Bunny e la sindrome di Stoccolma

Il primo amore non si scorda mai, anche se è stata la storia di una sera – e per giunta unilaterale. La sindrome di Stoccolma e la ricomparsa della prima persona che mi abbia rapita.

966207323e1f46c2f1b507c1e89a9612.jpg

Tu provaci, ad essere una niubba appassionata di bondage. A gironzolare alla ricerca di qualcuno con cui giocare, senza avere il coraggio di fare domande, nè di attaccare per prima. Tu provaci, ad andare in giro per ore, sperando che gli altri si accorgano spontaneamente che sei una persona unica e che meriti la loro attenzione – senza sapere cosa fare per attirare l’attenzione di qualcuno, per far sì che si accorgano di te. Per diventare parte di qualcosa, di un gruppo, di un gioco, di un qualche evento. Tante persone che si affacciano su Second Life finiscono per rinunciare al gioco perché non riescono a superare questa prima fase, e non sopportano di trovarsi in mezzo a gente che parla di cose sue, ignorando i nuovi arrivati.

Ma questo accade in qualsiasi comunità, online e non. Ciascuno è unico, ma ci sono tanti di quei “ciascuno” che non esiste un vero motivo per cui gli altri si accorgeranno che tu esisti, se non ti dai un poco da fare per farti notare. A costo di sbagliare, di fare la figura della niubba che sei. La mia esplorazione del BDSM su Second Life iniziò, come accade a molti, con le gabbie: nelle segrete di Psi Merlin ce n’erano tante, e molte avevano la eccitante abitudine a chiudersi automaticamente quando ci mettevi un piede dentro, bloccandoti per un periodo di tempo che a volte era determinato da un timer (in genere abbastanza breve, sui dieci minuti) e a volte dalla tua abilità a scoprire la combinazione del lucchetto. Proprio mentre ero intrappolata in una gabbia del genere, Psi mi diede qualche dritta sulla strategia da adottare per cavarmi d’impaccio senza dover chiedere aiuto ad altri… avviandomi sulla via pericolosa ed entusiasmante di quella che non bara mai, ma che cerca di uscire dai guai seguendo le regole di volta in volta fissate.

e9d610894a489b22c99532288a459718.jpg Quando, dopo ore e ore di camping, ho avuto i soldi per potermi comprare le prime manette Real Restraints, ci sono voluti alcuni giorni prima che avessi il coraggio di “dimenticare” le chiavi in modo che qualcuno fosse in grado di catturarmi. E la prima a farlo fu Bunny Hastings, dolce fanciulla abituata a subire ma che, come recita il suo profilo, “occasionalmente potrei dominare ragazze che mi piacciono”. Stavamo facendo due chiacchiere, quando all’improvviso mi ero ritrovata ammanettata e trascinata in qualche gabbia, col cuore che batteva all’impazzata e Bunny che rideva di me, senza forse rendersi conto – lei da tempo abituata a questo tipo di giochi – del tumulto che stava scatenando in quel momento.

Quella volta, Bunny mi aveva lasciata con un timer di una mezz’oretta e le manette mi avevano lasciata libera abbastanza presto. Quando ci siamo incontrate in seguito, con l’idea di renderle il favore, ho provato a rapirla a mia volta, con effetti di goffaggine inaudita: ho pasticciato coi timer, rischiato di lasciarla in balia di un niubbo maschio (lei che gioca solo con altre ragazze), ci ho messo un sacco di tempo per fare una cosa semplice come sbatterla in gabbia. Alla fine l’ho lasciata andare biascicando qualche scusa e con la precisa sensazione di averla fatta arrabbiare. Per ventiquattr’ore mi sono tormentata: la prima persona che mi avesse fatto divertire e io mi ero mostrata inadeguata, priva di esperienza, non all’altezza delle sue aspettative.

Così le ho scritto, scusandomi, dicendo che avevo sbagliato a rapirla in un momento in cui non mi sentivo affatto dominante, cercando di forzare la mia natura e mettendo a disagio lei e in ridicolo me stessa. Nessuna risposta, così, la prima volta che l’ho vista online sono andata timidamente a chiederle ancora scusa. Lei non ha detto una parola: mi ha rimesso le manette, ha preso la chiave, e mi ha teleportata a casa sua. Lontana dai luoghi che conoscevo, in una sim in cui c’eravamo solo noi due, mi ha legata per benino sul tappeto e mi ha sorriso. E in quel momento ho saputo che ero sua, completamente e irreversibilmente, e che se avesse voluto tenermi lì per sempre, ci sarei rimasta.

f8587496d6712a93bcbec06c60f51086.jpg Quando mi ha invitata a sedermi sul suo letto, e mi è saltata addosso, avvinghiandosi a me in un abbraccio appassionato, mi è parso davvero che, come in un romanzaccio mal scritto, il cuore volesse saltarmi fuori dal petto e vi restasse solo perché trattenuto dal peso dolce del corpo di Bunny sopra al mio. “È tutto così inatteso”, ho mormorato, e lei mi ha subito avvertita di “non leggere troppo in quello che sta succedendo. Sono un tipo molto affettuoso”. Ma era troppo tardi: in quell’abbraccio sentivo il perdono di un’amica offesa ma anche il dominio di quella che aveva le mie chiavi. E volevo gridare il suo nome, scriverlo sulla neve, restare per sempre in quella stanza, anche se avesse significato restare legata su quel letto per il resto della mia Seconda Vita. Quando parlerò di Mystique ci ritornerò sopra: lei la chiama la sindrome di Stoccolma, ed è convinta che se resta abbastanza a lungo sotto il dominio di una persona è inevitabile che finisca per innamorarsene. Di certo, io, di Bunny mi sono innamorata, quella volta.

