Si chiamava Bettie

Un saluto a Bettie Page, idolo di generazioni intere, modello inimitabile e leggero del piacere libero, spensierato e senza inutili sensi di colpa.

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Bettie Page

1923 – 2008

 

bettiepage.jpgEra lo scorso luglio, erano i giorni del mio terzo e fin qui ultimo banishment, e sul blog di Spikeheel Starr trovai uno di quei test scemini che, però, per qualche motivo mi venne voglia di fare. Il gioco era rispondere a un po’ di domande facili per capire quale famosa pin-up ci somigliasse di più. Il risultato finale mi riempì di gioia: il nome che era comparso al termine del mio test era Bettie Page.

BP_03.jpgPosso citarmi da sola? Avevo scritto allora, in coda al post As Banished Time Goes By: Cosa chiedere di meglio? Bettie Page, un mio idolo di sempre, forse la modella bondage più allegra di ogni tempo, innocente nella malizia e maliziosa nell’innocenza… con quegli occhi malandrini e vivaci, che sanno esprimere la paura della prigioniera e la durezza della carceriera, ma che non dimenticano mai di burlarsi di quello che per lei, anche nelle situazioni più imbarazzanti, è soprattutto un gioco.

Immagine 1.pngPosso forse solo aggiungere che per Bettie, tutto sommato, il bondage non fu probabilmente una passione ma solo una professione: essere legata non doveva essere per lei così diverso che indossare un bikini di leopardo, o mostrarsi completamente nuda su una spiaggia. Corde, tavoli e catene non erano forse che solo alcuni dei possibili accessori per condire una posa sexy. Ben di rado il suo sguardo esprime il piacere del sentirsi la carne stretta dai nodi, la bocca tappata da un bavaglio. Ma anche le sue espressioni spaventate sono sempre un po’ esagerate, caricate, come di una che non ci crede più di tanto, e che si diverte a far finta, ma senza far finta sul serio. Eppure, forse proprio per questo, l’ho sempre vista un po’ come un’amica che non conoscevo ma con la quale mi piaceva immaginare che mi sarei trovata bene. Una che non dimentica come tutto sia un gioco meraviglioso, inesauribile e costantemente fonte di stupore e di piaceri sempre nuovi.

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Qualche anno fa, al festival di Torino, ho visto un discreto film su una parte della sua vita. Si intitolava The Notorious Bettie Page ed era abbastanza carino. Ma per quanto attraente e dotata – sicuramente più di quanto non fosse la stessa Bettie – la protagonista Gretchen Mol non poteva in alcun modo eguagliare quella che era stata chiamata a interpretare. Di certo, pur avendolo apprezzato, non credo che mi capiterà di rivederlo spesso. Mentre i filmini e le foto di Bettie mi capita ancora, ogni tanto, di rivederli. Anche in luoghi inaspettati, come si vede dalle immagini che riporto in questa pagina, scattate a Stanlee appena poche settimane fa e in cui Boy Lane e io ci siamo trovate a fare due chiacchiere davanti a uno schermo sul quale scorrevano immagini d’epoca proprio della unica, vera, irripetibile Bettie. Quella che tante di noi vorremmo essere state, quella che tutte noi avremmo voluto avere come amica – perché, a vederla, non c’è dubbio: con lei doveva essere impossibile non divertirsi.

Bettie se n’è andata giovedì scorso, alla discreta età di 85 anni, dopo essersi ritirata dalle scene oltre mezzo secolo fa. Ma il suo sorriso malizioso, pieno di peccato allegro e irresistibile innocenza, non era mai scomparso, e certo non sparisce ora davanti a una piccolezza come la morte.

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Baci e abbracci. E corde.

Il Custodian, alla fine, mi ha lasciata libera e l’evento è stato molto meno angoscioso di quello che potevo temere. Grazie agli amici, ai baci e agli abbracci. E a un nuovo atteggiamento ispirato dai giorni dell’isolamento.

