Come lei nessuno mai

I giorni passano e Belias non mi molla. Piccolo, frammentario, riassunto di quasi due settimane di struggle frustrati, di incontri, di chiacchiere, di tormenti. E della dolcezza imprevista di una mano di velluto nascosta in un guanto di acciaio.

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Basta attivare una piccola opzione nelle preferenze, e Second Life registra sul tuo hard disk tutte le conversazioni che hai avuto con chiunque. La chat pubblica va a finire tutta in un immenso file in cui diventa difficile fare ricerche – ma per quanto riguarda gli IM ogni tuo interlocutore ha un suo piccolo file di testo. Li ho ordinati per peso, ed ecco i primi tre risultati: Samy80 Owatatsumi (584KB), Belias Rubble (272KB), Rossella Pintens (228KB).

Considerando che Samy, praticamente, non si collega più da almeno un mese e mezzo (come stai, Samina? Dove sei? Come va il braccio?) il suo record è particolarmente notevole. Come è noto, io odio gli IM, perché ritengo che Second Life abbia senso quando diventa una sorta di film in cui si interagisce con chi è presente nello stesso spazio virtuale – e gli IM distraggono da tutto questo, riportando il tutto ai meccanismi della chat. Eppure, come tutte le regole, le eccezioni sono necessarie. E Samy, Belias e Rossella sono evidentemente state, in questi mesi, le eccezioni più importanti, qualsiasi cosa ciò voglia dire.

f0f9a2ad7c788bd9e36012de22fedc3d.jpgEppure, sulle prime, Belias non mi era parsa affatto una persona con cui avrei passato tanto tempo. Quella sua abitudine di sorridere in inglese (“Belias smiles”) anche quando si trova fra italiani, la famigerata tendenza a usare ogni tanto il “ke” invece del “che”, una propensione eccessiva agli IM (il che talora le provoca ingorghi di conversazioni simultanee, costringendo l’interlocutore presente ad aspettare parecchio prima che lei gli risponda). E poi un carattere non facile da decifrare: perché in teoria era la bestiolina domestica di Happytimes Dawes, che ogni tanto la incaprettava strettamente nel suo dungeon per punirla di questa o di quella disobbedienza – ma poi la trovavo spesso con in mano le chiavi di qualche malcapitato, pronta a sbruciacchiare un prigioniero con la palla di fuoco che a volte le compare nella mano. Si sentiva, fin da allora, che dietro a quell’apparenza di fragile vittima si nascondeva uno spirito molto più aggressivo della media.

Quando, ormai parecchi giorni fa, Belias mi ha acchiappata a tradimento approfittando della mia incauta mossa di aggiungerla ai nomi del plugin “Friends”, era chiaro che non sarebbe stata una passeggiata. Quello che non mi era chiaro affatto era dove questa passeggiata avrebbe finito per portarmi. Inizialmente, Belias ha annunciato che sarei diventata il suo “giocattolo” e mi ha sottoposta a tutte le umiliazioni che già avevo subito ad opera di Cerdita – ma fin da allora, l’obbligo di salutarla in IM non appena l’avessi vista apparire online aggiungeva un elemento potenzialmente più profondo. Mi è capitato un paio di volte di non inviarle subito il saluto richiesto – e di subirne immediatamente il castigo. Ci è voluto poco perché cominciassi a entrare in ansia ogni volta che si collegava, desiderando compiacerla in qualche modo, per cercare di evitare la sua ira.

87675ecc9f7a6fc6ce8d2cf7dea4b7c5.jpg1676a16aa7b80c71cc6e7f37bbdc7fda.jpg Sì, perché Belias, come Mistress, non è facilmente prevedibile. Senza motivo, la sua mano passa dalla carezza allo schiaffo in un attimo, ma altrettanto velocemente torna alla carezza. Per una frase sarcastica, ti molla dieci frustate, poi viene a baciarti sulle labbra. Ti umilia strappandoti via la gonna e lasciandoti esposta al primo che passa, ma poi non lascia avvicinare nessuno e ti fa sentire protetta nella cattività – almeno fino a quando non sparisce per un po’, a vivere avventure con il piccolo harem di prigioniere che, a quanto sembra, sta accumulando. Mi capita di guardarla negli occhi, quasi a cercare un lampo che mi annunci se sto per essere coccolata oppure punita, per una battuta che magari le ha anche strappato un sorriso – e scopro di non avere modo di saperlo prima. Quando quella mano si solleva, non sai mai se scenderà lenta e affettuosa o con un improvviso desiderio di ferire.

