un Bane è un poco come essere morti senza esserlo e, forse, almeno per me, è un modo di esorcizzare la paura della morte vera, che verrà e che non potrò conoscere – perché come diceva, credo, Epicuro, quando ci sarà la morte non ci sarò più io.
Credi che un giorno i sentimenti possano davvero farsi largo anche nelle intelligenze artificiali e a manifestarsi con interferenze di qualunque tipo nelle relazioni tra macchina e essere umano?
Certo che, a istinto, il coinvolgimento con una macchina mi fa pensare più a una forma più o meno elaborata di autoerotismo che a qualcosa che possiamo anche solo avvicinare all’amore. Una cosa che mi affascina di Eudeamon è che il dubbio rimane sempre: il grande amore fra Katrina e Inverno è davvero amore? O non è invece una forma di chiusura in se stessa, in cui Katrina vive una schizofrenia indotta dal Custodian che, dopo tutto, è prodotto dalla interazione fra un programma uguale per tutti e i circuiti neurali della prigioniera? E ancora: anche ammesso che Inverno sia davvero un’entità cosciente separata da Katrina (e non un prodotto della sua immaginazione, o addirittura lo specchio di Narciso) quello fra loro è amore vero, oppure è solo l’inevitabile attrazione verso qualcuno che ci perdona e ci accetta e ci adora per come siamo, senza discuterci o cambiarci? L’Eudeamon è un angelo custode? È Dio? È l’Amore in sè?
Tu che in SL sei operatrice del progetto “bane” in world, e che quindi in pratica chiudi i lucchetti e le porte a queste persone, limitandone la libertà, sei mai stata presa dai sentimenti? E poi, in tutta sincerità, ci sono persone tra quelle che conosci che avresti voluto “controllare” e sottoporre al progetto? Hai la possibilità di elencare cinque nomi di persone in world che vorresti sottoporre al progetto “bane”.
Anche per questo, non credo di poter dire cinque nomi che vorrei sottoporre al Banishment – sarebbero solo nomi di amici o amiche che mi hanno detto o fatto capire che vorrebbero provarci. Mi viene in mente forse solo V.V., che avrebbe voluto provare ma che non ha avuto il permesso della sua partner e ci ha rinunciato. Ma non è una cosa a cui potrei aver voglia di sottoporre qualcuno che non lo desidera.
Oh, certo che sì. Al Banishment Program non si diventa operatori se non si ha fatto prima l’esperienza. Bisogna sapere cosa si prova là dentro, per potervi sottoporre qualcun altro. Io avevo avuto la fortuna di entrare nel programma in fase di betatesting: sono stata la numero 7 dei primi 10 bane di Marine Kelley – tutti sottoposti al programma insieme, e tutti interrogati poi via notecard su come e cosa funzionasse all’interno del casco. La ricordo come una delle esperienze più intense della mia Seconda Vita: è stato allora che ho cominciato a scrivere il mio blog, che esiste ormai da quasi un anno.
Ho vissuto altri due Banishment. Uno per mano di Samy80, un’amica che vedo ormai molto di rado, e che mi chiuse nel Banesuit di Sable Janus (oggi purtroppo abbandonato dalla creatrice, per cui non più in commercio e non più utilizzabile con le versioni recenti di Second Life) e mi fece passare alcuni giorni indimenticabili. L’ultima è stata invece con il Banesuit creato da una italiana che era stata mia “cliente” alla Kelley Technologies – una certa Serenella, che qualche mese dopo è scomparsa da Second Life senza lasciare traccia e prima che potessi conoscerla meglio come mi sarebbe piaciuto. Curioso pensare che, dei tre Banesuit che ho provato, due siano ormai inaccessibili al pubblico.
Durante la traduzione del libro, sognavi? Cosa si prova a tradurre un libro che coinvolge così tanto le proprie emozioni?
Win, se si dovesse presentare la tua partner, tua moglie, tuo marito, insomma un affetto importante a farsi “rinchiudere” e “controllare” da te, come pensi che reagiresti tu e come invece pensi che bisognerebbe reagire? E’ possibile l’indifferenza?
Rossella, non so cosa rispondere a questa domanda. Non sono ancora riuscita a capire se per me queste cose sono fantasie che vorrei vivere nella mia vita reale oppure se penso che sia megio mantenerle nel mondo della fantasia. Non ho mai saputo come fare a comunicare questi desideri alle persone che mi sono care. Il mio blog mi ha permesso di parlarne, di rifletterci sopra e di condividerlo con altre persone. Non so davvero se mai troverò la forza, il desiderio o il modo di invitare, di offrire a qualcuno nel mondo reale il controllo su di me – o il mio controllo su di lui.
Che tipo di differenza percepisci se a parlarti del libro e a intervistarti è ora una Mistress piuttosto che una persona estranea a tutto questo mondo? Voglio dire….. la gente non coinvolta riesce a non essere banale oppure è una mera utopia?
Eheheh, difficile a dirsi… a giorni dovrei essere intervistata (sempre via mail) da una persona Real Life che credo sia estranea al mondo del BDSM… anche se a quanto ho capito è quantomeno simpatizzante e che nel frattempo mi è passata a trovare in-world. So che quando ne parlo ad amiche o amici in RL cerco sempre di sottolineare il cuore romantico del libro più della fascinazione per il lattice, per evitare quel sospetto che mi sembra sempre di percepire nei non iniziati (e che, chissà, magari invece viene dalla mia paura di scoprirmi troppo e di espormi al giudizio degli amici “non coinvolti”).