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Spikeheel Starr era stata presente quando, per errore, mi sono chiusa addosso il banesuit di Serenella. E ci ha tenuto molto ad esserci quando la sentenza si concludeva. Nei giorni in cui il mio isolamento era completo, il Vox che ha inventato le consentiva di essere la sola a potermi parlare. Io non avevo modo di risponderle, ma questa sua invenzione le ha permesso di diventare il mio amichevole Eudeamon personale e inviarmi sempre qualche parola di conforto, o anche solo un saluto, quando mi vedeva apparire online. E, in mancanza di tempo, quantomeno mi ha sempre mandato un abbraccio a distanza. Quando il casco si è aperto, quindi, era lì accanto a me. Mi ha abbracciata stretta, e mi ha anche invitata a casa sua per fare due chiacchiere fra amiche, scambiandoci confidenze su ciò che in passato ci aveva fatto del male. E tenendoci, in tutta innocenza, strette una all’altra per un poco.

1563635438.jpgÈ stato bello e mi ha fatto riflettere. Si ha tanto tempo per riflettere, quando ci si trova chiusi nel banishment, e spesso finisce che si pensa a quello di cui più sentiamo la mancanza. Anche un banesuit come quello di Serenella (abbastanza sui generis, visto che ti impedisce di essere davvero sola) ti toglie soprattutto la libertà di interagire con gli altri per via testuale. E in quei giorni – nei quali tutto quello che mi restava erano i gesti , No, Inchino, Tu, Io e Saluto – ho capito che a mancarmi era soprattutto un gesto che potevo attivare solo mediante quella chat pubblica che mi era ora preclusa. E quel gesto era Abbraccio. Potevo, questo sì, ricevere abbracci altrui: ma sono ben pochi quelli che osano proporre un abbraccio a un bane, forse perché l’assenza del volto li intimidisce, forse perché temono di indurti a violazioni punite con un’estensione di pena. E invece Dio sa quanto, in questa situazione, li desiderassi, gli abbracci altrui. Quanto anelassi a un contatto umano, a questo modo di esprimere affetto, di farti sentire non dimenticata o emarginata – non esclusa dal resto del mondo. Un Master che non conoscevo, in visita sul patio di Stonehaven, ha anche chiesto ad alta voce a qualcuno se un bane potesse ricevere un abbraccio – e io ho cominciato freneticamente a fare cenni di sì con la testa, applaudire e cercare di esprimere un assenso. Ma, per quanto mi sforzassi, il messaggio non è arrivato – e nessuno ha osato abbracciarmi, nemmeno quel curioso sconosciuto.

465746369.jpgUna volta uscita dal banishment, fra le braccia di Spikey, ho messo meglio a fuoco la cosa: ci si abbraccia moltissimo, su Second Life – o almeno lo si fa spesso nelle aree di Second Life in cui passo il mio tempo io. Si abbraccia qualcuno per esprimere la felicità di rivederlo, per ringraziarlo di esserci stato vicino – in un momento difficile o in un momento di felicità. Ma si abbraccia, a volte, anche la persona che hai legato e tormentato per ore… un modo non tanto di chiederle scusa, ma di ricordarle che quello che le hai fatto era dettato da affetto, amicizia o amore. Quell’amore strano che viviamo nelle land BDSM, declinato nei toni di una apparente sopraffazione dell’altro, la cui paura può diventare gratitudine quando il rapimento, la cattura, l’umiliazione sanno sfiorare i limiti estremi, e magari anche superarli un poco, ma senza perdere quel sottile e fragilissimo equilibrio che distingue un buon roleplay dal cosiddetto griefing – ossia il tentativo intenzionale di fare del male, di ferire, di disturbare.

448589002.2.jpgNei giorni in cui, da bane, avevo riavuto dal Custodian la facoltà di interagire con l’ambiente circostante, di gente ne ho catturata parecchia. E quasi tutti, quando sono tornata libera, sono tornati a cercarmi, confessandomi di aver avuto molta paura di me, all’inizio – visto che con quel casco apparivo implacabile e fredda – ma di essersi poi sorpresi a provare una strana nostalgia per l’avventura. Perché penso che abbiano sentito che le corde con cui quel bane indisciplinato li legava erano, a modo loro, abbracci. Avvolgenti, spietati, limitanti… ma alla fine in grado di far sentire qualcosa di profondamente emozionante.

