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Sorprendente quanta gente non legge il tuo profilo prima di contattarti, anche quando hai una scritta sospesa che chiede di farlo. Ma ora sono in condizioni tali che chi non lo fa rischia di scontrarsi su un muro di silenzio. E anche chi lo fa, ad essere sinceri.

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Detesto i tira e molla. Credo che alcune decisioni importanti vadano prese di getto, sull’impulso del momento, senza guardarsi indietro. Ed è quello che ho fatto ieri mattina, rimuovendo dai contatti alcune persone a me molto care ma che, in parte senza rendersene conto, rendevano la mia Seconda Vita una sofferenza. E ad almeno una delle quali anche io, a quanto mi ha detto l’altra, stavo indirettamente provocando, senza volerlo, molto dolore. Ho capito l’antifona, ho preso la decisione, ho abbracciato la mia interlocutrice, mi sono teleportata altrove. E ho rimosso i nomi in fretta, prima di poterci ripensare, come quando ci si tuffa da un trampolino troppo alto cercando prima di non guardare quanto lontana è l’acqua.

1758736473.jpg796150409.jpgE l’acqua era fredda, ma piena di persone calde, di gente da vedere, di vecchi amici e vecchie amiche con cui fare due chiacchiere e riprendere il gusto di vivere senza fardelli autoimposti. E c’era anche qualcuno che chiedeva aiuto. Rediviva dopo una vacanza, Backbuttoned era in un momento di profonda tristezza per essere stata ferita a morte da qualcuno – e ho creduto che fosse bene isolarla per un poco dalle persone che le avevano fatto male. Ho raccolto le chiavi di tutto quello che indossava e l’ho impacchettata per bene tenendola due giorni in una cella imbottita e insonorizzata a casa di amici. Le avevo tolto IM e notecard perché non potesse parlare con nessuno a parte la sottoscritta, le avevo messo tre guinzagli per impedirle di fuggire con un TP (che sarebbe stato comunque impossibile da quella cella speciale) e le ho ordinato di rimuovere a tutti i suoi contatti il privilegio di vederla sulla mappa.

Lunedì mattina, come le avevo promesso, l’ho fatta uscire dalla cella, le ho restituito i canali di comunicazione e le ho concesso di tornarsene a spasso. Senza tuttavia liberarla – anzi, mi sono assicurata che tutte le sue catene siano ben sicure e le impediscano di cacciarsi nei guai. Devo riconoscere che, dopo qualche incertezza, ora si sta comportando bene – sembra già un’altra persona rispetto a un paio di settimane fa, quando non c’era verso di farla stare ferma cinque minuti, o di farle capire che cercare di slegarsi in presenza di chi ti ha legata è solo una perdita di tempo, per giunta irritante per i presenti. Ma devo ancora capire se è pronta per poter tornare a prendere decisioni in autonomia e per il momento le sto dietro con la funzione SPY del suo collare, in modo da assicurarmi che non faccia sciocchezze.

A parte Back, il giorno si è srotolato in modo tranquillo, col mio cuore che, se non pacificato, almeno sembra essere stato imbavagliato dalla mia decisione della mattina. Ho avuto modo di fare due chiacchiere in IM con Rossella, che non sentivo da qualche giorno, di passare parecchio tempo con Samy80, e perfino di accettare finalmente l’invito di New Vita, che ha mostrato a me e Backbuttoned, e alla sua ospite Melinda Arnahan, il megaschermo con cui nella sua skybox può vedere i filmati di YouTube. Non ho scattato foto, laggiù, ma visto che ne parlo aggiungo a questa pagina due dei filmati che ho proposto io alla visione collettiva: prima di tutto un brano del bellissimo The Collector, che William Wyler trasse nel 1965 da uno stupendo romanzo di John Fowles – una storia straziante di ossessione e di bondage che, non certo per caso, non affiora mai nella programmazione televisiva.
 
E poi una scenetta da un pregevole episodio di una vecchia serie TV di Dario Argento, l’avvincente Il vicino di casa di Luigi Cozzi, con una Laura Belli impegnata in attività abbastanza simili a quelle praticate dai frequentatori di Stonehaven. New, che pure a suo tempo si era approfittato di un mio momento di distrazione (dalle cui conseguenze mi aveva salvata solo l’intervento di Valentine) devo ringraziarlo oggi due volte: non solo per l’ospitalità ma anche per l’orecchio attento e comprensivo con cui ha ascoltato i miei sfoghi. E per il libro di Gibran che mi ha fatto avere suggerendo che provassi a rivolgermi alle sue pagine per trovare conforto.

L’altra persona con cui ho avuto modo di sfogarmi parlando è stata, stamattina, Spikeheel Starr. Tra cuori spezzati ci si riconosce all’odore, a quanto pare, perché solo dopo aver passato parecchio tempo a chiacchierare abbiamo scoperto di avere entrambe storie abbastanza simili alle spalle. Se non che è stata proprio Spikey a spingermi, inavvertitamente, a cacciarmi in un guaio molto più grosso di quello che avrei mai immaginato. Perché ci siamo messe a parlare di bane.

740842890.jpgNiente di strano: eravamo a Zhora, e se io avevo Backbuttoned al guinzaglio, Spikey aveva con sé un bane su cui sta facendo non so bene che esperimento. Normale che l’argomento fosse quello, se non che Spikey ha accennato al fatto che vorrebbe presto tentare un nuovo banishment e che era attratta dal banesuit di Serenella, di cui ha udito parlare. Le ho detto che non è in vendita ma che ne avevo una copia avuta da Sere, che ancora non avevo provato, e l’ho indossato perché potesse vederlo. E lì… beh, lì mi sono sentita di nuovo sulla punta di un altro trampolino molto alto, con le farfalle nello stomaco.

Le istruzioni di Serenella erano molto scarne: dicevano solo che una volta chiuso, il casco non si apre fino a quando la sentenza non è stata scontata. Ho chiesto a Spikey di provare a cliccarlo lei per vedere se avrebbe avuto una chiave o qualcosa di simile, ma niente. Solo io potevo prendere la decisione, e tutto quello che potevo fare era scegliere, in un menu blu, fra due pulsanti: “Engage” e “Ignore“. Ho preso fiato e ho cliccato “Engage“. E mi sono trovata di nuovo a precipitare nel vuoto, verso acque stavolte gelide. Uno scatto, poi una voce fredda. Interrotta, ogni tanto, da quella di una Spike presa dal panico – ameno fino a quando il Custodian non ha deciso di punirmi, distorcendola al di là di ogni intelligibilità.

[2008/07/22 0:37]  Custodian: Custodian Attivo
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Fai attenzione, B-1000. Ti verrà detto una volta soltanto
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Poiché sei messa al bando…
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non ti è permesso entrare in alcuna struttura pubblica o privata.
[2008/07/22 0:37]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:37]  Comm: [Spikeheel Starr] ci sei, win?
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Ti è permesso entrare solo nelle Maintenance stations.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi sconfinare su proprietà privata.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi rubare o vandalizzare proprietà pubblica o privata.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi usare utensili di alcun genere.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Non puoi indossare abiti o gioielleria.
[2008/07/22 0:37]  Custodian: Spikeheel Starr ha toccato il tu casco, B-1000
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi tentare di comunicare coi Cittadini.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi avvicinarti troppo agli altri bane.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi avvicinarti troppo a gruppi di Cittadini.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi teleportarti troppo spesso.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi restare senza cittadini intorno a te.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi restare troppo a lungo nello stesso luogo.
[2008/07/22 0:38]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:38]  Comm: [Spikeheel Starr] porca vacca
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi correre.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Non puoi volare.
[2008/07/22 0:38]  Spikeheel Starr: …
[2008/07/22 0:38]  Comm: [Spikeheel Starr] 12 ore di sentenza, Win
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Le Violazioni Saranno Punite.
[2008/07/22 0:38]  You: …
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Protocolli di default avviati.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Attenzione. Un altro bane entro 10 m.
[2008/07/22 0:38]  Custodian: Violazione di Protocollo. Troppo vicino a un altro bane.