Hai dovuto spingere un po’ per imporre questo libro e le sue tematiche particolari a un editore, oppure hai trovato parecchie persone intelligenti?
A pensarci ora, sembra sia stato tutto facilissimo. Ho scritto a un po’ di editori, che non mi hanno risposto oppure (nel caso di un amico che lavora in una casa editrice e che è stato il primo a cui abbia proposto il libro) mi hanno detto “mah, sì, anche affascinante, però non so tanto…” Poi ho conosciuto in-world una persona che mi è parsa interessata davvero e sono riuscita a entusiasmarla. Alla fine è stato lui a trovare l’editore e a convincerlo che potevo essere la persona giusta per tradurre il libro in italiano nonostante non avessi mai fatto prima questo mestiere.
Beh, avrei bisogno di un numero di parole almeno pari a tutte quelle consumate finora in questa intervista. Posso provare a riassumere dicendo che la sensazione è quella, vertiginosa, di sprofondare via via in modo inesorabile in qualcosa di sempre più stretto e soffocante ma, al tempo stesso, protettivo e rassicurante. Per me è sempre l’inizio, il momento più emozionante: quello della chiave che passa di mano, e poi dello scatto del lucchetto.
Ci descrivi in pratica le operazioni cui in SL sottoponevi un bane dal momento che si presentava con una sentenza di condanna fino alla sua “chiusura”? Ti lasciavano sempre indifferente?
Indifferente? Mai. Anche se la procedura è ripetitiva, ogni candidato Bane è diverso. La descrizione delle operazioni necessarie sarebbe davvero lunga, però, e comunque il contratto con la Kelley Tech proibirebbe di parlarne – essenzialmente per non guastare l’esperienza a chi decide di provarla. Posso dire che è molto simile a quella descritta nel libro, anche se l’Operatore è in genere uno solo (mentre nel libro si avvicendano numerosi dottori, tecnici, guardie e infermieri). Addirittura, nel corso della procedura, uso quando posso alcune frasi ispirate, o tratte direttamente, dal testo originale… e a volte capita anche dall’altra parte… l’ultimo Bane che ho sottoposto alla procedura mi ha sorpresa usando una frase di un personaggio del libro: “Mi sta mangiando il cervello!” Quando trovi il Bane davvero appassionato, anche se è la ennesima volta che compi le stesse operazioni, l’emozione la ritrovi tutta.
Come dicevo prima, io credo che non sia il Banishment il modo migliore per creare un rapporto fra il carceriere e il prigioniero, perché dopo la procedura si tende ad essere lasciati il più possibile soli a vivere l’esperienza fino alla scadenza naturale. Ma in generale penso che quello che spinge un prigioniero a provare qualcosa verso chi ne tiene in mano le chiavi sia quel fenomeno che una mia amica chiama Sindrome di Stoccolma e che ha anche provato ad articolare in una serie di regole fin troppo precise (lei è americana, quindi ha un po’ quella tendenza classificatoria e di suddivisione di qualsiasi evento in una serie di passi, anzi di “step”, successivi). I rifiuti, se giustificati. L’intransigenza, se imposta con intelligenza. Ma anche l’occasionale concessione, la mancanza di rigidità precostituita, la sensazione che dall’altra parte ci sia un essere umano. Il fascino del Banishment su SL è l’opposto: la freddezza della macchina, il senso irreversibile di trappola che si prova sapendo che nessun essere umano ti potrà aiutare. Perché, parafrasando lo slogan di un film di un po’ di anni fa, nel Banesuit nessuno può sentirti urlare.
I risvolti BDSM del fenomeno Bane in che misura ne hanno decretato il successo su second life?
In misura notevole, senza dubbio. Su SL, il Banishment non può essere che uno strumento complesso e sofisticato di bondage. L’Eudeamon, che è quello che dà al romanzo il suo colpo d’ala straordinario, non ci può davvero essere, credo… anche se ho colleghe Operatrici che hanno avuto numerosi Bane cosiddetti “Eudeamonici” mentre io, che ne avrò sistemati almeno una trentina, non ne ho avuto neanche uno! Su SL, il Banishment è solo una forma di costrizione che, mediante un RP ben fatto, permette di fantasticare e un po’ sperare di vivere un’esperienza in grado di evocare almeno una parte di un libro che, tuttavia, resta per forza inarrivabile.
Non sono all’altezza di fare una cosa del genere. Non solo, trovo che la conclusione del romanzo così come è ora sia così perfetta, così soddisfacente e conclusiva, che spero che nemmeno Erika decida mai di scrivere un seguito.
Ma posso dirti che spesso mi capita di sentire il richiamo del Banesuit e penso che prima o poi mi deciderò a provare di nuovo l’esperienza – licenziandomi dal ruolo di Operatore e tornando a farmi impiantare il Custodian nel cervello. Chissà se sarà la volta buona che riesco a trovare il mio Eudeamon!
Beh l’intervista è finita………magari ci siamo dilungate un po’ ma penso valesse la pena. Adesso non posso che rileggere il libro un’altra volta! Nel frattempo………devo fare un’altra cosa, Win, la “devo” fare.
Click, click, click e… oh no non puoi e non devi più parlare……click.
Ovviamente mentre ti accarezzo.
/me sorride. Grazie Win…
Rossella/Libeccio