Ecco, se quest’ultimo banishment mi ha insegnato qualcosa è stato a capire meglio l’importanza dell’abbraccio. Non solo quello del gadget che abbiamo tutti, con il quale basta scrivere Hug Pincopallo per offrirgli di farsi stringere fra le nostre braccia: no, anche l’abbraccio delle corde, o quello di un IM anche fugace. Qualsiasi cosa ricordi al destinatario che ci ricordiamo di lui, che siamo contenti di vederlo o anche solo di sentirlo. Perché, mi sono resa conto, troppo spesso la timidezza ci chiude nel nostro avatar e ci impedisce di salutare gli altri. Togliendoci chissà quante belle occasioni di interazione. Mi ha molto colpita, qualche giorno fa, un post di Erikah sul suo bel blog in inglese, nel quale diceva chiaramente di aver sofferto di noia e solitudine per una percentuale altissima del suo tempo recente su Second Life. Mi sono sentita in colpa: Erikah è capitata a Stonehaven subito dopo l’apertura del mio Custodian, e mi ha invitata a casa sua perché potessi cambiare, al riparo di sguardi indiscreti, gli abiti che indossavo ormai da una settimana. Ma nelle ore e nei giorni immediatamente successivi, sebbene varie volte sia andata a sbirciare dove si trovasse sulla mappa, non le avevo scritto perché l’avevo immaginata con la sua partner, Asuka, e non le volevo disturbare. Invece Asuka era offline, azzoppata da gravi problemi di connessione – e io ho capito di aver sciupato diverse occasioni di andare a fare finalmente due chiacchiere con una persona interessante. Mentre lei si annoiava, io facevo altrettanto restandomene per ore, da sola, a Zhora – in teoria a vedere se qualche candidato bane si faceva vedere per essere sottoposto alla procedura… in realtà a sperare che qualcuno si facesse vivo per un salutino anche veloce. Senza che dovessi essere io a fare il primo passo.

983200471.jpgQuante volte restiamo ognuna chiusa nel suo avatar, facendoci paralizzare dalla soggezione o dalla paura di disturbare? Ne parlavo qualche giorno fa durante una lunga chiacchierata notturna con una delle mie tante occasioni perdute. Ho passato su SL mesi a… beh, a cercare di rendermi interessante perché fossero gli altri a fare il primo passo – eppure le persone con cui ho sviluppato un qualche tipo di rapporto, con solo un paio di spettacolari eccezioni, sono quelle verso cui mi sono mossa io per prima. A Erikah, nel suo blog, ho scritto “tendiamo ad aver paura a contattare gli altri perché abbiamo paura di seccarli… e a volte si scopre che anche loro fanno lo stesso – così ognuno resta dove sta a sentirsi triste. Basta! Abbiamo bisogno di persone, abbiamo bisogno di abbracci, e abbiamo bisogno di corde! Andiamocele a prendere!”

1465458560.jpgE allora ecco forse perché, nei giorni trascorsi da quando il mio casco mi ha lasciata di nuovo libera, sono stata particolarmente attiva e al tempo stesso più rilassata. Gabriel Garcia Marquez ha intitolato la sua biografia “Vivere per raccontarla”. Io, più modestamente, ho cercato di smettere per un po’ di raccontarla, questa mia seconda vita, proprio per poter vivere – per provare a non sentirmi condizionata e cercare di ritrovare emozioni più impalpabili. Ho scoperto una Win in parte nuova, meno rigida, meno ansiosa di vivere sempre l’avventura irripetibile, più pronta a fare quel famoso primo passo, magari con la sola prospettiva di un breve scambio di battute. Ho vissuto qualche prima volta che mi ha fatto di nuovo battere forte il cuore nel senso buono – non per l’ansia, la gelosia o, ancor peggio, l’invidia. Esito ancora a parlarne, perché dal di fuori possono sembrare piccole cose. Ma dall’interno non lo sono affatto e, dopotutto, queste pagine le scrivo soprattutto per me. Per ripensare, rileggere, rivivere e, chissà, un giorno capire meglio.

Ma ci penserò domani. Per oggi vorrei mandare un abbraccio a chi legge, un abbraccio a chi sa lasciarsi abbracciare. E un abbraccio, in particolare, a chi sa abbracciare gli altri. Anche e soprattutto quando mi chiede per favore di non fare troppo spesso il suo nome su questo blog.

(Prossimamente: Batticuori)

Read My Profile

Sorprendente quanta gente non legge il tuo profilo prima di contattarti, anche quando hai una scritta sospesa che chiede di farlo. Ma ora sono in condizioni tali che chi non lo fa rischia di scontrarsi su un muro di silenzio. E anche chi lo fa, ad essere sinceri.

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Detesto i tira e molla. Credo che alcune decisioni importanti vadano prese di getto, sull’impulso del momento, senza guardarsi indietro. Ed è quello che ho fatto ieri mattina, rimuovendo dai contatti alcune persone a me molto care ma che, in parte senza rendersene conto, rendevano la mia Seconda Vita una sofferenza. E ad almeno una delle quali anche io, a quanto mi ha detto l’altra, stavo indirettamente provocando, senza volerlo, molto dolore. Ho capito l’antifona, ho preso la decisione, ho abbracciato la mia interlocutrice, mi sono teleportata altrove. E ho rimosso i nomi in fretta, prima di poterci ripensare, come quando ci si tuffa da un trampolino troppo alto cercando prima di non guardare quanto lontana è l’acqua.

1758736473.jpg796150409.jpgE l’acqua era fredda, ma piena di persone calde, di gente da vedere, di vecchi amici e vecchie amiche con cui fare due chiacchiere e riprendere il gusto di vivere senza fardelli autoimposti. E c’era anche qualcuno che chiedeva aiuto. Rediviva dopo una vacanza, Backbuttoned era in un momento di profonda tristezza per essere stata ferita a morte da qualcuno – e ho creduto che fosse bene isolarla per un poco dalle persone che le avevano fatto male. Ho raccolto le chiavi di tutto quello che indossava e l’ho impacchettata per bene tenendola due giorni in una cella imbottita e insonorizzata a casa di amici. Le avevo tolto IM e notecard perché non potesse parlare con nessuno a parte la sottoscritta, le avevo messo tre guinzagli per impedirle di fuggire con un TP (che sarebbe stato comunque impossibile da quella cella speciale) e le ho ordinato di rimuovere a tutti i suoi contatti il privilegio di vederla sulla mappa.

Lunedì mattina, come le avevo promesso, l’ho fatta uscire dalla cella, le ho restituito i canali di comunicazione e le ho concesso di tornarsene a spasso. Senza tuttavia liberarla – anzi, mi sono assicurata che tutte le sue catene siano ben sicure e le impediscano di cacciarsi nei guai. Devo riconoscere che, dopo qualche incertezza, ora si sta comportando bene – sembra già un’altra persona rispetto a un paio di settimane fa, quando non c’era verso di farla stare ferma cinque minuti, o di farle capire che cercare di slegarsi in presenza di chi ti ha legata è solo una perdita di tempo, per giunta irritante per i presenti. Ma devo ancora capire se è pronta per poter tornare a prendere decisioni in autonomia e per il momento le sto dietro con la funzione SPY del suo collare, in modo da assicurarmi che non faccia sciocchezze.

A parte Back, il giorno si è srotolato in modo tranquillo, col mio cuore che, se non pacificato, almeno sembra essere stato imbavagliato dalla mia decisione della mattina. Ho avuto modo di fare due chiacchiere in IM con Rossella, che non sentivo da qualche giorno, di passare parecchio tempo con Samy80, e perfino di accettare finalmente l’invito di New Vita, che ha mostrato a me e Backbuttoned, e alla sua ospite Melinda Arnahan, il megaschermo con cui nella sua skybox può vedere i filmati di YouTube. Non ho scattato foto, laggiù, ma visto che ne parlo aggiungo a questa pagina due dei filmati che ho proposto io alla visione collettiva: prima di tutto un brano del bellissimo The Collector, che William Wyler trasse nel 1965 da uno stupendo romanzo di John Fowles – una storia straziante di ossessione e di bondage che, non certo per caso, non affiora mai nella programmazione televisiva.
 
E poi una scenetta da un pregevole episodio di una vecchia serie TV di Dario Argento, l’avvincente Il vicino di casa di Luigi Cozzi, con una Laura Belli impegnata in attività abbastanza simili a quelle praticate dai frequentatori di Stonehaven. New, che pure a suo tempo si era approfittato di un mio momento di distrazione (dalle cui conseguenze mi aveva salvata solo l’intervento di Valentine) devo ringraziarlo oggi due volte: non solo per l’ospitalità ma anche per l’orecchio attento e comprensivo con cui ha ascoltato i miei sfoghi. E per il libro di Gibran che mi ha fatto avere suggerendo che provassi a rivolgermi alle sue pagine per trovare conforto.

