Playing With Myself

Una bizzarra pausa pranzo sperimentando un client di Second Life che funziona direttamente dal browser. Niente di indimenticabile ma l’occasione di incontrare per qualche momento una persona che cerco da sempre.

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Immagine 6.pngEra arrivata l’ora della pausa pranzo in ufficio, oggi, e ho fatto un giretto su Facebook, scoprendo che Malbert Greenfield aveva postato un link per chiedere lumi: “Nightwish Sveiss, vado a colpo sicuro chiedendolo a te……cosa ne sai? Funzia?”. Night aveva risposto al volo: “Ancora in beta e se non hanno aggiornata dall italia funziona pure a schifio xD Nulla di che comunque, un client fatto dentro un browser :O”.

Dato che in questi ultimi giorni mi è capitato più di una volta, per affrontare questioni urgenti legate alla faccenda GreenZone, di dovermi collegare con un client solo testuale per iPhone (il nome, per chi fosse interessato, è “Pocket Metaverse“), l’idea di scoprire Second Life da ancora un’altra angolazione mi ha immediatamente intrigata eImmagine 3.png non ho esitato a cliccare sul link indicato da Malbert, per saperne di più. Ho aperto l’URL http://interest.secondlife.com/beta e dopo qualche secondo di attesa, mentre il sistema verificava se disponevo di una connessione sufficiente, mi è stato chiesto di inserire il mio indirizzo di posta elettronica e di premere poi “Explore Now”.

L’ho fatto. Ed ecco qui sotto il risultato:

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Mi sono ritrovata ad essere una specie di vichingo su una veranda davanti a una land lussureggiante. E va bene che la pagina mi invitava a cambiare il mio look scegliendo in una lista di altri avatar, ma la prima impressione è stata quantomeno di perplessità. Credevo che, avendo il mio indirizzo di posta, i LL mi avrebbero fatta comparire in-world così come sono ormai da oltre quattro anni – poi ho realizzato che nessuno mi aveva chiesto la password e che di conseguenza non avrebbe avuto molto senso che chicchessia potesse, usando la mia e-mail, comparire in-world col mio aspetto. Immagine 3.pngMi sono guardata intorno… ho provato velocemente una Vespa che ho trovato inopinatamente parcheggiata lì accanto… e poi sono stata disturbata da una collega e ho frettolosamente chiuso il browser.

Qualche minuto dopo, allontanatasi la collega, ho deciso di riprovarci. Dopo tutto, l’aspetto da vichingo non era dei peggiori e poteva valer la pena di farci un giretto. Ho fatto di nuovo quel login sommario, ho atteso che le texture varie si caricassero e sullo schermo è comparso… è comparsa questa tipa:

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Se prima ero rimasta sorpresa, adesso ero davvero disorientata. Ero tornata donna – anche una discreta figliola, devo dire. Ma adesso ero mora, con un abitino corto bianco, fuseaux e stivali neri. L’esatto opposto del vichingo che ero stata per pochissimi istanti appena qualche minuto prima.

Immagine 5.pngHo provato a frugare fra le opzioni per vedere se avevo un inventario da esplorare, ma non ho trovato nulla. Invece ho scoperto il modo di cambiare località e, così a naso, ho optato per un luogo che mi dava l’impressione di poter essere più frequentato degli altri. Mi sono tippata a Hobo Island, ho provato invano a interagire con un pupazzo che raffigurava Philip Linden e, quando ho visto che nessuna delle poche persone vicine mi filava di pezza, ho deciso di tentare una follia.

Sul mio computer non è possibile lanciare due volte lo stesso programma e di conseguenza non mi sarebbe possibile, anche se lo volessi, entrare su Second Life con due avatar diversi. Ma adesso ero in-world mediante Safari (il browser di base degli utenti Mac). Chissà se potevo entrare anche con quello che uso di solito, oppure se il sistema non mi avrebbe consentito di animare due avatar con lo stesso indirizzo e-mail? Mi sono detta: “È una scemenza”. Mi sono risposta: “Certo che lo è”. E ho avviato Phoenix, facendo login.

Ora, chi mi conosce sa bene che quando sono su Second Life mi identifico in maniera totale con quello che vedo sullo schermo. Questa volta, però, entrare mi faceva una sensazione strana e difficile da descrivere. Non sapevo ancora se sarei stata in grado di incontrare quella fanciulla dai capelli corvini a cui il sistema aveva attribuito un nome quasi da bane, “422357 Guest” – poteva darsi che il metaverso in cui lei era appena nata fosse un mondo parallelo e non compatibile con la Second Life normale. Tuttavia sentivo che, da qualche parte, qualcuno mi stava aspettando, e sentivo anche che questo qualcuno ero io stessa. Abituata ormai da anni a non avvertire alcun tipo di sdoppiamento quando mi affaccio nel metaverso, non mi aspettavo di provare questo capogiro.