Poi Bunny mi ha lasciata andare e le nostre strade si sono separate. Molta acqua è passata sotto i rispettivi ponti e i nostri incontri sono stati sporadici – io sapevo che lei era impegnata con questa o quella Mistress e, anche se ci siamo fatte qualche scherzetto reciproco lungo la via, ho pian piano saputo applicare il suo consiglio di “non leggere troppo” nell’accaduto. Non ci è più successo di passare insieme un po’ di tempo, fino a qualche giorno fa: quando, dopo un incontro a Deitide, io sono caduta per errore in una gabbia e Bunny ha colto l’attimo per impadronirsi delle chiavi delle mie manette, e del bavaglio.

La lotta è stata breve – io sono quasi riuscita a fuggire volando via appesa a un palloncino, ma alla fine Bunny ha avuto ragione di me e mi ha esposta su un attrezzo e lasciata lì appesa, per poi mettersi a giocare con i menu delle manette. Ho cominciato a sudare freddo: Bunny è il tipo che esplora bene i menu, e se appena appena mi diceva male rischiava di scoprire…

“Win? Ma questo è il plugin Nasty di Tat?”

Ecco, appunto.

78cbf3fa92c21c2c5e4470e3486bb4ad.jpg Un secondo dopo, le manette hanno sussurrato: “Bunny Hastings toglie tutti i tentativi dalle manette. Hai perso 50 tentativi” (il che, considerando che si parte con una trentina, basta a garantire che da sola non riuscirai liberarti prima di un centinaio di ore di gioco – vale a dire mai). E poi hanno proseguito sgranando tutta la serie delle possibilità: Win non può prendere le chiavi se non è in mouselook, Win non può prendere le chiavi se non è bloccata, Win non può prendere le chiavi e tenerle per più di 5 minuti… fino all’ultimo. Win non può prendere le chiavi, tout court.

Ho salutato Bunny e mi sono scollegata, e la mattina dopo ho avuto un’amara sorpresa… nel corso della notte, anche lei era stata catturata da qualcuno che la tratteneva, incaprettata e bendata, in qualche luogo lontano. Le era perciò impossibile venire a liberarmi, e io ovviamente non ero in grado di liberarmi da sola. Santana, che è venuto a trovarmi, dopo essersi goduto lo spettacolo di me inchiodata su quel trespolo, le ha tentate tutte per cercare di liberarmi… spingendosi al punto di andare a spiare Bunny nel suo cottage a Silent Wind, e persino preparando una trappola per lei con l’idea di costringerla a dargli le mie chiavi quando fosse tornata nei paraggi… ma Bunny, prigioniera altrove, non si è fatta vedere, e anche Santana alla fine ha desistito.

Sono passate le ore e alla fine il Curfew ha reclamato la mia presenza nel faro, riportandomi laggiù. In dieci ore di battaglie sono riuscita a togliermi le cavigliere e soprattutto il bavaglio (recuperando la capacità di scambiare IM) ma, ovviamente, non le manette. La situazione era di semi-banishment: non potevo toccare nulla e nessuno… aprire le porte era impossibile, e così fare acquisti, scrivere o leggere notecard, legare qualcun altro. Ma potevo andare a spasso, visitare gli amici, fare due chiacchiere. Ho avuto perciò modo di andare a trovare Mystique, fare una lunga chiacchierata con Jaron Bailey (a cui a un certo punto si è unita Moss), partecipare all’inizio di una conferenza sul BDSM organizzata da Alice Mastroianni (una delle colonne del forum SecondLife Italia) per poi tuttavia dover battere in ritirata quando il Curfew ha annunciato che era ora che tornassi nella mia torre. Il tutto in attesa che Bunny riuscisse a liberarsi e a trovarsi online nello stesso periodo in cui lo ero io – cosa non facile, visto che il suo fuso orario è quello statunitense della West Coast.

fb213d7ce1bc87b14a9a99919ab8b4cf.jpgc2f7bcdebbff16fc2a85e62df5d226b3.jpg Bunny era stressatissima della cosa: continuavo a ricevere suoi IM, spediti quando io ero offline, in cui dichiarava che le spiaceva molto di avermi inchiodata in questo modo, e che mi autorizzava a liberarmi anche barando, o chiamando qualche amica con la Real Key. In un caso come questo, autorizzata dalla mia keyholder, avrei potuto anche superare i miei principi e farmi liberare da un’amica – ma si trattava di Bunny, la mia prima aguzzina, e ci tenevo che solo lei potesse liberarmi, quando ne avesse avuto il tempo e la voglia. L’ho già detto un’altra volta: il bondage non è una questione di chiavi, di meccanica, di corde. Quello che conta è chi i nodi li ha stretti, e non è detto che debbano essere nodi fisici.

Finalmente, l’incontro c’è stato: ieri sera, Bunny è apparsa accanto a me nella torre e mi ha liberata dalle manette – giusto in tempo per consentirmi di sfilare a Useme, che ricompariva al mio cospetto per la prima volta dopo i tormenti subiti a Deitide, qualche altro migliaio di L$ (400 li ho girati subito a Bunny perché potesse acquistare un certo paio di stivali su cui aveva buttato l’occhio di recente). Segnalo con soddisfazione che anche Useme, nonostante l’avessi espressamente autorizzato, non se l’era sentita di barare per liberarsi dalle sue manette.

Bunny mi ha salutata con un abbraccio nel quale ormai non faccio fatica a “non leggere troppo”. Ma quando mi sono scollegata da Second Life ho scoperto che stavo ancora sorridendo.

(Prossimamente: Quattro chiacchiere con Rossella)

Bunny e la sindrome di Stoccolmaultima modifica: 2008-04-07T11:10:00+02:00da winthorpe
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento