Le cartelle gerarchiche del RLV

Sollecitata da molti e a lungo rinviata, una veloce guida, per chi non legge l’inglese, alle novità nella gestione che il Restrained Life Viewer consente alla cartella condivisa.

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L’avevo promessa da tempo, poi alcuni impegni di RL – ma anche, come si sarà visto, un periodo in-world che, fra Andromeda e Challenge, mi ha dato parecchio da fare – mi hanno costretta a rinviare più e più volte. Ma una promessa è una promessa ed ecco qui qualche spiegazione per cercare di aiutare gli utenti RLV che non parlano inglese a organizzare in modo decente la loro cartella condivisa. In modo da poter approfittare di qualcuna delle novità che Marine ha introdotto nel Restrained Life Viewer versione 1.13, nell’ottobre 2008. Siamo ormai a marzo 2009 e il RLV è arrivato alla versione 1.16, quindi bando alle esitazioni e andiamo a cominciare.

Subfolders_Outfit_main_shared_root.jpgNon starò a rispiegare qui cosa sia il comando Force Wear, accessibile dal plugin Outfit di alcuni dei Real Restraints. Rinvio al post che scrissi all’epoca, che è in gran parte ancora valido. L’unica cosa sostanziale che da allora è cambiata è che l’accesso alla cartella #RLV non si ferma più alla prima directory ma funziona in modo gerarchico. Che vuol dire? Che all’interno della cartella #RLV è possibile ora mettere altre cartelle in modo da poter organizzare le cose in modo più razionale – e non costringere chi vuole metterci addosso qualcosa a scorrere pagine e pagine e ore di tentativi prima di scoprire cosa abbiamo a disposizione.

Tanto per cominciare, quindi, possiamo creare nella cartella chiamata “#RLV” (e che, questo voglio ricordarlo, per essere accessibile deve stare necessariamente al primo livello del nostro Inventory) una prima serie di sottocartelle. Ognuno può organizzarsi come vuole, naturalmente, ma è il caso crearne almeno due separate: una per i vestiti e una per i legami. Nel dar loro il nome, suggerisco di seguire il metodo pensato da Marine e che traduco qui sotto. Non è un requisito necessario, ma a pensarlo è la persona che ha creato e che tiene aggiornato il Restrained Life e, vi assicuro, seguirlo rende le cose più semplici.

* Ogni cartella che non contiene oggetti indossabili (cioè contiene solo altre cartelle) ha un nome che inizia con “>”. Questo fa in modo che appaia in cima a una eventuale lista, e segnala a chi sta curiosando nella nostra cartella che, cliccando quel bottone, si accede a una directory diversa.

* Ogni cartella che contiene oggetti indossabili (anche se contenesse altre sottocartelle, il che – come vedremo – sarà necessario per gli oggetti no-mod) non ha alcun carattere speciale – quindi viene ordinata in ordine alfabetico, sotto quelle che iniziano con “>”.

* Ogni cartella che contiene oggetti indossabili, ed è contenuta in un’altra cartella con oggetti indossabili (ad esempio, un oggetto in più che puoi voler aggiungere a un completo oppure no: diciamo un accessorio in più, un cappello, un oggetto alternativo) è considerato una “opzione”, una “aggiunta”, per cui viene battezzata con un “+” prima del nome. Ad esempio, “+ Corsetto” al completo “Mini in pelle” permette di indossare il completo e, volendo, aggiungere anche il corsetto.

No_mod_Step_2.jpgNon starò a spiegare passo passo come navigare in queste cartelle perché la cosa mi sembra intuitiva. È importante invece spendere qualche riga su come comportarsi quando ci si trova a dover indossare elementi caratterizzati da una scomoda combinazione di caratteristiche: oggetti che sono prims (e non semplici wearable: li si distingue perché nell’inventario hanno accanto l’iconcina di un cubetto giallo e non quella dell’indumento corrispondente, sia esso una mutandina, una maglietta o roba simile) e che sono non modifiable. Il lettore Restrained Life, infatti, ha il potere di ricordarsi, da una volta all’altra, quale sia l’attach point di un oggetto – ma solo se questo, essendo modificabile, può essere rinominato aggiungendo al nome il punto di attacco fra parentesi.

Mi seguite? Se, ad esempio, indosso un cappello, che presumibilmente andrà su “skull” (cranio), il RLV fa in modo che questo cappello venga rinominato da “cappello” a “cappello (skull)”. Ma se il cappello non è modificabile diventa impossibile anche solo rinominarlo. La soluzione è pertanto di inserire l’oggetto non modificabile in una cartella che abbia nel nome il punto di attach. Quale che sia il nome dell’oggetto, il comando Outfit apprenderà il punto di attacco dalla cartella che lo contiene – e che sarà a sua volta contenuta nella cartella del completo di cui l’oggetto fa parte.

L’unica accortezza da seguire è che ogni oggetto no mod stia in una cartella tutta sua. Ci può volere un po’ di tempo a farla, questa cosa, ma il viewer ci rende le cose semplici perché pensa lui a rinominare le cartelle. Osservate, prego, le immagini qui sotto, che ho spudoratamente rubato dal blog di Marine:  prima si crea un numero di cartelle vuote (New Folder) pari ai pezzi che ci dobbiamo inserire, poi vi si inseriscono i pezzi (uno per ciascuna cartella), infine li si indossa uno per uno e, come per magia, le New Folder che li contengono cambieranno nome automaticamente includendo anche il punto di attacco.

 

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Tutto qui, in effetti, e sono io stessa meravigliata di essermela sbrigata in un post così breve – ma mi sembra che non ci sia davvero altro da aggiungere. Chi volesse una spiegazione passo per passo dovrebbe rivolgersi direttamente ai due post originali sul blog di Marine, http://realrestraint.blogspot.com/2008/08/objects-sharing-tutorial.html e http://realrestraint.blogspot.com/2008/10/shared-outfits-tutorial-part-2.html – anche se sono abbastanza convinta che sia più utile provare a mettere in pratica quanto scritto qui sopra direttamente in-world. Ma visto che per una volta tanto sono stata concisa approfitto di queste ultime righe per segnalare la nascita del blog di un’amica, intitolato Restrained Italia. È il terzo blog che Erikah Jameson crea da quando ci conosciamo e spero che, a differenza dei due precedenti, questo lo manderà avanti con maggior costanza – anche perché i post comparsi in questi primi giorni sono una preziosa guida ai segreti degli Open Collar, che io ancora conosco quasi niente ma che offrono, gratuitamente, molte delle funzioni offerte da tanti prodotti commerciali. Io sono e resto una fedelissima di Marine, i cui prodotti restano per me inbattibili – ma gli Open Collar possono contribuire in modo notevole alla diffusione del Restrained Life anche fra i niubbi che ancora non hanno Linden da spendere. Per chi vuole provare su Second Life i piaceri del bondage, ormai, non c’è davvero più scusa per usare il client regolare.

Le cartelle gerarchiche del RLVultima modifica: 2009-03-06T23:33:00+01:00da winthorpe
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Un pensiero su “Le cartelle gerarchiche del RLV

  1. Grazie mille Win per la traduzione, personalmente non ne avevo bisogno ma servirà sicuramente ad incuriosire molte persone riguardo il RLV che magari non sanno come funziona. Sembra interessante anche il blog di Erikah Jameson che non conoscevo, grazie per la segnalazione :)

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