Mi sono materializzata dove avevo staccato ieri sera: l’ufficio centrale del GreenZone al WCF, dove Fart riceve clienti e curiosi. Ero Win, sì, ma bastava che cambiassi applicazione ed ero di nuovo Guest, sola in una land sconosciuta, in attesa che qualcuno mi venisse a conoscere. E naturalmente ero la persona che  scrive queste righe, nel suo ufficio RL in quel momento semivuoto, ma con una testa che cominciava ad assomigliare a una stanza affollata.

Immagine 5.pngDa Safari, ho visto subito che 422357 Guest non riusciva a comunicare se non con gli avatar che si trovavano nelle immediate vicinanze – sul client via browser non esiste (non ancora?) la funzione di ricerca. Chissà però se Win e Guest si trovavano nello stesso mondo? Sono tornata su Phoenix (ed ero Win) e ho provato a cercare Guest, quasi certa che non l’avrei trovata.

E invece sì, 422357 Guest c’era. Le ho mandato un IM. Poi sono passata su Safari (ed ero Guest). L’ho ricevuto. Ho risposto. Stavo IMmando con me stessa.

A questo punto, il passo successivo era inevitabile: dovevo incontrarmi. Ma come fare? Guest, anche una volta ricevuto un IM da Win non era in grado di tipparla. Ritorno su Phoenix (ed ero Win), tentativo di tippare Guest. Niente. Forse perché Winsconsin è una land Adult e Guest non era age verified. Non avevo tempo di controllare. Sono tornata su Safari (rieccomi Guest), mi sono guardata intorno e ho visto, poco più un là, un tipo vestito di nero, tale Derrick Randall. Stavo per scrivere a Win il nome, poi mi sono resa conto che non era necessario.

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Di nuovo cambio di applicazione, e ritorno a Phoenix e a Win. Scrivo all’ispettore Derrick, veloce, quasi spasmodicamente. Gli chiedo se vede, vicino a se, una moretta che si chiama così e così. Lui conferma e accetta di mandarmi un TP. Saluto Fart, a cui ho spiegato in breve che cosa sto facendo, e accetto il TP. Intorno a me Winsconsin si dissolve.

myself_001.jpgImmagine 8.pngEd eccomi a Hobo Island, davanti al gentile Derrick. Lo saluto in fretta, perché ho qualcuno che devo incontrare. Devo, come spiego laconicamente a Derrick, “go playing with myself”. Qualcuno sente la battuta e ridacchia. Su Second Life abbiamo visto succedere di tutto e capita di rado di assistere a a qualcosa in grado davvero di turbarci. Faccio due salti, ed eccomi accanto a… me stessa.

Restiamo accanto per un poco e, come si può intuire, non facciamo grandi chiacchiere. In particolare, il mio obiettivo è fare qualche esperimento: capire se posso passare a Guest qualche oggetto (non posso: li accetta in automatico ma spariscono) se la comunicazione fra noi due è istantanea (lo è), se posso catturarla con la gabbia del Mystytool (posso eccome). Eppure, stranamente, sento che Guest in quel momento esiste nè più nè meno di quanto esisto io. Ogni volta che passo da Phoenix a Safari, da Safari a Phoenix, in una frazione di secondo sono l’altra: Win, Guest, di nuovo Win, di nuovo Guest. Tanto che quando tippo Malbert per fargli vedere la scena, dopo pochi istanti mi ritrovo a discutere con me stessa. Perché Guest ha già un suo caratterino, risponde alle battute, mi rimbecca, interagisce.

Vive.

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Immagine 17.pngGuest non vive a lungo, naturalmente. La land è devastata dal lag ma, soprattutto, la mia pausa pranzo finisce rapidamente. Mi accorgo che ho fatto tardi, che la mensa dell’ufficio è già chiusa, che fra poco i colleghi rientreranno e che ho ancora qualcosa da fare prima di potermene tornare a casa per iniziare il sospirato weekend. Se ne accorge Win, ma se ne accorge anche Guest, che saluta Malbert, me e un’amica comune con una battuta ironica: “Vabbe’, visto che non mi apprezzate me ne vado per sempre”. Chiude Safari e, dopo qualche istante scompare. Nella stanza della mia mente resta solo Win, come d’abitudine. E anche lei, dopo aver salutato gli amici, fa log off.

Ma stavolta, nella memoria sua e della sua agente RL, c’è l’incontro con qualcuno che nel brevissimo spazio di un’ora scarsa era già riuscito a conquistarsi una fettina di vita.

Quanti siamo, in realtà, qui dentro?

Playing With Myselfultima modifica: 2011-02-11T19:45:00+01:00da winthorpe
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