Nell’antro di Isabel Schulze

Un primo accenno agli script alternativi con cui modificare gli strumenti di costrizione che si trovano in vendita. E il racconto di come uno di questi mi abbia consegnata nelle mani teutoniche della temibile Isabel Schulze.

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Da qualche tempo, le mie manette contengono uno script segreto e terribile. L’ha inventato Tat1ana Pera, una brava scripter che fa coppia fissa con Challenge Nakamura, e che con lei si alterna nel ruolo di dominatrice o di succube. La prima volta che ho incontrato Tat1ana, lei era incaprettata, imbavagliata e chiusa dentro un’angusta gabbia trasparente ai piedi del letto di Challenge. Ma nonostante questo, appena ha scoperto che disponevo di un piccolo radar che mi consentiva di sentire certe conversazioni a una distanza maggiore dai canonici 20 metri, mi ha rifilato un aggeggio che, indossato, me l’ha bloccato per alcuni giorni.

Lo script segreto di Tat1ana si chiama Nasty, è stato ideato per rendere più estremi i giochi fra lei e Challenge, e tiene perfettamente fede al suo nome. Chi indossa manette col Nasty non può nemmeno esplorarne il menu… ma il primo che riesce a chiudrle quelle manette, purché perda due minuti a pasticciare coi pulsanti, scopre ben presto di poter disporre della vittima per un tempo potenzialmente illimitato. Basta premere un pulsante per impedire qualsiasi tentativo di fuga, per limitare o proibirle il recupero delle chiavi anche se libera… e altre cosucce che ancora non conosco. Inizialmente inserivo il Nasty solo per brevi periodi, e solo quando ero in compagnia di Samy80… poi, progressivamente, ho diradato le occasioni in cui lo rimuovevo, al punto che ormai Nasty risiede stabilmente sui miei polsi. Solo che, in genere, chi mi cattura non sta ad esplorare i plugin con troppa attenzione, così finora nessuno (a parte Samy) si era accorto di niente.

Ieri mattina, però, sono andata a fare un giretto a Stonehaven. Non avevo quasi fatto in tempo a materializzare tutto che Cannis Carter, una vecchia conoscenza, mi ha fregato le chiavi (che io avevo “dimenticato” di prendere) e mi ha ammanettata. Cannis è una schiava, ma non disdegna di acchiappare la vittima occasionale. L’avevo già incontrata svariati mesi fa quando un aspirante stupratore mi aveva incautamente lasciata legata in un luogo pubblico, in attesa di avere il tempo di spassarsela con me. Trattandosi allora di corde (e non di strumenti dotati di chiavi) Cannis ci aveva messo ben poco a slegarmi – ma mi aveva subito legata di nuovo, per poi lasciarmi in bilico su un trespolo, con un cappio al collo che mi impediva di muovermi se volevo evitare di impiccarmi da sola. In teoria, quella volta, l’idea di Cannis era di lasciarmi lì come regaluccio per Roper, il noto mercante di schiave. Ma la mia amica Alison Balut era venuta a salvarmi prima che Roper mi trovasse lì in attesa, come una ciliegia che aspetta solo di essere colta.

53ec8e284ae186fe6fab07b5f8f6fc42.jpgdb0d0a706fd7b042ccd6c87a526ed44f.jpg Stavolta Cannis ha deciso di offrirmi alla comunità: mi ha tolto i vestiti e mi ha legata, nuda, a un palo a metà del ponte di Stonehaven. Ha trespolato un po’ coi timer delle manette e mi ha detto di aver settato, per errore, un tempo estremamente lungo… forse una settimana. Non so se fosse vero o se bluffasse… sta di fatto che mi ha mollata li’, con le braccia crudelmente incatenate al palo, bloccata, costretta in mouselook (la funzione che ti fa vedere tutto in soggettiva, dagli occhi del tuo avatar, e non da una telecamera virtuale che puoi spostare a tuo piacimento) e con le chiavi delle manette in bella vista, a disposizione del primo che passava.

Per mia fortuna, la prima a passare è stata TJ Yering. Ha fatto un po’ di conversazione, poi ha raccolto le mie chiavi, mi ha staccato dal palo di Cannis e si è messa a sua volta a giochicchiare con le mie manette. Lei, del Nasty, se n’è accorta e mi ha chiesto a cosa servisse – minacciando, se non avessi risposto alla domanda, di tentare di scoprirlo da sola, per tentativi. Che potevo fare? Le ho spiegato tutto e lei ha fatto subito qualche prova – senza utilizzare le funzioni più bastarde, bontà sua. Infine mi ha chiesto se volevo essere liberata. Ho risposto di sì e lei, gentilmente, mi ha aperto le manette e reso le chiavi… lasciando però attiva una funzione del Nasty – quella che mi impedisce di recuperare le chiavi anche se slegata.

b90ebd19d7164f4a2e33fdfe69128b68.jpg Ecco perché, quando nel pomeriggio ho incontrato Isabel Schulze, ho cercato di tenermene a distanza. La prima volta che ci eravamo incontrate, lei mi aveva ammanettata al volo e bloccata per un po’ in una sorta di gogna (con l’ulteriore umiliazione della presenza di Teck Paine, un cagnolino abbastanza affettuoso se non avesse l’abitudine birichina di piazzarsi sotto le gonne di ragazze legate e indifese – per poi sbirciare verso l’alto). Poi, beh… qualche tempo dopo mi era capitato di fare prigioniera una tipa che conoscevo, e di tenerla ben legata per un paio di giorni… solo che poi era venuto fuori che costei era una delle schiave proprio di Isabel, che me l’ha subito giurata, promettendo di chiudermi in una cella sotterranea sotto casa sua e di tenermi lì per un bel po’ di tempo. Magari imponendomi un collare che avrebbe sancito il suo dominio irreversibile su di me.

Isabel, fra l’altro, è anche lei una scripter e, a differenza di Tat1ana, le sue creazioni le vende. Proprio qualche giorno fa sono apparsi sul mercato i suoi plugin No Escape, che impediscono alla vittima di liberarsi da sola… e il suo Lock Key, in vendita da un paio di mesi, ha una funzione analoga a quella del Nasty: quella di impedire a chi indossa le manette di togliere le chiavi. Un suo collare potrebbe rivelarsi impossibile da rimuovere, anche per una Bondage Expert come me.

È stato un attimo. Distratta per un momento da uno scambio di IM con un’amica lontana, ho abbassato la guardia e Isabel si è impadronita delle mie chiavi esposte, e dei miei polsi. Sorridendo maligna mi ha sussurrato: “Click”. Subito dopo ho sentito lo scatto del meccanismo e mi sono trovata in suo potere.b2fe9f8485ff335e12ee965869f4cd90.jpg

Pochi istanti dopo mi trovavo già a Rheinland, al guinzaglio di Isabel che mi spiegava ghignando: “Questa è la mia casa, e adesso sarà anche la tua”. Isabel è proprietaria dell’intera SIM, un’isola dalla quale non posso uscire finché non lo decide lei perché, tramite le manette (credo) mi ha disabilitato il teletrasporto. Sta ancora costruendo, ma da qualche parte ci sono le stanze dedicate alle ragazze a cui ha messo il collare… e alle quale ha intenzione di offrirmi, per il momento, come animaletto domestico con cui poter giocare. Mi ha trascinata giù per corridoi sotterranei che sembravano non finire mai… il posto è enorme e temo che se, non mi molla lei, nessuno sarà più in grado di trovarmi. Alla fine mi ha chiusa in una cella, mi ha messo il bavaglio e si è scollegata da Second Life sfidandomi a fuggire. E salutandomi con una frase che l’inglese stentato non rende affatto meno sinistra.

[2008/03/26 12:36]  Isabel Schulze: next time you see the sun, you wear my collar

(prossimamente: Visitatori in cella)

Chi ha paura dei banesuit?

Il fenomeno dei banesuit potrebbe diventare a breve una vera e propria moda, ma c’è chi scopre di non essere in grado di reggerne il rigore estremo. E in qualche caso non si tratta della prigioniera.

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Quando ho avuto la notizia che Marine mi aveva accettata come cavia per testare il banesuit mi trovavo nell’Arena di Aimee Riptide a compiere il mio terzo Bondage Ordeal (e a questo punto faccio una  promessa formale: entro la settimana provvedo a dedicare un post a questa faccenda, che vedo che continuo a parlarne en passant senza mai spiegare di che si tratta). L’arena si trova in una skybox sospesa a qualche centinaio di metri di altezza, per evitare intrusioni, ma la mia carissima Samy80 Owatatsumi era riuscita ugualmente a trovarmi e stava volteggiando in aria subito oltre il muro per tenermi compagnia mentre cercavo di liberarmi. Samy è una ragazza adorabile e passiamo insieme parecchio tempo, quindi mi era parso normale sentire cosa ne pensasse lei. Dopo tutto, sarei scomparsa dalla circolazione per un paio di giorni e non avrei avuto più modo di giocare con lei, di parlarle, anche solo di vederla.

Samy prende il gioco in modo molto positivo e spiritoso e mi ha detto che non c’era problema. Ma se hai letto Pasqua da Bane magari ricordi che Moss e Chriss hanno fatto fatica a sopportare di star lontane due giorni una dall’altra. E so per certo che Moss, prima, aveva chiesto il permesso a Chriss e che, anche se questa aveva detto che non c’era problema, Moss era preoccupata lo stesso. Chriss è una persona molto chiusa e non esprime troppo le sue emozioni.

e541dc2f781ba0dfdb1d55beb5805a4f.jpgE c’è chi la prende ancora peggio. Proprio Samy, ieri sera, stava ricevendo una serie di IM che la impegnavano parecchio: “C’è una tipa sconvolta perchè una sua amica si è messa in un bane e ha accumulato 5 giorni di sentenza”, mi ha detto, per poi riportarmene una frase che suonava così: “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”.

Per chi, in qualche modo, ha consentito a diventare una bane, l’esperienza è sicuramente estrema e molto dura. Ma è frutto di una scelta, forzata o meno che sia. Una scelta almeno in parte consapevole di rinunciare per un tempo spesso non prevedibile a qualsiasi rapporto che non sia con l’Operatore: e quindi di rinunciare ai contatti, agli amici, alle chiacchiere, al gioco e a tutto quello che non sia vagare, come osservatrice, ai margini della società. Ma per chi ti vuole bene, questa rinuncia non è affatto frutto di scelta: potrebbe viverla come un abbandono, come un rifiuto o come una perdita irreparabile.

Un bane è una figura estremamente enigmatica: niente volto, corpo rivestito di lattice nero, muto e sordo al dialogo, in grado di comunicare solo in modo molto sommario… e, quando ti rendi conto che comunicare a gesti è una fatica esasperante, finisce che rinunci proprio a farlo, salvo nei casi di vera emergenza. Se un’amica diventa un bane, tentare di comunicare con lei diventa un esercizio in frustrazione che non hai scelto di subire e che può diventare esasperante. Perché la persona con cui vuoi parlare non ti sente, non ti risponde, cerca di allontanarsi quando tu ti avvicini, si nasconde. E magari cerca di spiarti da lontano senza farti vedere, per combattere un po’ la solitudine: io, Samy, lo confesso, un pochino l’ho seguita a distanza, per sentirmi meno sola ma cercando di non disturbarla… almeno finché qualcuno non mi si è avvicinato costringendomi a una precipitosa ritirata.

Divenire un bane è una scelta difficile soprattutto per chi non sa rinunciare alla nostra compagnia. E la frase dell’amica di Samy mi ha fatto riflettere a lungo. “Che cavolo ci puo’ essere di cosi’ eccitante nel passare giorno dopo giorno praticamente morta?”. E’ vero: essere un bane è, un poco, come essere morti e vagare sulla terra come un fantasma: passi fra la gente senza poterci interagire, e non è difficile immaginare che, se la moda si diffonderà ulteriormente, la gente finirà per ignorarti completamente. Tanto lo sapranno che non sei in grado di parlargli, e che cercherai di allontanarti. Esattamente come accade nel libro, in cui i bane diventano dei paria che tutti ignorano – almeno quando non arriva l’infame che invece si diverte ad aggredirli fidando nell’impunità.

ab87be3bdd0a467d62969f43bbe84819.jpgCi sto pensando ancora adesso. Perché se essere un bane è un po’ come vivere da morti, tutto sommato la similitudine la si potrebbe estendere anche a certe altre forme di bondage estremo, di isolamento. Chi si offre in tutto e per tutto a una Mistress che la prende, le blocca ogni comunicazione esterna, la lega, la chiude in una cella di mattoni e butta via la chiave… una persona come questa, che cosa cerca? Non è un caso di scuola: ho una carissima amica – forse qualcosa di molto più che un’amica – che ormai riesco a vedere meno di una volta al mese. Perché ha fatto una scelta del genere. Dovrò parlarti di Mystique Aeon.

E anche io, quando cerco guai non estemporanei, quando rischio tutto girando con le chiavi delle manette esposte in zone frequentate dai cacciatori di schiave, che cosa cerco? Quello che so è che a tutt’oggi mi è successo una sola volta di essere catturata da qualcuno e tenuta prigioniera in una cella per molti e molti giorni… e in quel periodo cercavo di dimenticare proprio Mystique, che si era donata a Jaron e che da allora non potevo più frequentare. Avevo il cuore spezzato, e ho cercato l’oblio nelle celle di Blackbear, dove sono rimasta forse dieci giorni. Come morta, isolata da tutti. Ho cercato l’oblio, e alla fine l’ho trovato. E se il mio cuore è tornato in grado di battere, ne sono certissima, lo devo anche a quell’esperienza.

Credimi, passare giorno dopo giorno praticamente morta non è particolarmente eccitante, non sulla lunga distanza. Ma ci sono momenti in cui scopri di averne bisogno come dell’aria che respiri quando non sei imbavagliata.

 

(Prossimamente: Mistress si nasce)