523673865.jpg263563437.pngA questo punto mi trovo proiettata senza tanti complimenti dieci metri più in là. E paralizzata, con le gambe che non rispondono più, per un poco. Saluto come posso, mi teletrasporto altrove. Ma non c’è nessuno e il Custodian protesta: “Non puoi essere sola”. Maledizione, torno a teleportarmi e a questo punto le cose cominciano ad andare seriamente male. All’inizio l’immagine si sporca, come se la vedessi da un televisore mal sintonizzato. Ma anche questo luogo è vuoto e mi tocca tentare Villa BDSM. A questo ulteriore teletrasporto, il Custodian si arrabbia seriamente e mi acceca del tutto. Per molti minuti vedrò tutto nero, e meno male che in Villa qualcuno c’è, altrimenti non so come avrei fatto.

Per un po’ di tempo sono completamente cieca, non posso muovere le gambe e non sento assolutamente nulla. Cielo mi si avvicina, penso che cerchi di salutarmi, ma non lo sento nè posso rispondere. Qualsiasi emote viene sanzionato immediatamente dal Custodian implacabile di Serenella. E tutto quel che posso fare è ricorrere ai più inoffensivi dei gesti che ho disposizione: indicare le persone, inchinarmi, fare sì o no con la testa. Ma già se provo a salutare (col comando /wave) il Custodian si altera, perché al gesto il sistema abbina in automatico la frase “Goodbye“, e mi accusa (non proprio ingiustamente) di un tentativo di comunicazione. Poi, se riesco a evitare di commettere violazioni abbastanza a lungo, piano piano recupero parte delle mie facoltà. Dal buio, ottengo di nuovo immagini distorte, poi scure ma nitide e, infine e se riesco a comportarmi bene, addirittura normali. E lo stesso accade per la chat che diventa progressivamente più comprensibile. Ecco ad esempio quello che mi ha detto la Bravin, intorno alla quale ho continato a ronzare silenziosa durante la mia lunga visita a Villa BDSM:

[7:02]  Comm: [Lorella Bravin] Win zpari hwa lo non voglia cera il bana a lubro
[7:02]  Comm: [Lorella Bravin] perche ci xancwerai
[7:04]  Comm: [Lorella Bravin] bob è ballo vaderli cosi sau?

877549376.jpgPosso solo ipotizzare cosa significhi, ma mi sembra che sia qualcosa di affettuoso, tipo che spera che io non voglia fare il bane a lungo perché le mancherei, e che vedermi in queste condizioni non è bello. Quando lo capisco, mi allontano e cerco di stare più nascosta fra gli alberi. Ha ragione, deve essere destabilizzante vedere un bane che ti passeggia vicino, che non reagisce a quello che gli dici, che non ti parla e che tuttavia è, evidentemente, vivo e all’erta. Eppure non posso allontanarmi dalle persone: il Custodian mi sorveglia di continuo ed esige che io mi trovi vicino ad almeno un altro avatar. In questo, Serenella si rivela ancora più perversa di Marine: durante il banishment della Kelley Technologies, purché si riesca a individuare un luogo appartato dove nessuno ti viene a cercare, puoi anche pensare di lasciare acceso il computer e allontanarti per qualche minuto senza rischiare di beccarti un’estensione di pena. Ma Sere l’ha scritto chiaramente: Voglio che sia impossibile star lì e aspettare che il tempo passi. Con questo, invece, bastano pochi secondi di solitudine, o anche solo di immobilità, e cominci a ricevere messaggi inquietanti. A cui, peraltro, segue abbastanza rapidamente la sanzione. In meno di un’ora di banishment avevo già subito oltre tre ore di estensioni e alla fine di una giornata passata in gran parte online la pena da scontare ammontava ancora alle 12 ore iniziali… più qualche spicciolo.

1118438408.jpgChi volesse saperne di più sul banesuit di Serenella farà bene a leggere i post sull’argomento sul suo blog. Quando a me, chiedo scusa a Lorella e a chiunque altro si sentisse turbato dalla mia presenza, e ringrazio chiunque sia passato a salutarmi – e chi è rimasto nonostante io non fossi in grado di comunicare se non con pochi cenni del capo. Tutto quello che posso fare è aggiornare, in tempo reale, il mio profilo, in modo che rispecchi quello che, in ogni dato istante, posso e non posso fare. In questo preciso momento, ad esempio sono in grado di sentire la chat pubblica, di vedere e anche di toccare, ma sono facoltà che il Custodian mi può togliere in qualsiasi momento. Se qualcuno capitasse nei miei paraggi, quindi, per favore, faccia come dice la tag che il Custodian sospende sopra alla mia testa: legga il mio profilo. E, sempre che ne abbia voglia, mi faccia sapere, dicendolo ad alta voce, quanto mi manca ancora da scontare. Io non ho accesso al timer, ma chiunque sfiori il mio casco è in grado di sapere a che punto sono e quanto mi resta.

Come ben spiega Serenella, è una intelligenza artificiale, fredda e invincibile. È spietato ma, a suo modo, giusto. E non è in grado di ferirmi, perché non vuole farlo: è solo un programma, che fa il suo lavoro e che non è in grado di manipolare le mie emozioni. Forse è di questo che ho bisogno, in questo momento? Non lo so di per certo, ma so che questa cosa non l’avevo pianificata, e che adesso, comunque, non ho scelta.

Bane Operator

Sono stata piuttosto assente, negli ultimi tempi, pur continuando a passare online diverse ore. La colpa è un lavoro a cui, dopo la mia esperienza come bane, non ho potuto dire di no. Ma che si è rivelato molto più impegnativo di quanto credessi.

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Qualche tempo fa sono stata informata che la mia amica Forrest aveva scritto qualcosa che mi riguardava sulla lavagna che, a Deitide, viene usata come penitenza per i sub più deboli in ortografia: “Where is Win?”, diceva il messaggio, “Che fine ha fatto Win?” Ho sorriso fra me e me, ma non ho potuto reprimere un senso di colpa: sapere che qualcuno sente la tua mancanza è sempre bello, ma è vero che con Forrest non ci vedevamo dai giorni in cui era venuta a votarmi al concorso di Villa BDSM – perché subito dopo avevo dovuto affrontare il problema di Jaron (ne parlerò nei prossimi giorni, completando la storia di Mystique) e poi presentarmi alla Kelley Technologies. Dove, come saprà chi legge questo mio diario, sono stata assunta come Bane Operator.

14ee9dbdba6b32c4f75350a40e83c7cf.jpg C38017b2b61c579a415e12d6a22a5a79a.jpgosa sia un bane dovrebbe essere ormai chiaro (in caso contrario, meglio dare un’occhiata ai primi post di questo blog (in particolare, Prigioniera di me stessa, Rollback ed Eudeamon – quest’ultimo soprattutto per avere il link da cui scaricare, in inglese, il romanzo originale). Molto in breve, un bane (abbreviazione di “banished”) è una persona che ha scelto, per beneficiare della riduzione di una pena detentiva, di non scontarla in una cella tradizionale ma di passarla sigillata all’interno di un abito in lattice aderentissimo, sotto il controllo perenne di un computer inflessibile (il Custodian) incaricato di assicurarsi che non vengano violate una serie di regole. E che, quando questo accade, determina ed esegue punizioni pesanti, quasi sempre allungando il tempo della detenzione stessa.