L’altra persona con cui ho avuto modo di sfogarmi parlando è stata, stamattina, Spikeheel Starr. Tra cuori spezzati ci si riconosce all’odore, a quanto pare, perché solo dopo aver passato parecchio tempo a chiacchierare abbiamo scoperto di avere entrambe storie abbastanza simili alle spalle. Se non che è stata proprio Spikey a spingermi, inavvertitamente, a cacciarmi in un guaio molto più grosso di quello che avrei mai immaginato. Perché ci siamo messe a parlare di bane.

740842890.jpgNiente di strano: eravamo a Zhora, e se io avevo Backbuttoned al guinzaglio, Spikey aveva con sé un bane su cui sta facendo non so bene che esperimento. Normale che l’argomento fosse quello, se non che Spikey ha accennato al fatto che vorrebbe presto tentare un nuovo banishment e che era attratta dal banesuit di Serenella, di cui ha udito parlare. Le ho detto che non è in vendita ma che ne avevo una copia avuta da Sere, che ancora non avevo provato, e l’ho indossato perché potesse vederlo. E lì… beh, lì mi sono sentita di nuovo sulla punta di un altro trampolino molto alto, con le farfalle nello stomaco.

Le istruzioni di Serenella erano molto scarne: dicevano solo che una volta chiuso, il casco non si apre fino a quando la sentenza non è stata scontata. Ho chiesto a Spikey di provare a cliccarlo lei per vedere se avrebbe avuto una chiave o qualcosa di simile, ma niente. Solo io potevo prendere la decisione, e tutto quello che potevo fare era scegliere, in un menu blu, fra due pulsanti: “Engage” e “Ignore“. Ho preso fiato e ho cliccato “Engage“. E mi sono trovata di nuovo a precipitare nel vuoto, verso acque stavolte gelide. Uno scatto, poi una voce fredda. Interrotta, ogni tanto, da quella di una Spike presa dal panico – ameno fino a quando il Custodian non ha deciso di punirmi, distorcendola al di là di ogni intelligibilità.

[2008/07/22 0:37]  Custodian: Custodian Attivo
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Fai attenzione, B-1000. Ti verrà detto una volta soltanto
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Poiché sei messa al bando…
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non ti è permesso entrare in alcuna struttura pubblica o privata.
[2008/07/22 0:37]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:37]  Comm: [Spikeheel Starr] ci sei, win?
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Ti è permesso entrare solo nelle Maintenance stations.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi sconfinare su proprietà privata.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi rubare o vandalizzare proprietà pubblica o privata.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi usare utensili di alcun genere.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi indossare abiti o gioielleria.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Spikeheel Starr ha toccato il tu casco, B-1000
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi tentare di comunicare coi Cittadini.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi avvicinarti troppo agli altri bane.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi avvicinarti troppo a gruppi di Cittadini.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi teleportarti troppo spesso.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi restare senza cittadini intorno a te.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi restare troppo a lungo nello stesso luogo.
[2008/07/22 0:38]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:38]  Comm: [Spikeheel Starr] porca vacca
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi correre.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi volare.
[2008/07/22 0:38]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:38]  Comm: [Spikeheel Starr] 12 ore di sentenza, Win
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Le Violazioni Saranno Punite.
[2008/07/22 0:38]  You: …
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Protocolli di default avviati.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Attenzione. Un altro bane entro 10 m.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Violazione di Protocollo. Troppo vicino a un altro bane.

523673865.jpg263563437.pngA questo punto mi trovo proiettata senza tanti complimenti dieci metri più in là. E paralizzata, con le gambe che non rispondono più, per un poco. Saluto come posso, mi teletrasporto altrove. Ma non c’è nessuno e il Custodian protesta: “Non puoi essere sola”. Maledizione, torno a teleportarmi e a questo punto le cose cominciano ad andare seriamente male. All’inizio l’immagine si sporca, come se la vedessi da un televisore mal sintonizzato. Ma anche questo luogo è vuoto e mi tocca tentare Villa BDSM. A questo ulteriore teletrasporto, il Custodian si arrabbia seriamente e mi acceca del tutto. Per molti minuti vedrò tutto nero, e meno male che in Villa qualcuno c’è, altrimenti non so come avrei fatto.

Per un po’ di tempo sono completamente cieca, non posso muovere le gambe e non sento assolutamente nulla. Cielo mi si avvicina, penso che cerchi di salutarmi, ma non lo sento nè posso rispondere. Qualsiasi emote viene sanzionato immediatamente dal Custodian implacabile di Serenella. E tutto quel che posso fare è ricorrere ai più inoffensivi dei gesti che ho disposizione: indicare le persone, inchinarmi, fare sì o no con la testa. Ma già se provo a salutare (col comando /wave) il Custodian si altera, perché al gesto il sistema abbina in automatico la frase “Goodbye“, e mi accusa (non proprio ingiustamente) di un tentativo di comunicazione. Poi, se riesco a evitare di commettere violazioni abbastanza a lungo, piano piano recupero parte delle mie facoltà. Dal buio, ottengo di nuovo immagini distorte, poi scure ma nitide e, infine e se riesco a comportarmi bene, addirittura normali. E lo stesso accade per la chat che diventa progressivamente più comprensibile. Ecco ad esempio quello che mi ha detto la Bravin, intorno alla quale ho continato a ronzare silenziosa durante la mia lunga visita a Villa BDSM:

[7:02]  Comm: [Lorella Bravin] Win zpari hwa lo non voglia cera il bana a lubro
[7:02]  Comm: [Lorella Bravin] perche ci xancwerai
[7:04]  Comm: [Lorella Bravin] bob è ballo vaderli cosi sau?

877549376.jpgPosso solo ipotizzare cosa significhi, ma mi sembra che sia qualcosa di affettuoso, tipo che spera che io non voglia fare il bane a lungo perché le mancherei, e che vedermi in queste condizioni non è bello. Quando lo capisco, mi allontano e cerco di stare più nascosta fra gli alberi. Ha ragione, deve essere destabilizzante vedere un bane che ti passeggia vicino, che non reagisce a quello che gli dici, che non ti parla e che tuttavia è, evidentemente, vivo e all’erta. Eppure non posso allontanarmi dalle persone: il Custodian mi sorveglia di continuo ed esige che io mi trovi vicino ad almeno un altro avatar. In questo, Serenella si rivela ancora più perversa di Marine: durante il banishment della Kelley Technologies, purché si riesca a individuare un luogo appartato dove nessuno ti viene a cercare, puoi anche pensare di lasciare acceso il computer e allontanarti per qualche minuto senza rischiare di beccarti un’estensione di pena. Ma Sere l’ha scritto chiaramente: Voglio che sia impossibile star lì e aspettare che il tempo passi. Con questo, invece, bastano pochi secondi di solitudine, o anche solo di immobilità, e cominci a ricevere messaggi inquietanti. A cui, peraltro, segue abbastanza rapidamente la sanzione. In meno di un’ora di banishment avevo già subito oltre tre ore di estensioni e alla fine di una giornata passata in gran parte online la pena da scontare ammontava ancora alle 12 ore iniziali… più qualche spicciolo.

1118438408.jpgChi volesse saperne di più sul banesuit di Serenella farà bene a leggere i post sull’argomento sul suo blog. Quando a me, chiedo scusa a Lorella e a chiunque altro si sentisse turbato dalla mia presenza, e ringrazio chiunque sia passato a salutarmi – e chi è rimasto nonostante io non fossi in grado di comunicare se non con pochi cenni del capo. Tutto quello che posso fare è aggiornare, in tempo reale, il mio profilo, in modo che rispecchi quello che, in ogni dato istante, posso e non posso fare. In questo preciso momento, ad esempio sono in grado di sentire la chat pubblica, di vedere e anche di toccare, ma sono facoltà che il Custodian mi può togliere in qualsiasi momento. Se qualcuno capitasse nei miei paraggi, quindi, per favore, faccia come dice la tag che il Custodian sospende sopra alla mia testa: legga il mio profilo. E, sempre che ne abbia voglia, mi faccia sapere, dicendolo ad alta voce, quanto mi manca ancora da scontare. Io non ho accesso al timer, ma chiunque sfiori il mio casco è in grado di sapere a che punto sono e quanto mi resta.

Come ben spiega Serenella, è una intelligenza artificiale, fredda e invincibile. È spietato ma, a suo modo, giusto. E non è in grado di ferirmi, perché non vuole farlo: è solo un programma, che fa il suo lavoro e che non è in grado di manipolare le mie emozioni. Forse è di questo che ho bisogno, in questo momento? Non lo so di per certo, ma so che questa cosa non l’avevo pianificata, e che adesso, comunque, non ho scelta.