La vendetta di Cerdita

Lo spirito dominatore di Cerdita Piek, esplode in modo inaspettato facendomi pagare lo scherzetto di qualche tempo fa. Ma il nostro è uno scontro fra titani bastardi del Real Restraint. E mi fa ricordare perché frequento le sim italiane così di rado.

100d8dd4bfd3b7a8c704e2cb4a2657c0.jpg

Sono giorni, ormai, che quasi tutto il mio tempo su Second Life è dedicato a creare nuovi bane e ad amministrare quelli che già vagano prigionieri della diabolica invenzione concepita da Evil Dolly e resa (virtualmente) reale da Marine Kelley. È un’attività che fa felice il mio diavoletto dominatore ma che, alla lunga, è abbastanza pesante: non si tratta solo della procedura di bane-ificazione (che comunque, se si fa un minimo di roleplay, un’oretta e mezza di tempo la richiede tutta) ma anche di tutto quel che segue – è un continuo ricevere comunicazioni: qualche prigioniera che comincia a rendersi conto del guai in cui si è cacciata, Marine che ha bisogno di una mano per gestire emergenze di qualcun altro, nuovi prigionieri che attendono con ansia il loro turno… e oltre a tutto questo c’è l’ordinaria amministrazione, prendere l’iniziativa di controllare come stanno i tuoi bane, vedere che non stiano accumulando punizioni eccessive e se necessario andarli a trovare. Sei il loro unico contatto con il mondo e, almeno una volta ogni due o tre giorni, è meglio che tu vada a darci un’occhiata per qualche parola di conforto e magari un consiglio o due.

282211938ba26d14996b4b8e23f1d043.jpgd2eb7f906b2aca001018f551501fc880.jpg Tutto questo per spiegare come mai, una mattina, non resisto più all’impulso che sento intensificarsi da qualche giorno. E mi rimetto le manette che, mi rendo conto con stupore, praticamente non indossavo più da almeno dieci giorni. Tecnicamente, avere le manette addosso è una finzione: di base, su Second Life, nessuno può costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà – nemmeno ammanettarti. Fino all’introduzione dei Real Restraints, anche quando incontravi un aspirante rapitore, da parte tua ci voleva un sacco di buona volontà nel fingerti impotente a reagire, nel toglierti evntualmente gli indumenti che il catturatore voleva strapparti di dosso, nel sederti sulle poseball scelte dall’aguzzino. E in ogni momento era possibile tirarsi indietro, dire di no, rifiutarsi di fare questo o quello. Insomma, non esattamente l’ideale per provare la sensazione di perdere il controllo su se stessa. La grande innovazione delle manette Real Restraint (o di altri legami equivalenti, prodotti da Marine Kelley ma anche da altri) è che consentono invece al primo che ti ruba le chiavi di farti tutto quello che gli pare: e ti offre il brivido di sentirti veramente vulnerabile, pronta per l’avventura, progressivamente trasformabile in un oggetto in balia di qualche persecutore. Nel gioco, poi, sarà cura del catturatore di fingere, con un po’ di roleplaying, di essere lui ad avvolgerti nelle corde, a chiuderti nelle cinture o a incatenarti.

Il mio ritorno alla vita pericolosa dovrebbe avvenire gradualmente: prima di indossarle, ho tolto dalle manette il Nasty, quello script malefico che, fra l’altro, consente al rapitore di toglierti tutti i tentativi di evasione. Per giunta, ho avuto cura di tenere da parte le chiavi delle manette, in modo che un rapitore occasionale non abbia modo di scipparmele a sorpresa. Però non ho tenuto conto di un altro script che ormai abita di default in tutti i miei legami e che permette a un selezionato numero di amici di sfilarmi le chiavi di tasca anche quando le tengo nascoste: si tratta di “Friends” di Chriss Rosca, di fatto ormai uno standard irrinunciabile per chiunque utilizzi i legami di Marine. Ma anche un fattore di rischio elevatissimo, soprattutto quando si bazzicano posti come Stonehaven. Mi materializzo lì dopo giorni e giorni di assenza e, dopo pochissimi istanti, accadono quasi simultaneamente due cose: accanto a me comincia ad apparire la mia vecchia amica Cerdita Piek, e le mie manette scattano all’improvviso, bloccandomi le mani dietro la schiena.

8b17903ba5e7fe6fda94b6f9d7349860.jpgb1150206e1eb5ae408232bd35d00cfe7.jpg5346cd077e94ddecbfcf1d425dbad0a4.jpg 5cfb1d7b6bb88cb27e0884f07bf55789.jpgDi Cerdita ho parlato già più volte – in Mistress si nasce e più recentemente in Cose da non fare durante il roleplaying. Sub storica e sempre nei guai, sempre più spesso ha atteggiamenti deliziosamente aggressivi che col tempo stanno sviluppandosi in una tendenza sempre più dominante. Questa volta, la mia vecchia amica non corre rischi e mi priva immediatamente dell’interazione con l’ambiente, assicurandosi che non possa reagire pasticciando con le corde che ormai porta sempre addosso. Mi costringe in ginocchio con le cavigliere, mi guarda sorridendo e annuncia che da questo momento si dedicherà a fare di me la sua schiava, insegnandomi con le brutte il rispetto per la mia nuova padrona fino a quando non mi sarò piegata completamente ai suoi comandi.

Le prime due regole imposte sono relativamente semplici: posso rivolgermi a lei solo chiamandola Lady Cerdita e, in sua presenza, devo sempre restare in ginocchio. Ma è solo l’inizio della giornata, perché stavolta fa sul serio. E, dato che si deve scollegare per un’oretta, la sua prima mossa è di trascinarmi al labirinto di vetro chee si trova sul tetto della stanza delle gabbie di Stonehaven, sfidandomi a uscirne entro 30 minuti. Se non riesco a uscire in tempo, sibila minacciosamente, sarò punita con 30 minuti di detenzione in gabbia per ogni minuto di ritardo. Per assicurarsi che nessuno possa aiutarmi, Cerdita mi imbavaglia (eliminando così anche la possibilità che io comunichi con qualcuno tramite IM) e mi ficca nelle orecchie certi tappi che bloccano completamente la chat pubblica. Da questo momento in poi, quando qualcuno parla, tutto quel che posso sentire è: “…”. Con le caviglie legate e i polsi serrati dietro la schiena, rimango sola nel labirinto, a strisciare sulle ginocchia per i corridoi, cercando di farcela più in fretta possibile. Non è la prima volta che affronto questa prova, ma l’altra volta ci sentivo bene – e c’era Zahnbuerste Strom che, dal soffitto trasparente, mi aiutava a trovare la strada. Stavolta invece nessuno può aiutarmi – nemmeno le compagne di sventura che, ogni tanto, incontro fra le pareti trasparenti, e che mi guardano con commiserazione per poi passare oltre.

Quando riesco a uscire dal labirinto, di minuti ne sono passati 40 a una piccola folla si è accalcata fuori: fra gli altri ci sono Novaline, che qualche tempo fa ho tormentato un po’ e che da allora mi sta dietro, e un certo Pedro Gibbs, che è venuto a cercarmi a Stonehaven dopo aver trovato per caso questo blog ed esserne diventato uno dei lettori più avidi. Pedro si illude di prendermi come schiava, come del resto il signor Garrigus, ma ancora non mi conosce e l’ho avvertito che si illude se spera di piegarmi con la persuasione. In ogni caso, è davanti a questa e altra gente che Cerdita mi umilia, definendomi stupida come una bionda (e facendomi tingere i capelli di conseguenza), preannunciandomi cinque ore di detenzione in gabbia per la mia lentezza nell’uscire dal labirinto, e infine trascinandomi in un pub lì vicino per farsi un bicchiere prima della mia detenzione.

6af66fe56ae94bff758457701a23c326.jpg 458e102903cc95e9467ad0e2f7b91c94.jpg8764d78af15db59a24b67f5d7565711b.jpg807e86f6cd4d29f51633581cc3c6d60c.jpg e0385e4034cd7bdea3ab751c9702d262.jpgAdesso non vorrei farla lunga, ma qualcosa la devo dire, per evitare che si continui a pensare a Cerdita come alla simpatica e sottomessa damsel in distress: prima di dare da bere anche a me, con la gola secca dopo tre quarti d’ora di bavaglio, l’ex innocente fanciulla pretende che io le pulisca le scarpe – prima coi miei capelli biondi poi addirittura con la lingua. Quindi mi nega la bottiglia d’acqua, obbligandomi a bere come un cane da una ciotola posta sul pavimento. Il tutto, con la proibizione di rimettermi in piedi, e l’obbligo ricorrente di chiamarla Lady. Infine, terminata la serie delle umiliazioni, mi trascina in un sotterraneo a Snark e mi sbatte in una gabbia di sua concezione, decisa a tenermici chiusa per almeno 5 ore – anzi, più a lungo, per farmi scontare il fatto che, durante la prigionia e col suo permesso, ho lasciato che mi raggiungesse una mia bane che aveva urgente bisogno di assistenza. Infine, se ne va per un po’, lasciandomi la sola compagnia di Nitalia, una vecchia conoscenza che qualcun altro ha incatenato nella stessa stanza, e con la quale posso fare due chiacchiere.

Ma non è la conversazione che può distrarmi dalla missione principale, che è sfuggire in qualche modo alle grinfie di Cerdita. Questa volta, a tradire la mia persecutrice è il fatto di avermi chiuso le manette con un timer che, in sua assenza, scatta restituendomi le chiavi… e la sua gabbia, per quanto ben chiusa, è di quelle la cui porta si può forzare con tempo e pazienza – e a me non manca l’uno nè l’altra. Proprio quando Cerdita riappare, un attimo prima che io mi genufletta per evitare ulteriori castighi, la serratura cede al mio ennesimo tentativo di forzarla e la porta si spalanca.

C’è un attimo di silenzio e di esitazione in cui nessuno si muove. Cerdita mi guarda, io guardo lei. Nitalia osserva entrambe. Poi io scatto fuori dalla gabbia e mi avvento verso la scala che porta alla libertà. Sto per slanciarmi verso l’alto, quando Cerdita urla. URLA. Furiosa. “Schiava! Fermati immediatamente! Torna qui!” Il tono di autorità  nella voce mi paralizza per un attimo, e resto immobile alla base delle scale. Guardo la libertà verso l’alto, poi la mia persecutrice, poi di nuovo l’uscita. È così strano, questo momento: niente di fisico mi imprigiona, ma la voce di colei che fino a un momento fa mi teneva prigioniera ha il potere di soggiogarmi. O quasi, perché anche se non scappo su per le scale, nemmeno mi avvicino a lei. Resto lì, ferma, come un coniglietto che in mezzo alla strada fissa i fanali del camion che sta arrivandogli addosso a tutta velocità.

Poi faccio un passo, uno solo, verso Cerdita, che si sta avvicinando. Chino la testa, sento le mie ginocchia che si piegano, cado a terra. Rialzo lo sguardo e vedo la mia padrona avvicinarsi, gli occhi che lampeggiano di rabbia, pronta ad ammanettarmi di nuovo, a punirmi, a farmi rimpiangere questo pomeriggio come se fosse stato una scampagnata. Lei si ferma a un passo da me, mi prende il mento con una mano, mi fissa negli occhi, mi grida in faccia.

E a questo punto in me succede qualcosa che io stessa non mi aspettavo. Sostengo il suo sguardo, le sorrido in modo strano, poi abbasso gli occhi sulle sue mani, che stanno digitando insulti.

Dalle tasche estraggo un rotolo di corda e velocissima glielo avvolgo attorno ai polsi, legandoglieli strettamente dietro la schiena. Con un calcio, la faccio cadere sul pavimento e le sono addosso, con altra corda, che le avvolgo intorno alle gambe. Cerdita strabuzza gli occhi, urla, insulta, ma è troppo tardi: è mia adesso, e tutto quello che mi ha fatto passare glielo farò pagare con gli interessi.

Sì ma… che fare? Cerdita è stata legata in mille modi, umiliata e schiavizzata al punto che stavolta bisogna escogitare qualcosa di veramente terribile per punirla. Mentre ci penso, decido di portarla a Villa BDSM, dove una nuova amica – Belias Rubble – mi ha pregato di recarmi appena possibile per votare una sua amica ad un concorso analogo a quello in latex a cui sono arrivata seconda. Soffoco le urla di Cerdita con un bavaglio, le stringo al collo un guinzaglio di corda e me la porto nella sim italiana dove Cielo ci accoglie con entusiasmo.

Anche troppo, forse: Cielo mi sommerge di proposte – chiudere Cerdita nella Machiavelli (una gabbia di sua invenzione in cui si guadagna qualche dollaro quando si riesce ad uscire), venderla come schiava, legarla a un palo. Intanto la mia prigioniera urla e scalpita, si dimena, strattona il guinzaglio, cerca di prendermi a calci. Sono costretta a trascinarmela dietro incaprettata, poi la lego al palo offerto da Cielo per, diciamo così, convincerla con le buone a votare per chi dico io. La cosa va per le lunghe perché c’è un deficiente, Montgomery qualcosa, che approfitta del fatto che Cerdita sia legata al palo per tirarle qualche scudisciata. Un comportamento che non accetto: Cerdita adesso è mia, e io sola posso decidere che punizioni imporle. Spingo Montgomery via in malo modo, poi torno a dedicarmi alla mia opera di convinzione: a ciascun suo rifiuto, le strappo di dosso un indumento, fino a quando Cerdita piega il capo e accetta di votare per l’amica di Belias. Solo che poi, quando le sblocco l’interazione, si mette a votare tutte le candidate tranne quella che le ho detto io. Ah, è così, eh? Maledetta spagnola. Adesso ti sistemo per le feste.

cb2ecfd33237ec4e9a4630ddaed6a559.jpg1d0df2c7c5a2b7bf4a8e78a8d4d5a7a8.jpg Afferro Cerdita in malo modo e per prima cosa le blocco di nuovo le interazioni. La trascino verso il cosiddetto “Infinito”, un monumento che è l’orgoglio di Cielo e compagnia, e la lego saldamente ad esso (usando la funzione “force sit” delle corde e inibendole lo “stand up” in modo che non possa più staccarsene da sola). La spoglio completamente, e la guardo fissa negli occhi, sibilando: “Adesso chiedi pietà e implorami di liberarti. Se lo farai, forse, ti porterò via con me e quello che ti farò resterà fra noi due. Ma se non lo fai, resterai qui, a disposizione di chi passa a Villa BDSM. Isolata da tutti, oltre che dalle corde, dalla barriera linguistica. Qui nessuno o quasi parla l’inglese!”

Gli occhi di Cerdita dardeggiano: non si piega affatto, anzi, continua a insultarmi da dietro al bavaglio. Non mi resta alternativa se non lasciarla qui. So bene che le corde le impediscono ogni movimento, ma anche che, se appena appena arriva qualcuno che si intende un poco di Real Restraints, ci mette quattro secondi a liberarla, legarla di nuovo e portarsela via, magari in qualche dungeon inaccessibile. Non manco di farglielo notare – ad alta voce, in modo che i presenti possano prender nota e approfittare della situazione. Di fatto, il primo che passa avrebbe a disposizione una schiava –  recalcitrante, è vero, ma vuoi mettere il piacere di domarla? Affido Cerdita a Cielo, perché provveda a offrirla alle cure di qualcuno che abbia voglia di divertirsi, e me ne vado a Stonehaven a tirare il fiato e chiacchierare con gli amici.

Quando torno a Villa BDSM qualche minuto più tardi, la mia delusione è enorme. A quanto pare, nemmeno uno dei visitatori ha saputo impadronirsi della preda che ho offerto loro su un piatto d’argento. Tutto quello che sanno fare è mettersi in fila davanti all’Infinito, tutti con in mano una frusta, e menare scudisciate una via l’altra, senza uno straccio di interazione scritta. Zero roleplay, zero fantasia, zero tutto: solo una serie di tristissimi e ripetitivi clic sulla povera Cerdita. La quale, più annoiata che spaventata, si è semplicemente estraniata dal gioco mettendosi “away“.

So che questo comportamento non è di tutti – Cielo e Gloria, ad esempio, mi sembra si diano un po’ più da fare per mantenere un minimo di interazione fra avatar. Però, guarda caso, sono sempre le sim italiane quelle in cui succedono cose come queste: chat pubblica intasata di messaggi sovrapposti, spesso urlati, tutti che salutano tutti, ridono ed esclamano sciocchezze a ripetizione rendendo impossibile una comunicazione che non sia in IM – e quel ch’è peggio lasciando l’apparenza dell’interazione e di gioco a script automatici che rispondono a ogni clic con qualche frase prestabilita. Possibile che sia una questione di nazionalità? Samy, Rossella, Belias sanno mantenere un alto livello di gioco, e sono tutte italianissime – ma forse non è un caso che le abbia conosciute tutte in sim di lingua inglese, nelle quali di fatto fingevano di non parlare l’italiano.

Dovevo scollegarmi, ormai, e sarei restata offline per qualche giorno. Ho liberato Cerdita da quel noioso passatempo, ma è una situazione puramente temporanea. Lei sostiene di non aver finito, con me, e so che è meglio che le creda. Ma io, con lei, non ho neppure incominciato e la prima volta che ci incontreremo faremo impallidire la sfida all’OK Corral.

Ah, e naturalmente adesso i miei capelli sono tornati al  colore abituale.

(Prossimamente: Win finisce in Gloria)

Cose da non fare durante il roleplaying

Il vantaggio del Curfew è che il suo effetto restrittivo è limitabile a ben determinate finestre temporali. Il che, soprattutto quando a utilizzarlo è un’amica come Moss, può lasciare spazio a qualche avventura estemporanea. Anche se persino fra amiche non sempre ci si intende sulle modalità di un buon roleplaying.

d7ea072f1a25442409bc640bc904d2ae.jpg

Per qualche motivo, quando mi capita di giocare con Cerdita finisce sempre che commetto qualche sciocchezza. Prendiamo quest’ultima volta – dato che attualmente il Curfew mi costringe nel faro per periodi di non oltre mezz’ora, sono andata a perdere tempo in chiacchiere al patio di Stonehaven, dove si va a cercare guai quando non si ha in mente di preciso che cosa fare. Lì ho incontrato la simpaticissima spagnola che, dopo qualche minuto, ha cominciato a interessarsi dei miei polsi. Credevo volesse osservare il Curfew, e invece Cerdita aveva deciso che fosse arrivato il momento della vendetta per lo scherzetto del banesuit che le avevo fatto qualche giorno fa, e mi ha velocemente ammanettata, iniziando a profferire oscure minacce sul mio futuro prossimo.

Se non che, certo fidandosi troppo della mia inesperienza (o forse immaginando che il mio modo di giocare sia più simile al suo), lì per lì Cerdita non ha pensato a bloccarmi i clic – lasciandomi pertanto in grado di pasticciare un poco con le sue manette che, come quasi sempre, avevano le chiavi a disposizione di tutti. Come misura precauzionale, le ho piazzato un autolock programmato per scattare mezz’ora dopo, sia sui polsi che sulle caviglie… e poi me ne sono dimenticata, convinta che avrei fatto in tempo a rinviare la cosa più tardi.

41fed1c3e9274a8666914e3cccb43cec.jpga9b1b8b07d22e6f57be99671cb63de18.jpgInvece, fra chiacchiere e visite di altri personaggi, la mia cattura da parte di Cerdita si è estesa oltre il tempo che avevo previsto e la trappola è scattata dopo che la mia amica aveva rimediato alla sua disattenzione e mi aveva bloccato le interazioni. Risultato: a due passi dal patio di Stonehaven siamo rimaste io, legata da Cerdita che aveva in pugno le mie chiavi e non poteva rendermele in quanto bloccata… e Cerdita legata a sua volta da me, e impossibilitata a liberarsi per lo stesso motivo. Sono bastati pochi istanti perché intervenisse Moss (che possiede la mia Real Key ma non intende usarla per bazzecole del genere) e cominciasse a fare dell’ironia sul fatto che due Bondage Experts – una delle quali addirittura Champion – si trovassero legate a vicenda e non si dessero da fare per liberarsi.

Cerdita si è un poco indispettita per il tiro che le ho giocato: per lei il bondage è soprattutto una occasione di roleplaying e quello che più le piace è condurre una scena dall’inizio alla fine. Un autolock programmato dalla sua vittima, per lei, è solo marginalmente meno grave di un imbroglio perché ritiene (non del tutto a torto) che una ragazza ammanettata non dovrebbe aver più modo di reagire contro chi l’ha fatta prigioniera… Io invece confesso che qualche volta trovo che il dover recitare lo sgomento nel sentirmi catturata da qualcuno che in realtà conosco molto bene finisca per rendere il gioco di ruolo tutto sommato rassicurante – e quindi che il mio piccolo trucco sia stato utile a creare una variazione interessante a uno scenario che avevo l’impressione di poter anticipare con una certa esattezza. Anche se devo ammettere che l’ultima volta che Cerdita mi aveva catturata mi aveva sistemata piuttosto bene, molto al di là di quella che si sarebbe potuta considerare l’ennesima schermaglia fra vecchie amiche. Forse, questo mio sabotare il gioco di ruolo più tradizionale finirà per spingere la mia amica a incattivirsi un poco, producendo risultati che alla lunga possono rivelarsi interessanti.

2caf57c695cb52c695890a75fccfe381.jpgIntanto, la presenza di Moss come terza parte e giudice della contesa ha, semplicemente, reso il gioco diverso dal precedente: io avevo lasciato le chiavi di Cerdita sulle manette, e Moss è stata in grado di impadronirsene creando un piccolo trenino nel quale lei teneva al guinzaglio Cerdita che teneva al guinzaglio me… e spingendoci a una sorta di gara alla fuga in cui la prima fra noi due che fosse riuscita a liberarsi avrebbe potuto prendere il controllo sull’altra. Peccato solo che poi io abbia dovuto scollegarmi per un impegno nella vita reale: quando sono tornata online, Cerdita era ormai libera dal timer che le avevo appioppato e aveva autorizzato Moss a liberarmi con la Real Key con la promessa che il nostro duello fra membri emeriti del Bondage Team riprenderà alla prima occasione favorevole. Sarà il caso che per allora sia io a prendere l’iniziativa… perché ho l’impressione che la mia amica stavolta abbia intenzioni particolarmente bellicose. Credo sia solo questione di tempo prima che una delle due tenti di prendere il controllo sull’altra per una detenzione un po’ più seria di quanto provato finora.

(Prossimamente: Bunny e la sindrome di Stoccolma)

Mistress si nasce

Il gioco del bondage prevede una serie di cortesie reciproche, se ci si vuole creare un piccolo gruppo di amici con cui giocare quando non accade l’imprevisto. Ma attenzione a verificare prima le proprie competenze.

9ae8b552cf002d3d32804b968e271d90.jpg

Una cosa che si scopre molto presto frequentando le aree BDSM di Second Life è  che vi si incontrano molti più cosiddetti sub che cosiddetti dom. Le persone che indossano manette o altri strumenti di costrizione, e che gironzolano ansiosamente temendo e sperando al tempo stesso che qualcuno le acchiappi sono probabilmente in rapporto di uno a dieci rispetto a chi vaga a caccia di prede. Forse anche per questo, i predatori bravi non sono molti, e un’aspirante sub rischia sempre di finire nelle mani di qualche niubbo senza idee che magari sa a malapena chiuderle le manette ai polsi e ordinarle di spogliarsi.