L’iniziativa Banishment Program, della geniale Marine Kelley, ha ben pochi precedenti su Second Life: appassionata del romanzo, la creatrice dei legami Real Restraints ha messo su un’articolata organizzazione per consentire a chi lo desidera di vivere un’esperienza il più possibile vicina a quella descritta da Evil Dolly. Chiunque desidera sperimentare il banishment può candidarsi tramite un modulo di iscrizione disponibile al quartier generale del laboratorio e, solo a seguito di un colloquio con un Ingegnere, essere ammesso al programma. A questo punto entrano in gioco gli Operatori, fra cui la sottoscritta, incaricati di compiere tutti i passi necessari per trasformare la persona in bane – e, in seguito, destinati a diventare per la propria vittima l’unico interlocutore che il Custodian ammetta. Un Bane Operator deve avere polso fermo, deve essere capace di non lasciarsi impietosire dalle lamentele dei prigionieri e proseguire il programma fino in fondo, controllando che i suoi bane si comportino bene. Ma deve anche essere pronto ad aiutare un bane in difficoltà, affrontare le emergenze e, se necessario, impartire ulteriori punizioni.

Ad assicurarmi il lavoro di Bane Operator è stata, naturalmente, la mia esperienza personale in proposito: bisogna conoscere la pena, per poterla infliggere a qualcuno, e noi Beta Tester abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa significa essere completamente isolati da tutti i nostri amici. Una sorta di anticipazione della propria morte, diceva qualcuno, ma c’è anche chi decide di vivere l’esperienza per sfuggire a una delusione amorosa o cercare di ritrovare la propria anima. In definitiva, le motivazioni per scegliere il banishment al posto di una tradizionale cella possono essere personali e infinite – l’unica che mi sento di sconsigliare è quella, ufficialmente dichiarata, della riduzione della pena. Accade regolarmente che chi si aspetta di scontare una sentenza di 24 ore si ritrovi a passarne nel costume molte decine, con punte che superano – in soggetti che sviluppano una acuta Sindrome di Dipendenza da Banesuit – le duecento ore di detenzione. Prima di sottoporre un soggetto al trattamento, noi operatori siamo tenuti a offrire sempre un’ultima occasione di ripensarci. Anche se fino ad oggi nessuno ne ha approfittato.

4ccc0894c65e7c95c6f10ee7525ec9fa.jpg743a305dc6a718c931e651c4d9f39a32.jpg L’attività di Bane Processing è lunga e complessa, ed è per questo che sono stata a lungo assente dalla vita attiva. Il mio compito è di convocare i candidati che si trovano online in un dato momento, ammanettarli e sottoporli a una elaborata procedura che ripercorre fedelmente quella descritta nel libro. Alcuni la subiscono docilmente – altri si ribellano costringendomi a tenerli legati e imbavagliati fino al momento in cui il procedimento è diventato irreversibile e il Custodian mi assicura su di loro un controllo pressoché totale (è il caso di Mitzy Shino, che mi ha dato davvero filo da torcere, e che si è dibattuta fino all’ultimo obbligandomi a incaprettarla). Mi tocca infine liberarli, avvisandoli di ciò che rischiano una volta fuori nel mondo libero: in teoria, un bane dovrebbe essere ignorato dai cosiddetti civili, ma la novità spinge molti ad avvicinarsi loro con curiosità… e questo produce immediatamente effetti negativi sul condannato, perché il Custodian non tollera alcuna prossimità fra un bane e un civile, e la punisce severamente.

Come spesso accade in questi casi, la situazione provoca a volte effetti sgradevolmente distorti: esistono vigliacchi che si divertono ad avvicinarsi ai bane per costringerli ad allontanarsi, ben conoscendo le punizioni severe a cui questi saranno sottoposti se non fuggiranno all’istante. Il fenomeno ha già il nome di Bane Bashing, ed è ovviamente vietato dalla legge – ma i bane sono creature particolarmente vulnerabili e, sebbene il lattice li protegga in larga misura dalle aggressioni, niente se non la fuga può impedire che il loro Custodian punisca con un’estensione di sentenza anche la prossimità con civili aggressivi. Il compito dell’Operatore è, anche, di intervenire quando necessario a scoraggiare fenomeni del genere, per cercare di proteggere il condannato da effetti che vadano al di là della punizione che si è meritato.

Salvo nei rarissimi casi in cui l’Operatore glielo consente, un bane non può parlare nè ascoltare, non può penetrare in alcuna proprietà privata (una definizione volatile che si estende spesso a molti terreni apparentemente liberi), non può “spiare” (vale a dire zoomare con la macchina da presa per vedere altro che non sia nelle sue immediate vicinanze). Non ha accesso all’Inventory, non può spedire o ricevere IM, non può volare o muoversi di corsa, non può ricevere o inviare oggetti. Un bane può solo vagare in assoluta solitudine per ore e ore, trovando nell’isolamento il castigo alle sue colpe o il rimedio al proprio turbamento. Nell’attesa che si compia l’inconfessata beata speranza e, in qualche modo, si materializzi quel qualcosa di cui si parla sottovoce.

d5d9e89892ee07befc196e8e94b96f70.jpga9b5594413043895041735c61e407f8c.jpg Sì, perché la solitudine protratta, e la frustrazione dovuta agli interventi del Custodian, che blocca sul nascere qualsiasi tentativo del bane di comunicare con alcuno, può rivelarsi davvero pesante, e si mormora che a lungo andare i banesuit possano produrre strani effetti collaterali. Nell’ambiente si sente spesso la parola “Eudeamon”, ma si tratta, notoriamente, di una leggenda metropolitana generata dal disintegrarsi dell’intelletto di chi troppo a lungo resta isolato dal resto del mondo. Questo Eudeamon sarebbe una sorta di angelo custode, ma la sua esistenza non è mai stata dimostrata. Anche se si sono dati comportamenti insoliti da parte di alcuni bane, che sono stati scoperti a compiere intenzionalmente violazioni, quasi che ci tenessero a restare sigillati nel banesuit, senza tornare alla vita attiva normale. Strane cose, che preferiamo attribuire a stai allucinatori – e di cui chi lavora per la Kelley Technologies preferisce non parlare – almeno non in pubblico.

Anche perché l’esperienza ha – o meglio può avere – un costo importante. Per partecipare al Banishment Program occorre munirsi di una skin in lattice abbastanza costosa, e poi versare una cauzione di ben 2000 L$ a garanzia del completamento della sentenza. Chi arriva fino in fondo sarà rimborsato del 90 per cento di questa somma (il resto viene trattenuto come contributo, francamente irrisorio, alle spese di gestione dell’organizzazione e all’affitto della sim che ospita la Kelley Technologies), ma chi dovesse barare e liberarsi del Custodian in modo non autorizzato lo vedrebbe autodistruggersi in maniera irreparabile, e perderebbe all’istante tutta la cauzione. Va detto che, a tutt’oggi, un solo bane si è dimostrato così rammollito da non saper scontare la sua sentenza fino in fondo – una certa Saphire Pfeffer, che ho avuto il dubbio privilegio di sottoporre io alla procedura… e che nonostante l’avessi più che adeguatamente istruita in merito, ha ignorato bellamente gli avvertimenti del suo Custodian accumulando numerose violazioni, e raddoppiando in poche ore la sua pena (originariamente stabilita in 24 ore di detenzione). Marine, incredibilmente, ha scelto di rimborsarla lo stesso, diffidandola però di venire ancora a far perdere tempo alla Kelley Technologies. Ma a me non stava bene lasciare che la cosa passasse sotto silenzio e, in un piccolo dibattito scatenatosi sul blog di Marine, sono intervenuta nei seguenti termini (in risposta a un commento di qualcuno che alludeva oscuramente all’esperienza di Saphire per cercare di denigrare il Programma):

Nella mia qualità di bane Operator che ha appena dovuto tollerare che uno dei suoi bane barasse per interrompere l’esperienza, desidero rispondere all’argomentazione della postatrice anonima.

Non farò qui il nome della persona di cui parlo, ma ho avuto qualcuno che si è fatto assegnare una sentenza di 24 ore e poi ha ignorato gli ammonimenti con cui il Custodian le intimava di interrompere determinati comportamenti. Lei non l’ha fatto, e le reiterate violazioni hanno aggiunto alla sua sentenza altre 24 ore.

In quanto Operator, prima della procedura l’avevo avvertita che era ancora in tempo per cambiare idea – e limitarsi a scontare in carcere la sua sentenza originale. È vero: scegliere il banishment ti assicura una riduzione di pena. Ma bisogna considerare che una condanna al carcere non sarà mai allungata automaticamente attraverso un programma computerizzato – gelido e implacabile, per quanto sofisticato.

A procedura compiuta, ho sottolineato l’importanza che seguisse ALLA LETTERA gli ammonimenti del Custodian, e adempisse immediatamente alle sue richieste. I rapporti mostrano che lei non l’ha fatto, accumulando oltre 20 “Spying Violations” (utilizzo della funzione zoom della telecamera) in pochissime ore.

Occorre molta disciplina per affrontare il banishment. Questa candidata ne era palesemente priva.

Il solo rimpianto di questo Operatore è di non avere avuto la possibilità di essere online più spesso nel corso della detenzione di questo bane (un problema di diverse timezone) – si sarebbe meritata qualche scarica elettrica, e probabilmente anche qualche punizione più severa.

Questo Operatore è orgogliosa di tutti i suoi altri bane – alcuni hanno totalizzato un numero di violazioni MOLTO superiore a quello dell’amica della postatrice anonima, e hanno imparato qualcosa dall’esperienza. Alcuni hanno obbedito prontamente aggli avvertimenti del Custodian, e non hanno praticamente subito estensioni. Nessuno di essi ha dato l’impressione di considerare il Banishment Program una vacanza. Nessuno di essi ha considerato il Custodian un giocattolo. Non lo è.

56ca26114b670637f1adccd7a2e86e7b.jpg Non avrei altro da aggiungere, anche perché la discussione è andata avanti e la sciocca Saphire ha provveduto a dimostrare da sola la sua malafede. Ma mi piace segnalare invece il blog (in inglese) tenuto da uno dei miei bane più diligenti – B-9140, un tempo nota come Boy Lane e alla ricerca di un’esperienza di isolamento seria. Il link che riporto punta direttamente a una pagina di qualche giorno fa, e lo segnalo anche per accontentare la mia vanità, dato che riporta una foto della sottoscritta nel pieno del suo impegno professionale. Ma suggerisco di leggere anche i post successivi perché B-9140 spiega bene il senso di pace e di solitudine, e di distacco dal mondo che l’esperienza le sta regalando. E anche perché, hmmm…

(sottovoce)

perché… beh, io non ci credo, naturalmente… ma B-9140 sostiene di aver avuto, nei giorni scorsi, la visita di quella cosa che chiamano Eudeamon…

(Prossimamente: Mystique all’asta) 

Libera

La fine del test è finalmente arrivata. Ma il sollievo si mescola a un’altra sensazione inaspettata. Possibile che uscire dal banishment sia più difficile che entrarvi?

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Appena tornata dalla vacanzina pasquale, prima di andare a dormire, mi collego un momento, speranzosa. E mi va bene. Il mondo intorno a me non fa in tempo nemmeno a materializzarsi che già il casco del banesuit mi trasmette un messaggio dalla dottoressa Kelley: “Sono online ancora per dieci minuti. Se vuoi che ti liberi devi venire subito a La Isla Bonita”. Marine è europea e si collega, di norma, solo nel tardo pomeriggio e non per molto tempo: non posso perdere questa finestra e mi teletrasporto immediatamente alla centrale.

Il rito della liberazione è, per forza di cose, molto più veloce di quello della chiusura: Marine ha fretta, e anche io sono stanca dopo quasi cinque ore in un’autostrada Real Life fortunatamente meno trafficata di quanto temessi.

[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : pronta per essere rilasciata, Bane ?
[2008/03/24 16:52]  WinthorpeFoghorn Zinnemann assentisce
[2008/03/24 16:51]  Bane Helmet: Marine Kelley : custodian, muteness punishment end
[2008/03/24 16:51]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:52]  Bane Helmet whispers: WinthorpeFoghorn Zinnemann’s Bane Helmet has been unlocked by Marine Kelley after 14:56:50 (detached 0 times)
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: custodian, suspend all protocols
[2008/03/24 16:53]  W-1007: Executing order from Operator.
[2008/03/24 16:53]  Bane Helmet: : Custodian protocol suspended. :
[2008/03/24 16:53]  Marine Kelley: ora sei di nuovo libera, Win :)

Mi tolgo il casco quasi subito e poi abbraccio la dottoressa, che si informa sulla mia salute. No, le dico, non è stato troppo duro… sì, a tratti è stato noioso, ma anche bellissimo… e penso che ci vorrà un pochino a riabituarsi alla vita normale, adesso. Marine sorride: “Sì, lo penso anch’io… Sto considerando di aggiungere al laboratorio, quando sarà costruito, una stanza per il supporto psicologico”. Le prometto entro domani una notecard con i miei appunti e le mie considerazioni, poi Marine si dissolve nel nulla come tutti noi quando ci scolleghiamo dalla rete. Con tutto corpo ancora ricoperto dalla skin in lattice nero, inalo l’aria del mare vicino, strizzo gli occhi, cerco di ricordare cosa significa essere di nuovo padrona di me stessa. Ora potrei fare quello che voglio – vedere gli amici, giocare di nuovo con le gabbie, mettermi nei guai o magari anche rapire qualcuno, eppure…

…eppure non me la sento ancora. Sono quindici ore di gioco che qualsiasi relazione interpersonale mi è proibita, che non posso avvicinarmi a più di venti metri da chicchessia, che non posso nemmeno ascoltare gli altri, né zoomare per cercare di vederli più da vicino… Quindici ore di gioco sembrano poche, ma sono più che abbastanza per iniziare a condizionarti: così, già da ora, non mi sento troppo in vena di andare nei soliti posti che amo frequentare. Ho un po’ paura di incontrare gli amici, paura di dover rispondere alle loro domande… paura di non sapere se ho tanta voglia di essere catturata da qualcuno. Entrare in un banesuit è facile, basta chinare la testa. Uscirne è una cosa un po’ più complicata. Il controllo non è una questione di lucchetti.

Resto in giro per una decina di minuti, come instupidita, vagando come se fossi ancora un bane… e pian piano rimettendomi la pelle tradizionale. Recuperare il mio viso mi conforta un poco, i vestiti e i capelli mi danno di nuovo la sensazione di essere una persona e non un oggetto. Ma è quando mi rimetto tra i capelli il mio fiore bianco che sento, davvero, di essere tornata. Il bane W-1007 diventa, per ora, solo un ricordo ancora vivido. E io sono di nuovo Win.

(prossimamente: Chi ha paura dei banesuit?)

Pasqua da bane

Ancora qualche annotazione sulla mia esperienza di bane, prima che si concluda il weekend pasquale e io riesca a collegarmi nuovamente a Second Life, consentendo finalmente a Marine di liberarmi dal banesuit.

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Come promesso alla dottoressa Kelley, non voglio rivelare qui le punizioni e le limitazioni che vengono imposte a un Bane – l’emozione di non sapere di preciso cosa ti aspetta fa parte del brivido di questa forma di bondage e sarebbe davvero un peccato rovinarlo a chi ancora non ha avuto modo di provarlo. Basterà dire che da quindici ore di gioco non ho modo di comunicare con alcun amico nei modi tradizionali. La chat viene distorta dopo pochissime battute ed è quindi inutilizzabile, lo scambio di IM è inibito e tutto quel che mi resta sono i cosiddetti emotes, vale a dire quel minimo di linguaggio corporeo consentito dal suit.

Come funziona il linguaggio corporeo? Che nella riga destinata alla chat pubblica inizi la frase con “/me” così, invece di scrivere la frase da te pronunciata, descrivi una tua azione. Per cui invece di ottenere come risultato una frase come:

Winthorpe Foghorn Zinnemann: Ciao come stai?

ottieni una cosa di questo tipo:

Winthorpe Foghorn Zinnemann saluta con la mano.

Esiste chi utilizza gli emote in maniera impropria descrivendo cose impossibili da comunicare a gesti. Io non scriverei mai una cosa del tipo “/me si sente felice della tua presenza e vorrebbe potersi avvicinare a te per abbracciarti” perché si tratta di un concetto troppo complesso da esprimere con un gesto. Sarebbe un imbroglio, e io non imbroglio. Mai.

Quando Marine mi ha lasciata segregata nel banesuit anche dopo l’esaurimento delle mie nove ore, uno dei Bane con cui si è messa a parlare è stata Moss Hastings, una cara amica che aveva appena esaurito la sua sentenza. Moss è una delle prime persone che ho conosciuto nelle aree BDSM di Second Life, e da qualche settimana ci siamo particolarmente avvicinate. Ha un rapporto molto stretto con Chriss Rosca, geniale scripter e creatrice di alcuni strumenti di restrizione di cui ti parlerò senz’altro: in genere, Chriss è la sua padrona e se la tiene ben stretta, ma qualche volta è Moss a farla prigioniera e ad averne cura.

Devo esclusivamente a lei se ho potuto partecipare a questo test dei banesuit di Marine. In qualità di Trainer del Bondage Team, Moss mi aveva ammanettata, imbavagliata e chiusa in gabbia perché io effettuassi il mio terzo Bondage Ordeal (lo so, lo so, ho promesso di parlarne – e manterrò, ma non stavolta). Mi stava tenendo compagnia durante i miei sforzi per liberarmi, quando ha saputo, e mi ha segnalato, che Marine cercava dieci cavie. Quando ho avuto la notizia di essere stata accettata nel Banishment Program, ho subito insistito perché anche Moss si candidasse con me – la sua invidia era percepibile! – e alla fine ho vinto le sue resistenze spingendola a farsi avanti. Moss era così rientrata nel programma per il rotto della cuffia, come decima candidata.

Il giorno dopo stavo vagando per la sim di ManetteMatte, la più nota fra le aree italiane dedicate al BDSM, quando Moss si è materializzata vicino a me. Era libera dal banesuit, ma io non lo ero – e sono stata quindi costretta a tenermi a una certa distanza da lei. Abbiamo cercato di comunicare a distanza a gesti ed è stato solo con enorme fatica che sono riuscita a spiegarle, grosso modo, quello che mi era successo: che ero prigioniera della mia tuta di lattice da ben oltre le nove ore pattuite, che c’era stato un rollback che mi aveva annullato il timer, che le volevo bene e che speravo di poterla presto riabbracciare. Ecco un esempio di conversazione a gesti fra noi due, già ripulita di tutti i rimproveri del Custodian circa il fatto che ogni tanto mi capitava di udire frammenti di conversazione. Moss è inglese, cosiì ho tradotto quanto segue in italiano.

[2008/03/21 1:47]  WinthorpeFoghorn Zinnemann saluta Moss con la mano.
[2008/03/21 1:47]  Bane Helmet: : Contact Violation. May not listen to conversations. :
[2008/03/21 1:48]  Moss Hastings ricambia il saluto al Bane
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima alcune lettere con le mani
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann A
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann L
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann F
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann U
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann Z
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann i
[2008/03/21 1:48]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann A
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann E
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann T
[2008/03/21 1:49]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:49]  Moss Hastings capisce
[2008/03/21 1:49]  Moss Hastings ne ha avuto uno

Ero riuscita a sentire parte della conversazione di Moss con Marine e so che anche lei ha avuto qualche problema a causa di sbalzi imprevisti di Second Life. Con lo stesso sistema ho comunicato a Moss del Rollback:

[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso sinistro
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann scuote la testa
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann N
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann O
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann T
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann I
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann M
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann E
[2008/03/21 1:50]  WinthorpeFoghorn Zinnemann R
[2008/03/21 1:50]  Moss Hastings ridacchia
[2008/03/21 1:51]  WinthorpeFoghorn Zinnemann si prende la testa fra le mani
[2008/03/21 1:51]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:52]  WinthorpeFoghorn Zinnemann incrocia strettamente i polsi
[2008/03/21 1:53]  Moss Hastings assentisce comprensiva
[2008/03/21 1:55]  WinthorpeFoghorn Zinnemann incrocia nuovamente i polsi
[2008/03/21 1:56]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:56]  WinthorpeFoghorn Zinnemann ti indica

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Qui cercavo di capire quanto tempo Moss fosse rimasta nel banesuit… ma farsi capire non è così semplice e lei aveva qualcos’altro da dirmi. Nel corso della mia ottava ora avevo notato che la sua amatissima Chriss Rosca era venuta a trovarla, e che fra lei e Moss si era tenuto una specie di mesto balletto in cui cercavano di capire quanto potessero restarsi vicine senza scatenare la reazione del Custodian di Moss. Alla fine, Moss ha abbracciato Chriss, una scena veramente commovente per chi, come me, sapeva che in quel momento il Custodian le stava distorcendo l’audio e il video per punizione, a causa della Contact Violation, isolandola di fatto ancora di più di quanto non fosse accaduto fino a quel momento. Non ho saputo resistere e ho scattato una foto di quell’abbraccio disperato, inviandolo a Moss sul suo account di Gmail – beccandomi una penalità dal mio Custodian. E Moss mi ha mostrato la foto, per ringraziarmi, ora che lei era libera e io ancora un Bane.

[2008/03/21 1:58]  Moss Hastings è grata per la foto
[2008/03/21 1:58]  WinthorpeFoghorn Zinnemann si tocca il cuore
[2008/03/21 1:58]  WinthorpeFoghorn Zinnemann manda un bacio
[2008/03/21 1:58]  Moss Hastings sorride

Ma io devo sapere quanto tempo è rimasta un Bane. Ne ho bisogno, per sentirmi meno sola. Insisto.

[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna punto interrogativo
[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso
[2008/03/21 1:59]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:02]  Moss Hastings guarda il suo Curfew

Il Curfew assomiglia a un orologio ma non lo è: è un diabolico strumento inventato da Moss e da Chriss che consente alla seconda di costringere la prima a rispettare rigide regole di coprifuoco. Quando il Curfew è attivato, anche se Chriss è offline Moss è obbligata a tornare nella sua cella ovunque si trovi. Ne parleremo, perché ne posseggo uno anche io e Samy80 muore dalla voglia di provarlo. Ma intanto devo far capire a Moss che indicando il polso intendo farle una domanda sul tempo.

[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann scuote la testa
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il PROPRIO polso
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna un orologio
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann disegna un punto interrogativo
[2008/03/21 2:02]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:03]  Moss Hastings scuote la testa

Sospiro. Non è facile esprimersi a gesti, maledizione. Riprendo fiato e riprendo.

[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica se stessa
[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il proprio casco
[2008/03/21 2:03]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mostra 10 dita
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mostra 3 dita
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica il suo polso
[2008/03/21 2:04]  WinthorpeFoghorn Zinnemann punto interrogativo
[2008/03/21 2:05]  Moss Hastings mima 13 ore?

Ohhh… l’ha capita!

[2008/03/21 2:05]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica se stessa e assentisce
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann indica te
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima 13
[2008/03/21 2:06]  WinthorpeFoghorn Zinnemann punto interrogativo
[2008/03/21 2:07]  Moss Hastings alza 9 dita
[2008/03/21 2:08]  WinthorpeFoghorn Zinnemann assentisce
[2008/03/21 2:08]  WinthorpeFoghorn Zinnemann mima OK!efdc519cae0b5c4b5578658ecea97a08.jpg

Insomma, malfunzionamento o meno, Moss ha scontato solo le sue nove ore e non una di più. Mi basta, e la conversazione mi ha esaurita. Moss saluta e se ne va, probabilmente a trovare Chriss per recuperare il tempo in cui sono rimaste separate.

Io gironzolo ancora un poco. Il Custodian mi fa tornare ancora una volta alla Maintenance Station per l’ennesima, sempre umiliante, procedura. Resto un po’ nei paraggi e assisto all’apparizione di qualcuno che si diverte ad avvicinare noi bane per il gusto di obbligarci alla fuga: un’altra bane che, come me, resta in attesa vicino alla Station continua, disperatamente, ad allontanarsi mentre il tipo insiste ad avvicinarlesi e a spingerla. Mi sento ribollire il sangue. Anche nel romanzo di Evil Dolly capita, a volte, che invece di essere ignorati i bane siano oggetto di persecuzione da parte di civili razzisti e malvagi, certi di restare impuniti se molestano o addirittura aggrediscono qualcuno che non ha modo di difendersi o di denunciarli. Attraggo per un poco l’attenzione del disturbatore, per distoglierlo dalla mia collega e almeno dividere con lei le punizioni inflitte dal Custodian. Per fortuna lo stronzo si stanca abbastanza presto, e vorrei tanto essermi annotata il suo nome, per fargliela pagare se e quando uscirò da questa situazione.

4707a01c1d966a91e3f54127bf4d31a8.jpgViene a trovarmi anche Sable Janus, la creatrice del primo banesuit immesso sul mercato – un ottimo prodotto di cui tornerò a parlare, ma molto diverso da quello di Marine. Anche con lei posso scambiare solo poche chiacchiere a gesti, ma le consento almeno di osservare il mio banesuit in modo da apprezzarne le differenze esteriori.

Infine torno a ManetteMatte per osservare da lontano la gente che ci bazzica. Qualcuno tenta di avvicinarsi e non riesce a capire quando io cerco di spiegare che devo mantenermi ad almeno venti metri. Qualcun altro, in particolare un certo Cielo Robbiani, si mostra più sensibile e non insiste a venirmi addosso, offrendomi amicizia. Quando riuscirò ad uscire da questa prigione di lattice avrò tanta gente nuova con cui parlare, per ringraziare della gentilezza, della comprensione, della solidarietà. Ma devo uscirne, prima. Per ora resto un pulcino che si dibatte, disperatamente, in un uovo di Pasqua in cemento armato.

 

(prossimamente: Libera)

Eudeamon

Da dove nasce l’idea dei banesuit di Marine Kelley? La risposta in un romanzo straordinario, scritto da una bambola malefica e a tutt’oggi mai pubblicato su carta.

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Il fatto che Internet sia un mezzo di comunicazione praticamente senza filtri è un’arma a doppio taglio: chiunque può facilmente pubblicare qualsiasi cosa senza censure preventive o filtri di sorta… però ciò significa anche che per trovare qualcosa di valido da leggere occorre sciropparsi pagine e pagine e pagine di roba pessima, scritta male, priva del benché minimo interesse. I siti di aspiranti scrittori che propinano le proprie modeste creazioni pullulano in qualsiasi lingua e, in genere, un romanzo disponibile solo in versione elettronica è meglio affrontarlo con beneficio di inventario.

“Eudeamon” è una delle rare, felicissime eccezioni a questa regola. Scritto nel 2005, è rimasto a tutt’oggi disponibile soltanto comeb9191461ffac56a94f1085ec55f35ba4.jpg file Word liberamente scaricabile dal suo sito internet, e credo che non l’avrei mai scoperto se la sua lettura non avesse affascinato Marine Kelley al punto da indurla a creare, per la sua linea di accessori BDSM per Second Life, quei diabolici banesuit di cui proprio in questi giorni sono la vittima volontaria. Ho scambiato qualche mail con l’autrice, che sta pensando di stamparne qualche copia a sue spese, affinché gli amici che l’hanno apprezzato possano averne una copia cartacea. Ma trovo stupefacente che nessun editore si sia ancora fatto avanti per assicurarsene i diritti, perché si tratta di un romanzo avvincente ed emozionante, narrativamente ben strutturato e, nel complesso, scritto meglio di tanta roba che si trova in commercio.

Il genere di appartenenza di “Eudeamon” è la fantascienza – quella vera, che parte da una premessa irreale ma plausibile per poi svilupparla in modo razionale esplorandone le logiche conseguenze. Ed è una fantascienza che combina la lucidità sociologica (e la capacità affabulatoria) di maestri come Frederick Pohl o Robert Sheckley con i temi cari ai pionieri del cyberpunk, da William Gibson a Neal Stephenson. Sarebbe già più che sufficiente per far drizzare le orecchie a una lettrice appassionata, ma confesso che a destare il mio interesse iniziale sono state le implicazioni feticistiche dell’idea che sta alla base della storia. E che lascerei raccontare direttamente all’autrice, traducendo per te qualche paragrafo chiave. Ascolta:

(…)    L’idea era che i criminali, invece di affollare le celle delle carceri, divenissero le proprie stesse prigioni ambulanti. I Bane, come presto vennero chiamati, erano lasciati liberi di vagare per la città come paria. La cittadinanza era tenuta a ignorarli e a trattarli come se non esistessero. In effetti, una persona poteva essere multata anche solo per aver parlato a un Bane–era una Violazione del Bando.  Nessuno poteva trattare un Bane con gentilezza o crudeltà o anche solo riconoscerli in qualunque modo. Tentare di aiutare un Bane o ospitarne uno era un crimine.
    In un tempo sorprendentemente breve, i primi Bane cessarono a tutti gli effetti di esistere agli occhi della comunità di Eudemonia. Essere messi al bando ed esclusi completamente dalla società era considerata una punizione terribile. I Bane potevano osservare la vita attorno a loro ma non prendervi alcuna parte. Non era loro permesso prendere contatto con i loro amici o con la famiglia.  Non potevano entrare in alcuna struttura, pubblica o privata, che non fosse stata prevista a quello scopo. Sensori di prossimità contenuti in ogni abito li avrebbero puniti se avessero anche solo tentato di entrare in qualche struttura o uscire dalle aree designate. Non era loro consentito nemmeno avvicinarsi troppo ad altri Bane, quindi era loro impossibile offrirsi reciprocamente conforto o compagnia. Essere un Bane significava trovarsi sempre solo nel mezzo di una città operosa.
    A rendere le cose peggiori per i Bane, il Banesuit che erano costretti a indossare li privava dell’identità e anche dell’apparenza umana: il volto nascosto dietro a un casco aderente e senza fattezze, i segni particolari celati dietro a una aderentissima seconda pelle di lattice nero. Fatte salve le differenze di genere, peso e altezza, apparivano tutti identici. Il fatto che la stretta aderenza dell’abito al corpo ne rivelasse ogni dettaglio era considerato un’ulteriore umiliazione, poiché apparivano praticamente nudi. I Banesuit proteggevano i prigionieri dagli elementi, ma si diceva che ne desensibilizzassero la pelle. Oltre al contatto con gli altri venivano loro negate anche le sensazioni del proprio corpo.
    Come parte della punizione, ma anche strumento di riabilitazione, la Ashton Technologies–gli inventori dei Banesuit–utilizzavano i più avanzati computer tecno-organici e la nanorobotica. I Custodians. Attraverso una intelligenza  artificiale semplificata, il computer che ciascun Bane portava con sé dentro al casco aveva accesso in qualche modo alle onde cerebrali del prigioniero. Seguendo un rigido codice di regole, il computer Custodian era in grado di ‘leggere’ i pensieri del soggetto e modificarne la conditta applicando punizioni fisiche. Diventava un secondino personalizzato, costantemente intento a osservare le azioni e le intenzioni di un Bane, ammonendolo o impartendogli punizioni secondo necessità. Questo eliminava la necessità di pagare qualcuno che tenesse traccia di tutti i Bane della città; i Banesuit pensavano a tutto. Il prigioniero non poteva farla franca in alcun modo, per quanto potesse essere attento o attenta. Il Custodian era sempre all’erta. Ed era in grado anche di monitorare i segni vitali per individuare possibili problemi di salute (le cure di emergenza erano il solo contatto umano consentito a un Bane nel corso della detenzione). Ignorati dall’esterno e controllati dall’interno, i Bane restavano con una vita che poteva essere solo un incubo semovente. La loro esistenza era un confino solitario e perpetuo.
(…)

Mi fermo qui. L’idea di questo vestito-trappola, capace di isolarti completamente dal mondo e di avere su di te un controllo praticamente assoluto, mi ha provocato fin dall’inizio un fremito di emozione in tutto il corpo, e inizialmente è stato l’elemento principale che mi ha avvinta al computer a leggere avidamente le 91 pagine di “Eudeamon”. Per giunta, la protagonista è un personaggio in cui mi sono identificata immediatamente: Katrina Nichols è una giornalista morbosamente affascinata dal fenomeno dei bane, e decide di avviare un’inchiesta per verificare se non si tratti di una punizione disumana e ingiusta, utilizzata indebitamente per effettuare illegalmente una sperimentazione scientifica su esseri umani.

Per saperne di più, Katrina ricorre a un espediente tipico di certi classici hollywoodiani degli anni Quaranta sui giornalisti d’assalto: d’accordo col direttore del suo giornale e con un collega, riesce a scambiare la propria identità con una ragazza in procinto di essere condannata per prostituzione e aderisce al programma legale che consente, in cambio di un 30 per cento di riduzione della pena, di optare per il banishment in luogo della tradizionale detenzione. Ma non ha fatto i conti con le caratteristiche veramente infernali del banesuit, di cui nessuno parla mai in pubblico… e che rischiano di trasformare la detenzione in una trappola autenticamente irreversibile.

fca722becca88d54a5819252ed9978ce.jpgDella trama di “Eudeamon” non ti dirò altro, perché l’inventiva perversa dell’autrice non si limita a sviluppare coerentemente la premessa, ma prende ben presto una piega completamente inaspettata e sorprendente che va molto oltre la semplice narrazione. La storia di Katrina è avvincente come un thriller ma, come nei casi migliori di fantascienza maggiorenne, è anche (e, in ultima analisi, soprattutto) uno sguardo lucidissimo su temi universali che hanno a che fare con i nostri desideri e le nostre fantasie, con la nostra percezione della realtà, con la definizione dell’identità, con i mille condizionamenti che ci impediscono di manifestare pubblicamente quello che siamo.

Il fatto che l’autrice sia un transessuale probabilmente la dice lunga su quanto i temi sollevati da “Eudeamon” siano da lei profondamente sentiti: eppure quasi mai si ha la sensazione che il romanzo perda di vista la sua lucidità di sguardo per diventare predicatorio. La possibile lettura metaforica scaturisce naturalmente dal racconto, senza la minima forzatura. E la vicenda mi ha trascinata fino all’ultima pagina attraverso una serie di emozioni che davvero non mi aspettavo di provare con tanta intensità: la paura e il desiderio del bondage, che permea tutta la prima parte, si trasforma in un senso di disperazione e di accettazione della schiavitù, per poi riservare la sorpresa di sviluppi commoventi, pieni di gioia, addirittura esaltanti… ma anche di elaborazione del lutto, desiderio di vendetta, e in ultima analisi solidarietà, amore per il prossimo, desiderio di condividere i doni più straordinari della vita – almeno con chi ha il coraggio di affrontare a viso aperto i propri desideri più segreti.

Non posso davvero dirti altro senza rovinarti l’esperienza. Ma se stai leggendo questo mio diario sospetto fortemente che tu sia il lettore ideale per questo libro. Spero che tu sia in grado di leggerlo in inglese, perché nessuno ancora l’ha tradotto. Lo trovi a questo indirizzo:http://www.evil-dolly.com/Eudeamon.doc

Ti prego, leggilo e fammi sapere cosa ne pensi. Davvero, vorrei discuterne con qualcuno che sa di cosa sto parlando. Magari in un post successivo, destinato solo a chi l’ha già letto e in cui non sia costretta a fare salti mortali per evitare di spoilerare quello che succede.

Buona lettura,

la tua Win

(prossimamente: Pasqua da bane

Rollback

In un banesuit, l’unica certezza è il momento in cui viene chiuso su di te. Tutto il resto, inclusa l’eventuale liberazione, è incerto. Soprattutto quando i server di Second Life e il tuo computer ormai un po’ ansimante ci mettono lo zampino.

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Dovevo immaginarlo.

Nel momento della procedura di trasformazione da essere umano in bane ci era stato detto che il test sarebbe durato appena nove ore. Oppure due giorni, qualora qualcuna di noi fosse rimasta online per un totale inferiore alle nove ore. Su Second Life, il tempo scorre infatti sempre su due binari: il tempo effettivo di gioco e quello della First Life, che scorre anche quando non siamo collegati alla grid.

Le implicazioni sono più complesse di quello che si può immaginare. Se siamo intrappolate da un timer di nove ore, questo significa ovviamente nove ore online. Se abbiamo appuntamento fra nove ore con qualcuno, è evidente che parliamo di nove ore normali. Ma è evidente che quando due persone vengono intrappolate da un timer di identica durata, la loro liberazione simultanea dipende dal fatto che entrambe restino online per il medesimo tempo reale. Basta un impegno nella First Life, o anche solo uno dei frequenti crash di computer, e i tempi slittano. Ne sa qualcosa Tez Welles, il cui Bondage Ordeal doveva durare sei ore di gioco e ha finito invece per prolungarsi oltre dieci giorni reali.

b5a1ed06f488dd81fd7a7414395bb056.jpgNe riparleremo, del Bondage Ordeal, ma non adesso. Adesso sono strettamente avvolta dal banesuit, da tre giorni reali e oltre quattordici ore di gioco – un totale che sembra destinato ad aumentare in modo notevole a causa di uno spiacevole incidente di percorso. Quando la dottoressa Kelley ci ha sigillate nel banesuit e ha settato i nostri timer su 9 ore, tutte noi ci siamo disperse per il mondo, per scontare la nostra sentenza nell’isolamento imposto dal Custodian. Ai bane non è consentito raggrupparsi e il meccanismo di controllo impone punizioni ogni volta che ci si trovi a una distanza inferiore ai dieci metri una dall’altra – analogamente al divieto di avvicinare qualsiasi civile. Come le altre cavie dell’esperimento, ho passato molte ore nell’isolamento più completo, impossibilitata a rispondere ai messaggi inviati dagli amici abituali, costretta a fuggire quando qualcuno mi si avvicinava per sapere come stavo, limitata a comunicare solo per momenti molto brevi e solo a gesti. Una tortura vera e propria, sempre più insopportabile via via che il tempo passava e che gli amici, delusi dalla mia impossibilità a reagire, piano piano cominciavano a diradarsi. Mi sono ridotta a teleportarmi da una sim all’altra, cercando di spiare le persone che conoscevo da lontano… sperando che mi vedessero e capissero quanto mi mancavano, e al tempo stesso cercando di non farmi vedere per non doverli sfuggire prima che il Custodian rilevasse una Violazione di Prossimità e mi punisse con la fredda efficienza per la quale è stato programmato.

Ore e ore di silenzio e di solitudine, interrotte solo dall’umiliante procedura ricorrente della visita obbligata alla Maintenance Station:2052f1077915a6a910b965cc118a8143.jpg quella in cui il mio corpo sigillato nella presa stringente del banesuit viene violato da un sondino destinato a introdurre in esso il nutrimento necessario a tenere in vita me e il Custodian, e a rimuovere le scorie prodotte dal mio corpo. Dopo tre o quattro ore, il tormento può diventare davvero intenso. Dopo sei o sette riuscivo a pensare solo che mancavano ancora appena un paio d’ore. Superate le otto ore ho rinunciato ai miei vagabondaggi, e mi sono stabilizzata vicino alla Maintenance Station, in modo da essere pronta a liberarmi e a parlarne con la dottoressa Kelley quando le nove ore fossero finalmente scattate.