Una doccia scozzese, insomma, e non solo in senso fisico. Poche ore dopo aver dichiarato la mia riduzione a suo giocattolo, Belias ha cominciato a parlare di vendermi a qualcuno. C’è un tale Kikko Carnell, un proprietario terriero che fa lo sborone con frasi come “i soldi non sono un problema”, e per un po’ Belias mi ha fatto credere che sarei finita a lavorare per lui in qualche locale pieno di niubbi. C’è Faerie Nitely, una sua cara amica, che ha offerto una cifra per lei abbastanza ingente per fare di me una bambola con cui giocare (esiste, pare, una macchina che ti riveste di plastica e ti rende una marionetta nelle mani della tua proprietaria… che può immobilizzarti, vestirti e svestirti, portarti a spasso – a tutti gli effetti facendo di te una specie di Barbie a grandezza naturale). C’è Pedro, che avrebbe offerto anche lui una qualche sommetta per mettere le sue mani su di me. E c’è, naturalmente, Cielo, che ogni tanto ripropone l’idea perché, a quanto ho capito, il business plan di Villa BDSM consiste nell’affermarsi come agenzia di acquisto e vendita di schiavi.

Però i giorni passano, e Belias non mi vende. Anzi, spesso dice che sta meditando di tenermi per sè. Poi cambia idea: “Mi sa che adesso vengo e ti lascio andare”, mi scrive in IM da chissà dove. E invece arriva accanto a me e mi dà una ripassata a tutti i legami, vanificando in un lampo ore di tentativi per liberarmi. Poi annuncia di nuovo di volermi vendere, ma rinvia il momento a quando sarà riuscita a piegarmi. A quando, finalmente, mi sottometterò al suo volere – cessando i miei tentativi di fuga, arrivando al punto in cui il mio solo desiderio sia appartenerle. “Sto meditando di tenerti tutta per me”, mormora con un tono nella voce che mi mette il cuore in subbuglio. Ma poi la sua voce si abbassa un poco, aggiunge: “Non sarò mai all’altezza” e resta un po’ in silenzio. E io resto lì, confusa, sballottata fra i suoi pensieri come una barchetta nella tempesta, timorosa di contrariarla, incerta su come compiacerla, lacerata fra il desiderio di fuggire e quello di rinunciarvi. Ansiosa, soprattutto, di far sì che prevalga in lei il desiderio di non cedermi a chicchessia.

5cd21401559e5ad5c6c2c6a440cd7b4f.jpg Non so se in me si stia verificando la Sindrome di Stoccolma – io non sono Mystique, non so rinunciare a tentare la fuga. Ogni volta che mi trovo online e Belias non è presente, mi dibatto nelle manette cercando di liberarmi. Sobbalzo quando la vedo ricomparire online, perché ho la certezza che fra pochi istanti si materializzerà davanti a me per ritoccare tutte le serrature – per riconsolidare il suo dominio su di me. Tutto questo accade non una, non due, ma dieci, venti volte, più volte al giorno: tento di liberarmi per un po’, e lei torna a legarmi. Provo di nuovo, e lei torna a legarmi. Rinnovo gli sforzi. Lei torna a legarmi, spietata come una goccia che sa di avere, per scavare una pietra, tutto il tempo del mondo. E la pietra si scava, eccome: ogni volta che Belias torna a resettarmi le manette, la sensazione che provo cambia, lenta, quasi impercettibile ma alla lunga evidente: la disperazione di dover ricominciare ogni volta da zero, piano piano, si affievolisce… e a poco a poco comincio a provare qualcosa di diverso. Qualcosa come una vaga sensazione di ritorno a casa ogni volta che sento lo scatto delle manette attorno ai polsi, come se Belias fosse venuta a… a salvarmi dalla libertà che mi stavo conquistando. A riprendermi, a riabbracciarmi, a rammentarmi che sono sua e che non ho alcuna possibilità di sfuggirle. Fino a quando non sarà lei a volerlo.

Non che questo rallenti i miei tentativi. Ogni volta che lei si allontana, ogni volta che lei va offline, io riprendo freneticamente la serie degli struggle, degli squirm, dei tug. Però, quando lei resta lontana abbastanza a lungo, e io comincio a vedersi avvicinare il momento in cui i miei legami cederanno, in me comincia a crescere una paura ambigua: da un lato la paura che lei ricompaia, da un momento all’altro, per stringermi di nuovo nella morsa di metallo… e dall’altro il vago timore che questo non accada, che lei si distragga, che rimanga lontana da me ancora quel poco che basta perché io possa liberarmi.