Dopo ore e ore passate con le manette aperte ai polsi, alla vana ricerca di qualcuno che ne approfitti, finisce quasi sempre che ti rendi conto di dover fare qualcosa per attirare l’attenzione. Qualcosa di birbone, qualche tremendo dispetto, qualche tiro abbastanza imperdonabile da far venir voglia alla vittima (o ai suoi amici) di vendicarsi su di te… ma non così imperdonabile da indurre gli altri a ignorarti per sempre, magari usando nei tuoi confronti il temutissimo tasto mute (o, peggio ancora, denunciandoti ai guardiani della SIM per fartene bannare). Spesso, anche la fanciulla più sottomessa si troverà ad osservare le chiavi in bella vista di una ragazza vicina, sentendo la tentazione di impadronirsene, allungando le dita col cuore che batte… e alla fine facendo il salto da aspirante preda a predatrice effettiva, catturando la vittima e, come minimo, sbattendola in qualche gabbia per un po’ di tempo. Sperando di aver seminato vento, e di poter presto raccogliere la tempesta.

Ho conosciuto Cerdita Piek nei miei primissimi giorni di frequentazione di Stonehaven. Se ne andava in giro con una tag sulla testa che diceva sempre Looking for trouble. Sempre, tranne quando diceva Trouble found, naturalmente. Cerdita era praticamente sempre legata come un salame, o in procinto di esserlo, sempre coinvolta in elaborati giochi di ruolo nei quali la sua parte era la miliardaria rapita dai criminali, la fanciulla indifesa catturata da un bruto, la giovane fatta prigioniera da uno scienziato pazzo in vena di esperimenti. Capire quello che diceva era spesso impossibile perché era perennemente imbavagliata. Eppure, fra i lamenti disperati e le vane preghiere di liberazione, il suo umore era quasi sempre ottimo – sempre che i suoi catturatori non violassero i limiti, molto precisi, che lei impone a chi gioca con lei.

Col tempo, Cerdita ha sviluppato un lato domme che a volte si rivela sorprendentemente e piacevolmente bastardo. Ne ho fatte le spese più volte con gioia (ne parleremo prossimamente) e più volte ho cercato l’occasione di renderle il favore. Quando è venuta a trovarmi per farsi raccontare la mia esperienza come bane ho deciso quindi che fosse il caso di farle assaggiare un po’ di isolamento. Mentre chiacchieravamo l’ho ammanettata a sorpresa, l’ho sbattuta su di un letto e le ho annunciato che ora sarebbe toccato a lei provare l’invenzione di Marine Kelley.

Ma voler fare la Mistress non è facile come sembra quando sei dal lato sbagliato delle manette, maledizione. Anche solo a mettere Cerdita sul letto mi ci sarà voluta mezz’ora per via del lag e di certe animazioni non troppo ben fatte… poi, dopo che l’avevo spogliata completamente, è venuto fuori che lei non possedeva una skin integrale di lattice – requisito fondamentale per un bane che si rispetti. Ho dovuto permetterle di rivestirsi, toglierle il guinzaglio, teleportarla al negozio e guidarla nell’acquisto, e se n’è andata un’altra mezz’ora di gioco.

Quando, alla fine, l’ho avuta pronta fra le mani – completamente rivestita di lattice e con i polsi legati dietro la schiena – le ho messo il mio casco da bane e ho fatto scattare la serratura… solo per scoprire che ero in grado tutt’al più di renderla sorda e muta. Nel menu non esisteva alcun bottone che mi consentisse di attivare il Custodian come faceva Marine. Ho frugato dappertutto, affannosamente, cercando in qualche modo di nascondere la mia incapacità… ma alla fine, quando Cerdita mi ha detto “Tutto qui?” ho dovuto ammettere la mia incompetenza, arrossendo e, alla fine, liberandola dal casco. Che vergogna. Cerdita è un’amica e si è fatta una bella risata, ma la prossima volta che l’acchiappo devo essere ben preparata e sicura, per fare in modo che le passi la voglia anche solo di sorridere. Glielo devo.

(Prossimamente: Nell’antro di Isabel Schulze)