Cinque minuti prima dello scadere del termine facevo fatica a stare ferma. La Kelley ci aveva fatto sapere che GothGirl Leominster, una delle dieci bane di questo esperimento, aveva da tempo completato le sue nove ore ed era già tornata in-world a vivere liberamente la sua Second Life. A tre minuti dallo scadere del termine mi sono imposta di non controllare ogni minuto il timer che procedeva, e mi sono messa ad attendere il momento del fatidico “clic”, in cui il casco si sarebbe aperto da solo.

Ma il tempo passava senza che accadesse nulla. Quando non ho saputo più resistere, ho controllato di nuovo il timer e diceva che il banesuit era chiuso da 9 ore e 3 minuti. Che stava succedendo?

La dottoressa Kelley stava conferendo con un’altra bane poco più in là. Non potevo avvicinarmi più di tanto senza che il Custodian si risvegliasse, ma riuscivo a sentire ogni tanto sprazzi di conversazione: sembrava un colloquio di debrief, in cui la bane descriveva le sue sensazioni. Ma perché non si toglieva il casco? Alla fine, ho sentito che diceva qualcosa circa il fatto di essere inglese, e come tale pronta a reggere una situazione così dura, per poi venire congedata. Senza essere liberata dal banesuit.

Poi Marine mi si è avvicinata e ha cominciato a parlarmi mediante il Vox, lo strumento che consente all’Operatore di comunicare con il bane bypassando il mutismo imposto dal Custodian. Abbiamo scambiato qualche impressione, fino a quando mi sono resa conto che la conversazione stava per finire e non si era fatto cenno alla mia liberazione. Ho chiesto alla dottoressa che cosa sarrebbe stato di me e lei mi ha detto che era una mia decisione: che le chiavi, allo scadere delle nove ore, erano tornate nelle mie mani.

Solo che non era affatto così, come ha subito verificato. Il casco era ancora strettamente chiuso, senza alcuna traccia di chiavi. Eppure io stessa ricordo benissimo il momento in cui mi era stato settato il timer. Ed è allora che abbiamo capito cosa era successo.

Rollback.

Second Life, il programma che gira sul tuo computer, intendo, va in crash spesso. Quando questo accade, a volte, si verifica il famigerato rollback: vale a dire che il logoff non è stato registrato, e che la tua situazione su Second Life viene riportata a un momento precedente a quello dell’ultimo istante di collegamento. Qualche volta puoi crashare mentre sei legata e ritrovarti libera perche’ il sistema ti riporta a prima che le manette fossero state fatte scattare sui tuoi polsi. Ma questa volta, a quanto pare, avevo crashato in modo da tornare al breve momento intercorso fra quando il banesuit mi era stato chiuso addosso, e quando era stato settato il timer. Che infatti, mi ha comunicato Marine, è settato su “infinito”. Mi sono sentita sprofondare.

Marine avrebbe potuto liberarmi ugualmente: le chiavi le ha ancora lei in quanto mio Operatore. Mi ha guardato con intenzione e haacd50c062565ec696ab9b740e0282650.jpg indicato il casco con un sorrisetto. Poi ha parlato: “Il test dura 9 ore online o due giorni reali, a seconda di quello che passa prima. Tecnicamente, le tue nove ore le hai fatte, ma è anche vero che il timer non è scattato. A te la scelta”. Ci ho pensato su un momento. Nell’ultima ora avevo già preparato un rapporto completo sulle mie esperienze ed ero ansiosa di darglielo perché potesse verificare come stesse andando l’esperimento: “Potrei completare i due giorni… ma se resto bloccata qui dentro non posso passarti gli appunti”. Marine ha risposto subito: “Gli appunti possono aspettare”.

Che dovevo fare? Ho dichiarato nel mio profilo su SL di non avere limiti, di essere pronta ad accettare qualsiasi sorte. E dentro di me ho deciso di non usare mai la safeword.

Marine ha sorriso. Mi ha salutata. Ha disattivato il Vox, rendendomi nuovamente muta al mondo. Poi si è allontanata: c’era un altro bane che aveva appena finito le sue nove ore e che doveva essere liberata.

(prossimamente: “Eudeamon”)

Prigioniera di me stessa

Le catene più stringenti sono quelle che ci fabbrichiamo da soli, dice qualcuno. Fai attenzione a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo, dicono altri. Ma cosa succede quando si desiderano catene a prova di fuga?

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L’ho fatto.

Da ieri sera non sono più Winthorpe Foghorn Zinnemann, la fanciulla dal nome impossibile, sempre pronta a chiacchierare con tutti, e quasi sempre nei guai.

Da ieri sera sono W-1007, uno degli undici bane di Marine Kelley.63ddf344000bfc85a789f372ba374d60.jpg

Tutto il mio corpo è ricoperto da un sottile e impenetrabile strato di lattice nero. Tutto: inclusi la lingua e il palato. Tutti i sensi mi sono stati tolti completamente e sostituiti da un’interfaccia elettronica. Il casco che mi è stato saldato attorno alla testa controlla completamente i miei contatti con l’esterno. Ho dovuto indossare lenti a contatto che mi accecano, e percepisco il mondo attorno a me solo attraverso i segnali neurali che il mio Custodian invia direttamente al mio cervello. Non posso sentire la voce di chi mi parla, ma solo i suoni che il Custodian decide di farmi arrivare. Non posso parlare con alcuno: nemmeno con la dottoressa Marine Kelley, la creatrice della diabolica invenzione che mi terrà prigioniera fino allo scadere della sentenza.

Sto testando il suo banesuit, sicuramente la più estrema e raffinata forma di bondage fin qui elaborata su Second Life. Un banesuit, a tutti gli effetti, è una prigione che si indossa. Sei libera di muoverti (sia pure con una serie di restrizioni) ma sei completamente controllata dal Custodian, un operatore automatico in grado di sanzionare istantaneamente qualsiasi tipo di violazione dei protocolli restrittivi che mi sono imposti. E, nel caso di violazione, di estendere unilateralmente e in modo inappellabile, il tempo della sentenza.

La partecipazione a questo programma può sembrare a qualcuno un incubo, e probabilmente lo è. Ma è anche un privilegio e un onore. Per essere scelte come cavie abbiamo scritto a Marine non appena lei ha annunciato che stava cercando dieci vittime per l’ultimo test. Chi ce l’ha fatta ora è al tempo stesso oggetto di compatimento e di invidia nella comunità di appassionati di bondage di Second Life, e gli amici si affollano attorno a noi per avere notizie. Ma noi non possiamo rispondere: anche la sola prossimità con un civile è sanzionata severamente e quando qualcuno ci si avvicina riceviamo immediatamente l’ordine di allontanarci ad ogni costo. Le punizioni sono terribili, anche solo in questa fase di test.

Perché tutto questo? Perché sono entrata in un gioco “sociale” come Second Life, fatto di interazione con altri avatar, e poi ho quasi sempre fatto il possibile per essere legata, imprigionata, posseduta da qualcuno e, infine, completamente isolata da tutti? Forse è anche per cercare di scoprirlo che avvio questo piccolo diario… E anche per annotare da qualche parte quello che succederà nei prossimi giorni, ricostruendo in una serie di flashback quello che è successo fino a questo momento… Tutto quello che mi ha portata a diventare un bane senza volto, senza voce e senza nome.
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Grazie di essere arrivato a leggere fin qui. Se hai qualche curiosità, chiedi senza problemi. Qui oppure anche su Second Life: se hai un avatar e ti va di passarmi a trovare, sarei felice di incontrarti. Anche se, finché resto un bane, è probabile che sia obbligata ad allontanarmi in fretta, per evitare la punizione.

(prossimamente: Rollback)