Così, una mattina, succede qualcosa che mi turba profondamente. Mi sveglio presto in RL a causa di una zanzara molesta, mi rendo conto che non riuscirò a riprendere sonno, mi collego e riprendo i miei tentativi di liberarmi dai legami. Infilo una serie fortunata, mi libero dal bavaglio (che comunque Belias preferisce in genere tenermi aperto – mostrando di apprezzare la mia conversazione in un modo che mi lusinga più di qualsiasi complimento)… dalle manette… dalle cavigliere…

972172c9bdede2ad36ca84677f1d53e0.jpg …quasi. Sulle cavigliere arrivo quasi fino in fondo. So che mi manca una sola mossa per liberarmi, so che quella mossa è uno struggle. E so anche che ho recuperato le forze, che basta un clic per slegarmi. Ma esito. Se mi slego, adesso, cosa succede? Recuperate le mie chiavi, Belias non avrebbe più in mano nulla per trattenermi. Potrei andare a Stonehaven, a giocare con Cerdita, Forrest, Moss, Mudlark… potrei andare a occuparmi dei miei bane, da troppo tempo trascurati. Potrei tornare a trovare Mystique, vedere che succede fra lei e Jaron, vedere se l’harem sta crescendo.

E invece no. Mi scollego, decido di aspettare più tardi, di collegarmi quando è più probabile che Belias sia online. Per mandarle un IM di saluto, non appena si collega, e avvertirla: “Miss Belias, le mie cavigliere sono quasi aperte. Fai ancora in tempo a chiuderle, se vieni subito. Vuoi farlo?”

Il destino decide altrimenti, e quando torno online, Belias è già lì pronta ad aspettarmi davanti alla croce a cui sono appesa ormai da giorni. Le cavigliere mi vengono richiuse addosso prima ancora che abbia finito di materializzarmi – e benché io le dica subito quale era la mia intenzione, non sono così sicura che lei ci creda. Fatto sta che la sorpresa che volevo farle è andata: l’evidenza è che stavo quasi per sfuggirle, e che lei mi ha riacchiappata appena in tempo. Ci resto male io, forse ci resta un po’ male anche lei, se si limita ad assicurarmi il guinzaglio alle caviglie senza esigere che io le renda le chiavi di manette e bavaglio. Di tutti i legami che ho indosso, le cavigliere sono comunque le più difficili da sconfiggere. E la mia odissea riprende, su quella croce di Villa BDSM che, se va avanti così, rischia di prendere il mio nome.


(Prossimamente: Il gioco di Belias)

Come lei nessuno maiultima modifica: 2008-05-28T14:15:00+02:00da winthorpe
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4 pensieri su “Come lei nessuno mai

  1. Non ho parole. Leggo ogni volta i post con il cuore che batte forte… aspettando di vedere come va a finire, sentendo addosso forse le stesse sensazioni che senti tu, ma anche un desiderio intenso di averti tra le mani, legata e incapace di muoverti.
    E ci riusciro’. Ci puoi contare.

  2. Win fa marameo a Pedro, cercando di mostrarsi beffarda, sforzandosi di nascondere in qualche modo il rossore generato in lei dal complimento e quasi sentendosi rassicurata dal fatto che le sue chiavi sono al sicuro, in mano di Belias…

  3. Come ho già avuto modo di dirti, le vere catene le hai in mano tu, e saldamente imprigionano noi lettori a queste tue pagine.

    Il mondo non è fatto di cardiochirurghi, astronauti, ingegneri aerospaziali.. ci sono tutta una serie di figure a supporto, ugualmente importanti..

    Io ho trovato la mia dimensione nell’osservazione, quanto più neutrale possibile anche se vivamente partecipata, delle vicende che si snodano come un film in questo metamondo.

    Più che paragonarmi al leggendario Tom Taylor (o the taylor) passato alla storia come Peeping Tom per la sua ammirazione verso la celebre cavallerizza naturista, mi sento come The Watcher (vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Watcher_(comics) ) ed in questa missione che mi sono dato, ho documentato, anche per immagini, alcuni momenti di questo racconto.

    Momenti che mi han fatto pensare non poco alla Sindrome di Stoccolma.

  4. Mmm… per immagini, dici? Chissà se le immagini possono essere aggiunte nei commenti di questo blog… mumble… ma è roba imbarazzante?

    Quanto a “The Watcher”, New… vedo che era impegnato a non interferire, mentre io ti ho visto diverse volte con in mano chiavi di qualcuno, e talvolta anche con le estremità di qualche corda shibari… ;-)

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