Come nascono le guerre

Un breve resoconto di come, anche su Second Life, decisioni non ben ponderate possano porre le basi per conflitti potenzialmente devastanti in cui, tragicamente, il torto non è di nessuna delle parti contrapposte ma solo di chi ha creato la situazione. (La sottoscritta)

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Qualche tempo fa, scrivendo il post sul colpo di spugna destinato a rifondare su basi solide i rapporti del WCF con le vicine di casa della Fortezza, esordivo sognando ad occhi aperti di poter sciogliere con la diplomazia la questione palestinese. Non immaginavo che, nemmeno quattro giorni, avrei fatto una mossa di segno completamente opposto: qualcosa che, ironia della sorte, ha rischiato di creare al WCF una sorta di incrocio fra il corridoio polacco, la striscia di Gaza e l’Ulster, distruggendo in poche ore tutto quel delicato equilibrio a cui da mesi si stava lavorando.

L’occasione è stata una conversazione con travestroia Azalee, da molti mesi guardia del WCF, che da qualche tempo gironzolava con una tag che stuzzicava la mia curiosità: Si.Ve.S.I.O. Una roba che, su mia richiesta, mi spiegò significare Sindacato Vere Schiave Indomite e Ortodosse. Non sono particolarmente vicina ai sindacati in genere, quantomeno non ai sindacati come si sono evoluti (o involuti) nel nostro paese negli ultimi decenni, ma questa iniziativa, che mirava fra l’altro a fornire assistenza ai nuovi arrivati per la messa a punto della cartella #RLV, mi pareva lodevole. Buttai lì che quando fosse divenuta una realtà consolidata si sarebbe potuto pensare a una sede ufficiale all’interno della Land.

sivesio1.jpgParecchio tempo dopo, e in un giorno in cui mi collegavo frettolosamente dal lavoro, Traves ricompare al WCF e mi ricorda la promessa. Io, forse galvanizzata dal fatto che la crisi diplomatica estiva sembra rientrata, forse desiderosa di agire dopo molti mesi di sostanziale assenza dalla prigione (mesi in cui praticamente ogni iniziativa veniva avviata dalle Warden, da Jelena e da altri membri dello staff, da Elenaslv fino, appunto, a Traves), decido al volo di dedicare al Si.Ve.S.I.O. una delle quattro torri del WCF, fino a quel momento praticamente mai utiizzata. Autorizzo il Sindacato a piazzare un cartellone ben visibile, invio una notice allo staff per informarli della decisione, e poi mi scollego per occuparmi del mio lavoro RL che richiede la mia attenzione.

Passa qualche ora e ricevo, da parte di alcuni dei membri più attivi dello staff, una serie di comunicazioni. Alcune di queste sono molto diplomatiche, altre decisamente accese, ma il succo è questo: per lodevole che sia, l’iniziativa di Traves non è coerente col tipo di RP che il WCF è nato per stimolare e sostenere e rischia di contribuire a quella confusione che, in passato, è stato fra i motivi principali degli attriti con La Fortezza.

Sembrano sottigliezze, ma non lo sono. Perché è vero che nel giocare alla prigione entra in buona misura più un elemento di BDSM – ma è anche vero che ci sono differenze sostanziali. Uno schiavo o una schiava sono qualcosa di molto diverso da un prigioniero o da una prigioniera, e ospitare fra le mura del carcere un sindacato schiave significherebbe invece comunicare una sorta di sovrapposizione fra le due tipologie di ruolo. Vanificando, fra l’altro, l’impegno dedicato dalle Warden negli ultimi mesi per cercare di scremare le liste dei prigionieri in modo da tenere solo chi davvero è interessato a vivere un’esperienza dietro le sbarre.

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Purtroppo, queste comunicazioni, di cui vedo immediatamente la fondatezza, mi arrivano in un momento di impegno pesante RL che non mi consente di intervenire subito. Potrei collegarmi fugacemente per correggere la mia decisione: ma lo farei frettolosamente come frettolosamente l’ho presa e messa in atto. E se facessi un nuovo errore, senza valutare bene prima le alternative? Non ci sto: se ho sbagliato per la fretta non rischierò di sbagliare di nuovo per metterci una pezza al volo. tanto più che il tono di alcune di queste comunicazioni mi piacciono poco, perché mi mettono pressione, minacciando scioperi e dimissioni.

Passa qualche giorno di tensione, una tensione che resta quasi tutta dietro le quinte e che, nella mia impossibilità di entrare in world, produce una fitta corrispondenza in mail. Rimangiarsi l’invito fatto a Traves non sarebbe corretto, ma è anche vero che imporre una convivenza diretta del Sindacato e del WCF è stato un errore. Eppure non sono disposta ad affrontare il problema fino a quando non ho tempo di farlo come si deve: sono pur sempre io la titolare della land e non mi piace essere tirata per la giacchetta. Se mi si mette davanti a un aut aut senza darmi il tempo di riflettere, scelgo quello che conferma quello che ho fatto, a costo di perseverare nell’errore. A costo di lasciare che una persona di cui ho stima si dimetta dal ruolo che ha conquistato con mesi di lavoro. Ecco un estratto da due delle mail da me mandate in quei giorni:

Ho preso atto del problema e ne ho già parlato, come meno peggio potevo, con Traves. Ma non posso e non voglio sentirmi incalzata. Se vuoi stare alla tua prima mail, bene, se vuoi stare alla seconda e affrettare le cose posso solo dirti di fare come meglio credi. Di certo, se devi porre un aut aut con un timer che ticchetta, dubito che si potrà andare molto lontano – e come puoi immaginare me ne dispiacerebbe moltissimo.

e poi, dopo che le dimissioni sono effettivamente avvenute:

non avendo assolutamente modo di entrare e affrontare la questione con la calma necessaria, il modo in cui me la poni non mi lascia alternative. Se l’alternativa è entrare, ratificare una decisione che ne modifica un’altra mia, e uscire – oppure perdere [un membro dello staff] che stimo(e a cui sono legata anche da ben altri trascorsi personali), sono costretta a non intervenire per impedire la seconda opzione.

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Già ora che mi dici che ti sei autosospesa per impedirti di agire d’impulso la cosa mi appare molto più accettabile di come appariva nelle prime due mail. Un [membro dello staff] deve saper essere distaccato ed è giusto che faccia il passo indietro nel momento in cui sente di non poterlo essere.

Anche se chi ha seguito la faccenda in world sa bene chi siano le persone coinvolte, ho editato i due brani qui sopra per evitare di fare riferimenti diretti: perché quello che mi interessa qui non è il caso specifico, bensì la situazione generale. Come si legge in questo bellissimo libro su Second Life che ho finito di leggere questa estate e che consiglio a tutti (il titolo è The Second Life Herald e qui potete trovarne qualche copia a prezzi stracciati) bisogna saper riconoscere quando qualcosa che hai creato (o che controlli o di cui sei responsabile) acquisisce una vita propria, una sua coerenza e un suo stile… e bisogna saper accettare anche che inizi in un certo senso ad autodeterminarsi. Il WCF, nato quasi come un gioco di Andromeda per avere un luogo dove potessi tenerla prigioniera, è diventato nel tempo una prigione virtuale ma a suo modo vera e le obiezioni dello staff erano fondate, anche se i modi di esprimerlo non erano stati sempre ottimali.

sivesio2.jpgAdesso, il Sindacato ha la sua sede vicino al landing point della nostra land – a distanza di sicurezza dalla prigione, dalla Fortezza e dai negozi -e la crisi è rientrata, insieme al membro dimissionario dello staff. Ma trovare la formula giusta per risolvere il nodo che avevo creato ha richiesto, una volta di più, tempo, impegno, diplomazia e buon senso. Non solo o non tanto da parte mia, ma anche e soprattutto da parte delle persone che avevo coinvolto, emotivamente, in quel piccolo pasticcio.

Tempo, impegno, diplomazia e buon senso: un set di elementi che, su Second Life, hanno la stessa importanza che nella Vita Reale. Un altro esempio di quanto, a distinguere i due mondi in cui viviamo, a volte ci sia davvero solo un sottile diaframma.

(nota personale per Traves: adesso, però, cara, vedi di correggere il cartello sulla porta. Hai scritto “terriRoriale”, accidenti!)

Come nascono le guerreultima modifica: 2010-09-13T18:22:00+02:00da winthorpe
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